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Spartaco n. 76 |
Ottobre 2012 |
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Giù le mani degli imperialisti dalla Siria!
Da un anno e mezzo la popolazione siriana è schiacciata tra due forze reazionarie che hanno sconvolto il paese con una guerra civile devastante. Di fronte all’insurrezione dominata da forze provenienti principalmente dalla popolazione musulmana sunnita e spalleggiate da un assortimento di forze imperialiste e di potenze regionali, il regime omicida del Partito ba’athista di Bashar al-Assad ha cercato di soffocare la ribellione ricorrendo a un’imponente potenza di fuoco, usata anche contro le aree residenziali. Anche gli insorti hanno commesso orrendi massacri di civili. Importanti capi dell’opposizione siriana hanno invocato l’intervento militare degli imperialisti, riecheggiando i “ribelli” libici che l’anno scorso si sono arruolati come truppe ausiliarie nella campagna di bombardamenti della Nato. Se al momento gli imperialisti si sono concentrati sul rifornimento di materiali e sul sostegno logistico alle forze anti Assad, la Casa Bianca di Obama ha dichiarato di “non escludere” delle scelte militari.
I marxisti rivoluzionari non appoggiano nessuno dei due campi di questa guerra civile in cui la vittoria di un combattente o dell’altro non darebbe alcun contributo alla causa della classe operaia e degli oppressi. Ma gli operai di tutto il mondo hanno un campo: contro l’intervento militare degli imperialisti. In caso di attacco imperialista ci batteremo per la difesa della Siria, pur mantenendo la nostra opposizione politica proletaria al sanguinoso dominio di Assad.
La guerra civile è cominciata con una serie di manifestazioni avvenute nel marzo 2011 nella città di Dara’a, nel sud sunnita della Siria, nel periodo in cui le proteste della “primavera araba” attraversavano l’Africa settentrionale e il Medio Oriente. Le manifestazioni si sono poi estese oltre Dara’a e il regime di Assad ha mandato truppe e carri armati a massacrare i civili. Un numero crescente di soldati ha cominciato a disertare, formando l’embrione di una serie di milizie antigovernative. I principali comandanti di questo cosiddetto Esercito siriano libero (Esl), hanno fatto parte per anni della macchina repressiva del regime di Assad.
Il Consiglio nazionale siriano (Cns), una coalizione di gruppi di esuli e di oppositori, si presenta come la principale direzione politica dell’opposizione. Diversi tra i principali portavoce di questo raggruppamento sono legati da lunga data al Dipartimento di Stato e ai funzionari della sicurezza nazionale degli Stati Uniti, come ha spiegato in dettaglio un articolo del Guardian di Londra (12 luglio) dal titolo “L’opposizione siriana: senti chi parla”.
Oggi il Cns è dominato dai reazionari della Fratellanza musulmana, che controllano la maggioranza dei seggi del Consiglio oltre che il comitato che distribuisce soldi e altri aiuti alle forze anti Assad in Siria. Alla ribellione armata si sono uniti in numero crescente anche dei gruppi jihadisti sunniti provenienti da altri paesi musulmani. Questi sviluppi hanno complicato le cose per i governanti americani, che sanno bene che quelli che hanno appena ucciso il loro ambasciatore in Libia erano i fondamentalisti che l’anno scorso Washington aveva finanziato e armato per aiutare a rovesciare Mohammar Gheddafi.
La Siria è un mosaico di gruppi etnici, nazionali e di sette religiose, un paese in cui il regime dominato dalla minoranza alawita spadroneggia sulla maggioranza sunnita, sui curdi, i cristiani, i drusi e le altre minoranze, col rischio che il conflitto degeneri in una guerra tra comunità. Questa situazione è stata lasciata in eredità dalla politica del divide et impera delle potenze coloniali, che si sono spartite il Medio Oriente alla fine della Prima guerra mondiale (vedi articolo a pag. 24).
Per quanto riluttante ad un intervento militare diretto nel conflitto, l’amministrazione Obama ha già stanziato circa 25 milioni di dollari per i “ribelli”, in base ad un ordine segreto firmato dal presidente all’inizio dell’anno. Per tutto questo tempo, Washington ha finto di non fornire “armi letali”. Gli agenti segreti americani, insieme ai loro corrispettivi turchi, sauditi e qatarioti, “usano l’esperienza libica” per orientare gli aiuti alle forze anti Assad (Wall Street Journal, 13 giugno). Operano da un “centro nevralgico” segreto con base ad Adana, città Turca vicina al confine siriano, dove c’é anche la base aerea americana di Incirlik. Il New York Times (21 giugno) spiega che le armi sono convogliate in Siria “tramite una rete d’intermediari che restano nell’ombra e che includono la Fratellanza musulmana in Siria”.
Gli imperialisti hanno imposto alla Siria un ampio spettro di sanzioni economiche e il mese scorso l’amministrazione Obama ha indurito le misure degli Usa. In particolare, la Siria è stata duramente colpita da un embargo petrolifero imposto un anno fa dall’Unione Europea. Sino allora, le esportazioni petrolifere, quasi tutte verso Stati dell’Ue, rappresentavano il pilastro principale dell’economia siriana, che con l’embargo si è considerevolmente contratta. Le vittime principali sono state i lavoratori rurali e delle città, specialmente i poveri e i più vulnerabili, vittime di un’inflazione rampante, di licenziamenti di massa e di ammanchi di benzina e di altri idrocarburi raffinati, oltre che delle derrate alimentari. I tentativi di tradurre in pratica le sanzioni del Consiglio di sicurezza dell’Onu sono stati ostacolati dall’opposizione sia della Russia, che a sua volta rifornisce il regime di Assad di armi e informazioni, sia della Cina.
Dietro l’azione di Washington per il “cambiamento di regime” a Damasco, c’è la determinazione dei padroni imperialisti d’America a perpetuare e estendere il loro controllo sul mondo. La Siria è storicamente l’ago della bilancia nel Medio Oriente ricco di petrolio. Essa esercita un’influenza decisiva sul Libano, grazie soprattutto al suo appoggio ai fondamentalisti sciiti di Hezbollah ed è il più importante alleato arabo dell’Iran. L’invasione americana dell’Iraq di Saddam Hussein nel 2003, con l’instaurazione a Baghdad di un regime dominato dagli sciiti, ha molto rafforzato l’influenza di Teheran nella regione. Per anni l’ostilità verso l’Iran ha accomunato gli Usa alle monarchie sunnite dell’Arabia saudita e dei paesi del Golfo, principali fornitori di armi alle forze anti Assad e soprattutto agli jihadisti sunniti. Ma con la loro atroce occupazione dell’Iraq, gli Usa hanno finito col creare un governo amico dell’Iran.
L’imperialismo francese, ora guidato dal presidente François Hollande del Partito socialista, batte da tempo la grancassa chiedendo che una “coalizione internazionale” imponga una “no-fly zone” su parte della Siria. La Casa Bianca è riluttante di fronte a questa prospettiva, anche se a Washington il coro dei pezzi grossi che chiedono l’intervento Usa si è allargato. Non si limita più alla destra repubblicana di John McCain, ma include gente come William Perry e Madeleine Albright, che erano rispettivamente segretario alla difesa e segretaria di Stato sotto la presidenza democratica di Bill Clinton nella seconda metà degli anni Novanta, quando gli Usa seppellivano sotto le bombe l’Iraq e l’ex Jugoslavia.
Come nel 2003, quando per preparare l’invasione dell’Iraq, il New York Times spacciava le menzogne di Washington sulle “armi di distruzione di massa” di Saddam Hussein, così oggi la stampa borghese pubblica qualsiasi invenzione diffusa dall’opposizione siriana. Così ad esempio la stampa mondiale ha raccontato che il 25 agosto l’esercito siriano aveva perpetrato un massacro di almeno 245 uomini, donne e bambini a Daraya, nelle vicinanze di Damasco. Invece un’inchiesta condotta sul posto dal decano dei giornalisti Robert Fisk ha portato alla luce che i civili erano stati uccisi dagli insorti (Independent, 29 agosto). Un abitante del posto ha detto a Fisk: “Uno dei morti era un postino. L’hanno incluso perché era un dipendente del governo”.
I rapporti contraffatti sulle armi di distruzione di massa di Saddam Hussein originavano da un gruppo di esuli iracheni finanziati dagli Usa, il Congresso nazionale iracheno di Ahmed Chalabi. Quest’estate è toccato all’opposizione siriana, spalleggiata dagli Usa, diffondere dei resoconti palesemente falsi in cui si pretendeva che Assad stava prelevando armi chimiche dai depositi e si preparava a usarle. Lo scorso mese, quando Obama ha minacciato “conseguenze enormi”, il governo siriano ha ribattuto che avrebbe usato armi chimiche solo “in caso di aggressione esterna”.
Tra le principali minoranze siriane, i curdi sono l’unico popolo che forma una nazione che si estende in Turchia, Iran e Iraq. Ma la loro lotta contro l’oppressione nazionale è stata ripetutamente tradita dai capi nazionalisti in competizione tra loro, che agiscono da lacchè degli imperialisti o di uno o l’altro dei regimi borghesi locali. L’autodeterminazione curda richiede il rovesciamento, da parte del proletariato rivoluzionario, di quattro Stati capitalisti e la formazione di una Repubblica socialista del Kurdistan unificato.
Lo scorso anno, durante le sommosse popolari in Tunisia e in Egitto abbiamo indicato nella classe operaia, i cui scioperi avevano svolto un ruolo fondamentale nell’abbattimento di quei due regimi dispotici, il potenziale affossatore dell’ordinamento borghese. Abbiamo insistito sulla necessità urgente che il proletariato agisse come dirigente di tutte le masse oppresse. Invece, anche se il proletariato continua a condurre delle lotte economiche, politicamente resta subordinato agli islamisti e ad altre forze borghesi.
Perché il proletariato emerga come aspirante al potere, bisogna cominciare a costruire dei partiti operai d’avanguardia, che si oppongano agli imperialisti e a tutte le forze borghesi locali: dai bonapartisti militari, ai politici liberali, fino all’islam politico reazionario. Senza una rivoluzione proletaria che apra la strada alla costituzione di una federazione socialista del Medio Oriente, come parte della lotta per la rivoluzione proletaria mondiale, non vedremo né l’emancipazione delle donne, né la fine all’oppressione etnica e nazionale, né la fine dello sfruttamento dei lavoratori.
[Tradotto da Workers Vanguard n. 1009, 28 settembre 2012]
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