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Spartaco n. 71

Aprile 2009

Dichiarazione della Lega comunista internazionale

Abbasso la Nato!

Per gli Stati uniti socialisti d’Europa!

Dichiarazione del Comitato esecutivo internazionale della Lega comunista internazionale, 27 marzo 2009.

Riunendosi ad aprile a Strasburgo, il nuovo presidente degli Stati Uniti Barack Obama e i capi di Stato di Germania, Francia e di altri paesi della Nato, celebreranno il sessantesimo anniversario di quest’alleanza imperialista. Una riunione che coincide con le brutali occupazioni neocoloniali di Iraq e Afghanistan, che segue il recente massacro di palestinesi a Gaza e che si svolge nel contesto di una crescente crisi economica che minaccia le condizioni di vita di centinaia di milioni di persone. Diciotto anni dopo la caduta dell’Unione Sovietica, malgrado l’incessante cantilena borghese sulla superiorità del capitalismo, questo sistema profondamente irrazionale sta provando ancora una volta che Karl Marx aveva ragione.

L’unica via d’uscita dal vicolo cieco in cui il capitalismo ha trascinato l’umanità è la rivoluzione proletaria internazionale, che strappi le forze produttive dalle mani di una minoranza di sfruttatori ed organizzi la società su basi razionali. Per rimettere ordine in un mondo sconvolto dal sistema capitalista imperialista in decadenza ci vuole il potere operaio internazionale, in modo da porre le basi per una società comunista, senza classi, in cui scarsità economica, sfruttamento, oppressione e guerra siano relitti di un passato oscuro. Il punto di partenza è la comprensione marxista che la classe operaia non può usare lo Stato capitalista nei suoi interessi; questo Stato dev’essere distrutto e sostituito da uno Stato operaio, la dittatura del proletariato.

Alle manifestazioni indette contro il vertice della Nato sono attese decine di migliaia di persone. Lo Stato borghese si prepara ad accoglierle con la repressione poliziesca. Ma l’obiettivo degli organizzatori delle proteste, che rifiutano gli obiettivi del comunismo e la strategia proletaria, rivoluzionaria e internazionalista necessaria a realizzarli, è di fare pressione sugli imperialisti per ottenere qualche piccolo “cambiamento” che gli consenta di vendere meglio il loro sistema di sfruttamento agli operai ed agli oppressi. Socialdemocratici, liberali “no global” e pacifisti borghesi spacciano frasi trite sulla “politica di pace” e la “cooperazione internazionale” per ingannare le masse e avanzare gli interessi della loro borghesia. Gli anarchici che mobilitano per le manifestazioni con slogan come “Smash, we can!” non hanno altro da offrire che l’illusione di “imporre” il disarmo sotto il capitalismo.

La spinta verso la guerra è radicata nel sistema capitalista quanto la spinta all’aumento dei profitti. L’imperialismo è la fase suprema del capitalismo, caratterizzata dal dominio sul mondo da parte di una piccola, esclusiva cerchia di grandi potenze capitaliste che opprimono le nazioni deboli e dipendenti. Già due volte nel secolo scorso, il conflitto tra gli imperialisti per il controllo delle risorse, dei mercati e delle sfere di sfruttamento, sono sfociate in catastrofiche guerre mondiali. Nel 1915, nel mezzo della prima guerra interimperialista, V.I. Lenin, il principale dirigente bolscevico, attaccò coloro che predicando la “pace in generale”, spargevano illusioni nel capitalismo:

“Non c’è niente che getti più polvere negli occhi degli operai quanto inculcare in loro l’idea errata che la contraddizione fra capitalismo e socialismo non sia profonda, non c’è niente che mascheri di più la schiavitù capitalistica. No, dobbiamo utilizzare lo stato d’animo favorevole alla pace per spiegare alle masse che i benefici che essi si aspettano dalla pace sono impossibili senza una serie di rivoluzioni.” (“La questione della pace”, 1915)

Guidati da questo programma rivoluzionario Lenin e i bolscevichi diressero la Rivoluzione d’Ottobre del 1917 che rovesciò il capitalismo e sottrasse la Russia alla Prima guerra mondiale.

L’alleanza militare della Nato è stata forgiata dopo la Seconda guerra mondiale e la vittoria dell’Armata Rossa sovietica sul Terzo Reich di Hitler, come parte della campagna imperialista per “fare fronte al comunismo”. Dalla guerra di Corea degli anni cinquanta al colpo di Stato militare in Turchia (paese avamposto della Nato) nel 1980, la crociata antisovietica guidata dagli Stati Uniti è stata suggellata con il sangue delle nazioni oppresse e di milioni di operai e militanti di sinistra. L’attuale ordine mondiale imperialista ha preso forma a partire dalla distruzione controrivoluzionaria dell’Unione Sovietica nel 1991-92. Questa è stata una sconfitta storica mondiale per le masse operaie, specialmente per le popolazioni dell’ex Unione Sovietica, dell’Europa dell’Est e dell’ex Ddr, che sono state gettate in miseria. La restaurazione capitalista è stata accompagnata da massacri su base comunitaria e carneficine fratricide e li ha ulteriormente alimentati, come si è visto recentemente nella guerra tra la Russia e lo Stato cliente americano della Georgia. Il collasso dell’Unione Sovietica ha accresciuto la brama degli imperialisti a tenere impunemente il mondo sotto il loro tallone. I catastrofici risultati della controrivoluzione sottolineano quanto sia di vitale importanza oggi la difesa militare incondizionata della Cina, il più potente tra gli Stati operai burocraticamente deformati che ancora rimangono, e degli altri paesi dove il dominio capitalista è stato rovesciato: Cuba, Corea del Nord e Vietnam. Noi facciamo appello ad una rivoluzione politica proletaria che sostituisca alle burocrazie parassitarie staliniste un regime basato sulla democrazia operaia e sull’internazionalismo bolscevico.

Barack Obama: comandante in capo dell’imperialismo razzista degli Stati Uniti

Oggi bisogna riasserire l’elementare comprensione che il presidente dello Stato capitalista americano è un nemico di classe degli operai e degli oppressi del mondo, specialmente del proletariato degli Usa, degli immigrati e della popolazione nera specialmente oppressa. La decisione di chiudere Guantanamo (entro un anno) e di prendere in considerazione il rilascio di alcuni detenuti è stata molto strombazzata, ma Obama sostiene la carcerazione senza limiti temporali, una misura da Stato dittatoriale di polizia, ed in generale vuole continuare la “guerra al terrorismo” di Bush. In questo è in pieno accordo con i governanti europei, che vogliono solo dare una vernice “umanitaria” alla crociata che tutti i governi imperialisti sfruttano per rafforzare la repressione statale contro le minoranze oppresse e la classe operaia e per giustificare ideologicamente le rapine imperialiste. Gli Usa, l’Onu e l’Unione Europea hanno imposto sanzioni all’Iran e continuano a minacciarlo per il suo programma nucleare. E’ chiaro che l’Iran ha bisogno di armi nucleari come deterrente nei confronti di un attacco imperialista.

L’imperialismo americano è in cerca di una “via d’uscita” dal pantano iracheno e per questo l’attenzione di Obama si è spostata all’Afghanistan, dove i 68 mila soldati del contingente di occupazione Nato (di cui 32 mila non sono americani), saccheggiano e devastano da otto anni il paese. La campagna elettorale e l’ascesa alla presidenza di Obama sono state contrassegnate dalla promessa di ridurre le truppe in Iraq per perseguire altri obiettivi che la borghesia americana considera più strategici. Ed è proprio quello che sta facendo, con l’invio di altri 17 mila soldati americani in Afghanistan e l’intensificazione dei bombardamenti sui villaggi pachistani confinanti. Gli Usa hanno appoggiato per anni tutti i regimi dittatoriali di Islamabad, appoggiando al contempo la crescita delle forze fondamentaliste islamiche favorite dalle forze armate pakistane. E’possibile che con l’estendersi della guerra afghana di Obama e con le pressioni Usa sulle forze armate pakistane perché espellano i talebani e i loro alleati dalle aree tribali al confine con l’Afghanistan, anche il Pakistan, paese instabile ma dotato di armi nucleari, finisca in frantumi.

L’escalation militare avviene mentre la base economica dell’imperialismo americano sta crollando con ripercussioni internazionali. La contraddizione tra la schiacciante supremazia militare dell’imperialismo americano e la sua posizione economica indebolita, è la causa della crescente irrazionalità ed aggressività dei governanti americani. Essi vedono nella presidenza di Obama la soluzione migliore, in questa situazione, per difendere la loro posizione dominante. La sinistra riformista negli Usa ha abbracciato con entusiasmo la linea di appoggiare “chiunque tranne Bush”. E ora sono al settimo cielo per la vittoria di Obama. Ne è un esempio il Workers World Party, che nel numero del 20 novembre 2008 del suo giornale esultava: “Come comunisti e rivoluzionari condividiamo la gioia degli oppressi e dei progressisti che, da Harlem alla Colombia, dal Giappone al Kenya, si radunano per festeggiare l’elezione di Obama.”

In netta contrapposizione a questo grottesco entusiasmo per il nuovo comandante in capo del sanguinario imperialismo americano, la Spartacist League/U.S., sezione della Lega comunista internazionale (Lci), si è opposta per principio ad ogni sostegno ad Obama o ad altri politicanti borghesi, battendosi per sconfiggere le illusioni nel Partito democratico da parte degli operai, dei giovani e degli oppressi e per forgiare il partito operaio rivoluzionario multirazziale che è necessario per spazzare via l’imperialismo americano. La nostra sezione americana ha detto la verità su ciò che avrebbe significato la presidenza Obama, scrivendo subito dopo le elezioni:

“Per la classe operaia internazionale e gli oppressi non c’è niente da festeggiare nella vittoria di Obama, ma molto di cui aver paura. Viceversa, l’entusiasmo di ampi settori della borghesia è giustificato. Dopo otto anni di uno dei più incompetenti e disprezzati regimi nella storia recente degli Usa, ora hanno in Obama un volto più razionale per il loro sistema brutale e irrazionale. Obama suscita molte illusioni nella mascherata della democrazia borghese, il mezzo con cui i capitalisti celano il loro dominio dietro la parvenza di un mandato popolare. All’estero, Obama è un prezioso maquillage per l’imperialismo americano, il principale nemico dei lavoratori di tutto il mondo.” (Workers Vanguard n. 925, 21 novembre 2008)

I riformisti europei appoggiano i loro governanti imperialisti

Anche i riformisti europei festeggiano la vittoria di Obama in nome della politica borghese del “male minore”. Vedono l’amministrazione Obama con le lenti dei loro sfruttatori capitalisti, come più ragionevole e “multilateralista” del suo predecessore. Così in Germania, Gregor Gysi, Oskar Lafontaine e Lothar Bisky, capi del socialdemocratico Die Linke (Partito della sinistra), hanno fatto ad Obama le “congratulazioni più sentite e cordiali”: “L’ampia lotta mondiale per eliminare la povertà, per una pacifica soluzione dei conflitti, contro la catastrofe ambientale e ora contro la più grave crisi finanziaria internazionale degli ultimi ottant’anni, richiede stretta collaborazione e cooperazione sulla base delle regole del diritto internazionale.” (5 novembre 2008)

Alla “estrema sinistra” del coro si è fatto sentire Alain Krivine, capo della Lega comunista rivoluzionaria (Lcr), la sezione francese del “Segretariato unificato” pseudo trotskista, partito che si è appena liquidato per dare vita al Nuovo partito anticapitalista (Npa), un partito apertamente socialdemocratico. Pur riconoscendo che Obama è un “difensore del capitalismo”, Krivine si entusiasma nel numero del 22 gennaio del giornale della Lcr, Rouge: “La sua popolarità e le speranze che suscita sono grandi quanto il discredito e persino il disgusto lasciati dalla politica di Bush. Perciò non dobbiamo essere imbronciati, non dobbiamo temere di mostrare il piacere nel vedere finalmente una totale condanna di quello che è stato uno dei presidenti più reazionari nella storia degli Stati uniti. Meglio tardi che mai.”

Come si vede da questi tributi al nuovo poliziotto supremo dell’imperialismo americano, l’opposizione riformista a certe politiche degli Stati Uniti e della Nato, come l’invasione dell’Iraq nel 2003 o l’aumento delle truppe in Afghanistan oggi, non ha niente a che fare con l’opposizione al sistema imperialista. In realtà i riformisti pensano solo che queste politiche siano contrarie agli “interessi nazionali” dei loro paesi imperialisti. Secondo loro questi interessi potrebbero trarre vantaggio da una maggiore indipendenza dalla Nato, dominata dagli Stati Uniti, e magari dalla formazione di una asse capitalista franco-russo-tedesco, come suggerisce ad esempio Lafontaine. In relazione alla manifestazione di Strasburgo, l’Npa francese chiede principalmente che “la Francia rinunci alla sua integrazione nel comando militare della Nato”, mentre gruppi riformisti tedeschi, specialmente il Partito comunista (Dkp), junge Welt e i residui stalinisti della Piattaforma comunista di Die Linke, chiedono che l’imperialismo tedesco “esca dalla Nato”.

Alla fine del 2002, la Lcr, Rifondazione comunista ed i britannici del Socialist Workers Party e di Workers Power hanno firmato un appello unitario “A tutti i cittadini d’Europa ed ai loro rappresentanti” che diceva: “Coloro che dimostrano solidarietà con il popolo iracheno non hanno ascolto alla Casa Bianca. Ma abbiamo la possibilità di influenzare i Governi europei – molti dei quali si oppongono a questa guerra. Facciamo appello a tutti i capi di Stato europei perché si dichiarino pubblicamente contro questa guerra in ogni caso, a prescindere dalle decisioni delle Nazioni Unite, e perché chiedano a George Bush di abbandonare i suoi piani di guerra”. Che bella mano di bianco per la borghesia tedesca di Auschwitz, per gli imperialisti francesi che hanno intriso l’Algeria di sangue, per gli inglesi che hanno occupato l’Irlanda del nord e per i macellai italiani d’Etiopia. L’unica ragione per la quale gli imperialisti europei sono più cauti nell’imbarcarsi in avventure imperialiste all’estero è che il loro potere militare è molto inferiore a quello degli Stati Uniti.

Questo servile appello assolve i governi europei che sono impelagati fino al collo nella “guerra al terrore” e nell’occupazione dell’Afghanistan e dei Balcani. Ed oggettivamente aiuta i massicci attacchi razzisti ed antioperai portati avanti all’interno da questi stessi governi capitalisti. Adesso che Obama è presidente, i riformisti europei sembrano pensare che i loro governanti saranno “ascoltati alla Casa Bianca”, se solamente viene applicata abbastanza “pressione di massa”.

Durante i bombardamenti contro la Serbia nel 1999 e le invasioni dell’Afghanistan nel 2001 e dell’Iraq nel 2003, noi della Lega comunista internazionale ci siamo schierati per la difesa militare di questi paesi contro l’attacco imperialista, senza dare nessun sostegno politico ai talebani, questi reazionari tagliagole antidonne, o alle sanguinarie dittature capitaliste di Saddam Hussein e Slobodan Milosevic. Ci siamo opposti all’embargo affamatore imposto all’Iraq ed alle altre sanzioni imperialiste decise dall’Onu. Sottolineiamo che ogni vittoria degli imperialisti nelle loro avventure militari incoraggia ulteriori guerre di rapina, mentre ogni loro arretramento è un sostegno alle lotte dei lavoratori e degli oppressi in tutto il mondo. Chiediamo il ritiro immediato ed incondizionato di tutte le truppe di Stati Uniti, Nato, Unione Europea e Onu da Iraq, Afghanistan, Pakistan, Medio Oriente, Asia centrale e Balcani. Il principale mezzo per difendere le vittime dell’oppressione neocoloniale contro lo schiacciante potere militare dell’imperialismo americano e dei suoi alleati della Nato, è la lotta internazionale della classe operaia, specialmente del proletariato multirazziale statunitense e dei suoi fratelli e sorelle di classe in Europa, Giappone e altrove.

Il socialsciovinismo dei riformisti e la loro prostrazione di fronte governanti imperialisti in politica estera si combina con il loro sostegno alla collaborazione di classe ed al protezionismo nel proprio paese. La crisi economica internazionale sta frantumando l’illusione di una progressiva unificazione imperialista, sia all’interno dell’Europa che tra Europa e Stati Uniti. Gli imperialisti dell’Europa occidentale hanno già detto alle borghesie satelliti dell’Europa dell’Est di andare all’inferno. E, come sempre, gli agenti del capitalismo nel movimento operaio stanno dalla parte dei “loro” sfruttatori. In Germania, l’Spd, Die Linke e la burocrazia sindacale fanno campagna perché l’industria dell’auto Opel, attualmente di proprietà della General Motors, “torni tedesca”. In Gran Bretagna, le burocrazie sindacali di Unite e Gmb hanno sostenuto gli scioperi di febbraio degli operai edili che chiedevano “Lavoro britannico ai lavoratori britannici”, uno slogan a lungo associato con i fascisti (che hanno partecipato alle manifestazioni dello sciopero) e recentemente ribadito dal Primo ministro laburista Gordon Brown. Scandalosamente la sezione britannica dello pseudo trotskista Committee for a Workers International, guidato da Peter Taaffe, ha giustificato e aiutato a dirigere questi scioperi reazionari.

E’ interesse vitale del movimento operaio difendere i lavoratori stranieri, battersi per i pieni diritti di cittadinanza per tutti gli immigrati e mobilitarsi contro il terrore razzista e gli attacchi ai diritti democratici. La logica del riformismo è intrinsecamente nazionalista e divide la classe operaia lungo linee nazionali, etniche e razziali aizzandola a scannarsi per le poche briciole che i capitalisti desiderano gettare ai loro schiavi salariati. Per uscire da questo vicolo cieco serve un programma di lotta di classe internazionale contro il comune nemico capitalista. Come scrisse nel 1934 Lev Trotsky, che insieme a V.I. Lenin aveva guidato la Rivoluzione d’Ottobre:

“Non legarsi allo Stato nazionale in tempo di guerra, non seguire la mappa della guerra ma la mappa della lotta di classe, è possibile solamente per quel partito che ha già dichiarato guerra irreconciliabile allo Stato nazionale in tempo di pace. Solamente comprendendo pienamente il ruolo oggettivamente reazionario dello Stato imperialista, l’avanguardia proletaria può diventare invulnerabile a tutti i tipi di socialpatriottismo. Questo significa che una reale rottura con l’ideologia e la politica della ‘difesa nazionale’ è possibile solamente dalla prospettiva della rivoluzione proletaria internazionale.” (La guerra e la Quarta internazionale)

E’ con questo spirito che ci battiamo per rendere la classe operaia cosciente della necessità di abbattere la fortezza Europa razzista e l’Unione Europea (Ue) capitalista con la rivoluzione operaia. L’Ue è un’alleanza reazionaria antioperaia centrata sulle principali potenze imperialiste, che cercano di migliorare la loro posizione in competizione contro i loro rivali americani e giapponesi. Per gli Stati uniti socialisti d’Europa e un’economia pianificata socialista internazionale!

Per nuove rivoluzioni d’Ottobre in tutto il mondo!

Anche negli anni Ottanta, l’Afghanistan fu al centro delle mire belliche della Nato. Alla fine del 1979 l’Armata Rossa sovietica intervenne in Afghanistan, dopo ripetute richieste da parte del regime nazionalista modernizzatore del Pdpa (Partito democratico popolare dell’Afghanistan), che cercava di introdurre alcune minime riforme sociali, trovandosi di fronte una jihad (guerra santa) sostenuta dalla Cia e guidata da reazionari proprietari terrieri, capi tribali e mullah. Gli imperialisti americani presero a pretesto l’intervento per scatenare una nuova crociata antisovietica in cui, servendosi soprattutto dei loro agenti nelle forze armate e nei servizi segreti pakistani (l’Inter-Services Intelligence), addestrarono e finanziarono massicciamente i reazionari mujahedin per ammazzare i soldati sovietici. I talebani e Al Qaeda sono dei mostri di Frankenstein che si sono rivoltati contro i loro vecchi padroni imperialisti.

L’intervento sovietico era chiaramente progressista e confermava la comprensione trotskista che, malgrado la sua degenerazione sotto una casta burocratica stalinista, l’Unione Sovietica rimaneva uno Stato operaio che incarnava le storiche conquiste della Rivoluzione d’Ottobre, principalmente l’economia pianificata e la proprietà collettivizzata. Vi erano enormi conquiste, non ultimo per le donne ed i popoli tradizionalmente musulmani dell’Asia centrale sovietica. Durante l’intervento sovietico, le milizie volontarie delle donne afgane combatterono armi in pugno contro i tagliagole mujahedin sostenuti dalla Cia, per il diritto basilare di non indossare il burqa e di non essere vendute come bestiame. La Tendenza spartachista internazionale, oggi Lega comunista internazionale, dichiarò: “Vittoria all’Armata Rossa in Afghanistan!” ed ha fatto appello all’estensione delle conquiste dell’Ottobre ai popoli afgani.

Dall’altra parte, ai mujahedin e agli imperialisti si unì il grosso della sinistra riformista internazionale, che si mise ad ululare insieme ai suoi padroni chiedendo il ritiro delle truppe sovietiche. Solamente noi trotskisti della Lci ci siamo battuti per tracciare una linea contro la controrivoluzione, da Berlino Est a Mosca, cercando su queste basi di mobilitare le masse operaie per spazzare via i burocrati stalinisti venduti e stabilire un governo di consigli operai. In questo eravamo guidati dallo stesso programma rivoluzionario internazionalista con il quale oggi lottiamo per forgiare dei partiti operai rivoluzionari, sezioni di una riforgiata Quarta Internazionale, partito mondiale della rivoluzione socialista. La strada della rivoluzione proletaria internazionale è l’unica alternativa alla distruzione dell’umanità da parte dell’imperialismo. Abbasso l’imperialismo! Per nuove rivoluzioni d’Ottobre in tutto il mondo!

Spartaco N. 71

Spartaco 71

Aprile 2009

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