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Spartaco n. 77

Ottobre 2013

No alle illusioni riformiste nello Stato capitalista!

La Grecia tra crisi economica, diktat imperialisti e attacchi fascisti

Per un fronte unico operaio contro il fascismo!

Riproduciamo di seguito il volantino distribuito dai nostri compagni del Gruppo trotskista di Grecia alle manifestazioni antifasciste dell’autunno di quest’anno.

Atene, 1 ottobre 2013. L’uccisione a sangue freddo di Pavlos Fyssas, militante di sinistra e artista di hip hop trentaquattrenne, da parte di un presunto sostenitore di Alba dorata, nella notte del 17 settembre a Keratsini, ha messo in luce il pericolo mortale che questi terroristi razzisti rappresentano per gli immigrati, per le minoranze e per tutto il movimento operaio. L’indignazione espressa dalle migliaia di manifestanti nelle strade del quartiere operaio dove Fyssas è vissuto ed è morto, e in tutto il resto della Grecia, dev’essere incanalata in una lotta senza compromessi contro la minaccia fascista e contro il sistema capitalista che la genera. E’ urgente e necessario fermare i fascisti con delle mobilitazioni di fronte unico di massa centrate sul potere del proletariato organizzato!

Il governo di destra di Nuova democrazia e del Pasok ha ostentato la repressione di Alba dorata e gli arresti, il 28 settembre, del suo capo e di molti parlamentari e funzionari, accusati di appartenere ad un’organizzazione criminale. I lavoratori e gli oppressi non devono lasciarsi ingannare da questa messinscena! Dovremmo credere che lo Stato, che imprigiona e brutalizza gli immigrati nelle stazioni di polizia e nei centri di detenzione stracolmi, si commuova improvvisamente per le centinaia di attacchi razzisti dei fascisti? Il primo ministro non ha fatto certo un discorso in televisione per condannare i “successori dei nazisti” lo scorso gennaio, quando i razzisti hanno ucciso ad Atene l’operaio pakistano immigrato Shehzad Luqman.

Le mosse del governo contro Alba dorata servono a disinnescare le proteste e sono anche legate al fatto che i crescenti attacchi fascisti e l’uccisione di Fyssas sono un imbarazzo a livello internazionale. Gli attacchi fascisti e le proteste che hanno suscitato, hanno danneggiato gli sforzi del governo di promuovere la fantasia di una Grecia ristabilizzata, pronta ad uscire dalla crisi economica. In realtà la vita di milioni di lavoratori greci è devastata dalle continue, feroci misure di austerità dettate dai padroni imperialisti dell’Unione Europea (Ue), con in prima fila l’imperialismo tedesco. La disperazione delle masse proletarie e piccolo-borghesi gettate in miseria dalla crisi è un terreno fertile per Alba dorata. In assenza di una direzione rivoluzionaria della classe operaia che indichi la via d’uscita nella lotta contro l’ordinamento capitalista, i fascisti hanno trovato sostegno alla loro politica che addita a capri espiatori gli immigrati e la sinistra.

I fascisti servono a distogliere la responsabilità della crisi dal sistema capitalista. Per questo sono stati foraggiati anche dalle forze dello Stato capitalista, in particolare dalla polizia. L’ampiezza del sostegno che Alba dorata riceve dalla polizia è stata evidente nella recente ondata di dimissioni e di trasferimenti di alti funzionari di polizia sospettati di collusione con i fascisti. In realtà, i capitalisti hanno foraggiato Alba dorata, perché cercano sempre di mantenere un esercito reazionario di riserva da scatenare contro ogni lotta rivoluzionaria dei lavoratori. E’ un’illusione mortale credere che lo Stato capitalista, la polizia, i tribunali o il parlamento, possano essere usati per combattere i fascisti. Ciò dovrebbe essere particolarmente evidente in Grecia, con la sua lunga e sanguinosa storia di dittature bonapartiste, di governi militari e di guerra civile.

Democrazia e fascismo

Non è sorprendente che il leader di Syriza, Alexis Tsipras, abbia reagito all’uccisione di Pavlos Fyssas affermando che “è giunto il momento che lo Stato, attraverso le istituzioni democratiche, faccia fronte con decisione a questo fenomeno” (ekathimerini.com, 23 settembre). Le stesse illusioni suicide nello Stato capitalista e nella “democrazia” borghese vengono diffuse da gran parte della sinistra. L’esempio più chiaro è dato probabilmente dal Partito socialista operaio (Sek), che è alla guida del Movimento contro il razzismo e la minaccia fascista (Keerfa). La sua risposta agli arresti dei capi di Alba dorata è stata quella di “festeggiare” questo avvenimento come il primo passo “per smantellare la macchina omicida neonazista” e di chiedere che la “pulizia antifascista” sia estesa “agli agenti della polizia ellenica” (Dichiarazione del Comitato centrale del Sek, 28 settembre).

La coalizione Antarsya, di cui fa parte il Sek, diffonde inoltre l’illusione che le forze dello Stato capitalista possano essere spinte a rompere i legami con i fascisti: in un comunicato del 23 settembre ha sollecitato scioperi “che chiedano di isolare i fascisti di Alba dorata e esigano che lo Stato smetta di appoggiarli e proteggerli in mille modi”. Il Partito comunista di Grecia (Kke) ha ragione a lamentarsi per il fatto che Syriza promuova illusioni nella democrazia borghese. Ma il suo segretario generale, Dimitris Koutsoumpas, fa altrettanto. In un’intervista, alla domanda su quali misure legali servissero per affrontare Alba dorata, ha risposto: “Un primo problema è che le leggi esistenti non sono state applicate. Da ciò possiamo capire se é necessario applicare delle correzioni o introdurre nuove leggi (…) In seno al parlamento esistono gli strumenti atti a riesaminare la legge” (Rizospastis, 21 settembre). Tutte queste affermazioni dimostrano una fede commovente nelle credenziali “democratiche” dello Stato capitalista, che in effetti sono la maschera migliore della dittatura della borghesia.

Il 18 settembre, dopo l’uccisione di Pavlos Fyssas, mentre Samaras e colleghi facevano discorsi altisonanti contro Alba dorata, il principale consigliere del primo ministro, Chrysanthos Lazaridis, ha fatto una dichiarazione in cui attribuiva la responsabilità della “violenza politica” sia a Syriza che ad Alba dorata. Le affermazioni di Lazaridis sono in linea con la sua ridicola teoria degli “opposti estremismi”, secondo cui Syriza, malgrado la docilità della sua opposizione, è un “partito non democratico” alla stregua di Alba dorata. Ciò dovrebbe chiarire che tutte le azioni del governo contro Alba dorata servono a porre le basi per schiacciare la sinistra. I fatti valgono più delle parole: la polizia ha attaccato brutalmente le manifestazioni antifasciste arrestando decine di persone. Ritirare tutte le accuse contro i manifestanti antifascisti! Invece, la notte del 25 settembre, quando i manifestanti antifascisti hanno cercato di marciare sulla sede di Alba dorata ad Atene, a proteggerla c’era un enorme schieramento di polizia.

Il governo ha millantato varie misure che dovrebbero in teoria indebolire Alba dorata, come ad esempio una nuova definizione legale delle organizzazioni criminali, che includerebbe anche gruppi non armati. Nessuno si lasci ingannare: qualsiasi estensione dei poteri repressivi dello Stato capitalista che gli consenta di perseguitare individui o organizzazioni politiche, comprese le leggi “contro il razzismo”, verrà usata per reprimere le organizzazioni della classe operaia e della sinistra, e dev’essere contrastata dal movimento operaio.

Per un fronte unico operaio contro il fascismo!

Se i fascisti si sono fatti più forti e audaci da quando, lo scorso anno, Alba dorata è entrata in parlamento, è proprio perché non è stata condotta una dura lotta da parte delle organizzazioni di massa della classe operaia. I sindacati sono il bersaglio finale dei fascisti. Ma hanno anche il potere di fermarli, unendo nella lotta tutto il proletariato. Questo potere è stato completamente minato dai dirigenti traditori dei sindacati e della sinistra riformista, i quali promuovono illusioni nella “democrazia” borghese e nel nazionalismo greco. La crisi economica e la minaccia fascista nei confronti dei lavoratori e dei poveri non possono essere risolte nel quadro del capitalismo, né, in ultima analisi, entro i confini della Grecia, piccola e dipendente. La lotta per la rivoluzione socialista internazionale e per gli Stati uniti socialisti d’Europa è la chiave che può portare non solo la Grecia, ma tutti i lavoratori della regione balcanica e d’Europa, fuori dalla crisi.

Il problema è che la sinistra greca si oppone a questa prospettiva. I primi sono i cosiddetti marxisti accasati all’interno di Syriza, una formazione favorevole all’Unione Europea, che si è fatta in quattro per dimostrare agli imperialisti e ai capitalisti greci di poter essere un responsabile amministratore del capitalismo. Poi ci sono i cosiddetti marxisti all’interno di Antarsya, che amano atteggiarsi a sinistra “rivoluzionaria” e alternativa sia al Kke che a Syriza. In realtà Antarsya cerca semplicemente di fare pressione da sinistra su Syriza e il suo atteggiamento d’opposizione è mera finzione. Ciò è stato dimostrato dal fatto che il comitato centrale di Antarsya ha portato i suoi saluti al convegno nazionale di Syriza in luglio, senza dire una sola parola di opposizione all’illusione diffusa che un governo capitalista della “sinistra” (cioè, di Syriza) sia la via da seguire.

E’ importante notare che il Kke, un partito operaio di massa che guida settori chiave della classe operaia greca, ha recentemente mobilitato al Pireo e nelle zone vicine, i sindacati dei metalmeccanici, dei marittimi ed altri della sua confederazione Pame, per impedire ad Alba dorata di manifestare e di effettuare delle distribuzioni razziste di generi alimentari “per soli greci”. L’uccisione di Pavlos Fyssas è stata preceduta di una settimana da un brutale attacco di sostenitori di Alba dorata contro lo stesso Kke a Perama, in cui sono stati feriti nove sostenitori del Kke. Le mobilitazioni sindacali indette dal Pame per fermare Alba dorata sono più che necessarie e riflettono senza dubbio la volontà della base del Kke di difendere il proprio partito e le organizzazioni sindacali dai fascisti. Una volontà che però è in contraddizione con la direzione del Kke, che continua a scoraggiare la formazione di un “fronte” contro il fascismo e a diffondere vane illusioni secondo cui si deve sconfiggere Alba dorata “con l’arma del voto”, per usare le parole dell’ex segretario generale del Kke, Aleka Papariga (kke.gr, 7 giugno 2012).

Il Kke ha la capacità oggettiva, grazie alla sua influenza su settori militanti della classe operaia, di dirigere la mobilitazione di contingenti di lavoratori basati sui sindacati per spazzare via i fascisti dalle strade. Ma non ha il programma per farlo. Invece di un fronte unico operaio contro il fascismo, il Kke parla oggi di una “alleanza del popolo” contro i fascisti. Questo serve a nascondere il fatto che la Grecia è una società divisa in classi, in cui il “popolo” comprende sì gli sfruttati e oppressi, ma anche i loro sfruttatori e oppressori. Ciò è coerente con la parola d’ordine del Kke del “potere agli operai e al popolo”.

All’inizio degli anni Trenta, Lev Trotsky, che insieme a V.I. Lenin diresse la Rivoluzione dell’Ottobre del 1917, si batté con forza per cambiare la politica suicida della direzione del Partito comunista tedesco (Kpd) che rifiutava di impegnarsi nella lotta contro i nazisti insieme al Partito socialdemocratico tedesco (Spd), il quale godeva ancora della fiducia di una gran parte della classe operaia. I trotskisti, che si consideravano all’epoca una frazione espulsa dell’Internazionale comunista, mettevano in guardia che, adottando la rivendicazione di una “rivoluzione popolare” al posto di una rivoluzione proletaria, i dirigenti del Kpd minavano la lotta contro l’ascesa del nazismo. Trotsky scrisse:

“Perché la nazione possa effettivamente ricostituirsi attorno a un nuovo asse di classe, deve ricostituirsi ideologicamente, e ciò è realizzabile solo se il proletariato, lungi dal lasciarsi assorbire dal ‘popolo’, dalla nazione, sviluppa il suo programma peculiare di una rivoluzione proletaria e costringe la piccola borghesia a scegliere tra i due regimi (...) In Germania, nelle condizioni attuali, questa parola d’ordine della rivoluzione popolare, elimina ogni differenziazione ideologica tra il marxismo e il fascismo, riconcilia una parte degli operai e della piccola borghesia con l’ideologia fascista, permettendo loro di pensare che non sia necessario fare una scelta visto che, da una parte come dall’altra, si tratta di una rivoluzione popolare”. (Trotsky, 14 aprile 1931, in Scritti 1929-1936)

In risposta all’ascesa del nazismo e al fatto che molti lavoratori erano ancora politicamente legati alla Spd riformista, Trotsky esortava il Kpd ad utilizzare la tattica del fronte unico della classe operaia come inteso dalla Internazionale comunista delle origini: “lotta comune dei comunisti con tutti gli operai appartenenti ad altri partiti o gruppi e con tutti gli operai senza partito per difendere, contro la borghesia, i più elementari interessi di vita della classe operaia”. (“Tesi del IV Congresso sulla tattica del Comintern”, 1922) I trotskisti capivano che le organizzazioni della classe operaia potevano difendere sé stesse e gli oppressi dai nazisti solo con la più ampia unità nella lotta degli operai, che hanno il potere sociale di fermare il sistema dei profitti capitalisti. Ma il fronte unico non era un patto di non aggressione politica con i riformisti: si fondava sia sulla libertà di critica, sia sulla indipendenza politica dei comunisti, in modo che i rivoluzionari potessero cercare di conquistare i lavoratori smascherando i traditori riformisti.

Fronte popolare: una politica di tradimento di classe

Il fatto che nel 1933 i nazisti riuscissero a salire al potere senza neppure una resistenza simbolica, fu una sconfitta storica e un tradimento da parte dei dirigenti stalinisti e socialdemocratici. Nessuna sezione dell’Internazionale comunista protestò contro questo tradimento, rendendo evidente ai trotskisti la necessità di costruire nuovi partiti rivoluzionari e una nuova intenazionale. Gli stalinisti, presi dal panico per la sconfitta, ribaltarono la loro precedente politica di rifiuto di azioni di fronte unico con le altre organizzazioni della classe operaia, passando ad una politica di alleanze con le forze borghesi “progressiste” sotto la formula del fronte popolare contro il fascismo. Questo era l’opposto di un fronte unico dei lavoratori: si trattava di un blocco politico basato su un programma borghese. La formula del fronte popolare fu sostenuta fino alla fine della Seconda guerra mondiale, portando al tradimento di occasioni rivoluzionarie in tutto il mondo: dalla Francia, all’Italia, alla Grecia. Dopo la Seconda guerra mondiale, queste sconfitte permisero di ristabilire l’ordine capitalista in Europa occidentale e anche in Grecia, alla fine di una sanguinosa guerra civile.

In situazioni rivoluzionarie il fronte popolare ha portato solo una lunga serie di sanguinose sconfitte della classe operaia: in Spagna e Francia negli anni Trenta, in Indonesia negli anni Sessanta e in Cile negli anni Settanta. Questo perché il fronte popolare è un blocco di organizzazioni e partiti che rappresentano classi diverse, sulla base di un programma comune: la difesa della democrazia borghese. Per definizione i partiti borghesi e piccolo-borghesi non possono accettare di lottare per il programma rivoluzionario della classe operaia. Così il fronte popolare costringe la classe operaia ad abbandonare gli obiettivi che sono nei propri interessi di classe, accettando quelli delle altre forze di classe che difendono il capitalismo. Un fronte popolare significa sempre l’abbandono del programma della rivoluzione proletaria e la subordinazione degli operai alla borghesia. E’ questa la ricetta per la sconfitta della classe operaia che la direzione del Kke ha sostenuto per più di settant’anni.

La subordinazione del proletariato al “popolo” va di pari passo con il sostegno al nazionalismo, all’idea che esista un interesse comune a tutti i greci, indipendentemente dalla loro classe. La testata del giornale del Kke dichiara: “Proletari di tutto il mondo unitevi”. Ma la sua reazione alla proposta di chiusura di tre aziende statali nel settore della difesa aveva il tono inconfondibile del nazionalismo greco:

“Questa situazione si sviluppa proprio nel momento in cui crescono le rivalità nella regione, in cui sono a rischio i diritti di sovranità del Paese e in cui è sempre più necessaria l’esistenza e la funzionalità di un’industria bellica, per non indebolire le capacità difensive del Paese” (Discorso parlamentare del deputato del Kke Thanasis Pafilisi, kke.gr, 12 settembre).

La classe operaia non ha alcun interesse a mantenere la capacità di difesa della Grecia capitalista e del suo esercito. Come disse Lenin: “‘Né un soldo, né un uomo’, non soltanto per l’esercito permanente, ma neanche per la milizia borghese” (“Il programma militare della rivoluzione proletaria”, settembre 1916). Lo scopo dell’esercito capitalista è di difendere gli interessi dei capitalisti greci mandando i lavoratori greci ad uccidere ed essere uccisi dai loro fratelli della classe operaia albanese, macedone, bulgara o turca, quando i capitalisti lo ritengono necessario. Non sorprende che la stampa borghese abbia rivelato che elementi delle forze speciali dell’esercito hanno aiutato ad addestrare i sostenitori di Alba dorata.

La classe operaia non può lottare con successo per portare al suo fianco le masse dei diseredati strappandole a forze come Alba dorata se, come il Kke, si fa a gara a chi è il miglior difensore della “nazione” e dei suoi confini. In Grecia, nazionalismo significa brutale oppressione non solo degli immigrati e dei rom, ma anche delle minoranze nazionali: macedoni, valacchi, pomacchi, turchi e albanesi. Non a caso, Alba dorata è salita alla ribalta nei primi anni Novanta organizzando proteste scioviniste contro l’ex repubblica jugoslava di Macedonia, colpevole di avere “Macedonia” nel nome. Oggi i parlamentari di Alba dorata si alzano in parlamento per sputare insulti razzisti contro i parlamentari musulmani provenienti dalla Tracia, e rivendicano Istanbul come l’autentica capitale della Grecia. Contro questo schifoso nazionalismo, bisogna che il movimento operaio faccia propria la lotta per i pieni diritti democratici delle minoranze nazionali della Grecia e per il diritto di autodeterminazione della minoranza macedone, per una federazione socialista dei Balcani come l’unico modo per risolvere la miriade di questioni nazionali nella regione.

Per nuove rivoluzioni d’Ottobre!

A quanto pare non ci sono limiti ai tentativi della Troika e dei capitalisti greci di decimare la classe operaia. Il sistema sanitario pubblico, che era già al collasso, rischia ulteriori tagli economici e di personale. Il governo ha anche parlato di smantellare completamente il servizio sanitario nazionale. Per essere ammessi in un ospedale “pubblico” bisogna pagare una tassa e dal 2014 non sarà possibile essere ricoverati senza pagare 25 euro. L’intero sistema di istruzione rischia di essere distrutto con migliaia di licenziamenti tra gli insegnanti. Le principali università greche hanno annunciato che sospenderanno le attività a causa dei massicci tagli al personale amministrativo decisi dal governo. La disoccupazione ufficiale è quasi al 30 percento e al 50 percento tra i giovani. Le banche sanguisughe vogliono che il governo greco revochi il divieto di pignorare la casa a chi non riesce a pagare il mutuo. I governanti imperialisti e i loro scagnozzi locali, non solo stanno cercando di affossare i salari e le condizioni di vita dei greci a livello dei paesi balcanici confinanti, ma vogliono usare la Grecia come cavia per testare ciò che vorrebbero fare alla classe operaia e ai poveri in tutta l’Europa occidentale.

Nonostante tutte le proteste e gli scioperi indetti dalla burocrazia sindacale filocapitalista delle federazioni Adedy e Gsee dall’inizio della crisi nel 2008, non una sola misura di austerità è stata sconfitta. La situazione sempre più disperata dei lavoratori greci richiede una direzione che attraverso rivendicazioni transitorie leghi le lotte quotidiane contro l’austerità alla necessità di rovesciare l’ordine capitalista. Ad esempio, in risposta alla disoccupazione di massa e al crollo dei salari, una tale direzione avrebbe lottato per posti di lavoro per tutti, senza perdita di retribuzione, e per l’indicizzazione dei salari all’inflazione. Ma la burocrazia sindacale, di cui i rappresentanti del Kke sono una componente importante, non è disposta a mobilitare tutta la forza della classe operaia in opposizione agli attacchi capitalisti, perché questo rappresenterebbe una sfida complessiva all’ordinamento capitalista. Serve una lotta per una nuova direzione rivoluzionaria dei sindacati, che combatta per la loro completa indipendenza dallo Stato capitalista, cui sono attualmente legati da mille fili.

A differenza del resto della sinistra, l’obiettivo del Gruppo trotskista di Grecia non è quello di costruire un movimento che prenda il controllo dello Stato esistente, nella forma di un governo capitalista “di sinistra”. Il nostro obiettivo è quello di costruire un partito operaio rivoluzionario e internazionalista, sul modello del partito bolscevico di Lenin e Trotsky, un partito che si batta per il rovesciamento dello Stato capitalista, come parte della lotta per la rivoluzione socialista internazionale.

 

Spartaco N. 77

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Ottobre 2013

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