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maggio 2016

Il fronte popolare del Pt ha spianato la strada alla reazione di destra

Impeachment in Brasile: gli operai non hanno un lato

Rompere con il Pt! Per un partito operaio rivoluzionario!

Lo scorso mese il parlamento brasiliano ha approvato l’inizio della procedura di impeachment nei confronti del presidente Dilma Rousseff, sulla scia di uno scandalo per la corruzione che ha scosso il Paese. Dal 2002 il Brasile è stato governato dal Partido dos Trabalhadores (Pt – Partito dei lavoratori) a capo di una serie di coalizioni di collaborazione di classe, guidate prima dal suo fondatore, Luiz Inácio Lula da Silva e poi dalla Rousseff. Rousseff ora è accusata di imbrogli contabili volti a nascondere i buchi di bilancio dello Stato. Alla testa degli attacchi contro Rousseff ci sono gli ex alleati di coalizione del Pt, molti dei quali sono a loro volta indagati o sotto accusa per corruzione. Tra di loro c’è il vicepresidente Michel Temer, del partito borghese Pmdb, destinato a sostituire Rousseff qualora venisse sospesa o deposta.

Il blocco che governa il Brasile è un esempio di “fronte popolare”: una coalizione di collaborazione tra le classi in cui uno o più partiti operai si uniscono a forze borghesi per governare per conto dei capitalisti. Noi ci opponiamo per principio a queste coalizioni borghesi. I partiti operai riformisti come il Pt esprimono una contraddizione di classe tra la loro base proletaria e il programma filocapitalista dei loro dirigenti. Ma quando entrano a far parte di un’alleanza di fronte popolare, questa contraddizione di classe viene soppressa a vantaggio della borghesia, a garanzia del fatto che mentre sono al potere, questi partiti non oltrepasseranno i limiti di ciò che è accettabile per la classe dominante. L’esperienza del governo del Pt non fa che confermarlo.

Per più di cinque anni il governo Rousseff ha inflitto una serie di attacchi ai lavoratori, imponendo misure di austerità e tagli alla spesa sociale e attaccando gli operai in sciopero e i contadini che protestavano contro la confisca delle loro terre. Questi attacchi sono venuti sulla scia di quasi un decennio di dure restrizioni imposte dall’Fmi sotto la supervisione dell’ex dirigente sindacale Lula, che da presidente si è rivelato un valido servitore sia per gli imperialisti che per la borghesia brasiliana. Il Pt di Lula ha usato la sua autorità sul movimento operaio per attuare politiche neoliberiste che non erano riuscite nemmeno ai suoi predecessori di destra. Allo stesso tempo, la prima fase del governo del Pt ha coinciso con un boom a scala mondiale dei prezzi delle materie prime, di cui il Brasile è uno dei principali esportatori. Di conseguenza il Pt ha potuto distribuire qualche briciola, come i pagamenti in contanti ai poveri (Bolsa Família) e l’aumento dei salari minimi.

Ma il boom è finito da un pezzo. Negli ultimi due anni il Brasile ha conosciuto la più grave crisi economica da decenni. Oltre che nella campagna per l’impeachment, sia gli alleati che i nemici di Rousseff sono impelagati anche nell’inchiesta Lava Jato (Autolavaggio) sui traffici di tangenti e il riciclaggio di denaro sporco che vedevano coinvolta la compagnia petrolifera di Stato, Petrobras.

La maggioranza della popolazione considera i politici del paese come un covo di ladri. Data la situazione di instabilità politica e il crescere della povertà, il Pt è molto discreditato agli occhi della sua base operaia. Il malcontento si è espresso nelle proteste del 2013, scatenate inizialmente dall’aumento delle tariffe dei mezzi di trasporto ma che si sono poi estese ad includere le folli spese del governo per gli stadi dei mondiali, lo stato deplorevole dell’assistenza sanitaria e dell’educazione e la violenza della polizia. I partiti dell’opposizione di destra hanno approfittato dell’insoddisfazione popolare per condurre una vasta campagna contro il Pt.

Con le elezioni in vista per l’anno successivo, Rousseff ha cercato di ottenere l’appoggio della base del Pt promettendo di migliorare le condizioni di vita dei lavoratori e dei poveri. Ma dopo la sua risicata rielezione nel 2014, si è subito rimangiata le promesse fatte, imponendo l’austerità mentre il Paese continuava a sprofondare nella recessione. Di conseguenza, i lavoratori e gli oppressi si sono demoralizzati e smobilitati, incoraggiando ulteriormente la destra, compresi gli alleati di governo del Pt. Le attuali manifestazioni contro il governo, cui partecipano milioni di persone, sono capeggiate da fazioni politiche reazionarie spalleggiate dall’oligarchia mediatica e da gruppi di affaristi filo-americani.

Rousseff e i fedelissimi del Pt condannano l’impeachment definendolo un “atto violento” contro la “democrazia” e presentandolo falsamente come un colpo di Stato. Questi argomenti sono molto efficaci nel creare allarmismo e paura in una società in cui sono ancora vividi i ricordi delle sofferenze inflitte dal sanguinario regime militare creato dal golpe del 1964. Temendo l’ascesa al potere della destra, molti operai hanno partecipato alle manifestazioni contro la cacciata di Rousseff. Queste proteste, con tanto di bandiere rosse e contingenti della sinistra e dei sindacati (soprattutto quelli appartenenti alla Central Única dos Trabalhadores) vengono usate dal Pt per ricondurre la rabbia degli operai nell’alveo del sostegno al fronte popolare. Intanto però i dirigenti del Pt hanno cercato di scongiurare l’impeachment offrendo incarichi ministeriali a vari partitini borghesi in cambio del loro “No” al congresso.

In questo momento il Brasile non si trova di fronte a un colpo di Stato militare per rovesciare il governo, ma a delle sordide manovre del parlamento per rimuovere il presidente. Opporsi all’impeachment di Rousseff equivarrebbe ad un voto di fiducia, cioè ad un sostegno poitico, al fronte popolare capeggiato dal Pt. D’altra parte, appoggiare l’impeachment significherebbe sostenere le forze politiche di destra che tramano contro Rousseff. Come marxisti, fautori dell’indipendenza politica del proletariato, noi diciamo che la classe operaia non ha un lato in questo conflitto.

Quello che la borghesia riuscirà ad ottenere con i suoi attacchi agli operai, sarà deciso dal livello di resistenza e di lotta della classe operaia. Il proletariato brasiliano è la sola forza che abbia il potere sociale di guidare la lotta per tutti gli oppressi, dai poveri delle favelas nelle metropoli, alle donne, ai contadini senza terra. Questa prospettiva richiede la costruzione di un partito operaio rivoluzionario, che lotti per strappare la base proletaria del Pt e dei sindacati alle loro attuali direzioni, nel corso della lotta per la rivoluzione socialista e per il potere operaio.

Il Gruppo internazionalista: coda di sinistra del fronte popolare

Tra le versioni più combattive di collaborazionismo di classe in Brasile c’è quella propugnata dalla Liga Quarta-Internacionalista do Brasil (Lqb), affiliata al Gruppo internazionalista (Gi) degli Usa. Come tutto il resto della sinistra brasiliana, anche loro hanno la linea di “No all’impeachment”, che costituisce un voto di sostegno politico al fronte popolare di Rousseff (www.internationalist.org, aprile 2016). Pur non usando queste testuali parole, anche il Gi e la Lqb non fanno che ripetere la propria versione del ritornello di tutta la sinistra sul “golpe giudiziario”, agitando lo spettro dell’arrivo al potere di uno “stato forte bonapartista dominato dalla polizia e dai tribunali”, cioè di una dittatura militare poliziesca, se Rousseff venisse sollevata dal suo incarico. Per mascherare la loro difesa di un governo borghese, il Gi e la Lqb abbondano con gli appelli alle occupazioni di fabbrica e allo sciopero generale e sostengono persino di opporsi politicamente al governo.

Ma nella pratica, la loro posizione non è che una forma leggermente mascherata del più classico opportunismo, che consiste nel fare appello alla “lotta contro la destra”. Nel momento stesso in cui strepitano cinicamente sulla minaccia del “bonapartismo”, il Gi e la Lqb ammettono che un golpe in Brasile in realtà è improbabile “perché con l’impeachment la destra otterrebbe il suo obiettivo principale”. Per quanto condannino ritualmente il fronte popolare o chiedano di non votarlo, i centristi del Gi e della Lqb non fanno che offrire delle giustificazioni all’apparenza marxiste per la linea adottata da gran parte della sinistra riformista: salviamo il governo Rousseff.

Il Gi e la Lqb ammettono che il Pt ha portato molti attacchi alla classe operaia, “alcuni dei quali nemmeno la dittatura militare aveva osato tentare”. Ma sostengono lo stesso che un governo dei partiti parlamentari alla destra del Pt costituirebbe un pericolo qualitativamente maggiore rispetto al fronte popolare. Il Gi e la Lqb, per quanto glielo consentono le loro modeste forze, contribuiscono a tenere in piedi l’alleanza di collaborazione di classe che ha spianato la strada alla reazione di destra.

Il Gi e la Lqb pontificano che “se vince la destra bonapartista, essa avrà dietro di sé tutta la forza dell’apparato giudiziario e poliziesco”. Come se il governo di fronte popolare del Pt non abbia usato ripetutamente “l’apparato giudiziario e poliziesco” contro gli operai e i poveri! Andassero a raccontarlo alle masse miserabili in prevalenza nere delle favelas che ogni giorno subiscono il terrore della polizia. All’inizio dell’anno il governo Rousseff ha approvato una draconiana legge anti-terrorismo che rafforza i poteri repressivi dello Stato contro le proteste sociali.

Lo Stato borghese, il cui nucleo è costituito dall’esercito, la polizia, il sistema carcerario e i tribunali, esiste per difendere gli interessi della classe dominante borghese contro i lavoratori e gli oppressi. Da parte sua, nel 1996 la Lqb non si è fatta scrupoli ad invitare lo Stato capitalista a intervenire all’interno dei sindacati, intentando una serie di cause legali (si legga: “I documenti del tribunale provano che hanno fatto causa al sindacato. La montatura brasiliana del Gi: mani sporche, cinismo e menzogne”, in Workers Vanguard n. 671, 11 luglio 1997).

L’intera storia del leninismo e del trotskismo è consistita in una lotta contro la collaborazione di classe e per l’indipendenza politica della classe operaia. Fu grazie a questo che il Partito bolscevico poté guidare gli operai al potere in Russia nell’ottobre del 1917. Dopo la Rivoluzione di Febbraio, che rovesciò la monarchia zarista, i partiti dei menscevichi e dei socialrivoluzionari parteciparono ad un governo di coalizione con delle forze borghesi. I bolscevichi di V.I. Lenin condannarono queste azioni come un tradimento del proletariato e rifiutarono di fornire qualsiasi appoggio al governo capeggiato da Alexander Kerensky.

Per dare una parvenza di ortodossia alla loro posizione sull’impeachment, il Gi e la Lqb, in un breve articolo disponibile per ora solo in portoghese, invocano uno degli aspetti della Rivoluzione russa: il tentativo di colpo di Stato militare dell’agosto del 1917 del generale Kornilov per rovesciare il governo borghese di Kerensky, spazzar via i soviet e schiacciare la rivoluzione. I bolscevichi reagirono facendo appello ad un fronte unico di tutte le organizzazioni operaie per sconfiggere l’offensiva controrivoluzionaria, combattendo con le armi a fianco delle truppe di Kerensky, ma senza cessare di opporsi al governo.

L’articolo del Gi/Lqb sul colpo di Stato di Kornilov riconosce la posizione dei bolscevichi, ma solo per far sparire, con un giochetto di prestigio, la distinzione tra difesa militare e appoggio politico, per giustificare la loro capitolazione al governo di fronte popolare in Brasile! Il loro articolo elenca le molte differenze tra la situazione attuale in Brasile e quella della Russia nell’agosto del 1917: la Russia era in guerra, attraversava una situazione rivoluzionaria, esistevano i soviet ed un partito rivoluzionario di massa. Ma omettono disonestamente una differenza importante: gli operai russi si trovavano a fronteggiare un vero colpo di Stato militare, mentre gli operai brasiliani confrontano molta aria fritta su di un colpo di Stato che serve solo a far appoggiare un governo borghese.

Un anno dopo l’adozione da parte dell’Internazionale comunista stalinizzata della politica dei fronti popolari (o “Fronti del popolo”) al suo settimo congresso del 1935, il leader bolscevico Leon Trotsky sottolineò che:

“Dal febbraio all’ottobre, i menscevichi e i socialrivoluzionari, che offrono un parallelo molto buono con i ‘comunisti’ e coi socialdemocratici, erano in un’alleanza strettissima e in una coalizione permanente con il partito borghese dei cadetti, con i quali formarono tutta una serie di governi di coalizione. Sotto il segno di questo fronte popolare si trovava tutta la massa del popolo, compresi i consigli di operai, contadini e soldati. Senza dubbio i bolscevichi presero parte ai consigli. Ma non fecero la minima concessione al fronte popolare. La loro rivendicazione era quella di rompere questo fronte popolare, di distruggere l’alleanza coi cadetti e di creare un vero governo operaio e contadino” (Leon Trotsky, “La sezione olandese e l’Internazionale”, 15-16 luglio 1936).

Per i marxisti la distinzione tra difesa militare e appoggio politico riveste un’importanza vitale. Durante la Guerra civile spagnola (1936-39) il fronte popolare collaborò al soffocamento di una rivoluzione operaia, spianando la strada alla vittoria delle forze del generale Francisco Franco. All’epoca i trotskisti davano appoggio militare alla parte repubblicana contro Franco e i fascisti spagnoli. Nel 1937, Max Shachtman, un militante di spicco del Socialist Workers Party americano, sostenne che si dovevano appoggiare i crediti di guerra del governo di fronte popolare capeggiato dal primo ministro socialista Juan Negrín. Shachtman chiese: “Come possiamo negare un milione di pesetas all’acquisto di fucili per il fronte?”

In una lettera del 1937, Trotsky insistette che l’unica posizione corretta era quella di “votare contro” il bilancio militare. La sua spiegazione era che:

“un voto alla finanziaria in parlamento non costituisce un aiuto ‘concreto’ ma un atto di solidarietà politica (...). Tutte le azioni del governo Negrín sono all’insegna delle necessità della guerra. Se accettiamo di prenderci la responsabilità politica del modo in cui il governo gestisce le necessità della guerra, voteremmo politicamente a favore di qualsiasi proposta governativa (...). In simili condizioni, come potremmo prepararci al rovesciamento del governo Negrín?” (Lettera a James P. Cannon”, 21 settembre 1937).

Opponendosi all’impeachment, il Gi seppellisce la linea di classe, sostituendovi il criterio della contrapposizione tra “progressisti e reazionari”, criterio che è stato sempre usato per sostenere che, opponendosi ai governi borghesi di sinistra, i marxisti aiutano la destra. Quest’accusa fu lanciata in un classico caso di opposizione al fronte popolare. Nel 1964, l’allora dirigente trotskista Edmund Samarakkody e un suo compagno votarono a favore di un emendamento presentato da un politico di destra, che portò alla caduta di un governo di fronte popolare a Ceylon (l’attuale Sri Lanka). Quest’azione coraggiosa e coerente con in principi, fu oggetto di discussione alla Prima conferenza internazionale della Tendenza spartachista, nel 1979. Samarakkody aveva finito col pentirsi (a torto) il suo voto del 1964. I nostri compagni invece difesero la sua decisione del 1964: una possibilità migliore per Samarakkody sarebbe stata quella di attaccare le procedure parlamentari e uscire dal parlamento. Opponendosi al pentimento di Samarakkody, l’attuale capo del Gi Jan Norden, che all’epoca era un militante di spicco della nostra tendenza, disse giustamente:

“Un’altra obiezione comune alla nostra politica di opposizione proletaria al fronte popolare è l’accusa di aiutare la destra. Ma fino a quando non siamo in grado di rovesciare il governo esistente, qualunque tipo di opposizione ad un governo di fronte popolare in carica sarà esposta all’attacco di aiutare la destra”. (“Nessun ‘sostegno critico’ alla politica di fronte popolare”, in Spartaco n.3, febbraio 1981).

Ma ne è passata di acqua sotto i ponti. Da vent’anni Norden è uscito dalla nostra organizzazione con una manciata di seguaci e da allora si è spostato costantemente a destra, pur continuando a coprirsi le terga con una retorica pseudo-combattiva.

La classe operaia non ha alcun interesse in comune con gli sfruttatori e con gli oppressori capitalisti. La Lci è stata l’unica forza a lottare con coerenza per portare questa concezione al proletariato nel recente periodo che ha visto dei governi borghesi di sinistra in America Latina (frontepopulisti come in Brasile o populisti come in Venezuela ed altrove). Più di tredici anni di governo del Pt forniscono un esempio chiarissimo della lezione che Marx trasse dalla Comune di Parigi del 1871: il proletariato non può usare a proprio vantaggio la macchina dello Stato capitalista, ma deve spezzarla con una rivoluzione socialista e sostituirla con uno Stato operaio.

Per liberare il potenziale rivoluzionario del proletariato brasiliano è necessaria la costruzione di un partito internazionalista rivoluzionario, che si basi sulla prospettiva della rivoluzione socialista nelle Americhe e nel resto del mondo, specialmente nel cuore stesso dell’imperialismo, gli Stati Uniti. Solo la rivoluzione socialista mondiale, gettando le basi per una pianificazione socialista a scala internazionale, può consentire uno sviluppo economico qualitativo ai paesi che ora si trovano sotto il tallone degli imperialisti. La Lci si batte per riforgiare la Quarta intern azionale di Trotsky, lo strumento indispensabile per portare la coscienza comunista al proletariato e condurlo al potere alla testa di tutti gli oppressi.

[Tradotto da Workers Vanguard n.1089, 6 maggio 2016]