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Spartaco n. 80

Settembre 2017

Fuori l’Italia dall’Unione Europea!

Unione Europea nemica di operai e immigrati

Per gli Stati uniti socialisti d’Europa

Riproduciamo il volantino distribuito dalla Lega trotskista d’Italia il 25 marzo 2017.

I governanti dell’Unione Europea (Ue) si incontrano a Roma, nell’anniversario del Trattato del 1957 che istituì la Comunità economica europea (Cee). I capi di Stato e di governo dell’Ue, responsabili della miseria di interi popoli, della devastazione dell’Africa e del Medio Oriente e di interminabili stragi di immigrati nel Mediterraneo, discuteranno di come “rafforzare la sua sicurezza e difesa comune” di “un’industria della difesa più integrata” e di “una moneta unica stabile e ulteriormente rafforzata”.

Già nel 1973, in un articolo intitolato “Il movimento operaio e il Mercato comune” (Workers Vanguard n.15, gennaio 1973) spiegavamo perché “la distruzione del Mercato comune dev’essere un obiettivo centrale dei movimenti operai e socialisti d’Europa”: sapevamo che l’esistenza della Cee si basava su “un accordo dei paesi in questione a saccheggiare e sfruttare insieme, almeno finché dura l’attuale fase di espansione” ma che non appena alcuni dei regimi capitalisti che ne facevano parte “inizieranno a subire gli effetti della competizione commerciale con gli altri, l’intero edificio è destinato a crollare tra il riemergere del nazionalismo protezionista” e sottolineavamo che: “la lotta contro il Mercato comune dei padroni per un’Europa unita socialista è anche una battaglia decisiva contro i dirigenti traditori della classe operaia” che allora come oggi sostenevano l’Ue.

Il trattato di Roma del 1957 creò la Cee come ausiliario economico della Nato, l’alleanza militare forgiata dopo la Seconda guerra mondiale come parte della crociata imperialista per respingere il comunismo. Con la Cee, la classe dominante americana sperava di mettere la sordina ai conflitti tra le borghesie imperialiste europee che mettevano a rischio la comune alleanza contro l’Unione Sovietica. L’Unione Sovietica, nata dalla Rivoluzione d’Ottobre del 1917, era uno Stato operaio (basato sulla espropriazione della classe capitalista e sulla collettivizzazione dei mezzi di produzione) nonostante la sua degenerazione sotto il dominio di una casta burocratica capeggiata da J.V. Stalin. La vittoria dell’Armata Rossa sulla Germania nazista nel 1945 sottrasse gran parte dell’Europa dell’Est allo sfruttamento capitalista. In quel contesto, i governi capitalisti dell’Europa occidentale concessero i sistemi di assistenza sociale conosciuti come “stato sociale”.

Noi della Lega comunista internazionale abbiamo lottato fino all’ultimo per la difesa militare incondizionata dell’Unione Sovietica e degli Stati operai burocraticamente deformati dell’Europa centrale e orientale, che si rifacevano al suo modello. La nostra lotta era legata alla prospettiva di preservare le conquiste rivoluzionarie della classe operaia ed estenderle con una rivoluzione politica proletaria che cacciasse la burocrazia stalinista e riportasse l’Urss sulla via internazionalista dei bolscevichi di Lenin e Trotsky.

L’attuale ordine imperialista ha preso forma con la distruzione controrivoluzionaria dell’Unione Sovietica nel 1991-92, una sconfitta storica per le masse lavoratrici di tutto il mondo. Da ausiliario della Nato, la Ue si è trasformata più in uno strumento degli imperialisti d’Europa, particolarmente quelli tedeschi, nella competizione con i rivali imperialisti americani. Ma il suo ruolo è altrettanto reazionario di quanto lo era durante la Guerra fredda.

L’Ue è un blocco reazionario degli imperialisti d’Europa, guidato dalla Germania, che serve loro come strumento per saccheggiare i paesi dipendenti dell’Europa meridionale e orientale, aumentare lo sfruttamento delle classi operaie d’Europa e per controllare i flussi di manodopera immigrata. Anche nelle economie capitaliste che hanno tratto vantaggio dalla moneta comune, come quella tedesca, a pagare il conto sono stati i lavoratori. Grazie alle “riforme” imposte dal partito socialdemocratico, la cosiddetta “Harz IV” del 2005, in Germania il numero di lavoratori che non riescono a vivere col loro stipendio è aumentato del 25 percento: più di 3 milioni di persone.

La Lega comunista internazionale si è sempre opposta per principio alla Nato, alla Cee e all’Ue. Ci siamo opposti all’introduzione dell’euro, uno strumento finanziario ed economico con cui l’imperialismo tedesco e in proporzione minore gli imperialisti d’Italia e Francia, hanno saccheggiato e soggiogato i paesi economicamente più deboli, riducendo alla fame il popolo greco. Ci siamo opposti anche all’estensione dell’Ue ai paesi dell’Europa orientale, perché era chiaro che avrebbe portato una crescita dello sfruttamento degli operai dell’Europa dell’Est e ci battiamo contro le discriminazioni scioviniste che li colpiscono in vari paesi dell’Ue.

Gli effetti devastanti dell’austerità imposta dall’Ue ai lavoratori e ai popoli d’Europa sono sotto gli occhi di tutti. Le economie capitaliste più deboli di Portogallo, Italia, Irlanda, Grecia e Spagna, raccolte sotto lo sprezzante acronimo di “Piigs” (porci) sono state devastate. In Italia, la disoccupazione ha toccato cifre record. Sulla scia degli accordi di Maastricht del 1992, la borghesia ha attuato vaste privatizzazioni che hanno falcidiato centinaia di migliaia di posti di lavoro, specialmente nel Sud, e indebolito i sindacati. Milioni di lavoratori lavorano con contratti precari, pagati con voucher o semplicemente con il cappio al collo dei caporali. Sanità, scuola e pensioni sono state progressivamente svuotate. Dal 2008, la produzione industriale è crollata del 23 percento.

La classe operaia deve battersi per l’uscita dell’Italia dall’Unione Europea e dall’euro. L’uscita dell’Italia potrebbe far crollare l’Ue e questo sarebbe un vantaggio per tutti i lavoratori e per gli oppressi e un duro colpo per i padroni. La fine dell’Ue non significherebbe la fine del capitalismo internazionale, dello sfruttamento e del razzismo intrinseci a questo sistema di produzione, ma faciliterebbe la lotta di classe dei lavoratori d’Europa, mostrando più chiaramente che il nemico principale contro cui combattere sono i “loro” sfruttatori nazionali.

La nostra opposizione all’Ue è parte integrante della nostra prospettiva marxista rivoluzionaria: il rovesciamento del capitalismo a scala globale da parte della classe operaia e la costruzione di un’economica collettivizzata e pianificata a scala mondiale, che consentirà uno sviluppo qualitativo delle forze di produzione e il superamento della divisione in classi della società, il punto di partenza per un ordinamento comunista mondiale.

Per guidare questa lotta serve un partito operaio guidato da un programma internazionalista. La sconfitta dell’Ue e della Nato imperialiste richiedono la solidarietà internazionale della classe operaia. A loro volta, delle rivoluzioni vittoriose in Europa si sforzeranno di integrare su base volontaria le economie europee, negli Stati uniti socialisti d’Europa. Solo quando i mezzi di produzione saranno sotto il controllo della classe operaia, le enormi capacità produttive d’Europa si trasformeranno da una catena in uno strumento al servizio delle masse lavoratrici di tutto il mondo. Noi della Lega comunista internazionale lottiamo per costruire in ogni paese dei partiti rivoluzionari, parte di una Quarta internazionale riforgiata, che possano guidare le lotte del proletariato verso un futuro socialista.

Abbasso la fortezza Europa razzista!

I liberali borghesi e i riformisti spacciano l’Ue per l’ultimo baluardo contro il razzismo anti-immigrati, dove gli accordi di Schengen avrebbero creato una “Europa senza frontiere” dove tutti possono muoversi liberamente. Questa pia illusione non ha mai retto il confronto con la realtà. All’Ue è sempre interessato soltanto garantire la libera circolazione dei capitali al suo interno. Gli spostamenti di manodopera interni all’Ue sono stati manipolati dai capitalisti per facilitare lo sfruttamento degli immigrati con bassi salari dell’Europa orientale e meridionale. La “libertà di movimento” non vale nemmeno per molte minoranze, come i rom, che sono stati ripetutamente deportati verso l’Europa dell’Est.

Per quanto riguarda gli immigrati e i profughi dall’Africa e dal Medio Oriente, gli accordi di Schengen, come tutte le leggi borghesi sull’immigrazione, sono serviti a controllare i flussi migratori verso l’Europa secondo le esigenze della borghesia (che in molti paesi dell’Ue ha bisogno di importare manodopera a basso costo e senza diritti). La “libertà di movimento” per gli immigrati e i profughi ha sempre significato annegamenti di massa nel Mediterraneo, barriere di filo spinato e campi di detenzione.

Il vero volto dell’Europa per gli immigrati è lo sfruttamento nelle fabbriche e nei campi. Il suo simbolo sono i campi di Puglia e di Calabria, dove centinaia di migliaia di braccianti immigrati vengono sfruttati dai caporali del “Made in Italy”, dormono in baracche fatiscenti, per essere cacciati col fuoco dagli sgherri dei padroni o con le ruspe della polizia, quando non servono più. Il movimento operaio deve battersi per pieni diritti di cittadinanza per tutti gli immigrati, condurre una vasta campagna per la loro sindacalizzazione e mobilitarsi in loro difesa contro le deportazioni dello Stato capitalista.

I sostenitori pseudomarxisti dell’Ue imperialista

Gli agenti della borghesia che dirigono i partiti riformisti dell’Europa occidentale si sono sempre schierati a difesa dell’Ue imperialista e delle loro classi dominanti. In Italia Rifondazione comunista e i Ds (eredi in questo del vecchio Pci) sono stati decisivi per la costruzione dell’Ue e lo stesso hanno fatto la socialdemocrazia tedesca, i partiti comunista e socialista francesi. In Gran Bretagna il leader della sinistra laburista Jeremy Corbyn, ha schierato il Labour a favore dell’Ue nel referendum sulla Brexit, un vergognoso tradimento degli interessi di tanti lavoratori e membri delle minoranze che vedevano in lui la possibilità di un cambiamento. Molti sedicenti marxisti hanno propagato illusioni nell’ascesa di Syriza un partito borghese che ha finito con l’introdurre una devastante austerità in Grecia agli ordini della troika (ad esempio, Sinistra, Classe e Rivoluzione - Scr, ha presentato la “storica vittoria” di Syriza nelle elezioni del 2015 come un “cambiamento fondamentale” per gli operai greci).

Il sostegno della sinistra riformista all’Ue ha consentito alle forze reazionarie come l’inglese Ukip, il Fronte nazionale francese o alla Lega Nord e vari fascisti italiani assortiti di presentarsi come protettori della povera gente immiserita dai diktat dell’Ue e di incanalarne la rabbia in direzione dello sciovinismo nazionalista e del razzismo contro gli immigrati, i rom e le minoranze.

La stampa borghese e gran parte della sinistra filo-imperialista cercano di dipingere chiunque rivendichi l’uscita dall’Ue come un nazionalista reazionario. In questo quadro, gruppi sedicenti trotskisti come il Partito comunista dei lavoratori (Pcl) hanno attaccato la Brexit descrivendola puramente come una canea razzista con un “segno reazionario” che rappresentava “una minaccia per i lavoratori britannici e per il movimento operaio europeo” (pclavoratori.it, 25 giugno e 12 luglio 2016).

Sia il Pcl che Scr cercano di spacciare per marxista la loro capitolazione all’imperialismo. Il Pcl ha scritto che: “La verità è che l'alternativa non è tra euro e lira, tra libero scambio o protezionismo, tra Unione Europea e nazione. L'alternativa vera è tra capitalisti e lavoratori. Tra capitalismo e socialismo. In ogni paese e su scala mondiale.” (“Euro o lira, il vero problema è il capitalismo”, 4 febbraio 2017).

L’idea che il rovesciamento del capitalismo e la costruzione di una società socialista globale è l’unico modo per eliminare povertà, disoccupazione guerre e razzismo, è una verità fondamentale. Ma quando questa verità viene usata per giustificare l’astensione e imbrigliare l’opposizione operaia a coalizioni imperialiste come l’Ue e la Nato, perde qualsiasi senso rivoluzionario è diventa un aiuto agli imperialisti. La lotta per il rovesciamento del capitalismo esige che la classe operaia si opponga concretamente all’Ue e alla Nato. In effetti, il referendum per la Brexit non chiedeva “siete a favore del socialismo o del capitalismo” ma di esprimersi pro o contro l’Ue. L’astensione di Pcl e Scr è stato un tradimento dell’internazionalismo proletario.

In aggiunta, il Pcl ha ripetuto spesso gli argomenti della Banca d'Italia sulla catastrofe che attenderebbe il proletariato in caso di uscita dall’Ue, sostenendo che: “un puro ritorno dell'Italia alla lira, una pura uscita dell'Italia dall'euro, DENTRO IL QUADRO CAPITALISTICO, comporterebbe in sé un salto ulteriore dell'impoverimento di salari e stipendi [...] Ma per i proletari sarebbe davvero ‘un bagno di sangue’” (“La ‘svalutazione’ del Grillo”, 12 maggio 2012). Il vero “bagno di sangue” lo ha vissuto il popolo greco, rimanendo nell’Ue e vedendo le sue condizioni di vita ridotte ad un livello di miseria.

Un’altra organizzazione che ha cercato di dare una verniciata marxista agli argomenti della borghesia contro l’uscita della Grecia o della Gran Bretagna dall’Ue è il Nucleo internazionalista d’Italia (i due sostenitori italiani del Gruppo internazionalista, Ig, degli Usa). Da quando la Grecia si è trovata sotto il tallone della troika, l’Ig si è opposto alla sua uscita dall’Ue, sostenendo che “fare appello all’uscita della Grecia dall'Ue e all’abbandono dell’euro a favore della dracma” è “una rivendicazione borghese nazionalista, con conseguenze negative per i lavoratori greci” e minacciando le conseguenze apocalittiche della Grexit che a loro dire avrebbe imposto “una austerità raddoppiata”. L’Ig ha anche suggerito agli operai greci di astenersi al referendum del 2015 che chiedeva se si era a favore o contro il memorandum della troika, un vero tradimento nei confronti del proletariato greco. Come abbiamo scritto in “L’Internationalist Group sulla Grecia. Un ponte verso il Quarto Reich”: “La verità è che un’organizzazione che si proclama trotskista rivoluzionaria, ma non è neanche in grado di chiedere un voto contro i diktat dell’Ue, cammina sul ponte verso il Quarto Reich dell'imperialismo tedesco.”

Il controllo della valuta è uno dei prerequisti della sovranità nazionale. Normalmente, i paesi debitori possono prender fiato e riguadagnare competitività economica con la svalutazione della propria moneta. Con l’Euro questo è impossibile. Come hanno dimostrato le esperienze dell’Argentina e dell’Islanda, il default e la svalutazione, benché duri all’inizio possono portare rapidamente ad una ripresa economica e all’aumento dell’occupazione, dato che una valuta indebolita rende più vantaggiose le esportazioni. A differenza della Grecia, l’Italia è un paese imperialista e i suoi istituti finanziari partecipano allo strangolamento dei popoli dei paesi dipendenti anche col debito estero. Per questo è compito cruciale del proletariato italiano chiedere la cancellazione immediata del debito della Grecia (e di altri paesi) e delle misure di austerità imposte dall’Ue a quei popoli.

Trotskismo contro stalinismo sull’Ue

Adesso che l’Ue sta diventando impopolare tra i lavoratori, un piccolo settore della sinistra riformista, raccolto attorno alla Piattaforma Eurostop, si è schierato apertamente “Per la rottura dell’Ue! Per l’uscita del nostro Paese dall’Euro, dall’Ue e dalla Nato”. Ma fino a pochi anni fa, quando l’Ue sembrava andare bene, anche loro appoggiavano l’Ue.

Negli anni Novanta quasi tutte le componenti di Eurostop erano parte integrante di Rifondazione comunista e dei governi capitalisti dell’Ulivo che imponevano l’austerità anche per conto dell’Ue (nel 1998, Oliviero Diliberto e Marco Rizzo fondarono il Partito dei comunisti italiani, allo scopo di far parte del governo d’Alema che partecipò ai bombardamenti della Serbia!). Anche Giorgio Cremaschi, portavoce della Piattaforma Eurostop, era un sostenitore della “Europa sociale”. Nel 2002, l’entusiasmo borghese sulle prospettive dell’Ue dopo l’introduzione dell’euro si tradusse nella sinistra nella moda dei “Social Forum” che erano finanziati dagli Stati capitalisti o da “istituzioni” come la Rockefeller Foundation e la Ford Foundation (si veda: “La truffa dei social forum”, Spartaco n. 66, settembre 2005). La Fiom di Cremaschi si entusiasmava per la “grande scommessa sulla possibilità di costruire un’Europa sociale e della partecipazione democratica” (“La Fiom nel Forum sociale europeo”, novembre 2002). Cremaschi stesso promuoveva illusioni come il “reddito sociale europeo a garanzia di una resistenza contro il workfare” e si interrogava su “quali diritti irrinunciabili scrivere nella Convenzione europea”, sperando di coinvolgere gli operai in “una mobilitazione per l'Europa sociale”. (“Serve un movimento per i diritti del lavoro”, 25 ottobre 2002).

L’opposizione all’Ue della Piattaforma Eurostop si basa su di una prospettiva nazionalista e riformista, il cui punto cardine è la “Riconquista di un piena democrazia partecipata, affermando e sviluppando i principi della Costituzione Repubblicana del 1948” (eurostop.info, 4 novembre 2015). I “principi della Costituzione republicana del 1948” sono i principi del dominio capitalista. Nel 1943-45, sulla scia della sconfitta dell’Italia fascista nella Seconda guerra mondiale, la classe operaia ebbe l’opportunità concreta di prendere il potere nelle sue mani, ma fu svenduta dal Partito comunista di Togliatti che aiutò la borghesia a disarmare la classe operaia e a ricostruire l’apparato di dominio capitalista. Il ristabilimento dell’ordine borghese nell’Italia del dopoguerra fu sancito dalla Costituzione del 1948, che include l’accettazione dei Patti Lateranensi firmati da Mussolini col Vaticano.

In alternativa all’Ue, la Piattaforma Eurostop propone di “costruire una nuova Area Euromediterranea insieme ai cosidetti PIGS” che “adotti nuove politiche sociali indipendenti dai diktat della Banca Centrale e dell’asse francotedesco, che vari una nuova moneta e che sull’esempio dell’Alba costruita in America Latina dai paesi sottoposti per decenni alla dominazione statunitense costruisca nuove relazioni interne e internazionali basate su giustizia, solidarietà e complementarità” (retedeicomunisti.org, 12 maggio 2015). Nella fantasia della Rete dei comunisti, questo blocco commerciale alternativo all’Ue raccoglierebbe vari paesi semicoloniali del Nordafrica, paesi capitalisti come il Portogallo, la Grecia e la Spagna, e una potenza imperialista (di terz’ordine) come l’Italia, insomma una versione in salsa riformista del sogno mussoliniano di “fare del Mediterraneo un lago italiano”.

Per un partito operaio rivoluzionario

Le illusioni negli accordi di Schengen e nell’Ue sono state usate dai riformisti per far credere che l’Ue sarebbe progressivamente diventata uno Stato sovranazionale, consentendo al capitalismo di trascendere i conflitti economici e militari tra Stati imperialisti rivali. Da più di un secolo i marxisti hanno spiegato che nell’epoca dell’imperialismo, cioè della lotta delle borghesie dei paesi dominanti per strapparsi a vicenda i mercati mondiali, l’unificazione capitalista d’Europa può essere solo un’utopia o una realtà reazionaria. Come scrisse il rivoluzionario russo V.I. Lenin nel 1915:

“fra i capitalisti e fra le potenze sono possibili accordi temporanei. In tal senso sono anche possibili gli Stati uniti d’Europa, come accordo fra i capitalisti europei… Ma a qual fine? Soltanto al fine di schiacciare tutti insieme il socialismo in Europa per conservare, tutti insieme, le colonie usurpate, contro il Giappone e l’America.” (Sulla parola d’ordine degli Stati uniti d’Europa)

Solo un’unità su basi socialiste, ottenuta con la rivoluzione proletaria e l’espropriazione della classe dominante capitalista, può portare ad uno sviluppo economico razionale in tutto il mondo senza sfruttamento. Gli Stati uniti socialisti d’Europa possono essere creati solo sulla base di una lotta decisa contro l’Ue capitalista e tutto quello per cui essa esiste.

 

Spartaco N. 80

Spartaco 80

Settembre 2017

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Dichiarazione dell'Ufficio politico della Spartacist League/U.S., sezione della Lega comunista internazionale (quartinternazionalista)