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Serve una nuova classe dirigente: gli operai!

Enormi scioperi scuotono la Francia

5 gennaio 2020. Da un mese, un’ondata di scioperi e di proteste contro la distruzione del sistema delle pensioni proposta dal governo attraversa la Francia. Il 5 dicembre, milioni di operai sono scesi in sciopero e circa 1 milione e mezzo di persone hanno partecipato alle manifestazioni. Ai lavoratori delle ferrovie e della metropolitana si sono uniti gli insegnanti, il personale ospedaliero, gli operai elettrici e centinaia di migliaia di altri lavoratori, compresi quelli dell’Opera di Parigi. I lavoratori delle ferrovie e dei trasporti di Parigi, che sono la spina dorsale di questa lotta, sono in sciopero senza stipendio ormai da 30 giorni.

Nella giornata d’azione del 10 dicembre hanno manifestato circa un milione di lavoratori, di insegnanti e di studenti e sette delle otto raffinerie del Paese sono state chiuse. Ulteriori mobilitazioni di massa si sono ripetute nelle settimane successive. La rabbia contro i tagli alle pensioni è raddoppiata l’8 dicembre, quando si è scoperto che il Commissario alla riforma delle pensioni Jean-Paul Delevoye lavorava anche come consulente delle assicurazioni, che vogliono smantellare il sistema pensionistico per arraffare i soldi dei fondi pensione privati. Nonostante gli appelli del governo ad una “tregua natalizia”, i lavoratori dei trasporti hanno continuato a scioperare anche nel periodo in cui gran parte delle aziende erano chiuse per ferie.

La maggior parte dei sindacati dei ferrovieri e del trasporto ha detto che continuerà a scioperare fino al ritiro della riforma delle pensioni. Il governo ha ribadito la sua intenzione di andare avanti ed imporre un’età di pensionamento di 64 anni. A gennaio riprenderanno le assemblee dei lavoratori e il 9 è previsto uno sciopero generale che dovrebbe bloccare anche le raffinerie e i porti. E’ nell’interesse di tutti i lavoratori d’Europa che questo sciopero, che i media capitalisti italiani tengono nascosto, metta fine a una stagione di sconfitte dei lavoratori. Vittoria allo sciopero dei lavoratori francesi! No al taglio delle pensioni!

La polizia francese è tristemente famosa in tutt’Europa per la sua barbara repressione. Ad ogni manifestazione lo Stato schiera migliaia di poliziotti armati, che hanno perquisito e pestato i manifestanti a colpi di manganello e di flash-balls e hanno arrestato centinaia di persone. Noi esigiamo il ritiro di tutte le accuse contro gli scioperanti!

Di seguito pubblichiamo la traduzione di un articolo del 24 novembre tratto da Le Bolchévik (n.230), il giornale dei compagni della Ligue Trotskyiste de France, che sono intervenuti alle assemblee generali e negli scioperi a Parigi, Rouen e Lille.


In Francia sta per iniziare la battaglia sulle pensioni. Per due anni e mezzo, Macron ha cercato di portare a termine il lavoro sporco che aveva cominciato quando faceva parte del governo del Partito socialista di Hollande: fare a pezzi i sindacati per aggravare qualitativamente gli attacchi a tutti i lavoratori, prima con la legge El Khomri, poi con le ordinanze Macron. La distruzione dello statuto dei ferrovieri nel 2018 puntava ad indebolire questo bastione dei sindacati, la cui forza era stata cruciale nel 1986 e nel 1995, per paralizzare l’economia e fermare gli attacchi del governo all’insieme della classe operaia. La cancellazione dell’indennità di disoccupazione la scorsa estate, dopo quella dei tribunali del lavoro [organismi paritari eletti da lavoratori e padroni], mira anch’essa a far sì che i lavoratori ci pensino due volte prima di alzare la testa nelle aziende, perché il licenziamento significherebbe non solo far fatica ad arrivare alla fine del mese, ma ritrovarsi in miseria in mezzo alla strada. Ma una parte della borghesia comincia ad aver paura dell’ampiezza della mobilitazione che comincerà il 5 di dicembre. Una vittoria della classe operaia potrebbe far girare il vento della lotta di classe non solo in Francia ma in tutt’Europa.

Abbasso l’Unione Europea!

Il governo usa le “direttive europee”, elaborate in pratica a Berlino e Parigi, come una macchina da guerra per giustificare la necessaria “riforma” della Francia, in modo che questa mantenga la sua posizione come una delle poche potenze il cui capitale finanziario, spalleggiato dalle truppe speciali, opprime il resto del mondo.

L’Ue è un insieme di trattati sottoscritti dagli imperialisti, principalmente quelli tedeschi (che di solito hanno l’ultima parola) e francesi e delle loro vittime, in particolare i Paesi dell’Europa meridionale e orientale, oppressi dalla “libera circolazione” del grande capitale tedesco e francese garantita dall’Ue. Questa ha l’obiettivo di massimizzare il tasso di profitto dei capitalisti aumentando al massimo il tasso di sfruttamento, con la sconfitta dei sindacati, le privatizzazioni a tutto campo, la creazione di norme comuni che estendono i mercati accessibili ai capitalisti più forti (soprattutto tedeschi e francesi, con l’appoggio degli Stati Uniti). Abbasso l’Ue e il suo strumento monetario, l’euro!

Pensioni: Macron ha tutti nel mirino, specialmente le donne.

Macron adesso vuole fare a pezzi la Sécu [assistenza sociale e sanitaria] e in particolare il sistema pensionistico, la conquista più importante che resta alla classe operaia, tra quelle strappate dopo la vittoria dell’Unione Sovietica sulla barbarie nazista nel 1945. Dopo la distruzione dell’Unione Sovietica, avvenuta quasi trent’anni fa, tutte queste conquiste sono state sistematicamente rimesse in discussione. Ciò dimostra come qualsiasi riforma a favore della classe operaia sotto il capitalismo non possa che essere strappata con la lotta e debba essere difesa in ogni momento con le unghie. Per farla finita con questa lotta estenuante, non vi è che una soluzione: la rivoluzione, il rovesciamento della dittatura del capitale e l’instaurazione della dittatura del proletariato.

Il governo prende di mira in prima istanza i regimi speciali dei dipendenti pubblici e affini, nel tentativo di aizzare il resto dei lavoratori contro i cosiddetti “privilegiati”. Ma in realtà la pensione a punti prende di mira tutti i lavoratori. Il tetto imposto ai versamenti pensionistici al livello attuale (13,8 percento del Pil), con una proporzione crescente di pensionati, a lungo andare provocherà una diminuzione automatica di tutte le pensioni, comprese quelle in essere, nell’ordine del 20-30 percento.

Per un po’ il governo ha cercato di diffondere l’idea di essere disposto, al massimo, ad accettare la “clausola del nonno”, ovvero che la riforma riguardasse solo le pensioni dei neo-assunti. Una specie di Cpe [contratto di prima assunzione] cento volte peggiore: nel 2006, Chirac aveva cercato di imporre un nuovo statuto per i contratti di lavoro dei giovani (solo per due anni, non a vita). Spinta dalle mobilitazioni della gioventù, la classe operaia era scesa in piazza in massa costringendo il governo alla retromarcia: l’ultima grande vittoria della classe operaia di questo Paese.

Chi può credere che la clausola del nonno sia un compromesso accettabile (a parte un burocrate sindacale traditore tipo Berger della Cfdt)? I lavoratori si spezzano la schiena per dare ai loro figli una vita migliore della loro, perché dovrebbero accettare di negargli persino la pensione? Dividendo i lavoratori in base al tipo di contratto, per i capitalisti sarebbe più facile attaccare le conquiste di tutti.

Per i capitalisti, l’unico modo per risolvere “l’equazione finanziaria” delle pensioni sta nell’affrettare la morte degli anziani che non servono più a produrre profitti col loro lavoro: facendoli lavorare più a lungo, riducendo le pensioni e cancellando i servizi sanitari pubblici. Mentre i lavoratori degli ospedali, compresi i medici, sono in piazza da mesi, il governo accelera le privatizzazioni degli ospedali e moltiplica le soppressioni di posti-letto, spingendo i lavoratori della sanità a passare al privato.

Una direzione di lotta di classe dei sindacati esigerebbe la nazionalizzazione immediata di tutti i servizi sanitari, comprese le case di riposo, espropriando tutte le aziende private e i monopoli farmaceutici. E’ un settore in cui servirebbero come minimo centinaia di migliaia di assunzioni immediate e a tempo pieno!

Se prima 15 giorni di lavoro davano diritto a tre mesi di contributi, in futuro 15 giorni lavorativi porteranno solo 15 giorni di contributi, non uno di più. Questa misura prende di mira tutti i precari, ma le donne, le cui carriere sono più discontinue e che hanno i salari più bassi, ne saranno doppiamente vittime e diventeranno ancor più dipendenti dalla pensione dei propri congiunti. D’altronde è proprio sulle donne che grava la maggior parte delle cure a genitori e nonni anziani, specialmente quelli che non potranno pagare le fatture esorbitanti degli Ehpad [case di riposo private], ridotte praticamente a dei posti dove si va a morire e dove sono le donne a lavorare in condizioni e con salari sempre peggiori.

Ecco a cosa si riduce il cinismo di Macron sulle “violenze contro le donne”, quando tutte le sue misure non fanno che rafforzare l’istituzione della famiglia, la fonte principale dell’oppressione delle donne e dei giovani. Gli operai al potere apriranno la strada all’emancipazione delle donne, socializzando i lavori domestici e le cure dei bambini e degli anziani, come avevano cominciato a fare i bolscevichi nel 1917 in condizioni ben più difficili.

Abbasso la guerra al sistema di educazione!

Già oggi, per trovare un lavoro degno di questo nome, i giovani devono soffrire per anni e anni. Il suicidio di Anas K., uno studente di Lione, ha messo tragicamente in luce l’aggravarsi della miseria dei giovani di origine operaia o delle minoranze, che cercano di perseguire gli studi superiori nonostante Parcoursup [il sistema razzista di ammissione all’università introdotto dal governo Macron] e la trappola del Lmd (licenza-master-dottorato) voluta dal-l’Ue. Anas K. aveva ragione ad accusare Macron, Hollande, Sarkozy et l’Unione Europea.

Per i capitalisti e i loro lacché al governo, i lavoratori devono sapere quanto basta per lavorare con competenza e garantire una produttività sempre maggiore, ma non abbastanza da farsi delle domande sul sistema che li sfrutta. E se servono, sono pronti i fascisti che hanno aumentato i loro attacchi, come ad esempio quello contro gli attivisti di sinistra dell’università di Nanterre. Quando la feccia fascista ha avuto la peggio, il preside della facoltà ha chiamato la polizia per metterli in salvo.

Le diseguaglianze basate sull’origine di classe ed etnica non fanno che aumentare in tutto il sistema scolastico ed è proprio questo l’obiettivo del ministro dell’educazione Jean-Michel Blanquer e della sua riforma della scuola superiore. Servirebbero cento o duecentomila assunzioni e miliardi di investimenti infrastrutturali nell’educazione solo per tornare al livello miserabile di qualche anno fa! Per un’educazione di qualità per tutti, con delle borse di studio e alloggi adeguati per gli studenti!

Il movimento operaio deve difendere le minoranze

Il governo ha usato vari mezzi per limitare le gite scolastiche nella Seine-Saint-Denis, la periferia di Parigi la cui popolazione è formata in gran parte da immigrati nordafricani e dai loro discendenti. Ha strangolato finanziariamente i comuni, invocando l’operazione militare-poliziesca di Vigipirate per impedire ai bambini di usare i mezzi pubblici o cercando di vietare alle madri che indossano il velo di accompagnare i bambini. Data la mancanza di soldi, tutto ciò significa spesso la cancellazione completa delle gite. Nella sinistra, solo Lutte Ouvrière ha avuto la faccia tosta di opporsi apertamente alla rivendicazione del diritto di queste donne a indossare il velo. Ma il violento attacco di Blanquer è solo una parte della campagna razzista a tutto campo volta ad aizzare i lavoratori considerati bianchi, contro gli altri, soprattutto contro quelli originari delle ex colonie francesi, che sono di cultura musulmana.

Dietro “l’islam politico” la borghesia francese (“laica” ma essenzialmente cattolica e nel caso di Macron pure gesuitica) prende di mira tutti i giovani di origine maghrebina o subsahariana, che siano o meno religiosi.  Forse la borghesia teme che i giovani d’origine algerina seguano l’esempio dei loro cugini in Algeria e scendano in piazza contro la hogra (disprezzo) razzista che affrontano ogni giorno in Francia. L’obiettivo dei capitalisti è evidente: dividere la classe operaia, che in molti settori strategici dell’industria e dei trasporti comprende lavoratori di origine africana.

Per l’unità della classe operaia è essenziale difendere i giovani delle minoranze contro le discriminazioni: tutte le misure di terrorismo poliziesco che, a partire dalla rivolta del 2005, sono state la regola per i giovani dei quartieri in cui abitano i lavoratori e le minoranze, adesso vengono messe sistematicamente in atto contro il movimento operaio, specialmente dopo gli attentati terroristi del 2015 e lo stato d’emergenza stabilito dal governo capitalista di Hollande. Abbasso la campagna razzista “contro il terrorismo”! Abbasso le operazioni militar-poliziesche Vigipirate e Sentinelle! Pieni diritti di cittadinanza per tutti quelli che sono qui, in qualsiasi modo siano arrivati!

In effetti, tra le svariate misure rivendicate un anno fa dal movimento dei gilets jaunes, le uniche che Macron ha cercato di soddisfare erano quelle reazionarie, come l’aumento delle espulsioni dei sans-papiers e un “aumento sostanzioso dei finanziamenti alla giustizia, alla polizia, alla gendarmeria e all’esercito”. Proprio le bande di uomini armati che formano il cuore dello Stato capitalista e la cui funzione consiste nel difendere la proprietà privata dei mezzi di produzione in mano ai capitalisti.

Da un anno gli sbirri si sono scatenati contro i gilets jaunes che disturbavano gli attacchi di Macron ai lavoratori e agli oppressi. Gli sbirri non sono lavoratori ma cani da guardia del capitale: è uno scandalo che tutte le confederazioni sindacali li “sindacalizzino” e gli facciano spazio nei cortei sindacali: uno “sciopero” degli sbirri in realtà è una mobilitazione bonapartista per rafforzare l’apparato di repressione. Sbirri, guardie e vigili fuori dai sindacati! La violenza selvaggia degli sbirri contro i gilets jaunes si è conclusa con due morti, decine di persone che hanno perso un occhio o una mano e più di mille condanne alla prigione.

Un anno fa, il movimento dei gilets jaunes aveva dimostrato la portata della collera accumulata in molti strati della popolazione: dai lavoratori precari, alla piccola borghesia schiacciata dalle banche e dai monopoli capitalisti. All’epoca abbiamo fatto appello al movimento operaio a prendere la testa della lotta. I gilets jaunes riponevano le loro speranze nei camionisti, i cui sindacati (Cgt e Fo) avevano annunciato uno sciopero proprio durante i blocchi delle rotonde da parte dei gilets jaunes.

Ma i traditori che sono alla testa di questi sindacati revocarono lo sciopero nel momento decisivo, aumentando l’amarezza se non l’ostilità di parte dei gilets jaunes verso il movimento operaio. Philippe Martinez, il capo della Cgt, accusava apertamente i gilets jaunes di essere dei fascisti, invece di far proprie le rivendicazioni che erano nell’interesse della classe operaia e di mobilitare la forza degli operai per realizzarle (oltre che per scacciare i fascisti che ronzavano attorno ai gilets jaunes). Che sorpresa! Martinez aveva fatto appello a votare Macron nel 2017. Per lui e per tutti gli altri burocrati riformisti che dirigono i sindacati, prima di tutto bisogna salvare il capitalismo francese, e pazienza se saranno i lavoratori a pagarne il conto.

Le lezioni dello sciopero dei ferrovieri del 2018

L’anno scorso i ferrovieri hanno subito una grave sconfitta, ma non sono stati schiacciati: nelle prossime settimane avranno un ruolo decisivo. La ragione è che l’anno scorso si sono battuti con coraggio e determinazione per più di tre mesi.

Evidentemente scioperare solo tre giorni su cinque era una tattica perdente e la sinistra della burocrazia sindacale (legata a Lutte Ouvrière, al Nouveau Parti Anticapitaliste  ecc.) l’ha criticata, ma il problema val di là della tattica. Nessuna direzione sindacale, nemmeno quella “radicale” di Sud [Solidaires Unitaires Democratiques], aveva la prospettiva e la determinazione necessarie a uno scontro generale con il governo e tutti accettavano apertamente il quadro dell’Unione Europea.

Macron si nascondeva dietro “Bruxelles” (in realtà Parigi e Berlino) che pretendeva la privatizzazione delle ferrovie in nome della “concorrenza libera e non falsata”. Ecco cosa bisogna dedurne: che non bisogna accettare questo quadro ma che al contrario i lavoratori devono stracciare i trattati dell’Ue. Il fatto che il Partito comunista francese, il Nouveau Parti Anticapitaliste (Npa) e Lutte Ouvrière siano tutti ferventi difensori dell’Ue (il tutto avvolto nelle geremiadi sulla “Europa sociale”) dimostra la loro prostrazione dinanzi alla propria borghesia.

Per giustificare la propria tattica i burocrati hanno invocato anche la necessità di ottenere il consenso dei principali sindacati, in particolare della Cfdt cui sono iscritti molti macchinisti dei treni. La divisione sindacale è un veleno che porta al crumiraggio reciproco tra sindacati, o alla ricerca di un minimo comune denominatore nelle lotte, cioè a tattiche perdenti accettabili dalla direzione sindacale più di destra.

Questo dimostra che bisogna lottare per dei sindacati industriali, che raggruppino tutti i lavoratori di un’industria in un solo sindacato. Il nostro obiettivo non è quello di mettere insieme le varie burocrazie sindacali, ma di forgiare una nuova direzione, una direzione di lotta di classe. Questa prospettiva avanza parallelamente ad una prospettiva politica ben definita: la lotta per reintegrare tutti i subappalti, tutti i lavoratori precari, in un unico contratto che sia il più favorevole ai lavoratori.

Più in generale, la lotta contro la disoccupazione non si fa con gli appelli utopici nello stile di Lutte Ouvrière e del Npa al “divieto di licenziare” da parte dei governi capitalisti, ma nella lotta per la ripartizione di tutti i posti di lavoro tra tutta la manodopera disponibile, a tempo pieno, con una forte riduzione dell’orario lavorativo per tutti. Ciò richiede di lottare per degli asili nido gratuiti e di qualità (senza i quali le donne devono rinunciare a metà delle ore di lavoro) oltre che per una contraccezione e un aborto realmente gratuiti e disponibili localmente per tutte e infine per programmi di costruzione di alloggi a buon mercato su larga scala. Altrimenti la rivendicazione dei “diritti delle donne” non è che un gesto cinico delle femministe borghesi.

Ovviamente la borghesia dirà che non può pagare (e in ogni caso la cosa è proibita dai trattati dell’Ue). Ma se il capitalismo non può soddisfare i bisogni vitali elementari della classe operaia e degli oppressi, che muoia! Nel Programma di transizione della Quarta internazionale, Trotsky scrisse:

“Nella misura in cui le vecchie rivendicazioni parziali ‘minime’ delle masse si scontrano con le tendenze distruttive e degradanti del capitalismo in putrefazione – e questo si verifica ad ogni passo – la Quarta Internazionale propugna un sistema di rivendicazioni transitorie, la cui essenza consiste nel rivolgersi sempre più apertamente e risolutamente contro le fondamenta stesse del regime borghese. Il vecchio “programma minimo” viene superato dal programma di transizione, il cui compito consiste in una sistematica mobilitazione delle masse per la rivoluzione proletaria”.

Bisogna rompere con la collaborazione di classe!

Riuscirà questo odiato governo a realizzare i suoi piani? La rabbia che si accumula da tempo tra i lavoratori, i poveri e gli oppressi, è pronta a scoppiare. Affinché questo avvenga, bisogna superare un certo scetticismo sul fatto che valga la pena di lottare vista l’attuale direzione dei sindacati. Si tratta di una questione di direzione, ma è solo nella battaglia che si potrà forgiare una nuova direzione dei sindacati, una direzione di lotta di classe. Questo va di pari passo con la lotta per un partito operaio rivoluzionario multietnico, capace di farsi portavoce di tutti gli oppressi, in modo che la classe operaia possa mettersi alla loro testa in una lotta generalizzata per rovesciare il capitalismo.

Nel dicembre del 1995, la vittoria sul campo dei ferrovieri e dei tranvieri ha consentito agli operai di tenere in vita per altri 25 anni il regime pensionistico e la Sécu, nonostante tutti gli attacchi che si sono succeduti, ma sul piano politico quella vittoria fu condotta in un vicolo cieco. Il Partito socialista, il Partito comunista francese e la Lcr (la mal nominata Lega “comunista rivoluzionaria”, poi diventata Npa) misero in piedi una nuova combinazione parlamentare con dei partiti borghesi (i verdi, i seguaci di Chevènement, i radicali di sinistra): la cosiddetta “Sinistra plurale”. Anche Lutte Ouvrière votò per le liste di Jospin, nelle circoscrizioni in cui queste erano contrapposte alle liste del Fronte nazionale di Jean-Marie Le Pen.

La Sinistra plurale, salita al potere nel 1997 con Jospin, con il Partito comunista al Ministero dei trasporti (e Mélenchon all’insegnamento professionale) procedette alla privatizzazione di Air France, iniziò lo spezzettamento del sistema ferroviario nazionale della Sncf (con la creazione di Rff) e demoralizzò gli operai. L’ultima incarnazione di queste alleanze con la borghesia cosiddetta “di sinistra”, di questi “fronti popolari”, è stata il governo di Hollande, che ha partorito Macron.

Anche se alla vigilia del 5 dicembre può sembrare una prospettiva chimerica, noi mettiamo in guardia: il Pcf e la cosiddetta “estrema sinistra” ricominceranno a tradire con un nuovo fronte popolare. Se ne vedono già i contorni con il “fronte popolare rosso e verde” di François Ruffin, uno che “non si sottomette”, ma che senz’altro si è già sottomesso alla campagna contro i musulmani, rifiutando di partecipare alla manifestazione contro l’islamofobia del 19 novembre. La France Insoumise di Mélenchon è un partito populista borghese sciovinista. Questa gente manipola cinicamente l’aspirazione all’unità dei lavoratori per incatenarli alla “unità” con il loro nemico, la classe borghese, e per dividerli usando lo sciovinismo. Bisogna forgiare l’unità della casse operaia contro la borghesia!

Fate attenzione anche alle varianti della stessa cosa sotto forma di appelli ad un’assemblea costituente! Anche con una maggioranza “di sinistra” sarebbe sempre un parlamento borghese che avrebbe come prospettiva una “Sesta repubblica” capitalista. In realtà serve una nuova classe dirigente: gli operai! Noi cerchiamo di mobilitare l’avanguardia della classe operaia dietro il programma trotskista della rivoluzione proletaria, per costruire il partito, sezione francese di una Quarta internazionale riforgiata, che potrà dirigere i lavoratori e gli oppressi verso la vittoria.

 

 

 

 

 


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