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Spartaco n. 83 |
Aprile 2019 |
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Femminismo contro marxismo: le origini del conflitto
(Donne e Rivoluzione)
Riproduciamo di seguito la traduzione di un articolo tratto da Workers Vanguard n.982 originariamente pubblicato nel n.5 di Women and Revolution (primavera 1974), che è stata la pubblicazione della Commissione per il lavoro tra le donne del Comitato centrale della Spartacist League degli Stati Uniti, tra il 1973 e il 1996.
Contrariamente ad un’opinione ancora diffusa in molti ambienti, il femminismo moderno non è sorto, fatto e finito, dal fertile seno della Nuova sinistra, ma è in realtà una diramazione ideologica dell’ugualitarismo utopistico dell’inizio del Diciannovesimo secolo, a sua volta un prodotto della rivoluzione democratico-borghese. E’ importante sottolineare che il teorico più originale del socialismo utopistico, Charles Fourier, fu anche il primo sostenitore della liberazione delle donne tramite la sostituzione della famiglia nucleare con la cura collettiva dei bambini. Il socialismo utopico rappresentava (anche nella soluzione che proponeva al problema dell’oppressione delle donne) il tentativo degli ideali della rivoluzione borghese-democratica di spezzare le barriere della proprietà privata e in questo senso fu storicamente progressista. Tuttavia, con la genesi del marxismo e della comprensione del fatto che una società ugualitaria può nascere solo dal potere della classe operaia, il femminismo (come altre forme di ugualitarismo utopistico) perse il suo aspetto progressista e divenne un’ideologia dell’ala sinistra dell’individualismo liberale, posizione che occupa ancora oggi.
Le donne nella visione borghese-democratica
Rivendicazione dei diritti della donna, il libro scritto nel 1792 da Mary Wollstonecraft, è l’opera borghese-democratica più importante riguardo alla liberazione delle donne. Wollstonecraft apparteneva ad un circolo di democratici radicali inglesi, di cui facevano parte anche William Blake, Tom Paine e William Godwin, le cui vite furono politicamente dominate dalla Rivoluzione francese. Un anno prima di scrivere il suo classico sull’uguaglianza sessuale, Wollstonecraft aveva pubblicato Rivendicazione dei diritti degli uomini, in polemica con gli scritti controrivoluzionari di Edmund Burke. Qualche anno più tardi, tentò di scrivere una storia della Rivoluzione francese.
Rivendicazione ribolle di indignazione e trae spunto dalle sue personali esperienze di donna della classe media, non sposata (lavorò come insegnante e governante), ma per il suo contenuto rappresenta in sostanza un’estensione alle donne dei principi dell’illuminismo e della Rivoluzione francese. Il primo capitolo si intitola: “I diritti e i doveri dell’umanità” e ne definisce il quadro teorico. Rivendicazione si basa in larga misura sull’analogia tra l’uguaglianza per le donne e l’uguaglianza sociale in generale.
Al lettore odierno, Rivendicazione da l’impressione di essere un’opera molto sbilanciata. Se da un lato la sua descrizione del ruolo delle donne continua ad essere valida, le soluzioni offerte da Wollstonecraft sembrano insipide. La principale rivendicazione programmatica, cui dedica il capitolo conclusivo, è la richiesta di un’educazione uniforme per ragazzi e ragazze. Persino all’epoca in cui scrisse Rivendicazione si trattava soltanto di una proposta moderatamente radicale. Infatti, nell’anno stesso in cui fu scritta Rivendicazione un programma educativo di questo tipo fu proposto dall’Assemblea francese. Ciononostante, ancora oggi, molte generazioni dopo l’istituzione dell’educazione mista e della riforma ancor più radicale del suffragio femminile, la descrizione che fece Wollstonecraft del ruolo delle donne nella società continua ad essere attuale.
Pur essendo una delle attiviste politiche più radicali dei suoi tempi (poco dopo aver scritto il suo classico sui diritti delle donne, Wollstonecraft attraversò la Manica per partecipare al governo rivoluzionario francese) Rivendicazione ha un tono di inatteso moralismo e di personalismo. Come molte femministe di oggi, fa appello agli uomini perché riconoscano la piena umanità delle donne e alle donne perché la smettano di essere oggetti sessuali e sviluppino la propria personalità. Condivide anche l’idea che se soltanto gli uomini e le donne credessero davvero in questi ideali e agissero di conseguenza, le donne otterrebbero l’uguaglianza.
L’enfasi sui rapporti personali non è una specificità di Wollstonecraft, ma il frutto della contraddizione intrinseca all’approccio borghese-democratico riguardo la oppressione delle donne. Wollstonecraft accettava la famiglia nucleare come istituzione centrale della società e in quel contesto rivendicava l’uguaglianza sessuale.
Accettando il ruolo fondamentale delle donne in quanto madri, Wollstonecraft accettava una divisione del lavoro in cui le donne dovevano necessariamente dipendere economicamente dai mariti. Perciò l’uguaglianza delle donne veniva a dipendere in sostanza dal modo in cui i coniugi si relazionavano nel matrimonio. In gran parte, Rivendicazione è una esortazione ai genitori, in particolare ai padri, affinché crescano le figlie in modo più simile ai figli maschi, così da lasciar emergere il loro vero potenziale. Ma se i padri rifiutano di educare le figlie, non c’è via d’uscita. Sono questi i limiti della democrazia borghese e della concezione di Wollstonecraft.
Charles Fourier e l’abolizione della famiglia
La condizione delle donne nel Diciannovesimo secolo rappresentava l’espressione più acuta ed evidente della contraddizione tra la società capitalista e gli ideali che essa professava. Fu da questa contraddizione che nacque il socialismo utopistico. All’inizio del Diciannovesimo secolo, per coloro che ancora portavano avanti gli ideali della Rivoluzione francese, divenne chiaro che libertà, uguaglianza e fraternità non erano compatibili con la proprietà privata ed un’economia di mercato basata sulla competizione. Come scrisse Charles Fourier, il più incisivo tra i pionieri del socialismo:
“Giustamente la filosofia esaltava la libertà: essa è il più grande desiderio di ogni creatura. Ma la filosofia ha scordato che in una società civile, la libertà è illusoria se il popolo comune è privato delle ricchezze. Quando i salariati sono poveri, la loro indipendenza è fragile come una casa priva di fondamenta. L’uomo libero che non possiede ricchezze ricade immediatamente sotto il giogo del ricco”. (Beecher and Bienvenu, Ed., The Utopian Vision of Charles Fourier)
Applicando gli stessi concetti critici alla condizione delle donne, Fourier giunse a conclusioni altrettanto radicali ed antiborghesi. E’ ben nota l’importanza attribuita da Fourier alla condizione delle donne:
“Il progresso sociale e il cambiamento di un’epoca storica è determinato dal progresso femminile verso la libertà, mentre la regressione sociale avviene a seguito di una riduzione della libertà delle donne (
) Insomma, l’ampiamento dei privilegi delle donne è la causa fondamentale di ogni progresso sociale” (ibid).
Ciò che riveste un’importanza fondamentale, nell’atteggiamento di Fourier riguardo all’oppressione delle donne, è il fatto che egli avanza un programma di totale ricostruzione della società, che porrà fine alla storica divisione del lavoro tra uomini e donne. Nella comunità socialista immaginata da Fourier, i bambini sarebbero stati cresciuti collettivamente senza alcuna relazione particolare con i genitori biologici; uomini e donne avrebbero svolto gli stessi lavori e si sarebbe incoraggiata la completa libertà sessuale (Fourier considerava la monogamia eterosessuale come l’estensione alla sfera sessuale del concetto borghese di proprietà).
L’accesa ostilità di Fourier nei confronti della famiglia patriarcale derivava in gran parte dalla comprensione del suo ruolo intrinsecamente repressivo sul piano sessuale. Da questo punto di vista, anticipò di molti anni il freudismo più radicale. Ad esempio, osservò che:
“Vi sono ancora tanti genitori che lasciano che le loro figlie non sposate soffrano e muoiano per la mancanza di soddisfazione sessuale” (ibid).
Per quanto fantastica fosse la natura delle comunità (o “falangi”) socialiste da lui immaginate, il programma di Fourier conteneva il nucleo razionale della riorganizzazione della società che sarebbe stata necessaria a liberare le donne. Va a lui il merito esclusivo di aver introdotto la rivendicazione della liberazione delle donne tramite l’abolizione della famiglia nucleare, che sarebbe divenuto parte integrante del programma socialista ereditato dai giovani Marx ed Engels. Engels rese omaggio più che volentieri (ad esempio ne Il socialismo dall’utopia alla scienza) al primo artefice del programma socialista per la liberazione delle donne.
Ugualitarismo utopistico e liberazione delle donne
Pur non attribuendo alla questione delle donne la centralità che essa rivestiva per il fourierismo, le altre due principali correnti del socialismo d’inizio Diciannovesimo secolo, l’owenismo e il saintsimonismo, erano anch’esse chiaramente impegnate per l’uguaglianza tra i sessi e opposte alla monogamia imposta per legge. La vita politica dell’inizio del Diciannovesimo secolo si distingueva per la completa compenetrazione della lotta per la liberazione delle donne e la lotta generale per una società ugualitaria. Le donne che si battevano per i diritti femminili (così come gli uomini che lo facevano) non vi vedevano una questione separata, per non dire contrapposta, al movimento generale per un ordinamento sociale razionale. Le donne che si battevano per l’uguaglianza tra i sessi erano socialiste o democratiche radicali le cui attività a favore dei diritti delle donne costituivano solo una parte delle loro vite politiche. Le sostenitrici più radicali dell’uguaglianza tra i sessi (le americane Frances Wright e Margaret Fuller e la francese Flora Tristan) condividevano tutte questo profilo politico.
Frances Wright diede inizio alla propria carriera politica di riformatrice liberale scrivendo un trattato a favore dell’abolizione della schiavitù. Fu conquistata al socialismo da Robert Dale Owen, il figlio di Robert Owen, che era immigrato negli Usa dove divenne il più importante socialista radicale degli anni Venti e Trenta dell’Ottocento. Wright costituì una Comune owenista nel Tennessee, che si rifaceva a quella più celebre di New Harmony, nell’Indiana. Nel 1828-29, lei e Robert Dale Owen pubblicarono il Free Enquirer, un giornale legato al Workingman’s Party [Partito del lavoratore] di New York, fautore del suffragio universale, dell’istruzione pubblica gratuita, del “libero amore” e del controllo delle nascite.
Margaret Fuller, il cui libro Women in the Nineteenth Century [Le donne nel Diciannovesimo secolo] fu l’opera sui diritti delle donne più influente di tutta la sua generazione, proveniva dal trascendentalismo del New England ed era stata direttrice di un giornale assieme a Ralph Waldo Emerson. Come Wollstonecraft, anche Margaret Fuller affrontava la questione femminile dal punto di vista del radicalismo religioso (l’uguaglianza dell’anima).
Fuller era legata alla comune trascendentalista di Brook Farm, all’epoca in cui questa venne trasformata in una comunità o “falange” fourierista, un anno prima di scrivere il suo classico sull’uguaglianza delle donne. Poco tempo dopo si recò in Europa e fu implicata nei movimenti nazionalisti democratici che furono una delle scintille delle rivoluzioni del 1848. In quell’anno epocale, si recò in Italia dove gestì un ospedale per conto del movimento della Giovane Italia di Giuseppe Mazzini.
La più importante donna socialista dell’epoca antecedente al 1848 fu Flora Tristan. Tristan iniziò la sua carriera di rivoluzionaria con un trattato a favore della legalizzazione del divorzio, che in Francia era stato messo fuorilegge con la reazione iniziata nel 1815. (Da giovane, Tristan aveva lasciato il marito, gesto che le costò l’ostracismo della società e le rese la vita sempre difficile). Il trattato sul divorzio la portò ad una corrispondenza con il vecchio Fourier e alla presa di posizione per il socialismo. Tristan, che fu una dei socialisti più cosmopoliti, attraversò più volte la Manica in entrambe le direzioni, svolgendo un ruolo attivo nei movimenti owenista e cartista. Ecco come riassunse la sua situazione politica in una lettera indirizzata a Victor Considerant, che era diventato il capo del movimento fourierista dopo la morte del maestro: “Quasi tutto il mondo è contro di me, gli uomini perché rivendico l’emancipazione delle donne; le classi proprietarie perché rivendico la liberazione dei salariati” (Goldsmith, Seven Women Against the World).
Negli anni Quaranta dell’Ottocento, le antiche corporazioni di mestiere francesi, le compagnons, si andavano trasformando in sindacati moderni. Questo processo generò l’embrione di un movimento operaio socialista rivoluzionario, fra i cui principali dirigenti vi erano Pierre Joseph Proudhon, Auguste Blanqui e Etienne Cabet. Flora Tristan faceva parte di questo nascente movimento socialista proletario. Il suo scritto del 1843, Union Ouvrière, fu l’affermazione del socialismo proletario più avanzata dei suoi giorni. Il tema centrale era la necessità di un’organizzazione operaia internazionale. (Marx incontrò Tristan mentre si trovava a Parigi e fu senza dubbio influenzato dalla sua opera). Il passaggio conclusivo di Union Ouvrière dice: “L’unione è forza se ci uniamo nel campo sociale e politico, sul terreno dell’uguaglianza di diritti tra i sessi, se organizziamo il lavoro, conquisteremo il benessere per tutti.”
Union Ouvrière dedica un capitolo ai problemi delle donne e la sua fase conclusiva indica il ruolo integrale che l’uguaglianza tra i sessi svolgeva nella concezione del socialismo di Tristan: “Abbiamo stabilito di includere nella nostra Carta i sacri e inalienabili diritti delle donne. Desideriamo che gli uomini concedano alle loro mogli e madri la libertà e l’uguaglianza assolute di cui godono essi stessi.”
Flora Tristan morì di tifo nel 1844, all’età di 41 anni. Se fosse sopravvissuta alla catastrofe del 1848 e fosse rimasta politicamente attiva, forse la storia del socialismo europeo sarebbe stata diversa, per come essa era immune dai residui di giacobinismo di Blanqui e dal filisteismo artigiano di Proudhon.
Le femministe contemporanee e le storiche accademiche borghesi tendono ad etichettare come femministe tutte le donne che nel Diciannovesimo secolo si battevano per l’uguaglianza tra i sessi. Si tratta di un’analisi completamente infondata: una proiezione a ritroso nel tempo di categorie che all’epoca sarebbero state prive di senso. Come movimento delimitato e ideologia distinta, il femminismo non esisteva all’inizio del Diciannovesimo secolo. Praticamente tutti i sostenitori della completa uguaglianza tra i sessi la consideravano come parte integrante del movimento generale per una società libera ed ugualitaria, le cui radici risalivano ai principi dell’illuminismo e che portavano avanti le idee della rivoluzione americana e soprattutto di quella francese. L’owenista americana, Frances Wright, non era più femminista di quanto non lo fosse l’owenista [maschio] inglese William Thompson, autore di An appeal of one half the Human Race, Women, against the pretentions of the other Half, Men, to keep them in Civil and Domestic Slavery. [Appello di metà della razza umana, le donne, contro le pretese dell’altra metà, gli uomini, di mantenerle in schiavitù civile e domestica]. Flora Tristan non era più femminista di Fourier.
Negli anni Quaranta dell’Ottocento, una trascendentalista radicale come Margaret Fuller, un nazionalista democratico come Giuseppe Mazzini e un organizzatore socialista operaio come Etienne Cabet potevano tutti considerarsi parte di un comune movimento politico, il cui programma era riassunto dallo slogan: “Libertà, Uguaglianza e Fraternità”. Nella sua versione più radicale, questo movimento aspirava ad una sola rivoluzione totale, che contemporaneamente stabilisse la democrazia, eliminasse le classi, ottenesse l’uguaglianza delle donne e ponesse fine all’oppressione nazionale.
Quest’idea fu sconfitta sulle barricate del 1848. Con quella sconfitta, gli elementi costituenti del radicalismo del primo Diciannovesimo secolo (la liberal-democrazia, il socialismo, il sindacalismo, l’uguaglianza delle donne e la liberazione nazionale) si separarono e iniziarono a competere tra loro e a scontrarsi. Dopo il 1848, sembrò che la società borghese potesse sopravvivere per un certo lasso di tempo e che gli interessi degli oppressi, che si trattasse degli operai, delle donne o delle nazioni, avrebbero dovuto realizzarsi nel suo seno. Fu solo dopo che la catastrofe del 1848 ebbe temporaneamente allontanato la visione di un ordinamento sociale fondamentalmente nuovo, che il femminismo (come il sindacalismo e la liberazione nazionale) emersero come movimenti distinti con una propria base sociale, ideologia e organizzazione.
Marx contro l’ugualitarismo utopistico
A volte si legge che Fourier considerava il socialismo più come un mezzo per superare l’oppressione delle donne che non come un mezzo per superare l’oppressione di classe. Questo è un modo post-marxiano di vedere la politica e non il modo in cui Fourier la vedeva. Fourier avrebbe detto di aver progettato una società in grado di soddisfare i bisogni umani e l’effetto più rimarchevole sarebbe stato il cambiamento radicale del ruolo delle donne. Contrariamente alla visione materialista secondo cui movimenti politici diversi rappresentano interessi di classi diverse, il socialismo utopistico condivideva la concezione razionale idealistica delle motivazioni politiche caratteristica dell’illuminismo, secondo la quale: movimenti politici diversi riflettono concezioni diverse della migliore organizzazione sociale possibile. L’idealismo del socialismo delle origini era probabilmente inevitabile, poiché era prodotto da quei democratici borghesi rivoluzionari che avevano mantenuto i loro principi dopo che la borghesia nella realtà aveva abbandonato la democrazia rivoluzionaria. La base sociale del socialismo delle origini era costituita da quei piccoloborghesi radicali che erano andati oltre gli interessi e le reali possibilità storiche della loro classe. Questo vale soprattutto per il “Vero socialismo” tedesco che, in una nazione praticamente priva di operai industriali e con una piccola borghesia conservatrice e tradizionalista, era un movimento puramente letterario. Era meno vero per i seguaci di Owen in Inghilterra, che avevano intersecato il nascente movimento operaio pur conservando profonde caratteristiche di filantropismo liberale.
Nel 1840 era nato in Francia, Belgio e Inghilterra un movimento operaio che era stato attratto dalle idee e dall’organizzazione socialista. Nonostante ciò, i rapporti tra le nuove organizzazioni operaie socialiste e le vecchie correnti socialiste, così come quelli con la democrazia liberale e le organizzazioni politiche a difesa dei diritti delle donne e per la liberazione nazionale, rimasero confusi in tutte le teorie socialiste esistenti. Fu Marx a tagliare il nodo gordiano e a fornire un’analisi coerente e realistica della base sociale del movimento socialista nella società borghese.
Marx affermava che la classe operaia era il gruppo sociale che avrebbe svolto il ruolo primario e caratterizzante nell’instaurazione del socialismo. Questo perché la classe operaia è quel gruppo sociale i cui interessi e le cui condizioni d’esistenza sono più in accordo con un’economia collettivizzata e, allo stesso tempo, il gruppo che ha la minore partecipazione al modo di produzione capitalista.
La valorizzazione del ruolo del proletariato da parte di Marx non è deducibile dalla filosofia tedesca, ma è il risultato della sua esperienza in Francia negli anni Quaranta dell’Ottocento. Il socialismo aveva chiaramente polarizzato la società francese lungo linee di classe, la base principale del socialismo era la classe operaia industriale, le classi proprietarie erano implacabilmente ostili e la piccola borghesia vacillante, spesso in cerca di una terza strada utopica.
Per Marx il predominio degli intellettuali nel socialismo delle origini non dimostrava che il movimento socialista potesse basarsi sulla ragione universale. Piuttosto era un fenomeno che necessariamente rifletteva da una parte le contraddizioni della rivoluzione borghese-democratica e dall’altra anticipava il nuovo schieramento delle forze di classe: “una parte della borghesia passa al proletariato, e segnatamente una parte degli ideologi borghesi, che sono giunti a comprendere teoricamente il movimento storico nel suo insieme” (Karl Marx, Il Manifesto del partito comunista).
Le classi proprietarie e istruite non potevano essere conquistate al socialismo sulla base di ideali razionali e democratici, anche se oggettivamente questi ideali potevano essere realizzati solo sotto il socialismo. Analogamente, le donne della classe privilegiata e dello strato dominante delle nazionalità oppresse non possono in generale essere conquistate al socialismo, anche se oggettivamente l’uguaglianza sessuale e la liberazione nazionale possono essere realizzate solo sotto il socialismo.
Strettamente collegata alla questione della base di classe del movimento socialista è la questione delle condizioni materiali in cui il socialismo può essere realizzato. Riflettendo sul socialismo premarxista durante i suoi ultimi anni, Engels commentò che gli utopistici credevano che il motivo per cui il socialismo non era stato instaurato prima d’allora era che nessuno ci aveva mai pensato. Che la battuta di Engels fosse solo una piccola esagerazione è dimostrato dall’importanza degli esperimenti di comunità create dal movimento socialista delle origini, che testimoniano la convinzione che il socialismo potesse essere realizzato in qualsiasi condizione materiale se un gruppo lo avesse realmente voluto. Il prevalere del volontarismo tra i primi socialisti rispecchiava ancora una volta il fatto che il loro pensiero era radicato nell’idealismo individualistico settecentesco che, a sua volta, derivava dal protestantesimo, un progenitore dell’ideologia borghese.
Contrapponendosi in modo netto e deliberato agli utopistici, Marx affermava che la disuguaglianza e l’oppressione erano conseguenze necessarie della scarsità economica e i tentativi di eliminarle attraverso la fuga nelle Comuni o la coercizione politica erano destinati a fallire:
“questo sviluppo delle forze produttive (in cui è già implicita l’esistenza empirica degli uomini sul piano della storia universale, invece che sul piano locale) è un presupposto pratico assolutamente necessario anche perché senza di esso si generalizzerebbe soltanto la miseria e quindi col bisogno ricomincerebbe anche il conflitto per il necessario e ritornerebbe per forza tutta la vecchia merda” (Karl Marx, L’ideologia tedesca).
L’affermazione di Marx che la disuguaglianza e l’oppressione sono storicamente necessarie e possono essere superate solo attraverso lo sviluppo completo della società, incentrato sulla crescita delle forze produttive, rappresenta la sua rottura più fondamentale con l’ideologia borghese progressista. Per questo motivo, a tutt’oggi, questi concetti rappresentano gli aspetti più sgradevoli del marxismo per chi è attratto al socialismo da una prospettiva umanista liberale:
“questo sviluppo delle capacità della specie uomo, benché si compia dapprima a spese del maggior numero di individui umani e di tutte le classi umane, spezza infine questo antagonismo e coincide con lo sviluppo del singolo individuo, che quindi il più alto sviluppo dell’individualità viene ottenuto solo attraverso un processo storico nel quale gli individui vengono sacrificati”. (Karl Marx, Teorie sul plusvalore)
“non è possibile attuare una liberazione reale se non nel mondo reale e con mezzi reali, (...) la schiavitù non si può abolire senza la macchina a vapore e la Mule-Jenny, né la servitù della gleba senza un’agricoltura migliorata, (...) in generale non si possono liberare gli uomini finché essi non sono in grado di procurarsi cibo e bevanda, abitazione e vestiario in qualità e quantità completa. La ‘liberazione’ è un atto storico non un atto ideale ed è attuata da condizioni storiche, dallo stato dell’industria, del commercio, dell’agricoltura, delle relazioni”. (Karl Marx, L’ideologia tedesca)
E’ evidente che le “donne” possono sostituire “individui” e “classi” in questi passaggi senza danneggiare il loro significato, poiché Marx considerava l’oppressione delle donne come un aspetto necessario di quella fase dello sviluppo umano associata alla società di classe.
Le differenze programmatiche di Marx con i socialisti utopistici furono racchiuse nel concetto di “dittatura del proletariato” che egli considerava come uno dei suoi pochi contributi originali e importanti alla teoria socialista. La dittatura del proletariato è quel periodo successivo al rovesciamento dello Stato capitalista in cui la classe operaia amministra la società per creare le condizioni economiche e culturali per il socialismo.
Durante la dittatura del proletariato, la restaurazione del capitalismo rimane una possibilità. Ciò non è dovuto principalmente alle macchinazioni dei reazionari irriducibili, ma nasce piuttosto dai conflitti e dalle tensioni generate dal perdurare della scarsità economica globale.
Questa scarsità economica è causata non solo da mezzi materiali di produzione inadeguati. Ancora più importante è il livello culturale inadeguato ed estremamente disomogeneo ereditato dal capitalismo. La sovrabbondanza socialista presuppone un enorme innalzamento del livello culturale dell’umanità. La persona “media” sotto il socialismo avrebbe le conoscenze e le capacità equivalenti a molteplici professioni apprese nella società contemporanea.
Tuttavia, nel periodo immediatamente successivo alla rivoluzione, la gestione della produzione sarà necessariamente in gran parte riservata a quell’élite formatasi nella società borghese, poiché la formazione dei loro sostituti richiederà tempo. Specialisti qualificati come il direttore di un aeroporto, il primario di chirurgia in un ospedale o il responsabile di una centrale nucleare dovranno essere tratti dalle classi istruite e privilegiate della vecchia società capitalista. Anche se in modo qualitativamente minore, sotto la dittatura del proletariato continueranno ad esistere disuguaglianze economiche, una divisione gerarchica del lavoro e gli aspetti di oppressione sociale radicati nel livello culturale ereditato dalla società borghese (per esempio, gli atteggiamenti razzisti non scompariranno il giorno dopo la rivoluzione).
Questi principi generali riguardanti la dittatura del proletariato si applicano anche alla questione femminile. Nella misura in cui deriva dal livello culturale ereditato dal capitalismo, alcuni aspetti della disuguaglianza e dell’oppressione sessuale continueranno anche durante la dittatura del proletariato. La popolazione non può essere totalmente rieducata, né un modello psicologico instillato negli uomini e nelle donne fin dall’infanzia può essere completamente eliminato o capovolto.
Il rifiuto della dittatura del proletariato come necessario periodo di transizione al socialismo è la giustificazione centrale dell’ugualitarismo utopistico (compreso il femminismo radicale o “socialista”) nell’era del marxismo.
La battaglia per la legge sulla protezione del lavoro femminile
Il femminismo fu una delle tre maggiori propaggini dell’ugualitarismo utopista nell’era post-1848, gli altri due sono l’anarchismo e il cooperativismo artigianale (proudhonismo). In realtà, durante la fine dell’Ottocento il femminismo radicale e l’anarchismo si compenetrarono notevolmente sia per quanto riguarda la loro posizione sulla questione femminile che per quanto riguarda i militanti. L’elemento decisivo in comune tra femminismo, anarchismo e cooperativismo era l’impegno per un livello di uguaglianza sociale e di libertà individuale che non era possibile raggiungere non solo sotto il capitalismo, ma neanche nel periodo dopo il suo rovesciamento. A livello ideologico generale, il femminismo era l’individualismo borghese in conflitto con la realtà e i limiti della società borghese.
Durante la loro vita, Marx ed Engels ebbero due importanti conflitti con il femminismo organizzato: scontri continui nel contesto della lotta per la legislazione sulla protezione del lavoro femminile e una breve lotta di fazione nella sezione americana della Prima internazionale. Mentre la questione della legislazione sulla protezione del lavoro femminile occupava un terreno molto vasto e toccava molti livelli di concretezza, la differenza centrale tra marxisti e femministe su questo tema era anche la differenza centrale tra marxismo ed ugualitarismo utopistico, cioè la questione del primato del benessere materiale delle masse e degli interessi storici del movimento socialista rispetto all’uguaglianza formale nella società borghese.
L’opposizione delle femministe alla legislazione a protezione del lavoro femminile ha affermato e continua a sostenere che ciò comporterebbe una disuguaglianza giuridica nello status delle donne e che è in parte motivata da pregiudizi paternalistici e maschilisti. Marx ed Engels hanno riconosciuto questi fatti, ma hanno sostenuto che il benessere fisico delle donne lavoratrici e gli interessi dell’intera classe nel ridurre l’intensità dello sfruttamento compensano ampiamente questa disuguaglianza formale e ideologica. Scrivendo a Gertrud Guillaume-Schack, una femminista tedesca che più tardi divenne anarchica, Engels spiegava:
“Mi sembra ovvio che la lavoratrice ha bisogno di una protezione speciale contro lo sfruttamento capitalista a causa delle sue particolari funzioni fisiologiche. Le donne inglesi che hanno sostenuto il diritto formale dei membri del loro sesso a lasciarsi sfruttare dai capitalisti nella stessa misura degli uomini sono per lo più, direttamente o indirettamente, interessate allo sfruttamento capitalistico di entrambi i sessi. Ammetto di essere più interessato alla salute della generazione futura che all’assoluta uguaglianza formale dei sessi in questi ultimi anni del modo di produzione capitalistico. E’ mia convinzione che la vera uguaglianza tra donne e uomini potrà realizzarsi solo quando lo sfruttamento di entrambi da parte del capitale sarà abolito e i lavori domestici privati saranno stati trasformati in un’industria pubblica”. (Marx ed Engels, lettera a Guillaume-Schack del 5 luglio 1885, nostra traduzione).
Engels riconosceva nel femminismo la falsa coscienza delle donne delle classi privilegiate che credono che, poiché esse stesse sono oppresse solo come donne, la disuguaglianza sessuale è l’unica forma significativa di oppressione.
La conversione di Guillaume-Schack all’anarchismo non fu casuale, poiché anche gli anarchici si sono opposti alla legislazione protettiva del lavoro femminile giudicandola una riforma incoerente e non ugualitaria. Scrivendo una polemica contro gli anarchici italiani nei primi anni Settanta dell’Ottocento, Marx ridicolizzò la “logica” in base alla quale “non bisogna prendersi la briga di lottare per ottenere il divieto legale di impiegare ragazze sotto i 10 anni nelle fabbriche poiché così non si pone fine allo sfruttamento dei ragazzi sotto i 10 anni” - considerandolo un “compromesso che danneggia la purezza dei principi eterni” (citato in Hal Draper, International Socialism, luglio-agosto 1970).
Woodhull contro Sorge nella Prima internazionale
A causa della natura di organizzazione aperta della Prima internazionale, la tendenza marxista dovette condurre importanti lotte di fazione interne contro le correnti di sinistra più rappresentative dei vari paesi (ad esempio, il riformismo sindacale in Gran Bretagna, il cooperativismo di Proudhon in Francia, il socialismo di Stato di Lasalle in Germania e l’anarchismo nell’Europa orientale e meridionale). E’ quindi altamente significativo che la principale lotta di fazione all’interno della sezione americana fosse incentrata sul femminismo, una variante del radicalismo piccolo-borghese. In senso più generale, l’importanza della tendenza di Woodhull rifletteva il maggior peso politico della classe media liberale americana rispetto al proletariato di quanto non lo fosse nei rapporti di classe europei. Storicamente il moralismo piccolo-borghese è stato più influente nel socialismo americano che in quasi tutti gli altri paesi. Ciò in particolare nel periodo successivo alla Guerra civile, quando l’abolizionismo servì da modello al radicalismo americano.
La relativa arretratezza politica della classe operaia americana è dovuta principalmente al suo sviluppo avvenuto attraverso ondate successive di immigrazione da diversi paesi. Ciò ha creato divisioni etniche così forti da impedire persino l’organizzazione sindacale più elementare. Inoltre, molti dei lavoratori immigrati che provenivano da ambienti contadini erano intrisi di profondi pregiudizi religiosi, razziali e sessuali e avevano un livello culturale generalmente basso, il che ha ostacolato lo svilupparsi di una coscienza di classe e ancor di più di una coscienza socialista. In generale, il malcontento dei lavoratori americani è stato incanalato dalla piccola borghesia dei vari gruppi etnici in lotta per guadagnarsi un posto nell’apparato parlamentare e di Stato.
L’assenza di una forte organizzazione della classe operaia americana, la sua politica elettorale a carattere etnico e gli atteggiamenti sociali relativamente arretrati, crearono un clima politico in cui “il socialismo illuminato della classe media” era destinato a fiorire. Non meno importante a questo proposito era il fatto che la classe media liberale era protestante, mentre la classe operaia industriale era fortemente cattolico-romana. Difatti, un aspetto importante della lotta Woodhull/Sorge era l’orientamento verso i lavoratori cattolici irlandesi.
Victoria Woodhull era la più famosa (o meglio la più famigerata) sostenitrice dell’”amore libero” di allora, era ambiziosa e con un talento per la spettacolarizzazione della politica. Constatando che la Prima internazionale stava diventando di moda, organizzò la sua sezione (Sezione 12) insieme ai resti di Nuova democrazia, un’organizzazione riformista elettoralista della classe media, guidata da Samuel Foot Andrews, un ex abolizionista. I seguaci della Woodhull entrarono così nella Prima internazionale come fazione liberale radicale, con un’enfasi sui diritti delle donne e una strategia elettoralista.
La Sezione 12 tradusse rapidamente i principi della Prima internazionale nel linguaggio della democrazia liberale americana. Inutile dire che difesero il federalismo organizzativo totale, con ogni sezione libera di perseguire le proprie attività e la propria linea politica all’interno dei principi generali dell’Internazionale. La linea politica e le attività organizzative della Sezione 12 (il suo giornale ufficiale, Woodhull and Claflin’s Weekly, predicava tra l’altro lo spiritualismo) la portarono rapidamente in conflitto con la tendenza marxista, guidata dal veterano tedesco della Rivoluzione del 1848, Friedrich Sorge. La Sezione 12 fu in grado di causare molti problemi faziosi, non solo negli Stati Uniti ma anche all’estero, poiché il suo liberalismo radicale alimentava le crescenti correnti anarchiche, elettoralistiche/riformiste e federaliste in seno all’Internazionale. I seguaci della Woodhull fecero parte di un blocco putrido che nel 1871-72 si coalizzò contro la leadership marxista della Prima internazionale. Woodhull passò anche brevemente nell’Internazionale anarchica nel 1873 sulla strada che la condusse a diventare una ricca eccentrica.
La questione principale della lotta di fazione fu la lotta per i diritti delle donne, in particolare la priorità da attribuire al suffragio universale rispetto alle questioni del lavoro, principalmente rispetto alla lotta per la giornata lavorativa di otto ore. Dopo la scissione con Sorge fu chiaro che per i seguaci della Woodhull ciò che era in gioco non era una questione di enfasi programmatica, ma una contrapposizione al socialismo proletario: “L’estensione alle donne dell’uguale cittadinanza, in tutto il mondo, deve precedere qualsiasi cambiamento generale nel rapporto esistente tra capitale e lavoro” (Woodhull and Claflin’s Weekly, 18 novembre 1871).
Nel 1872, dopo aver scisso con l’ala di Sorge e pur continuando a rivendicare fedeltà alla Prima internazionale, la Sezione 12 organizzò l’Equal Rights Party (Partito degli uguali diritti) al fine di sostenere la candidatura di Woodhull alla presidenza degli Stati Uniti. Il programma era puramente liberale di sinistra senza alcuna strategia proletaria. Faceva appello a “un governo veramente repubblicano che non solo riconosca ma garantisca pari diritti politici e sociali a uomini e donne, e che garantisca pari opportunità di istruzione per tutti i bambini” (Woodhull and Claflin’s Weekly, 20 aprile 1872).
I principi politici generali dei seguaci di Woodhull sono stati chiaramente espressi nel loro appello al Consiglio generale della Prima internazionale contro l’ala Sorge:
“Esso [l’oggetto dell’Internazionale] include, in primo luogo, l’uguaglianza politica e la libertà sociale degli uomini e delle donne in ugual misura (...) Libertà sociale significa completa immunità da qualsiasi intrusione irrispettosa in tutti gli affari di esclusiva competenza personale, come il credo religioso, le relazioni sessuali, le abitudini di vestire, ecc.” (Documenti della Prima internazionale, Il Consiglio Generale; Verbali del 1871-72)
A questo appello fu data risposta con una risoluzione scritta da Marx, che sospendeva la Sezione 12. Dopo aver elencato gli abusi organizzativi e la politica putrida, Marx concluse ribadendo la differenza centrale tra ugualitarismo democratico e socialismo proletario, ovvero che la fine di ogni forma di oppressione deve passare attraverso la vittoria della classe operaia sul capitalismo. Marx richiamò l’attenzione sui precedenti documenti internazionali:
“per ciò che concerne le ‘sezioni settarie’ o ‘organismi separatisti che pretendono di compiere missioni speciali’ diverse dallo scopo comune dell’Associazione [Prima internazionale], cioè emancipare la massa dei lavoratori dalla sua ‘sottomissione economica al monopolista dei mezzi di produzione’ che sta alla base della servitù in tutte le sue forme, della miseria sociale, del degrado mentale e della dipendenza politica” (Ibid.)
Per quanto le argomentazioni marxiste contro i seguaci della Woodhull si focalizzassero sull’elettoralismo, l’orientamento verso la classe media e la ciarlataneria, il ruolo dell’”amore libero” nel movimento socialista svolse un ruolo significativo nella lotta. Pur includendo la libertà sessuale personale nel loro programma, i marxisti hanno insistito su un approccio prudente a questa questione quando si tratta con i settori più arretrati della classe operaia. Mostrando uno stile di vita sessualmente “liberato”, i seguaci della Woodhull avrebbero creato una barriera quasi impenetrabile alla conquista dei lavoratori tradizionalisti e religiosi. Una delle principali accuse mosse da Sorge contro la Sezione 12 alla Conferenza dell’Aia del 1872 fu che le sue attività avevano reso molto più difficile per l’Internazionale raggiungere i lavoratori cattolici irlandesi in posti di lavoro strategici.
L’importanza storica della lotta tra le fazioni Woodhull e Sorge è che ha dimostrato, in modo piuttosto puro, che la radice del femminismo si trova nei principi classici democratico-borghesi, in particolare nell’individualismo. Ha inoltre dimostrato che le correnti femministe tendono ad essere assorbite dal riformismo liberale o dal radicalismo anarchico piccolo-borghese, che immancabilmente si uniscono contro il socialismo rivoluzionario proletario.
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