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Spartaco n. 67

Marzo 2006

Abbasso il ricatto nucleare imperialista!

Imperialisti: giù le mani dall’Iran!

Meno di tre anni dopo l’invasione e l’occupazione dell’Iraq, l’imperialismo statunitense ha ora l’Iran nel mirino. Lo scorso 26 gennaio, sostenendo che l’Iran sta cercando di sviluppare armi nucleari, il presidente Bush, ha lanciato un ultimatum: “Le vostre aspirazioni a sviluppare un’arma nucleare sono inaccettabili” (New York Times, 27 gennaio). Ha la faccia tosta, Bush, presidente di un paese che ha una riserva di armi nucleari capaci di distruggere il mondo parecchie volte. La classe dominante degli Stati Uniti è l’unica ad aver usato armi nucleari, incenerendo circa 200.000 persone a Hiroshima e Nagasaki nel 1945 ed il governo degli Stati Uniti oggi sostiene una politica d’attacco nucleare “preventivo” contro tutti i paesi che ritiene una minaccia.

Vi è un chiaro accordo in tutto lo spettro politico borghese degli Stati Uniti, dai fanatici religiosi della Casa Bianca al Partito democratico, che è necessario “occuparsi dell’Iran”. Infatti, una critica comune a Bush da parte dei democratici è che l’occupazione dell’Iraq è stata una distrazione dall’occuparsi con più forza dell’Iran e dello Stato operaio deformato della Corea del Nord. La senatrice Hillary Clinton ha recentemente accusato Bush di essere morbido nei confronti dell’Iran, dichiarando, “Credo che abbiamo perso tempo prezioso nell’occuparci dell’Iran perché la Casa Bianca ha scelto di minimizzare le minacce” (Washington Post, 20 gennaio).

Un altro gruppo di fanatici bellicosi schierati contro l’Iran sono i dirigenti sionisti d’Israele. Il Sunday Times britannico riporta (11 dicembre 2005) che alle forze armate israeliane è stato dato l’ordine di “prepararsi a possibili attacchi sui siti segreti iraniani di arricchimento dell’uranio alla fine di marzo”. Il 21 gennaio, il ministro della difesa israeliano Shaul Mofaz ha minacciato: “Israele non accetterà una capacità nucleare iraniana e deve avere la possibilità di difendersi, con tutto ciò che questo implica, ed è a questo che ci stiamo preparando” (Spiegel Online, 23 gennaio).

In caso d’attacco militare contro l’Iran da parte dell’imperialismo degli Stati Uniti o d’Israele, o da qualunque altra forza che agisca per conto degli imperialisti, noi marxisti dichiariamo: il proletariato internazionale deve schierarsi per la difesa militare dell’Iran contro gli attacchi imperialisti. Allo stesso tempo non diamo il benché minimo sostegno politico al regime reazionario di Teheran. La nostra difesa dell’Iran capitalista è condizionata: nei conflitti militari fra potenze imperialiste e paesi dipendenti semi coloniali, la nostra politica è il difensismo rivoluzionario. Difendiamo il paese oppresso contro il paese oppressore e promuoviamo la lotta di classe nei centri imperialisti, così come nel paese oppresso. Ogni vittoria per gli imperialisti nelle loro avventure militari, incoraggia ulteriori guerre di rapina; ogni battuta d’arresto serve ad aiutare le lotte dei lavoratori e degli oppressi.

La borghesia degli Stati Uniti, grazie al controllo dei mezzi di comunicazione, sta sfruttando ogni occasione per fomentare l’isteria sulla “minaccia iraniana”. Ritraggono il regime islamico dell’Iran come un covo di pazzi fanatici. Ma i veri pazzi nucleari sono i fondamentalisti cristiani alla testa dell’imperialismo statunitense, che potrebbero non fermarsi davanti a nessun ostacolo che si ponga di fronte ad un attacco all’Iran. Il vero nemico dei lavoratori, delle minoranze e degli oppressi negli Stati Uniti è la borghesia degli Usa. La classe dominante che oggi sta minacciando l’Iran, è la stessa classe capitalista che ha attaccato le pensioni, la sanità ed i posti di lavoro dell’America lavoratrice mentre ha fatto a pezzi i diritti democratici con la “guerra al terrorismo” reazionaria.

Una lettera al New York Times (29 gennaio) del capo dell’ufficio stampa della missione iraniana alle Nazioni Unite ha sottolineato come, “l’Iran non ha ambizioni di costruire armi nucleari”, ha anche notato che il lavoro di ricerca nucleare dell’Iran “è completamente in accordo con il trattato di non proliferazione nucleare”. La realtà è che nel contesto delle minacce degli imperialisti che possiedono armi nucleari, l’Iran ha un disperato bisogno di armi nucleari e di sistemi di lancio sufficienti per difendersi. Nel mondo attuale, il possesso di armi nucleari si è trasformato nell’unica misura reale della sovranità nazionale. La distruzione controrivoluzionaria dello Stato operaio degenerato sovietico nel 1991-92, ha tolto di scena il principale contrappeso militare e politico all’imperialismo Usa. Da allora, la classe dominante degli Stati Uniti ha sviluppato la politica di utilizzare la sua potenza militare incontrastata, che rende insignificante persino quella delle potenze imperialiste rivali, per impedire lo sviluppo di qualunque cosa sia percepita come una sfida al dominio degli Stati Uniti.

Una lettera al New York Times (17 gennaio) notava correttamente in risposta ad un editoriale del giornale:

“Scrivete che ‘nessuno ancora ha proposto un modo sufficientemente buono per deflettere l’Iran dal suo corso nucleare’. Ma è evidente che l’Iran cerca una bomba principalmente per contrastare l’ambizione malcelata dei falchi della gestione Bush di imporre anche laggiù un ‘cambiamento di regime’. Dopo aver visto che cosa è accaduto in Iraq ed avere ascoltato la retorica dell’ ‘asse del male’, tutti i dirigenti militari iraniani patriottici staranno avvisando il loro governo che soltanto una bomba tratterrà gli Stati Uniti”.

La natura reazionaria del regime dei mullah dell’Iran non riduce in alcun senso il dovere dei proletari rivoluzionari di schierarsi dalla parte dell’Iran contro l’imperialismo degli Stati Uniti. Quando l’Italia di Mussolini invase l’Etiopia nel 1935, il dirigente bolscevico Leone Trotsky rispose alle preoccupazioni dei militanti proletari che si opponevano a difendere l’Etiopia a causa del regime reazionario di Haile Selassie, che manteneva la schiavitù nel paese:

“Se Mussolini trionfa, ciò significa il rafforzamento del fascismo, il rafforzamento dell’imperialismo e lo scoraggiamento dei popoli coloniali in Africa ed altrove. La vittoria del Negus, al contrario, significherebbe un forte colpo non soltanto all’imperialismo italiano ma all’imperialismo in generale e darebbe un impulso potente alle forze ribelli dei popoli oppressi” (“I dittatori e le alture di Oslo”, aprile 1936).

L’Iran oggi ha bisogno delle armi nucleari per respingere la minaccia degli Stati Uniti non meno che l’Etiopia del 1930 aveva bisogno dei Mauser per respingere gli imperialisti italiani. Usa giù le mani dall’Iran! Ritiro immediato ed incondizionato di tutte le truppe e le basi militari degli Stati Uniti dall’Iraq, dall’Afghanistan e dall’Asia centrale!

Per un’opposizione di lotta di classe all’imperialismo!

L’unico Stato in possesso della bomba atomica nel Medio Oriente oggi è Israele, un alleato chiave degli Stati Uniti, i cui governanti hanno ripetutamente messo in chiaro di essere pronti ad utilizzare le armi nucleari. I pazzi governanti sionisti hanno una politica, chiamata dal giornalista Seymour Hersh “l’opzione di Sansone”: scaraventare la regione intera nell’olocausto nucleare nel caso che Israele fosse minacciato da una sconfitta militare. Nel 1986 un tecnico nucleare israeliano, Mordechai Vanunu, dimostrò al mondo che Israele aveva armi nucleari (all’epoca oltre 200 testate) molte delle quali puntate sull’Unione Sovietica. Per il suo atto di coraggio, Vanunu ha passato quasi due decenni nelle prigioni d’Israele.

Mentre gli Stati Uniti ed Israele minacciano apertamente di usare armi nucleari, il regime iraniano attuale ha detto che l’uso delle armi nucleari è contrario al proprio credo islamico. Un libro del 1989, titolato “La guerra più lunga: il conflitto militare Iran-Iraq”, di Dilip Hiro, riporta la risposta dell’Ayatollah Khomeini alla domanda di alcuni ufficiali dell’esercito iraniano sull’uso di armi chimiche in risposta al vasto impiego di tali armi da parte dell’Iraq nella guerra Iran-Iraq del 1980-88: “fu riferito che ripeté il suo rifiuto iniziale in base all’argomento che l’Islam proibisce ai suoi combattenti di inquinare l’atmosfera anche nel corso di una jihad, o guerra santa”. Alla fine della guerra, una guerra era reazionaria da entrambi i lati, le indagini delle Nazioni Unite non trovarono nessuna prova di impiego di armi chimiche da parte dell’Iran. Al contrario, dopo che la Germania usò gas velenosi al cloro durante la Prima guerra mondiale, Francia e Gran Bretagna risposero a loro volta con attacchi ai gas velenosi. L’Iran ha dunque una credibilità in guerra che le potenze imperialiste non possono vantare.

Un progetto di documento del Pentagono del 15 marzo 2005 reso pubblico l’autunno scorso e intitolato “Dottrina sulle operazioni nucleari congiunte”, chiedeva di autorizzare i “comandi militari unificati” a lanciare attacchi nucleari in un certo numero di scenari. “E’ essenziale”, asserisce il documento, “che le forze degli Stati Uniti siano determinate ad impiegare armi nucleari se necessario per evitare o reagire contro l’uso di armi di distruzione di massa”. Secondo tali linee guida, i comandanti avrebbero avuto l’autorizzazione di lanciare un attacco nucleare contro l’Iraq nel 2003. Coloro ai quali sarebbe stata data tale autorità includono tipi come il luogotenente generale (ora in pensione) William G. Boykin, che parlando di una battaglia del 1993 contro un signore della guerra musulmano in Somalia, disse: “io sapevo che il mio dio era più grande del suo”.

Il sistema capitalista, irrazionale, anarchico, guidato dai profitti, è diventato ancor più irrazionale in quest’epoca di decadenza imperialista. Il massacro totale è l’espressione concentrata e la logica finale del “normale” funzionamento brutale del sistema capitalista, che condanna ogni giorno innumerevoli esseri umani in tutto il mondo alla morte per malnutrizione, per mancanze di cure mediche e per omicidi sul lavoro. Ciò che è necessario è un’opposizione di lotta di classe all’imperialismo statunitense da parte del proletariato multirazziale degli Stati Uniti. L’ostacolo principale è la burocrazia operaia filo capitalista, che accetta il sistema del profitto capitalista e appoggia gli interessi internazionali dell’imperialismo Usa, incatenando la classe operaia al suo nemico di classe. La classe operaia ha bisogno di una direzione rivoluzionaria. Affinché ci sia un futuro per la classe operaia, per le minoranze e i giovani, che non sia un futuro di sfruttamento bestiale, di disoccupazione, di repressione e di guerra; affinché le masse impoverite del mondo possano avere un futuro diverso dalla fame e dal giogo imperialista, questo intero sistema dovrà essere rovesciato da rivoluzioni socialiste ed essere sostituito da un’economia razionale e pianificata internazionalmente. La Lega spartachista si batte per costruire un partito operaio rivoluzionario, una sezione statunitense di una riforgiata Quarta internazionale, che condurrà il proletariato degli Stati Uniti nella lotta per spazzar via il sistema sanguinario imperialista e istituire il potere operaio.

Difendere la Cina!

L’agitar di sciabole degli Stati Uniti contro l’Iran pone anche una seria minaccia alla Cina. L’imperialismo statunitense, uscito vittorioso dalla Guerra fredda contro l’Urss, ha ora come obiettivo strategico lo Stato operaio deformato cinese, dove il dominio capitalista fu rovesciato con la rivoluzione del 1949. Gli imperialisti hanno perseguito una duplice strategia volta alla restaurazione del capitalismo in Cina: penetrazione economica e pressione militare. Un articolo di Asia Times (2 dicembre 2004) nota: “fra gli strateghi cinesi e russi di politica estera sta prevalendo sempre più l’immagine della Repubblica islamica dell’Iran come una specie di Stato frontiera negli schieramenti globali del dopo Guerra fredda contro l’egemonia degli Stati Uniti”. La Cina riceve dall’Iran il 14 percento del petrolio che le serve per far funzionare la propria economia in crescita. Verso la fine del 2004, la Cina ha firmato un contratto da 70 miliardi di dollari con l’Iran per forniture di petrolio e gas naturale per circa 30 anni. Grazie a questo contratto la compagnia petrolifera cinese di Stato, Sinopec, otterrà il 51 percento dei giacimenti petroliferi iraniani di Yadavaran, le cui riserve sono stimate a tre miliardi di barili. L’imperialismo degli Stati Uniti ha collocato basi militari in Asia centrale, con l’obiettivo strategico di accerchiare la Cina e di aumentare il controllo degli Stati Uniti sulle risorse petrolifere contro sia la Russia capitalista che lo Stato operaio cinese. Mentre gli Stati Uniti restano impantanati in Iraq, hanno perseguito una “politica di contenimento” contro la Cina, che include il rafforzamento dei legami militari con l’imperialismo giapponese, per esempio col patto Usa-Giappone dello scorso anno per difendere Taiwan capitalista contro la Cina rossa. L’anno scorso gli Stati Uniti hanno acconsentito a fornire all’India, che già possiede armi nucleari, tecnologia nucleare supplementare in un tentativo “di migliorare i legami con l’India, in parte come contrappeso alla Cina” (New York Times, 19 luglio 2005). In parole povere: le armi nucleari possono averle gli alleati dell’imperialismo Usa, ma non i cosiddetti “Stati canaglia”.

Come trotskisti, ci battiamo per la difesa militare incondizionata dei rimanenti Stati operai deformati (Cina, Corea del Nord, Vietnam e Cuba) contro gli attacchi militari e la controrivoluzione capitalista. Conseguentemente sosteniamo i test e il possesso di armi nucleari da parte della Corea del Nord e della Cina, come deterrente necessario contro il ricatto nucleare imperialista. Il modesto arsenale nucleare della Cina è una misura importante di tale deterrenza.

È vitale che la Cina si opponga alla corsa imperialista per disarmare l’Iran. Tuttavia, pur opponendosi verbalmente alle sanzioni dell’Onu contro l’Iran, il regime stalinista di Pechino sta collaborando con gli imperialisti. Insieme alla Russia, la Cina ha appena sostenuto le richieste Usa e Ue di portare l’Iran di fronte al Consiglio di sicurezza dell’Onu. Inoltre la Cina ha fatto da intermediario nelle “trattative” imperialiste volte ad arrestare lo sviluppo di armi nucleari da parte della Corea del Nord, che ha annunciato di averne sviluppate l’anno scorso. Il ruolo di Pechino è particolarmente criminale poiché qualunque cosa indebolisca la difesa dello Stato operaio deformato della Corea del Nord si ritorcerà contro lo Stato operaio deformato cinese.

La politica stalinista di Pechino della “coesistenza pacifica” con l’imperialismo insidia la difesa della stessa Cina. Noi ci battiamo per rivoluzioni politiche proletarie negli Stati operai deformati per spazzar via le burocrazie staliniste e per sostituirle con regimi basati su consigli operai e contadini democraticamente eletti. Tali regimi rivoluzionari devono essere guidati da un programma di internazionalismo rivoluzionario, che si batta per estendere il dominio del proletariato con la rivoluzione socialista internazionale, specialmente nei centri imperialisti degli Stati Uniti, del Giappone e dell’Europa occidentale.

Cowboy nucleari a briglia sciolta

Sin dal 2003, l’Iran è stato sottoposto ai controlli dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Iaea), che non ha trovato alcuna prova di un programma di costruzione di armi nucleari. Dopo l’annunco iraniano lo scorso 3 gennaio di riattivazione dell’impianto di arricchimento dell’uranio a Natanz, Bush ha spinto per trascinare l’Iran davanti al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite perché gli fossero imposte delle sanzioni. Le sanzioni economiche sono un atto di guerra. Le guerre del 1991 e del 2003 contro l’Iraq sono state precedute e preparate da sanzioni imposte dall’Onu.

La Casa Bianca di Bush ha abbracciato molte delle posizioni “neoconservatrici” degli istituti di ricerca sionisti di un “Progetto per il nuovo secolo americano”, che hanno lungamente sostenuto la necessità di “un cambiamento di regime” in Iran così come in Iraq, come componente necessaria a garantire il controllo degli Stati Uniti in Medio Oriente. Centrale a questa prospettiva è il ritagliare “un cordone sanitario” attorno ad Israele installando regimi servili nei paesi circostanti. Come riportato da Seymour Hersh in un articolo del New Yorker del 24 gennaio 2005, titolato “Le prossime guerre”:

“L’amministrazione [Bush] sta conducendo missioni segrete di perlustrazione all’interno dell’Iran almeno dall’estate scorsa. In gran parte sono destinate alla raccolta di informazioni segrete e alla localizzazione di obiettivi nucleari, missilistici e chimici iraniani, sia dichiarati che sospetti. L’obiettivo è di identificare ed isolare una trentina o forse più di obiettivi da distruggere con attacchi d’alta precisione e incursioni di breve durata di spedizioni commando”.

I politici israeliani hanno suggerito che Israele, che ha bombardato la centrale nucleare di Osirak in Iraq nel 1981, potrebbe bombardare gli impianti nucleari iraniani. Con la recente vittoria di Hamas alle elezioni legislative palestinesi, i governanti sionisti probabilmente aumenteranno le campagne isteriche contro il “terrorismo islamico” sia per consolidare le minacce contro l’Iran che per aumentare la repressione del popolo palestinese. Gli Stati Uniti, che l’anno scorso hanno fornito ad Israele 500 “bombe anti bunker”, potrebbero dare il via libera ad Israele per attaccare l’Iran. Ma a differenza dell’Iraq nel 1981, l’Iran oggi ha almeno nove impianti differenti, soprattutto sotterranei, il che rende questa operazione molto più difficile. L’Iran ha avvertito che risponderebbe ad un attacco colpendo Israele e le forze occidentali nel Golfo Persico. Un generale iraniano ha precisato che “il mondo sa che l’Iran ha missili balistici con una gittata di 2.000 chilometri” (London Observer, 29 gennaio).

Ci sono un certo numero di ostacoli ad un assalto statunitense all’Iran. Poiché in Iran vi sono il 10 percento delle riserve petrolifere mondiali, un attacco farebbe innalzare ancor più i prezzi internazionali del petrolio, scatenando probabilmente una crisi economica internazionale. Inoltre, l’esercito americano è molto sotto sforzo nel tentativo di imporre la barbara occupazione dell’Iraq. In tali circostanze gli Stati Uniti non possono occupare un paese grande e popoloso come l’Iran senza istituire nuovamente la leva obbligatoria, il che non andrebbe giù facilmente alla popolazione degli Stati Uniti, sempre più contraria all’occupazione dell’Iraq. Nel frattempo, come conseguenza involontaria dell’occupazione, ora in Iraq sono al potere i partiti sciiti, storicamente legati al regime sciita dell’Iran. Un attacco all’Iran farebbe infuriare la maggioranza sciita irachena e unirebbe gran parte della popolazione iraniana dietro il regime fondamentalista di Teheran.

Francia e Germania sostengono la richiesta degli Stati Uniti al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite di “trattare” la questione Iran, il che include andare verso le sanzioni. Bush ha trovato un alleato nel nuovo cancelliere tedesco di destra, Angela Merkel, che il 29 gennaio ha dichiarato ad una conferenza stampa a Gerusalemme che un Iran nucleare “non è solo una minaccia ad Israele, ma anche ai paesi democratici del mondo” (New York Times, 30 gennaio). Nel frattempo, il presidente francese Jacques Chirac ha scatenato una tempesta politica in Europa annunciando la sua dottrina della guerra nucleare preventiva. Minacciando “i capi di Stato che usano i metodi terroristici contro di noi, così come coloro che prenderebbero in considerazione la possibilità di utilizzare, in un modo o nell’altro, armi di distruzione di massa”, ha proseguito affermando che “la risposta” della Francia, che ha armi nucleari, “potrebbe essere convenzionale. Ma potrebbe anche essere di un genere differente”. Ma la Germania, che ha intensi scambi commerciali con l’Iran, e la Francia, che ha grandi investimenti nel paese, hanno anche cercato di controbilanciare la bellicosità degli Stati Uniti spingendo per dei “negoziati” e delle pressioni diplomatiche. Anche il governo laburista inglese, lealmente filo americano, ha dichiarato, per bocca del ministro degli esteri Jack Straw, che “non c’è un’opzione militare”. Proteggendo le proprie avventure, l’amministrazione Bush ha annunciato di appoggiare la recente proposta russa di consentire all’Iran di far funzionare impianti nucleari civili a condizione che l’arricchimento dell’uranio avvenga sul territorio russo. Pur non respingendo la proposta, i funzionari iraniani si sono lamentati che ciò “non è sufficiente per i bisogni di energia nucleare dell’Iran”.

Operai al potere!

Il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad, in carica dal giugno scorso, è un reazionario che sparge antisemitismo velenoso. In novembre ha definito “un mito” il massacro di sei milioni di ebrei nell’Olocausto nazista ed ha detto che Israele dovrebbe “essere eliminato dalla mappa del mondo”.

La “Rivoluzione islamica” iraniana del 1979 che rovesciò il regime dello Shah sostenuto dalla Cia, è stata appoggiata da gran parte della sinistra internazionale in nome “dell’antimperialismo”. In Iran fu appoggiata anche dal partito filo moscovita Tudeh (masse), che aveva una base nel settore strategico degli operai del petrolio, soprattutto arabi. La Lega comunista internazionale (allora Tendenza spartachista internazionale) fu l’unica a mettere in guardia sin dall’inizio della sollevazione del 1978-79 che, senza una rottura decisiva da parte della classe operaia con le forze islamiche, la lotta avrebbe avuto un risultato disastroso. Abbiamo detto: “Abbasso lo Shah! Non piegarsi a Khomeini! Per la rivoluzione proletaria in Iran!”. Dopo la presa del potere, i mullah hanno schiavizzato le donne sotto il velo, massacrato migliaia di militanti di sinistra e di sindacalisti e hanno intensificato la repressione contro i curdi e le altre minoranze. È compito della classe operaia in Iran, alla testa di tutti gli oppressi, di rovesciare il regime islamico sciovinista persiano. Chiave per la realizzazione di questa prospettiva è forgiare un partito operaio marxista. Partiti del genere devono essere costruiti in tutto il Medio Oriente per unire il proletariato, arabo, persiano, curdo ed ebraico, sunnita e sciita, musulmano e cristiano, nella lotta contro l’imperialismo e contro i sionisti, i mullah, i colonnelli, gli sceicchi e tutti gli altri governanti capitalisti. La lotta per il potere operaio in Medio Oriente richiede come parte fondamentale, l’abbattimento dall’interno dello Stato-caserma sionista, con una rivoluzione operaia arabo/ebraica. I partiti comunisti stalinizzati del Medio Oriente, che hanno trasformato questa prospettiva rivoluzionaria in una parodia di se stessa, sono in parte responsabili della crescita del fondamentalismo islamico fra le masse operaie ed oppresse. Partiti operai marxisti sono essenziali affinché il proletariato della regione rompa col fondamentalismo e con tutte le forme di nazionalismo e lotti per una federazione socialista del Medio Oriente.

La conquista del potere da parte del proletariato non conclude, ma soltanto da inizio alla rivoluzione socialista, cambiando il corso dell’evoluzione sociale. Senza un’estensione internazionale della rivoluzione, specialmente nei centri imperialisti avanzati e industrializzati, l’evoluzione sociale sarà fermata ed infine rovesciata. La difesa di coloro che sono sottomessi dagli imperialisti in tutto il globo, richiede la lotta di classe negli Stati Uniti e negli altri centri imperialisti, ed in ultima analisi necessita di una lotta proletaria per il potere. Per impedire agli imperialisti di sprofondare l’umanità in un Armageddeon nucleare, bisogna rovesciarli internazionalmente con delle rivoluzioni socialiste. Ciò sottolinea quanto sia urgente il compito di riforgiare la Quarta internazionale di Trotsky, partito mondiale della rivoluzione socialista.

Tradotto da Workers Vanguard n. 863, 3 febbraio 2006

 

Spartaco No. 67

Spartaco 67

Marzo 2006

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