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Spartaco n. 76

Ottobre 2012

Sudafrica: dopo la strage di Marikana

Vincono i minatori, si estende l’ondata di scioperi

Per un governo operaio basato sui neri!

Il governo dell’Alleanza tripartita: fantoccio dei padroni delle miniere

La strage della miniera di platino di Marikana del 16 agosto, in cui 34 scioperanti sono stati uccisi, 78 feriti e centinaia arrestati, è stato uno dei peggiori massacri del Sudafrica moderno, paragonabile solo ai massacri di Sharpeville e di Soweto che simboleggiarono per decenni il regime suprematista bianco dell’apartheid. Ma i padroni della Lonmin, il governo dell’Alleanza tripartita capeggiato dall’African National Congress (Anc) e i suoi assassini prezzolati in divisa, non sono riusciti a piegare la determinazione e il coraggio dei minatori che il 20 settembre sono tornati al lavoro vittoriosi dopo sei settimane di sciopero selvaggio, conquistando aumenti salariali dall’11 al 22 percento. Il loro esempio è stato di ispirazione per altri operai delle gigantesche miniere di platino e d’oro del Sudafrica, che hanno dato vita a nuovi scioperi, sfidando il governo dell’Anc.

Nella maggior parte di queste battaglie, i lavoratori si sono trovati a combattere non solo contro i padroni delle miniere, ma anche contro i dirigenti traditori del Sindacato nazionale dei minatori (Num), il più grande dei sindacati della confederazione del Cosatu la quale, insieme all'African National Congress e al Partito comunista sudafricano (Sacp), forma l’Alleanza tripartita che governa il paese. I dirigenti del Sacp e del Cosatu sono stati tra coloro che hanno gridato più forte contro la “violenza” dei minatori di Marikana, che hanno invocato la repressione poliziesca e che ora condannano gli accordi sull’aumento salariale per paura che incoraggino altre lotte.

I minatori stanno continuando a sfidare i dirigenti sindacali traditori e il governo capitalista ai quali sono legati. Il 29 agosto, dodicimila lavoratori della miniera Kdc della Gold Fields hanno incrociato le braccia chiedendo la revoca delle detrazioni salariali e le dimissioni dei dirigenti locali della Num. La direzione nazionale della Num li ha convinti a tornare al lavoro dopo una settimana, sospendendo la leadership locale del sindacato. Subito dopo però, quindicimila lavoratori hanno iniziato uno sciopero selvaggio in un altro settore della miniera chiedendo a loro volta le dimissioni dei leader locali della Num. Gli aumenti salariali ottenuti hanno incoraggiato anche i minatori delle miniere d’oro e di cromo che hanno iniziato a scioperare per ottenere aumenti salariali simili o maggiori.

All'indomani della strage di Marikana, sono emerse le prove che dimostrano che i poliziotti killer hanno inseguito e ucciso a sangue freddo gli scioperanti. Varie fonti, tra cui Peter Alexandra, un ricercatore universitario sopravvissuto alla sparatoria, hanno riferito che la polizia aveva eretto una barriera di filo spinato intorno al luogo dove si erano radunati i lavoratori, lasciando una sola uscita, di fronte alla quale hanno parcheggiato i blindati. Poi hanno cominciato a sparare contro gli operai intrappolati e quando alcuni di questi sono corsi verso l’uscita, li hanno falciati sotto l’occhio delle telecamere. Una ricerca condotta dal fotografo premio Pulitzer Greg Marinovich ha dimostrato che solo una minoranza dei minatori uccisi sono morti negli eventi mostrati dalle televisioni. Altri erano fuggiti da un’uscita laterale e si erano nascosti tra le rocce. I poliziotti hanno usato i gas lacrimogeni per stanarli, uccidendoli come animali non appena questi uscivano dai loro ripari. Uno scioperante ha detto allo Star di Johannesburg (5 settembre): “Sparavano alla gente per divertimento, mentre erano in ginocchio con le mani alzate e imploravano di risparmiar loro la vita”. Il rivoltante filmato dei poliziotti sudafricani che con i fucili d'assalto abbattono i minatori in sciopero, armati solo di spade di legno fatte in casa, rievoca la strage di Ulundi del 1879, quando le forze coloniali britanniche falciarono nello stesso modo centinaia di guerrieri Zulu usando le prime mitragliatrici Gatling.

In Sudafrica e nel mondo intero, la rabbia per il massacro di Marikana è raddoppiata quando il giudice ha riesumato una legge dell'era dell'apartheid per accusare i 270 scioperanti arrestati dell’assassinio dei loro stessi compagni uccisi dalla polizia! Poi, dato che la situazione stava esplodendo, il governo ha temporaneamente ritirato le accuse di omicidio confermando però le altre accuse. Ritirare tutte le accuse! Liberare tutti i minatori arrestati! Via l’esercito dalle miniere!

Il massacro di Marikana è un'amara dimostrazione del fatto che la polizia, bianca o nera, è pagata per imporre il dominio capitalista razzista. In Sudafrica come altrove. La Lega comunista internazionale esige: poliziotti e guardie di sicurezza fuori dal movimento operaio!

Il capitalismo del neo apartheid: i padroni fanno profitti, i lavoratori muoiono di fame

Il 17 settembre, il presidente Jacob Zuma si è lamentato del fatto che gli scioperi nelle miniere di platino e d'oro sono costati al settore 4,5 miliardi di rand (418 milioni di euro). L’industria mineraria ha alimentato l’economia sudafricana sin dalla fine del Diciannovesimo secolo, prima sotto l'impero coloniale britannico di Cecil Rhodes, poi sotto il regime dell’apartheid imposto dagli afrikaner nel 1940, e anche oggi che domina il capitalismo del neo apartheid. Se negli ultimi cinquant’anni l'economia si è un po’ diversificata, l’industria mineraria costituisce ancora, direttamente o indirettamente, più di un quarto dell'attività economica del paese e impiega mezzo milione di lavoratori.

L’estrazione del platino è voracissima di manodopera e pericolosa. I trivellatori fanno un lavoro durissimo nelle più profonde miniere del mondo, con temperature prossime ai 46 gradi e in aree anguste, umide, poco aerate, dove le rocce possono franare in qualsiasi momento. I lavori più faticosi e pericolosi sono appannaggio per lo più di immigrati, provenienti dalla Provincia del Capo orientale, ma anche da altre province del Sudafrica e da paesi vicini, come il Lesotho, il Mozambico e lo Zimbabwe. Nelle baraccopoli dove vivono in baracche di fortuna, i servizi igienici all’aperto sono utilizzati in comune persino da 50 persone. Ci sono pochi rubinetti con l’acqua corrente e le fognature perdono liquami dai tubi rotti. I bambini rovistano nelle discariche.

Le statistiche governative sui morti in miniera (in Sudafrica muore in media un minatore ogni tre giorni in incidenti nel sottosuolo) sottovalutano deliberatamente i pericoli, escludendo i minatori che contraggono la tubercolosi, la silicosi e altre malattie professionali. Questi, vittime di uno sfruttamento brutale, sono poi semplicemente rimandati a morire nelle loro case nelle zone rurali o nei paesi vicini.

Un terzo di coloro che lavorano nelle gallerie a Marikana sono assunti da caporali a salari più bassi rispetto ai loro colleghi e senza assistenza sanitaria, né piani pensionistici o altri benefici. In Spartacist South Africa n.7 (inverno 2011), i nostri compagni hanno rivendicato la necessità di “distruggere i caporali parassiti coi mezzi della lotta di classe”. Il loro articolo ha sottolineato: “La lotta per difendere i lavoratori assunti dai caporali dovrebbe essere legata ad una lotta per sindacalizzare chi non è sindacalizzato e per difendere i lavoratori immigrati e gli altri strati più oppressi della classe operaia”.

Il disgusto per i dirigenti traditori della Num ha spinto molti minatori ad iscriversi all’Associazione dei lavoratori delle miniere e delle costruzioni (Amcu), che ha avuto un ruolo di primo piano nello sciopero. Sempre più spesso, i minatori peggio pagati lasciano la Num per unirsi all’Amcu, sindacato nato da una scissione della Num nel 1998. In origine alla Num aderivano le categorie meno qualificate dei minatori, ma adesso una parte crescente della Num è formata da colletti bianchi delle miniere. In generale, i rivoluzionari favoriscono la massima unità nella lotta. Ma non condanniamo automaticamente tutte le scissioni del movimento sindacale. Devono essere esaminate caso per caso. Difendiamo l’Amcu contro la repressione dello Stato e difendiamo il diritto dei lavoratori a farsi rappresentare dall’Amcu se lo desiderano. All'indomani del massacro Lonmin, i burocrati della Num e i portavoce del Sacp hanno invocato in modo scandaloso la repressione dello Stato contro l’Amcu, che i leader del Cosatu hanno accusato di essere formata da violenti.

A questi traditori hanno fatto eco in tutto il mondo tutti quei “socialisti” riformisti che hanno a lungo sostenuto l’Anc borghese. International Viewpoint, il giornale internazionale a cui fa riferimento Sinistra Critica in Italia, ha pubblicato un articolo in cui si denuncia il massacro, ma nello stesso tempo prende le distanze dalla “violenza” dei minatori iscritti al sindacato Amcu. Inoltre critica il governo (che ha ordinato alla polizia di compiere il massacro) per non aver fatto da mediatore; i padroni della miniera, per non aver voluto trattare; la Num perché “distante dalla base” e… l’Amcu per aver sostenuto richieste salariali “irrealistiche” e non aver condannato la “violenza” dei suoi iscritti!

Espropriare le miniere! Per un governo operaio centrato sui neri!

Il profondo malcontento che esiste alla base della società sudafricana si riflette in modo distorto nelle aspre divisioni esistenti ai vertici dell’Anc e dell'Alleanza tripartita. L’ex presidente della Lega giovanile dell’Anc (Ancyl) Julius Malema, con i suoi appelli populisti ai lavoratori delusi e ai giovani, è emerso come il rappresentante delle forze più apertamente ostili a Zuma all’interno dell'Anc. Quattro anni fa, Malema fu uno dei principali fautori dell’ascesa di Zuma nell’Anc. Adesso, dopo essere stato espulso dal partito all'inizio dell'anno, se ne va in giro a denunciare i leader dell'Anc e della Num come “sanguisughe”. Come sempre, vomita demagogia razzista per distogliere i lavoratori da una comprensione di classe del sistema del neo apartheid. I marxisti non danno nessun sostegno politico agli esponenti dell’Anc capitalista, indipendentemente dalle loro particolarità politiche.

Malema, che dirige quattro aziende, veste abiti di Gucci e ha un debole per le auto di lusso, ha guadagnato molta popolarità facendo appello alla nazionalizzazione delle miniere. Come ha scritto Spartacist South Africa: “le nazionalizzazioni proposte da Malema sono degli schemi riformisti borghesi che non mettono fine al supersfruttamento dei minatori. Il loro programma politico si basa sull’azionariato comune tra i proprietari attuali delle miniere e il governo (con una quota di maggioranza per il secondo), il che significa che lo Stato borghese diventerebbe direttamente partner dello sfruttamento dei lavoratori”. (Workers Vanguard n. 1006, 3 agosto 2012).

La Num, che è il più grande sindacato della confederazione del Cosatu, e l’Amcu occupano una posizione strategica. Concentrando nelle loro mani le risorse chiave dell’economia, come l’oro, i diamanti, il platino, il carbone e l’energia elettrica, hanno il potere sociale di bloccare completamente il paese. Una direzione coraggiosa, rivoluzionaria, che perseguisse una politica di indipendenza di classe, userebbe questo potere per strappare le miniere e il capitale minerario dalle mani di quelle sanguisughe che sono i padroni delle miniere e inizierebbe a gestire l’economia su basi socialiste, nell’ottica di soddisfare i bisogni dei lavoratori. L’espropriazione delle miniere avrebbe un impatto enorme e aiuterebbe a risollevare la maggioranza della popolazione dalla miseria, ma per questo essa deve legarsi all’istituzione del controllo operaio e della pianificazione economica in tutto il paese, sotto un governo operaio centrato sui neri. Questo non ha niente a che fare con i piani di nazionalizzazione borghese come quelli proposti da Julius Malema e dalla Lega dei giovani dell’Anc nazionalista borghese.

E’ cruciale che i militanti del sindacato che vogliono lottare contro le svendite della direzione della Num, capiscano chiaramente che bisogna rompere con la politica riformista più generale che è alla base di questi tradimenti. Le burocrazie della Num e del Cosatu sono una componente decisiva dell’Alleanza tripartita di Anc/Sacp/Cosatu, un’alleanza borghese tramite la quale gli operai sono incatenati ai loro sfruttatori capitalisti, mentre i dirigenti riformisti di Sacp e Cosatu si prendono la diretta responsabilità di amministrare il capitalismo razzista del nuovo apartheid.

Oggi il “nuovo” Sudafrica è la società più diseguale del mondo. Il divario tra i salari che esisteva sotto l’apartheid non solo non è diminuito, ma è diventato un abisso. Ma mentre aumentavano gli attacchi alle condizioni di vita degli iscritti ai sindacati, mentre la miseria sociale generalizzata aumentava, la burocrazia del Cosatu si integrava sempre più nella nuova élite nera, nel “bel mondo” sommerso di quei privilegi che la classe dominante capitalista (in maggioranza ancora bianca) ha riservato a chi l’aiuta a mantenere il suo potere di classe a danno della base operaia (in gran parte nera).

La lotta per un governo operaio centrato sui neri richiede un partito rivoluzionario basato sulla più completa indipendenza politica ed organizzativa del proletariato dalla borghesia. Noi ci battiamo per costruire questo partito attraverso una lotta intransigente con la politica filo-capitalista dei falsi dirigenti del Cosatu e del Sacp, attraverso la conquista dei militanti di base della classe operaia ad un programma veramente comunista. La politica di collaborazione di classe dei dirigenti del Sacp e del Cosatu, la loro alleanza con i nazionalisti borghesi dell’Anc, subordina l’indipendenza degli operai ai loro nemici di classe capitalisti. Questi riformisti sfruttano sfacciatamente il peso dell’oppressione della maggioranza nera per vendere agli operai quest’alleanza traditrice con un partito dei nemici di classe. A questo si riduce il programma di “infoltire le fila dell’Anc” e del “ruolo di dirigente naturale dell’Anc nella Rivoluzione nazionale democratica”, un programma condiviso dai falsi dirigenti del Cosatu e del Sacp.

La degradazione senza fine della maggioranza nera non è semplicemente una questione sindacale che si possa risolvere con la lotta per salari migliori e per altri miglioramenti delle condizioni di lavoro. E’ una parte integrante della struttura stessa e dello sviluppo del sistema capitalista sudafricano, in cui l’oppressione nazionale della stragrande maggioranza della popolazione (le masse nere), è stata imposta non da una potenza coloniale, ma da una borghesia bianca locale strettamente legata agli imperialisti anglo-americani. In un certo senso, il sistema suprematista bianco dell’apartheid, la cui struttura di classe e sociale resta a tutt’oggi intatta, era una forma di oppressione coloniale interna al paese. Da parte dei capitalisti locali e degli imperialisti l’obiettivo di questo asservimento “coloniale” stava nell’estrarre profitti dal super sfruttamento del proletariato nero.

Questo caratteristico sviluppo del capitalismo sudafricano, che ha portato alla sovrapposizione quasi completa tra razza e classe, costituisce a suo modo un modello dell’applicabilità della teoria della rivoluzione permanente di Lev Trotsky. La classe capitalista è prevalentemente bianca, mentre la classe operaia è quasi solo nera. Il compito democratico di liberare la maggioranza nera dalla sua condizione di schiavitù e di degradazione è inestricabilmente legato al bisogno di rovesciare il sistema capitalista. Un governo operaio centrato sui neri non escluderebbe le altre razze: vi sarebbe un ruolo importante e pieni diritti democratici per i coloured, gli indiani e gli altri asiatici e per quei bianchi che accetteranno un governo basato principalmente sui lavoratori neri. In questo senso, un governo operaio centrato sui neri rappresenterebbe anche la liberazione delle minoranze oppresse dei coloured e degli indiani.

Un governo operaio centrato sui neri in Sudafrica dovrebbe legarsi alle masse oppresse della regione in una federazione socialista dell’Africa meridionale e combattere con forza per estendere il potere operaio ai paesi capitalisti avanzati, specialmente a centri imperialisti come gli Stati Uniti, il Giappone o l’Europa occidentale, dove oggi gli operai sono colpiti dalla crisi economica capitalista e da feroci piani di austerità. Sulle basi della pianificazione socialista internazionale, si potrà costruire una società veramente umana dove la brutalità e lo sfruttamento dei giganti minerari e delle sanguisughe imperialiste diventeranno un ricordo del passato. Per un partito leninista-trotskista d’avanguardia, sezione di una Quarta internazionale riforgiata, il partito mondiale della rivoluzione proletaria!

 

Spartaco N. 76

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