Spartaco n. 76

Ottobre 2012

 

La Grecia dopo le elezioni:

I lavoratori di fronte ad un’altra ondata di massacri sociali

Abbasso l’Unione Europea! Per un’Europa operaia!

Alla notizia della vittoria del suo partito nelle elezioni del 17 giugno, il leader del partito conservatore Nuova democrazia, Antonis Samaras ha proclamato: “Oggi il popolo greco ha votato per la strada europea e per restare nell’Euro” (Guardian, 18 giugno). Nuova democrazia, che ha ottenuto una vittoria risicata, solo il 12 percento dell’elettorato, ha poi formato un governo con il Movimento socialista panellenico (Pasok) e con la più piccola Sinistra democratica (Dimar). Il nuovo governo non può davvero pretendere di avere un mandato popolare: la somma dei voti dei tre partiti rappresentata meno del 50 percento dei votanti e con un’affluenza molto bassa. Nuova democrazia e il Pasok, che si alternano al governo dalla caduta della giunta militare nel 1974, prendono ora il timone. Con Samaras come primo ministro, la Grecia è di nuovo governata dalla stessa banda corrotta e spietata che ha mandato in rovina i lavoratori greci, devastando salari, pensioni e servizi sociali per conto della troika imperialista dell’Unione Europea, della Banca centrale europea e del Fmi.

La vittoria di Nuova democrazia è stata accolta con sollievo dai governanti imperialisti d’Europa e degli Usa, che temevano un rigetto del pacchetto di austerità e la liquefazione della valuta unica in caso di una vittoria di Syriza, la Coalizione della sinistra radicale. L’inatteso successo elettorale di Syriza, specialmente nelle prime elezioni di maggio, è stato indice della disperazione delle masse di operai e della piccola borghesia, che odiano le pesanti condizioni imposte dalla troika in cambio del salvataggio delle banche. Ma il programma di Syriza accetta l’ordinamento capitalista e l’Unione Europea, che è dominata dai banchieri imperialisti, e cerca solo di migliorare i termini dell’estorsione. Syriza, di cui fanno parte gli ex eurocomunisti, i maoisti e una schiera di gruppi riformisti pseudo-trotskisti, è arrivata seconda di poco alle elezioni di giugno, ottenendo quasi il 27 percento dei voti. Il Partito comunista (Kke) stalinista, ha visto il suo voto crollare al 4,5 percento.

Tutti sanno che le elezioni greche non hanno affatto risolto la crisi dell’eurozona, l’hanno solo rinviata. La mattina dopo le elezioni i mercati azionari hanno festeggiato, ma a metà del pomeriggio hanno ripreso a cadere, quando il costo del debito sovrano spagnolo ha raggiunto livelli da record e si è iniziato a parlare di un salvataggio della Spagna.

Nessuno dei problemi fondamentali della società greca è stato affrontato e il paese resta profondamente polarizzato. I fascisti di Alba dorata, cavalcando una violenta campagna di terrore razzista contro gli immigrati e di attacchi alla sinistra, hanno raggiunto un sinistro 7 percento. Negli ultimi tre anni, la Grecia ha conosciuto proteste sociali di massa, che hanno coinvolto ampi strati della società. Ci sono stati innumerevoli scioperi generali di uno o due giorni. In un importante esempio di lotta proletaria, gli operai delle acciaierie greche della Elliniki Halyvourgia nella regione di Atene, sono stati in sciopero per più di 200 giorni. E’ probabile che le proteste si intensificheranno quando il governo cercherà di portare ulteriori attacchi alla classe operaia.

Anche se in Grecia c’è una vasta opposizione all’austerità, i sondaggi mostrano costantemente un forte appoggio alla permanenza nell’Ue e nell’Euro, anche nella classe operaia. Molti operai, compresi sicuramente molti sostenitori del Kke, hanno votato per Syriza sperando di avere un po’ di respiro dagli attacchi incessanti alle loro condizioni di vita. La borghesia ha scatenato una campagna per spaventare tutti sulle presunte orribili conseguenze di un’uscita della Grecia dall’eurozona. In un paese in cui per molte persone le fame e la miseria sono un ricordo ancora vivo, la paura di un ulteriore peggioramento delle condizioni di vita è molto concreta.

Da marxisti, ci opponiamo per principio all’Ue, in quanto veicolo con cui le classi capitaliste europee sfruttano insieme gli operai d’Europa e con cui le potenze imperialiste più forti sottomettono gli Stati capitalisti più deboli. Qualsiasi lotta contro l’austerità delle sanguisughe capitaliste greche deve essere necessariamente una lotta anche contro i loro padroni imperialisti dell’Ue. L’anno scorso i nostri compagni tedeschi, sottolineando il fatto che la Grecia potrebbe star meglio fuori dall’eurozona, hanno scritto che “col sistema dettato dalla borghesia tedesca, i paesi debitori come la Grecia non hanno via d’uscita”. Ma i nostri compagni hanno anche messo in guardia che “Se questo potrebbe evitare la spirale verso il basso, l’uscita dall’eurozona non proteggerebbe però il proletariato greco dalla crisi economica mondiale e dalla devastazione capitalista” (Spartaco n. 75, gennaio 2012).

I trotskisti greci dichiarano: Votare Kke! Nessun voto a Syriza!

I nostri compagni del Gruppo trotskista di Grecia (Toe) hanno dato appoggio critico al Partito comunista in queste elezioni. Al contrario di Syriza, il Kke ha fatto campagna per l’uscita dall’Ue e dalla Nato. Inoltre il Kke ha rifiutato fermamente di entrare in qualsiasi coalizione con partiti borghesi, nonostante l’enorme pressione perché partecipasse a una coalizione di “unità delle sinistre” con Syriza. Il Kke condanna giustamente il sostegno di Syriza all’Ue imperialista, una questione decisiva in queste elezioni. Altrettanto correttamente, il Kke ha messo alla berlina Syriza e tutta l’armata brancaleone dei gruppi pseudo-trotskisti greci, per il loro appoggio alla controrivoluzione capitalista in Unione Sovietica e nell’Europa dell’Est.

Dando sostegno critico al Kke abbiamo ottenuto un ascolto più ampio per le nostre idee trotskiste. I nostri compagni in Grecia hanno distribuito massicciamente tra studenti, operai in sciopero, militanti del Kke e di altri partiti di sinistra, un volantino intitolato “Votare il Kke! Nessun voto a Syriza!”, accompagnato da una traduzione in greco dell’articolo “Le banche affamano i lavoratori greci” (Workers Vanguard n. 1002, 11 maggio 2012), che contrappone il programma rivoluzionario trotskista della Lci al riformismo degli stalinisti greci. Nonostante la sua recente retorica di sinistra, il Kke resta un partito riformista e parlamentarista. Le sue continue invocazioni del “popolo” sono dannose per la coscienza di classe e rivelatrici del programma profondamente nazionalista e di collaborazione di classe del Kke.

Il riformismo del Kke è chiaramente visibile nella sua risposta alla crescita dei fascisti di Alba dorata. Il volantino del Toe ha condannato il rifiuto degli stalinisti di mobilitare la classe operaia per combattere Alba dorata. Nelle città greche, le squadracce razziste, incoraggiate dall’ampio sostegno di cui i fascisti godono tra polizia e ufficiali dell’esercito, assalgono impunemente immigrati e militanti di sinistra. Il 7 giugno, Ilias Kasidiaris, un picchiatore di Alba dorata, durante una trasmissione televisiva, ha attaccato la deputata del Kke Liana Kanelli, dopo aver gettato un bicchiere d’acqua ad un’altra donna, Rena Dourou di Syriza. Altri militanti del Kke sono stati attaccati in strada da picchiatori fascisti. Ma in un’intervista rilasciata alla stampa dopo l’attacco a Kanelli, il segretario generale del Kke, Aleka Papariga, ha escluso qualsiasi mobilitazione per fermare gli attacchi di Alba dorata. Invece, si è messa in competizione con loro per ottenere i voti degli operai più arretrati, dicendo: “Diciamo le cose chiaramente: la risposta ad ‘Alba dorata’ non può essere ‘occhio per occhio’, né una politica di vendetta. La risposta dev’essere data soprattutto dal popolo nelle elezioni. Non diamo certo la colpa delle attività e dell’orientamento di Alba dorata a chi li ha votati. Devono però capire ugualmente che dispongono dell’arma del voto e che devono emarginare ‘Alba dorata’ perché è quello che si merita” (kke.gr, 7 giugno 2012).

L’idea che votare sia una soluzione agli attacchi dei fascisti è puro cretinismo parlamentare. I fascisti non si possono “sconfiggere” nell’urna. Alba dorata non è principalmente un fenomeno elettorale, sono dei terroristi razzisti. I picchiatori di Alba dorata sono gli eredi delle squadracce fascistoidi che scatenarono il terrore bianco contro i militanti del Kke negli anni Quaranta: i Battaglioni di sicurezza filonazisti e il gruppo “X” del generale Grivas. Il capo di Alba dorata, Michaliolakis, era un protetto di George Papadopoulos, che capeggiò la giunta militare che prese il potere nel 1967.

Per giustificare la sua criminale passività nei confronti di Alba dorata, il Kke fuorvia la classe operaia, negando la necessità di schiacciare le squadracce fasciste nell’uovo. Alba dorata rappresenta una minaccia mortale per gli immigrati e in definitiva per l’intero movimento operaio. C’è urgente bisogno di fermarli con delle mobilitazioni di fronte unico del movimento operaio organizzato e degli immigrati. I fascisti puntano né più né meno che alla distruzione fisica dei sindacati e dei partiti operai. Questi terroristi razzisti vanno schiacciati finché sono deboli. Altrimenti, in questo periodo di reazione diventeranno più numerosi e arroganti. In un senso più generale, il fascismo non può essere spazzato via definitivamente che con il rovesciamento del capitalismo, il sistema che genera le orrende crisi di cui si nutrono i fascisti.

Il populismo nazionalista del Kke è espresso chiaramente nel suo programma: “Il Kke è un partito profondamente patriottico, erede autentico delle tradizioni nazionali, democratiche e rivoluzionarie del popolo greco” e rivendica “una politica di difesa nazionale che salvaguardi la sicurezza della Grecia” (kke.gr). L’appoggio al patriottismo e alla difesa nazionale sono incompatibili con la pretesa del Kke di “combattere ogni manifestazione di fascismo, nazionalismo, sciovinismo e razzismo” e contrarie allo slogan marxista “proletari di tutti i paesi unitevi!” riportato nella testata del suo giornale. Il nazionalismo del Kke è anche antitetico alla lotta per gli Stati uniti socialisti d’Europa: l’unico programma che esprima gli interessi delle classe lavoratrici d’Europa, sia nei paesi imperialisti come Germania, Francia e l’Inghilterra, sia in quelli dipendenti come l’Irlanda e la Grecia.

Il Kke: una storia di tradimenti

Nonostante il suo attuale rifiuto di partecipare ad un governo di coalizione, il Kke resta legato al programma di collaborazione di classe che in passato lo ha portato ad alleanze e governi con la borghesia. La storia del Kke è disseminata di tradimenti degli interessi della classe operaia. Nel 1936, mentre il proletariato greco attraversava un profondo fermento rivoluzionario, il Kke cercò di indurre la presunta ala “progressista” della borghesia greca (i liberali di Venizelos) ad unirsi a loro in una coalizione di fronte popolare contro la destra. Invece, com’era prevedibile, i liberali anticomunisti fecero un blocco con la destra contro il Kke. L’incapacità del Kke di lottare per il potere operaio, invece di inseguire l’alleanza con i liberali, spianò la strada alla brutale dittatura di Ioannis Metaxas. Sul finire della Seconda guerra mondiale, i partigiani dell’Elas, guidati dai comunisti, che avevano combattuto con eroismo contro gli occupanti nazisti e i loro fantocci greci, liberarono il paese ed ebbero il potere a portata di mano. Ma la direzione del Kke rinunciò alla possibilità di dare il potere agli operai e di fare i conti con la borghesia greca collaborazionista. Nel 1944 il Kke entrò nel governo di “unità nazionale” di George Papandreou (senior). Poi ordinò ai combattenti dell’Elas di deporre le armi, consentendo alla borghesia con l’aiuto degli inglesi, di ristabilire il suo potere in Grecia. In questo tradimento, la direzione del Kke agì in perfetto accordo con Stalin, che aveva concordato con Churchill che la Grecia sarebbe rimasta parte della sfera d’influenza britannica nel dopoguerra. Il salvataggio del potere capitalista in Grecia è il frutto amaro del dogma stalinista del “socialismo in un paese solo”, che significa la rinuncia alla rivoluzione mondiale.

Come “ricompensa” per il contributo al salvataggio del dominio della borghesia in Grecia, il Kke venne spietatamente perseguitato da una campagna di terrore bianco. Nella guerra civile che ne risultò, gli operai e i contadini guidati dal Kke furono sconfitti dalle forze congiunte della reazione greca e dell’imperialismo, prima quello britannico e poi quello Usa. Dopo la guerra civile del 1946-49 il Kke venne messo fuorilegge, ma negli anni Cinquanta i suoi quadri erano attivi nell’Eda, la Sinistra democratica unita e partecipavano alle elezioni come parte del fronte popolare dell’Unione democratica liberale, con i liberali e con Papandreou. Nel 1989 il Kke, che allora faceva parte della coalizione del Synaspismos insieme alla vecchia ala “eurocomunista” del partito, formò un governo assieme a Nuova democrazia, un tradimento che portò alla scissione di gran parte dei suoi giovani.

Per un partito leninista-trotskista in Grecia!

Nelle settimane precedenti le elezioni del 17 giugno, in molti in Grecia si sono detti sorpresi per il fatto che dei trotskisti dessero un sostegno elettorale critico ad un partito stalinista. Di per sé, il senso di sorpresa la dice lunga sulla “famiglia” dei falsi trotskisti socialdemocratici in Grecia, che hanno infangato il nome del trotskismo e festeggiato la controrivoluzione in Unione Sovietica. Noi della Lci, al contrario, ci siamo battuti fino alla fine, prima in Germania Est e poi nella stessa Unione Sovietica, per il programma del trotskismo autentico. Una componente centrale di questo programma è la difesa militare degli Stati operai degenerato e deformati contro l’imperialismo e la controrivoluzione interna, e la lotta per una rivoluzione politica proletaria che cacci le burocrazie staliniste, la cui riconciliazione con l’imperialismo ha minato la difesa degli Stati operai e portato infine alla controrivoluzione.

In Grecia, una schiera di organizzazioni riformiste, pseudo-trotskiste e non, hanno avuto l’acquolina in bocca all’idea di una vittoria di Syriza e della formazione di un governo capitalista “di sinistra”. All’interno della coalizione filo-Ue di Syriza si annidano gruppi come Marxistiki Foni (Voce marxista), associato alla Tendenza marxista internazionale [in Italia il gruppo di Falcemartello], e Sinistra operaia internazionalista (Dea), l’equivalente greco dell’International Socialist Organization americana. Antonis Davanellos, di quest’ultima organizzazione, in un’intervista con il Socialist Worker (“Nuovo stadio della resistenza in Grecia”, 23 maggio) ha spiegato con entusiasmo: “C’è una situazione incredibile. Non rivoluzionaria, neppure prerivoluzionaria, ma ci troviamo di fronte al fatto che entro un mese Syriza sarà il primo partito del paese. A quel punto saremo chiamati a formare un governo che potrà cambiare le cose per il popolo greco”.

Xekinima, organizzazione appartenente al Comitato per un’internazionale dei lavoratori (Cil) di Peter Taafe [in Italia, il gruppo della rivista Controcorrente], ha fatto campagna per un “governo delle sinistre” e ha mandato ad Atene il suo europarlamentare irlandese, Paul Murphy, per fare campagna elettorale per Syriza.

Anche la coalizione Antarsya, che include il Partito socialista operaio greco (Sek, affiliato al Swp inglese) e il gruppo Okde-Spartakos (affiliato all’autoproclamata Quarta internazionale), ha presentato candidati alle elezioni. Il loro obiettivo era solo quello di esercitare una pressione esterna da sinistra su Syriza, come è emerso chiaramente da molte dichiarazioni, tra cui la seguente, di Alex Callinicos, pubblicata il 2 giugno nel Socialist Worker inglese: “Antarsya ha fatto chiaramente capire che la sua azione va vista come parallela e dialogante con i sostenitori di Syriza. Più la sua voce sarà forte, maggiore sarà la pressione su Syriza perché resti salda di fronte alle forze che cercano di imporre l’austerità come condizione permanente della Grecia”.

Nonostante la loro opposizione formale all’Ue, dopo le elezioni i riformisti di Antarsya hanno visto la sconfitta di misura di Syriza come un appello a raddoppiare gli sforzi per costruire un movimento di resistenza al nuovo governo centrato sull’opposizione parlamentare di Syriza. In effetti Syriza viene presentata come un modello per gli operai e gli oppressi di tutta Europa in lotta contro l’austerità capitalista.

Che cerchino di far pressione su Syriza dall’esterno o dall’interno, questi riformisti sono smascherati dal loro appoggio ad una formazione che rivendica il mantenimento dell’Ue capitalista, o in altre parole, il protrarsi della subordinazione agli imperialisti dei paesi dipendenti come la Grecia. La storica dipendenza dagli imperialisti dell’arretrato capitalismo greco e i violenti attacchi che i capitalisti greci continuano a rivolgere alla classe operaia e agli oppressi, non possono essere eliminati con una politica riformista di pressione come quella adottata da Sek, Dea, Xekinima, Okde-Spartakos o Marxistiki Foni. La sola via d’uscita è la lotta indipendente per il potere della classe operaia. Ciò richiede un partito leninista-trotskista basato sul programma della rivoluzione socialista, che espropri la classe capitalista e spazzi via lo Stato capitalista, sostituendolo con un governo operaio.

La natura internazionale della crisi capitalista fa capire che le lotte della classe operaia devono estendersi sul piano internazionale, fino ad includere i centri imperialisti.

In conseguenza del suo appoggio diretto o mascherato a Syriza, la sinistra riformista è stata unanime nel condannare il Kke per il suo rifiuto di entrare con Syriza in un governo capitalista di sinistra dopo le elezioni di maggio. Le stridule denunce di settarismo rivolte agli stalinisti del Kke, puzzano di anticomunismo, cosa che non deve sorprendere dato che si tratta delle stesse organizzazioni che hanno festeggiato la distruzione dell’Unione Sovietica nel 1991-92. Potremmo rispondere che almeno il Kke odia il capitalismo: Il Socialist Workers Party inglese e i suoi seguaci egiziani hanno dato sostegno critico alla Fratellanza musulmana, che il capitalismo lo ama!

Questi cosiddetti trotskisti seguono le correnti politiche piccolo-borghesi, seminando illusioni sulla possibilità di un capitalismo più umano e democratico. Sia Dea che Xekinima presentano il loro appoggio ai filo-Ue di Syriza come una specie di internazionalismo operaio, denunciando invece il Kke come nazionalista per la sua giusta opposizione al sostegno di Syriza all’Ue capitalista. Perciò il Cil (Comitato per un’internazionale dei lavoratori) ha scritto: “Il Kke d’altra parte si oppone all’euro e all’Ue e attacca Syriza per il suo atteggiamento verso l’Ue e l’euro. E’ una delle giustificazioni politiche che usano per non costituire un fronte delle sinistre insieme a Syriza (…) L’opposizione all’Ue e all’euro su basi nazionaliste significa restare intrappolati nel quadro del capitalismo. Serve invece un approccio socialista e internazionalista che leghi la lotta degli operai greci a quella della classe operaia degli altri paesi dell’Ue” (“Si approfondisce la crisi dell’euro”, socialistworld.net, 21 maggio). Fa davvero ridere sentire Xekinima e Dea parlare del legame tra le lotte degli operai greci e degli altri paesi dell’Ue, quando sono loro ad appoggiare una coalizione che nel migliore dei casi vuole rinegoziare le condizioni della subordinazione ai dettami imperialisti di paesi come la Grecia. I gruppi filo-Ue come il Cil devono prendersi la loro parte di responsabilità per il grottesco nazionalismo attizzato proprio dall’Ue. I rapporti interni di dipendenza nell’Ue hanno attizzato lo sciovinismo delle grandi potenze, come la Germania, e hanno determinato un’ascesa corrispondente del nazionalismo nei paesi indebitati come la Grecia. Il risultato è una drammatica crescita di forze fasciste e xenofobe in tutta Europa.

Al contrario di queste organizzazioni e della loro ostilità anticomunista nei confronti del Kke e degli operai che esso guida, i nostri compagni del Toe hanno cercato di conquistare l’interesse per il nostro programma tra un settore cruciale della classe operaia, usando la tattica del sostegno critico al Kke. Come abbiamo spiegato in “Le banche affamano i lavoratori greci”: “Il Kke gode della fiducia dei settori più combattivi della classe operaia greca. Il Pame, la sua organizzazione sindacale, si presenta come un’opposizione ‘con orientamento di classe’ ai burocrati venduti di Gsee e Adedy [la Confederazione generale dei lavoratori greci e il Sindacato dei lavoratori del pubblico impiego], di cui condanna la collaborazione di classe con i padroni ed il governo. Ma il Kke non propone alla classe operaia nient’altro che una serie di scioperi generali di un giorno, una forma combattiva di pressione sul parlamento. Il Kke non ha un programma per la presa del potere da parte della classe operaia. E’ votato al nazionalismo, che è l’ostacolo principale alla costruzione di un partito operaio rivoluzionario in Grecia. Un compito strategico per la costruzione di un partito rivoluzionario consiste nel conquistare la base operaia del Kke al programma internazionalista dei bolscevichi di Lenin e di Trotsky”.

Grazie alla campagna di sostegno critico al Kke, molti operai e molti giovani hanno preso nota del fatto che il Toe non condivide i pregiudizi piccolo-borghesi e anticomunisti di altre organizzazioni greche che sostengono di essere trotskiste. E’ un primo passo, piccolo ma importante, nella lotta per portare il bolscevismo autentico agli strati politicamente più avanzati della classe operaia.

[Tradotto da Workers Hammer n. 219 (estate 2012), giornale della Spartacist League/Britain, sezione della Lega comunista internazionale.]