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Spartaco n. 79 |
Aprile 2016 |
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Legge Cirinnà : unioni civili mutilate dal Partito democratico
Per il diritto a matrimonio, divorzio e adozione omosessuali!
Respingere la campagna anti-gay sulla gravidanza per altri!
Giovedì 25 febbraio il Senato ha approvato la legge Cirinnà che regola le unioni civili omosessuali allargando finalmente alle coppie omosessuali una serie di prerogative legate al matrimonio.
La legge, presentata dal Partito democratico dopo la condanna dell’Italia da parte della Corte europea per i diritti dell’uomo, ha mirato fin dall’inizio a regolare le unioni civili senza consentire il diritto al matrimonio omosessuale, in ossequio alla propaganda vaticana sulla sacralità della “famiglia naturale”. La stessa Monica Cirinnà ha sempre insistito di non volere “alcuna equiparazione con il matrimonio” e alla fine il governo Renzi ha ulteriormente mutilato la legge, cancellando persino la stepchild adoption, la possibilità di adottare solo i figli dei partner.
La legge sulle unioni civili nasce dunque col marchio della discriminazione e ha consentito alle forze anti-gay di esultare, per bocca del ministro degli interni Angelino Alfano, per aver sventato una “rivoluzione contronatura”. La Chiesa e i partiti di destra hanno mobilitato contro le unioni civili omosessuali centinaia di migliaia di bigotti, compresi fascisti fatti e finiti come Casapound e Forza Nuova e il livello dell’isteria omofoba del dibattito parlamentare ha raggiunto livelli talmente grotteschi da sembrare farseschi, se non fosse che il loro risultato è quello di alimentare attacchi violenti contro i gay, le lesbiche e i loro figli. Dopo decenni di manifestazioni e di lotte contro la discriminazione degli omosessuali e a favore del diritto al matrimonio gay, l’Italia resta uno dei pochi paesi d’Europa (dietro persino all’Irlanda e alla Spagna), a negare il diritto al matrimonio omosessuale e all’adozione.
La comunità omosessuale e tutti coloro che rivendicano l’uguaglianza dei diritti davanti alla legge indipendentemente dagli orientamenti sessuali, si sono giustamente sentiti traditi da questa svendita dei loro diritti, che porta la firma del Partito democratico. Ma la negazione e la mutilazione dei diritti delle minoranze sono una costante della storia politica del capitalismo italiano, come ha dimostrato il rifiuto ormai ventennale dei vari governi di “centrosinistra” di introdurre persino limitatissime unioni civili, come i Pacs (Patti civili di solidarietà proposti nel 2002) o i Dico (Diritti e doveri delle persone stabilmenti conviventi, presentati nel 2007). Nel 2005 scrivemmo:
“la ricerca continua da parte di Rifondazione e Ds di un’alleanza con una pretesa ala ‘progressista’ della borghesia italiana e di conseguenza con partiti cattolici antiabortisti e antigay, è destinata a mutilare e minare qualsiasi misura a favore degli omosessuali o delle donne e a sacrificarne ad ogni passo gli interessi fondamentali a vantaggio dei profitti dei capitalisti e dei diktat reazionari del Vaticano”. (Per il diritto al matrimonio (e al divorzio) dei gay! Spartaco n. 65, febbraio 2005)
Questo vale ancor più oggi, in un panorama parlamentare cambiato, dove non vi è alcuna forza politica che si presenti, anche soltanto a parole, come sostenitrice del socialismo e della classe operaia. Rifondazione comunista (un’organizzazione con un programma borghese ma basata nella classe operaia) è quasi scomparsa. I Ds si sono trasformati nel Partito democratico, un partito capitalista di cui sono componente organica democristiani vecchi e nuovi, nemici dichiarati dei diritti degli omosessuali (come l’ex capo dell’Ulivo Prodi o come lo stesso Renzi che nel 2007 scese in piazza per il Family Day contro le unioni civili).
Matrimonio gay e famiglia borghese
Noi marxisti abbiamo sempre rivendicato il diritto degli omosessuali a sposarsi e divorziare liberamente, ad adottare figli, ad avere accesso alle tecniche di riproduzione assistita e in generale a tutte le prerogative che lo Stato capitalista riserva solo a coloro che sottoscrivono un contratto matrimoniale.
Tuttavia pensiamo che la “matrimonio mania”che negli ultimi anni ha percorso il movimento gay sia espressione di un impulso fondamentalmente conservatore diffuso in strati sociali piccolo-borghesi e benestanti. C’è una bella differenza tra il “libero amore” e la rivolta di Stonewall del 1969 e le attuali parate nuziali o le “feste delle famiglie arcobaleno” organizzate dai comuni! Infatti, una delle ragioni per cui negli ultimi decenni vari governi capitalisti hanno introdotto leggi che consentono il matrimonio omosessuale è il loro tentativo di adattare il matrimonio alla realtà del modo di vita attuale delle persone, per meglio difendere l’istituzione della famiglia borghese.
Tutti dovrebbero avere il diritto di sposarsi e di divorziare. Ma i comunisti hanno il dovere di lottare per una società in cui non si sia obbligati per legge ad indossare l’arcaica camicia di forza del matrimonio, della “coppia unita per tutta la vita”, per aver accesso a diritti personali, come l’assistenza sanitaria, il diritto di visitare i propri cari in ospedali e prigioni, il permesso di soggiorno, la pensione di reversibilità, ecc.
Fino al giorno in cui sparirà il capitalismo, la famiglia monogamica resta il modello sociale imposto dalla legge, almeno nelle società occidentali, attorno a cui è organizzata la vita privata nei suoi aspetti più intimi: l’amore, il sesso, la riproduzione e la crescita dei figli. La famiglia è l’istituzione sociale centrale nell’oppressione delle donne. A sua volta l’oppressione degli omosessuali non è principalmente il prodotto dell’oscurantismo della destra o dell’arretratezza sociale, ma è anch’essa radicata nell’istituzione della famiglia, la cui funzione storica per i capitalisti è quella di trasmettere la proprietà privata dei mezzi di produzione a eredi “legittimi”. La famiglia è anche uno dei mezzi con cui la classe dominante cerca di instillare il rispetto per l’autorità e l’obbedienza ai suoi valori morali. L’omosessualità è considerata “deviante” e “peccaminosa” dalla Chiesa cattolica e dall’ordinamento borghese perché non si conforma alla struttura patriarcale della famiglia monogamica basata su di un uomo e una donna.
Per sradicare davvero la discriminazione degli omosessuali bisogna creare una società socialista, in cui le funzioni attuali della famiglia borghese vengano socializzate, attraverso la cura dei figli da parte della comunità, la socializzazione del lavoro domestico, l’assistenza sanitaria gratuita e di qualità a disposizione di tutti e un vasto insieme di nuove istituzioni sociali che servano a liberare specialmente le donne dal fardello dell’educazione dei figli e della schiavitù domestica. Come spieghiamo in “Il comunismo e la famiglia” (pag. 12):
“A differenza degli attivisti per i diritti degli omosessuali, o delle femministe, il nostro obiettivo finale non è l’eguaglianza di genere in quanto tale, ma uno sviluppo progressista dell’insieme della specie umana. L’educazione collettiva dei bambini in condizioni di abbondanza materiale e di ricchezza culturale produrrà esseri umani le cui capacità mentali e il cui benessere psicologico saranno molto superiori agli individui che popolano la nostra società povera, oppressiva e divisa in classi. Nelle condizioni di abbondanza materiale universale e di superamento della famiglia, attraverso la socializzazione del lavoro domestico e dell’educazione dei bambini, le persone saranno veramente libere di plasmare e modificare i loro rapporti personali”.
Difendere il diritto d’aborto!
Finché il potere rimarrà nelle mani della classe capitalista e fino a quando la famiglia continuerà ad essere il nucleo fondamentale della vita economica e sociale, i diritti conquistati dagli omosessuali e dalle donne rimarranno necessariamente parziali e sotto la costante minaccia di essere rovesciati. In questo paese lo dimostra chiaramente la storia del diritto d’aborto, strappato a prezzo di dure lotte negli anni Settanta, ma è stato fin dall’inizio minato alla base dalle clausole introdotte nella Legge 194 ed è costantemente minacciato dalla pressione reazionaria sopratutto da parte della Chiesa cattolica.
Oggi, a quasi 40 anni dalla approvazione della Legge 194, il diritto all’aborto resta un miraggio per migliaia di donne, soprattutto giovani e immigrate. La clausola della Legge che consente l’“obiezione di coscienza” del personale medico, è stata usata dalla Chiesa per scardinare il diritto delle donne ad abortire. Secondo un’inchiesta di Repubblica del 2013, più dell’80 percento dei ginecologi e più del 50 percento di anestesisti e infermieri rifiutano di praticare aborti, costringendo le donne ad attese interminabili, lunghi viaggi e sofferenze di ogni tipo. Di conseguenza, mentre gli aborti ospedalieri sono calati di più del 50 percento dal 1982, decine di migliaia di donne (particolarmente minorenni e immigrate) sono costrette ogni anno a ricorrere a pericolosi aborti clandestini. I giornali sono anche pieni di storie orribili di donne che, negli ospedali pubblici, vengono abbandonate, insultate e maltrattate da “obiettori” e dagli anti-abortisti che infestano i cosiddetti “consultori”. Invece di garantire il diritto d’aborto, il governo il 15 gennaio ha introdotto alla chetichella una sanzione che punisce ulteriormente le donne, aumentando fino a 200 volte (da 50 euro fino a 5-10 mila euro) la multa che una donna dovrebbe sborsare in caso di interruzione volontaria di gravidanza non avvenuta nei tempi restrittivi (12 settimane) stabiliti dalla Legge 194 e in strutture idonee.
Noi rivendichiamo il diritto d’aborto libero, gratuito e assistito per tutte le donne, anche le minorenni e le immigrate! Abolizione della clausola sull’obiezione di coscienza!
La santa alleanza contro la gravidanza per altri
Per impedire alle coppie omosessuali di adottare dei bambini, le forze anti-gay hanno agitato lo spauracchio di quello che i bigotti chiamano sprezzantemente “utero in affitto”, vale a dire la possibilità di ricorrere a madri portatrici per generare dei figli, la gravidanza per altri (Gpa). In Italia questa pratica è proibita sotto pena di reclusione da tre mesi a due anni o di multa da 600 mila a un milione di euro, in base alla reazionaria Legge 40 del 2004 (che vieta anche il ricorso alla fecondazione assistita alle coppie omosessuali e ai single). Il 18 marzo Alfano e il ministro della sanità Beatrice Lorenzin hanno presentato una legge che condannerebbe chi utilizzasse la Gpa all’estero, anche in paesi dove è perfettamente legale. In Italia, il ricorso alla Gpa all’estero ha dimensioni limitatissime (meno di un centinaio di casi, come quello del leader di Sinistra ecologia libertà, Nichi Vendola, che per aver avuto un figlio per surroga in California, è stato vittima di una scurrile campagna omofoba).
La legge prevede pene fino 3 anni di reclusione e 1 milione di euro di multa per “chiunque organizza o pubblicizza la commercializzazione di gameti o embrioni” e fino a 5 anni e 2 milioni di Euro di multa per chi “in qualsiasi modo, organizza, pubblicizza, utilizza o ricorre alla surrogazione di maternità è punito con la reclusione da 2 a 5 anni e con la multa da euro 1.200.000 a euro 2.000.000”.
Noi chiediamo la legalizzazione della Gpa. La legge 40 deve essere abolita e la riproduzione assistita dev’essere accessibile a chiunque lo desidera sulla base delle tecniche più avanzate.
La campagna contro la Gpa ha visto la formazione di una santa alleanza che si estende dalle forze dell’estrema destra clericale, passando per il Partito democratico e molte femministe, fino a organizzazioni sedicenti marxiste.
Lo scorso dicembre Se non ora quando libere (Snoq), un’organizzazione femminista nell’orbita del Partito democratico, ha lanciato un appello alle istituzioni europee a mettere fuorilegge la Gpa in Europa e in tutto il mondo. L’appello di Snoq, pubblicato proprio alla vigilia del dibattito parlamentare sulle unioni omosessuali, è stato salutato dalle forze clericali che hanno tuonato contro quella che definiscono:
“una pratica odiosa e schiavista e un gigantesco business tra agenzie d’affari spuntate come funghi e con il corpo delle donne, soprattutto dei Paesi più poveri del mondo come l’India, il Bangladesh, la Thailandia e il Sudest asiatico, ridotto brutalmente a macchina per fare figli per conto terzi: coppie gay, single impenitenti, coppie etero molto in là con gli anni. Dietro compenso economico, ovviamente” (“Anche le femministe s'accorgono che l'utero in affitto è schiavitù”, Famiglia Cristiana, 7 dicembre 2015).
Qualcuno dovrebbe insospettirsi quando i preti fingono di preoccuparsi per le donne ridotte a “macchine per fare figli”, dato che l’intera dottrina cattolica coi suoi divieti alla contraccezione, al sesso extraconiugale, al sesso non finalizzato alla procreazione, al divorzio e all’aborto cerca esattamente a ridurre le donne a macchine per produrre figli legittimi e a serve domestiche per crescerli e accudirli. L’opposizione clericale alla Gpa serve a garantire che il sesso e la riproduzione restino nel dominio “sacro” della famiglia patriarcale.
Invece, vasti settori della sinistra riformista si sono messi a ripetere, quasi letteralmente, le tirate del Vaticano. L’ex dirigente della Fiom Giorgio Cremaschi, oggi a capo di Ross@, si è unito al coro sostenendo che “L’utero in affitto è una mostruosità del mercato che sfrutta le donne ed il loro corpo. Ed è una violenza di classe, perché sono le donne povere che per necessità vendono e le coppie ricche che comprano. Io credo che la legge debba proibire e punire simile mercato.”
I sedicenti trotskisti di Alternativa comunista hanno cercato di dare una verniciata di “marxismo” d’accatto alla campagna reazionaria contro la Gpa, ripetendo anche loro che “L’utero in affitto è insomma una nuova schiavitù per i poveri, un nuovo business e un lusso per ricchi, qualunque sia il loro orientamento sessuale” e sostenendo che:
“Il nostro NO nasce prima di tutto contro lo sfruttamento e l’oppressione perché non è accettabile che una donna venda il proprio corpo per accontentare i ‘desideri’ di ricche/i borghesi, siano questi desideri sessuali o di maternità. Il nostro NO nasce contro il mercimonio di ogni cosa, persone incluse, che questa società consente, stabilendo cosa e quanto possa diventare merce, cosa e quanto si possa comprare per mantenere in vita un sistema agonizzante”. (“Il dibattito sull’utero in affitto”, alternativacomunista.it, 17 febbraio 2016)
Checchè ne dicano preti e finti “marxisti” la decisione di portare avanti una gravidanza per conto di altri è una decisione volontaria, consensuale delle donne che vi si prestano. Definire la Gpa come una forma di schiavitù serve soltanto a richiedere o legittimare l’intervento repressivo dello Stato, cioè proprio della forza che serve ad imporre l’oscurantismo e lo sfruttamento.
É evidente che nella nostra società, tutti i rapporti sociali o sessuali, come del resto tutte le decisioni riguardo alle vite delle persone, sono influenzati dalla diseguaglianza e dalla necessità economica, intrinseche a una società basata sullo sfruttamento di classe. Il consenso non può essere mai del tutto libero quando si è circondati da atteggiamenti sessisti e da costrizioni economiche, ma questo non fa di ogni attività consensuale una forma di schiavitù o un crimine (come sono invece lo stupro o le violenze fisiche). L’intreccio costante di razzismo, sessismo e classismo che avvolge la società capitalista, fa sì che moltissime relazioni esistano in condizioni di diseguaglianza e sofferenza, ma questo non ne fa necessariamente delle forme di schiavitù o degli stupri.
Questo vale per tutte le attività consensuali come il sesso omosessuale, il sesso tra generazioni, la prostituzione, l’uso di droghe, la pornografia che non costituiscono un crimine dal punto di vista dei marxisti. La persecuzione di questi “crimini senza vittime” non fa altro che rafforzare il potere repressivo dello Stato, inculcare i reazionari “valori famigliari” e creare innumerevoli sofferenze alle persone coinvolte.
In fondo, quello che accomuna tutti gli oppositori della Gpa è il pregiudizio borghese per cui il compito di crescere i bambini spetta alle madri. Negano inoltre il diritto fondamentale della donna di scegliere cosa fare del suo corpo. Se una donna decide di fare un bambino per conto di un’altra persona, sono affari suoi e lo Stato deve starne fuori. Lo stesso se per vivere fa la prostituta, invece di lavorare in una fabbrica spaccandosi la schiena.
Per noi il principio guida nelle relazioni sessuali è quello del consenso effettivo, non l’età, il grado di parentela, o il numero delle persone coinvolte. Ciò significa né più né meno che il reciproco accordo e comprensione anziché la costrizione.
Noi ci battiamo per costruire un partito operaio rivoluzionario che lotti per mobilitare la classe operaia in difesa di tutti gli oppressi, un partito che sia capace di far comprendere il legame che esiste tra la miriade di forme di oppressione imposte dalla società capitalista e lo sfruttamento di classe. Come spiegò il rivoluzionario russo V.I. Lenin nel suo scritto del 1902, Che fare:
“La coscienza della classe operaia non può diventare vera coscienza politica se gli operai non si abituano a reagire contro ogni abuso, contro ogni manifestazione dell’arbitrio e dell’oppressione, della violenza e della soperchieria, qualunque sia la classe che ne è colpita. (...) L’operaio, anche il più arretrato, comprenderà o sentirà che lo studente e chi appartiene ad una setta religiosa, il contadino e lo scrittore sono oppressi e perseguitati dalla stessa forza tenebrosa che lo avvolge, l’opprime in ogni momento della vita, e sentendo questo, vorrà, vorrà irresistibilmente, intervenire egli stesso, e saprà oggi deridere i censori, domani partecipare a una manifestazione davanti al palazzo di un governatore che ha represso una sommossa contadina, dopodomani dare una lezione ai gendarmi in sottana addetti al lavoro della Santa Inquisizione, ecc.”
La sessualità di per sé non è una questione politica. É la borghesia che la politicizza perseguitando chi non si conforma alle norme stabilite dalla famiglia, dalla Chiesa e dallo Stato. Lo sviluppo di rapporti veramente liberi ed eguali tra le persone in tutti gli ambiti, incluso il sesso, richiede la distruzione del dominio della classe capitalista e la creazione di un mondo comunista. |