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Spartaco n. 83

Aprile 2019

Il reddito di cittadinanza: una gabbia per i poveri una minaccia per il movimento operaio

Per eliminare disoccupazione e povertà serve una rivoluzione socialista

L’Unione Europea è nemica di operai e immigrati!

A fine gennaio è entrata in vigore la legge sul reddito di cittadinanza (Rdc), una delle ragioni della vittoria del Movimento 5 stelle (M5s) alle elezioni del marzo 2018. Nel giro di pochi giorni ci sono state centinaia di migliaia di richieste di sussidio e il governo stima che arriveranno a circa 1 milione e trecentomila, una piccola parte dei più di 5 milioni di persone che in Italia vivono in povertà assoluta, l’eufemismo con cui i capitalisti descrivono chi non ha il minimo indispensabile per vivere: cibo, vestiti, medicine. Negli stessi giorni è entrata in vigore anche quota 100, che consente di andare in pensione un po’ prima della veneranda età di 67 anni, ma con una pensione ridotta fino al 30 percento.

Che queste misure siano state accolte con speranza da milioni di persone, la dice lunga sulle condizioni in cui il capitalismo italiano e i governi di austerità del Partito democratico (Pd) hanno ridotto i lavoratori: una generazione di giovani esclusi dal processo produttivo (in molte regioni del Sud la disoccupazione giovanile sfiora il 60 percento); donne condannate alla servitù domestica (il tasso di occupazione femminile in Italia è inferiore al 50 percento); operai che hanno perso il lavoro e non hanno diritto alla pensione; immigrati che lavorano per pochi euro al giorno.

Ma le aspettative suscitate dalla promessa di un sussidio o di un posto di lavoro per tutti sono destinate ad essere deluse. Il reddito di cittadinanza è una gabbia per i poveri e una minaccia per il movimento operaio organizzato.

Il Rdc dovrebbe integrare il reddito fino ad un massimo di 780 euro a persona per un anno e mezzo (ridotto per i nuclei famigliari e per chi possiede una abitazione, o beni mobili). In cambio, i richiedenti saranno tenuti a lavorare gratis fino a otto ore alla settimana svolgendo lavori di pubblica utilità, che attualmente vengono svolti da lavoratori con contratti sindacali (o quantomeno, retribuiti!) e dovranno accettare una delle prime tre offerte di lavoro che riceveranno, indipendentemente dalle condizioni. L’idea che il reddito di cittadinanza sia destinato a creare posti di lavoro decenti per milioni di persone è una barzelletta, specialmente nelle regioni meridionali dove il capitalismo ha portato alla disoccupazione di massa (e molti salari sono ben al di sotto di 780 euro al mese!) Per questo, prevede che, qualora il richiedente accettasse un’offerta di lavoro, il Rdc verrebbe versato al padrone, sovvenzionandolo in pratica per sostituire i lavoratori esistenti con disoccupati sottopagati.

Il Rdc è un magro sussidio di povertà, temporaneo e soggetto a condizioni capestro, che sottopongono gli individui che lo richiedono ad un controllo invasivo da parte dello Stato di tutti gli aspetti della loro vita privata, compreso quello che mangiano o come spendono i quattro soldi ricevuti. Questi verranno messi a disposizione su carte prepagate, che consentono solo le spese “moralmente” accettabili a Di Maio e soci e impediscono di mettere da parte anche un euro.

Il reddito “di cittadinanza” contrappone i cittadini italiani agli immigrati, la maggior parte dei quali ne viene completamente esclusa se non può dimostrare di essere ufficialmente residente in Italia da più di 10 anni e presentare documenti sul loro “patrimonio” nei Paesi d’origine, documenti che spesso non esistono o sono difficili da ottenere. La classe operaia deve battersi per i pieni diritti di cittadinanza per tutti gli immigrati. Fermare le deportazioni! Chiudere i centri di detenzione per immigrati!

Un aspetto reazionario del Rdc consiste nel fatto di essere assegnato su base familiare e non individuale. Questa misura è destinata ad avere un impatto reazionario sulle persone più povere, rafforzando i vincoli economici che legano le donne ai mariti e i figli ai genitori o ai nonni, rafforzando il peso oppressivo della famiglia come nucleo economico della società borghese, sulle donne e sui “giovani” (tra virgolette, perché l’età media in cui si esce dalla famiglia è oltre i 30 anni!) L’effetto iniziale del Rdc è stato quello di spingere molte coppie a dichiarare residenze separate, finché il governo non ha introdotto un emendamento che nega il Rdc a chi ha cambiato residenza.

Noi della Lega trotskista d’Italia ci opponiamo al reddito di cittadinanza. Sotto l’apparenza di un aiuto ai poveri, è un attacco ai disoccupati e ai sindacati, una reazionaria misura di workfare simile alle molte che sono state introdotte negli ultimi decenni in Paesi come Gran Bretagna o Germania.

In Germania le misure della legge Hartz IV, volute dal governo socialdemocratico di Gerhard Schroeder, vennero introdotte per “incoraggiare” i destinatari a trovare un lavoro il più rapidamente possibile, a qualsiasi condizione salariale, indipendentemente dalla loro qualifica. Cosa ancora peggiore, il pagamento del sussidio è stato legato ad uno dei sistemi di controllo più coercitivi d’Europa che sottopone a controlli umilianti i conti correnti, gli acquisti, i viaggi e persino la vita familiare e sessuale dei richiedenti, che il governo e la stampa borghese hanno etichettato di “parassiti della Hartz IV”. Il risultato è stata la creazione di un bacino di più di 4 milioni di lavoratori privi di diritti e costretti a lavorare per salari che scendono fino a 1 euro l’ora. Tutto questo nel cuore della potenza imperialista che domina l’Ue!

Non accettiamo che i disoccupati vengano tenuti in miseria ai margini della società. Vogliamo batterci per legare il loro destino alle lotte della classe operaia. Solo la lotta di classe può difendere i lavoratori da una povertà crescente, che fa parte integrante del sistema di produzione per il profitto privato. Bisogna ricondurre i disoccupati nelle file del movimento operaio lottando per posti di lavoro per tutti a condizioni e salari sindacali! Dividere tutto il lavoro esistente tra tutta la manodopera disponibile: riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario! Per un vasto programma di lavoro pubblici a salari sindacali e sotto controllo operaio! Queste rivendicazioni, che sono necessarie alla sopravvivenza stessa del proletariato, cozzano frontalmente con l’unico criterio dei capitalisti: i profitti. Per poterle realizzare, bisogna rovesciare il sistema capitalista in decadenza e istituire un governo operaio.

Per rovesciare l’offensiva dei capitalisti serve una nuova direzione dei sindacati, che si basi sui principi della lotta di classe. La costruzione di questa direzione è compito di un partito operaio rivoluzionario multietnico, che si sforzi di mobilitare la classe operaia alla testa di tutti gli oppressi, in una lotta per il rovesciamento del sistema di sfruttamento capitalista e per la costruzione di una società socialista, dove l’economia sia collettivizzata al servizio dei bisogni di tutta la popolazione e non di una manciata di sfruttatori. Noi della Lega trotskista d’Italia, come sezione della Lega comunista internazionale, ci dedichiamo al compito di costruire questo partito, sulla base del programma internazionalista rivoluzionario del marxismo.

Gli euro-imperialisti affamano lavoratori e poveri

Il Pd, cuore dell’opposizione borghese al governo, ripetendo alla lettera i diktat dell’Ue e del Fondo monetario internazionale, ha attaccato da destra il reddito di cittadinanza, sostenendo che sarebbe uno “spreco” di soldi e un “disincentivo” a lavorare. L’ex ministro Maria Elena Boschi è arrivata a twittare con disprezzo che col reddito di cittadinanza “la colonna sonora infatti diventa ‘una vita in vacanza’”. Per il Pd è uno “spreco” destinare la somma di 5,6 miliardi di euro per milioni di poveri, ma è un dovere regalare ogni anno 19,7 miliardi in sussidi (spesso a fondo perduto) alle aziende capitaliste e spenderne 25 per le forze armate dell’imperialismo italiano!

In risposta, Di Maio ha vantato la natura punitiva del reddito di cittadinanza che “non dà un solo euro a chi se ne sta sul divano, perché tutti dovranno avere la giornata impegnata per la formazione e i lavori di pubblica utilità, quindi questo vuol dire anche che non avranno il tempo di lavorare in nero e se imbrogliano si beccano fino a 6 anni di galera”. Per quanto riguarda i razzisti della Lega, pur appoggiando controvoglia il reddito di cittadinanza per restare al governo, ne hanno approfittato per rinfocolare lo sciovinismo contro i meridionali (assecondati da settori della burocrazia sindacale che hanno accusato il Rdc di “assistenzialismo”).

L’entità del reddito di cittadinanza e le condizioni per accedervi sono peggiorati ulteriormente dopo che il governo italiano ha messo in atto i diktat dell’Ue, introducendo forti tagli alla spesa pubblica. Tra queste misure ci sono stati tagli all’educazione (4 miliardi in tre anni) e agli investimenti oltre al mantenimento del blocco delle assunzioni nel pubblico impiego. Inoltre il governo ha introdotto delle “clausole di salvaguardia” che comporteranno molto probabilmente un aumento dell’Iva dall’attuale 22 al 26,5 percento nel 2021, con effetti pesanti sul costo della vita per i lavoratori.

Cosa hanno in mente gli euro-imperialisti per i lavoratori e per i poveri, lo ha spiegato nel modo più chiaro nel 2003 il finanziere Tommaso Padoa Schioppa, poi diventato ministro dell’economia del governo Prodi/Bertinotti:

“Nell' Europa continentale, un programma completo di riforme strutturali deve oggi spaziare nei campi delle pensioni, della sanità, del mercato del lavoro, della scuola e in altri ancora. Ma dev'essere guidato da un unico principio: attenuare quel diaframma di protezioni che nel corso del Ventesimo secolo hanno progressivamente allontanato l'individuo dal contatto diretto con la durezza del vivere, con i rovesci della fortuna, con la sanzione o il premio ai suoi difetti o qualità”.

I caporioni del Pd, che si permettono di insultare i poveri e disoccupati, sono stati tra i principali responsabili dell’immiserimento della classe operaia. La disoccupazione, la povertà e la mancanza di ogni prospettiva sono il prodotto del sistema capitalista che queste forze hanno contribuito a mantenere e rafforzare nell’interesse della borghesia italiana. Per questo, le loro denunce del razzismo sfrontato della Lega, del suo nazionalismo o del cosiddetto “sovranismo” sono pura ipocrisia, e si rivoltano contro di loro, che agiscono da difensori degli interessi dei grandi capitalisti italiani, che dall’Ue hanno tratto profitti giganteschi.

La Lega trotskista d’Italia si oppone per principio all’Unione Europea e si batte per conquistare la classe operaia alla lotta per l’uscita dell’Italia dall’Ue e dall’euro, che sono strumenti delle principali potenze imperialiste d’Europa per competere con i loro rivali americani e giapponesi, soggiogando la classe operaia e dominando i Paesi capitalisti dipendenti dell’Europa e del mondo. Come abbiamo scritto nel settembre del 2017 (Spartaco n.80):

“La classe operaia deve battersi per l’uscita dell’Italia dall’Unione Europea e dall’euro. L’uscita dell’Italia potrebbe far crollare l’Ue e questo sarebbe un vantaggio per tutti i lavoratori e per gli oppressi e un duro colpo per i padroni. La fine dell’Ue non significherebbe la fine del capitalismo internazionale, dello sfruttamento e del razzismo intrinseci a questo sistema di produzione, ma faciliterebbe la lotta di classe dei lavoratori d’Europa, mostrando più chiaramente che il nemico principale contro cui combattere sono i ‘loro’ sfruttatori nazionali.

La nostra opposizione all’Ue è parte integrante della nostra prospettiva marxista rivoluzionaria: il rovesciamento del capitalismo a scala globale da parte della classe operaia e la costruzione di un’economia collettivizzata e pianificata a scala mondiale, che consentirà uno sviluppo qualitativo delle forze di produzione e il superamento della divisione in classi della società, il punto di partenza per un ordinamento comunista mondiale.”

Il populismo borghese: nemico di operai, poveri e immigrati

La promessa che il governo ha mantenuto è stata quella di scatenare un’offensiva razzista contro gli immigrati e la minoranza rom, per dividere e indebolire la classe operaia. Il razzismo anti-immigrati marginalizza un settore decisivo e combattivo della classe operaia, mantenendolo sotto il ricatto del permesso di soggiorno e della deportazione. Il decreto sicurezza che porta il nome infame del ministro Salvini, ha imposto lo smantellamento del sistema di accoglienza per richiedenti asilo, la criminalizzazione di chi scappa da guerre, fame e disperazione, procedendo speditamente in una linea cinica e disumana di respingimenti e di chiusura dei porti che stanno producendo nuove stragi, deportazioni e incarcerazioni nei centri di detenzione libici.

La natura anti operaia del decreto sicurezza è evidenziata dalle misure che rafforzano i poteri di sindaci, prefetti e questori in materia di ordine pubblico. Ad esempio, il decreto crea il cosiddetto Daspo urbano e permette a sindaci e prefetti di multare e allontanare da alcune zone della città persone indesiderate o sospettate di “terrorismo internazionale”. Il decreto introduce sanzioni fino a 12 anni di carcere per blocco stradale e aumenta le pene per chi occupa terreni o edifici. Insomma, una serie di misure repressive fatte per colpire gli operai in lotta e gli attivisti di sinistra.

La Lega e il M5s blaterano costantemente sul “popolo”, la “gente” e gli “italiani”, per nascondere la fondamentale divisione della società in classi ostili, i cui interessi materiali sono contrapposti e inconciliabili. Il populismo si riveste tipicamente di revanscismo nazionalista, con varie gradazioni di razzismo anti-immigrati, per inculcare la menzogna secondo cui tutti gli italiani hanno interessi comuni che trascendono la divisione della società in classi contrapposte. Questa menzogna serve a paralizzare i lavoratori e difendere gli interessi di classe degli sfruttatori capitalisti.

Lo stesso vale per il populismo di sinistra, che adotta la retorica opposta della solidarietà e dell’antirazzismo. In Italia, il tentativo di costruzione di un populismo di sinistra è stato portato avanti da Potere al popolo (Pap), per ora senza molto successo, visto che i gruppi riformisti su cui si basa sono compromessi da vent’anni di appoggio a governi di austerità capitalista. Pap è stato creato in contrapposizione esplicita a qualsiasi prospettiva politica centrata sulla classe operaia. Durante la campagna elettorale del 2018 la sua portavoce Viola Carofalo ha spiegato così la scelta del nome: “La parola popolo rimanda alle classi meno abbienti, alle persone che di solito non sono interpellate nelle scelte che riguardano la loro vita. E quando qualcuno entra qui dentro non si sente respinto dalla parola popolo, cosa che succederebbe se usassimo per esempio la parola proletariato”. (Internazionale, 18 gennaio 2018)

Tutti fanno parte del popolo: i poveri, la classe operaia, ma anche la piccola borghesia, ma anche i padroni capitalisti e i loro cani da guardia in divisa. Ma contrariamente al mito propagato dalla sinistra per cui il “popolo” può attuare una trasformazione sociale radicale, la prospettiva marxista resta basata sulla convinzione espressa più di un secolo fa dal Manifesto del Partito comunista (1848):

“Fra tutte le classi che oggi stanno di contro alla borghesia, il proletariato soltanto è una classe realmente rivoluzionaria. Le altre classi decadono e tramontano con la grande industria; il proletariato è il suo prodotto più specifico. Gli ordini medi, il piccolo industriale, il piccolo commerciante, l'artigiano, il contadino, combattono tutti la borghesia, per premunire dalla scomparsa la propria esistenza come ordini medi. Quindi non sono rivoluzionari, ma conservatori. Anzi, sono reazionari, poiché cercano di far girare all'indietro la ruota della storia. Quando sono rivoluzionari, sono tali in vista del loro imminente passaggio al proletariato, non difendono i loro interessi presenti, ma i loro interessi futuri, e abbandonano il proprio punto di vista, per mettersi da quello del proletariato.”

Solo la rivoluzione proletaria può eliminare povertà e disoccupazione

Diversi populisti di sinistra e riformisti (ad esempio, Potere al popolo) hanno criticato il Rdc “così come è stato concepito” chiedendo al suo posto “l’istituzione del reddito minimo garantito, contro l’esclusione sociale e la precarietà della vita, per persone disoccupate e precarie: un reddito che consenta di superare la soglia di povertà relativa, che sia a carattere personale ed erogato fino al superamento della condizione di disagio” (Programma elettorale). La verità è che nessun sistema di welfare può eliminare la disoccupazione e la miseria che colpiscono vasti strati della popolazione nella società capitalista. La disoccupazione è l’ombra inseparabile del capitalismo. Fin dalla sua nascita, l’economia capitalista si è basata sull’espropriazione delle vecchie classi contadine, che sono state private dei mezzi di sussistenza per farne manodopera salariata e per creare quello che Karl Marx definì un “esercito industriale di riserva” di disoccupati, la cui esistenza è necessaria a mantenere basso il prezzo della forza lavoro umana e a consentire di fare fronte agli alti e bassi ciclici della produzione capitalista.

Da oltre un secolo il capitalismo è entrato in una fase di decadenza, divenendo un ostacolo ad un ulteriore sviluppo delle forze di produzione consentite dalla tecnologia umana e condannando interi settori di popolazione alla miseria. In questo quadro, i sussidi di povertà come il “Reddito di inclusione” voluto dal Pd, o quelli di workfare come il Rdc, contribuisono a mantenere il ruolo essenziale della disoccupazione nella società capitalista. Come spiegava già nel 1845 Friedrich Engels, il messaggio della borghesia ai disoccupati è:

“voi poveri avete il diritto di esistere, ma solo di esistere; non avete il diritto di moltiplicarvi, come non avete il diritto di esistere in condizioni umane. Voi siete una piaga, e se non possiamo eliminarvi come ogni altra piaga, tuttavia dovete sentire di esser tali e dovete essere tenuti almeno a freno, dovete essere messi nell’impossibilità di produrre dei nuovi ‘superflui’, sia direttamente sia spingendo altri sulla via della pigrizia e della disoccupazione. Vivete pure, ma come un esempio ammonitore per tutti gli altri a cui potrebbe capitare di finire anch’essi tra i superflui.”

L’unica soluzione alla disoccupazione di massa e all’immiserimento di settori crescenti del proletariato è una rivoluzione socialista, che instauri il potere dei lavoratori e costruisca un’economia collettivizzata e pianificata in base alle necessità delle masse e non degli interessi di un pugno di sfruttatori. Mettendo i mezzi di produzione più avanzati e le tecnologie oggi disponibili al servizio dell’umanità, su scala internazionale, la rivoluzione socialista aprirebbe la strada ad un futuro in cui la povertà, la disoccupazione e il razzismo saranno il lontano ricordo di un’epoca oscura. Unitevi a noi nella lotta per riforgiare la Quarta internazionale, partito mondiale della rivoluzione proletaria.

 

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