Spartaco n. 84

Novembre 2019

 

Autodeterminazione per il Kashmir!

Fuori le truppe indiane dalla Valle del Kashmir!

Dichiarazione della Lega comunista internazionale (quartinternazionalista) 14 agosto 2019

Il 5 agosto, in una vera e propria escalation programmata della guerra pluridecennale nel Kashmir, il governo sciovinista induista di Narendra Modi, ha sciolto il parlamento regionale, privando lo Stato della limitata autonomia di cui godeva dal 1948, con una mossa improvvisa e senza farne parola con il popolo del Kashmir. Nelle settimane precedenti, il governo indiano aveva inviato fino a 40 mila soldati nella Valle del Kashmir, a rafforzare il contingente di 500 mila unità già presente sul posto, compresa la Forza centrale di polizia di riserva. Gli oppressi musulmani del Kashmir, concentrati principalmente nella Valle, vivono sotto il giogo incessante di questo enorme esercito d’occupazione in una delle zone più militarizzate del mondo.

Da più di una settimana, la Valle del Kashmir e la sua città principale, Srinagar, sono sotto occupazione e completamente isolate, con i telefoni cellulari e le comunicazioni via internet tagliate. Nonostante un vero e proprio blackout sulle notizie, sono giunti rapporti sul fatto che i soldati hanno sparato proiettili veri e gas lacrimogeni contro i manifestanti che sfidavano coraggiosamente il coprifuoco. Un numero sconosciuto di musulmani del Kashmir sono stati arrestati e detenuti, tra di essi anche politici di spicco. Libertà per tutte le vittime della repressione indiana nel Kashmir!

Come leninisti, noi della Lega comunista internazionale siamo per il diritto di autodeterminazione del Kashmir, che include l’indipendenza. Dal 1989 ad oggi l’esercito indiano ha massacrato più di 80 mila kashmiri, assoggettando la popolazione ad un terrore interminabile. Ne sono un esempio le circa 8 mila “scomparse forzate”, come dicono i kashmiri, di cui lo Stato nega persino di essere a conoscenza. L’esercito ha una storia comprovata di indicibili atrocità, compresi stupri di massa. Noi chiediamo con forza il ritiro immediato di tutte le truppe indiane dalla Valle del Kashmir!

Ci opponiamo anche all’abrogazione degli articoli 370 e 35a, che codificano la limitata autonomia dello Stato di Jammu e Kashmir. Questi articoli comprendevano una misura che impediva la vendita di terreni a chi non fosse residente nel Kashmir e un’altra che stabiliva chi potesse considerarsi residente permanente. Questi articoli consentivano allo Stato di Kashmir e Jammu di controllare i propri confini e impedivano l’espulsione forzata dei musulmani. La cancellazione di queste misure, che Modi aveva promesso da tempo, punta ad aprire la strada a degli insediamenti in stile israeliano di Pandit induisti bramini nella Valle del Kashmir, che sarebbero senz’altro accompagnati da una crescita della violenza comunitaria omicida contro i musulmani.

L’ultimo attacco al Kashmir del governo Modi ha gettato benzina sul fuoco delle tensioni con il Pakistan, con cui l’India ha già combattuto tre guerre per il controllo della provincia. L’ostilità tra i due Paesi, che alimenta le fiamme del conflitto comunitario tra induisti e musulmani, è un’eredità velenosa del divide et impera del colonialismo britannico, culminato nella partizione del subcontinente indiano nel 1947 e nei giganteschi massacri tra le comunità. Con la partizione, un terzo del Kashmir andò al Pakistan e quasi tutto il resto all’India, comprese la Valle del Kashmir, il distretto di Jammu a predominanza induista e l’area buddista di Ladakh. Assieme al bastone dell’esercito, l’India offrì la carota dell’autonomia.

Il dominio capitalista in India, sia sotto i governi guidati dal Partito del Congresso, sia sotto quelli del Bharatiya Janata Party di Modi, è stato basato sulla supremazia delle caste elevate e sullo sciovinismo induista, di cui una componente è la violenta repressione del Kashmir, l’unico Stato dell’India a maggioranza musulmana. Come l’India, anche il Pakistan è una “prigione di popoli”, dove i punjabi dominano varie nazionalità oppresse, come i beluci. In tutta la regione, le donne sono brutalmente oppresse. Sia l’India che il Pakistan sono dipendenti dalle potenze imperialiste. Gli Stati Uniti, la Gran Bretagna e altri Paesi capitalisti avanzati raccolgono enormi profitti dallo sfruttamento delle masse lavoratrici dell’Asia meridionale e del resto del mondo.

La via d’uscita dalle enormi ingiustizie di cui è stato vittima il Kashmir consiste nel forgiare in India un partito proletario d’avanguardia che leghi le lotte per la liberazione nazionale alla battaglia rivoluzionaria della classe operaia contro lo sfruttamento capitalista. Questo partito, che includerà e avrà tra i suoi dirigenti una componente decisiva di dalit [gli intoccabili], donne, membri delle minoranze etniche e nazionali e di altri strati specialmente oppressi, infonderà nel proletariato la comprensione che la lotta contro tutte le forme di oppressione, tra cui l’oppressione di casta, è interesse dell’intera classe operaia. La Lci cerca di costruire dei partiti leninisti-trotskisti, sezioni di una Quarta internazionale riforgiata, che si dedichino alla rivoluzione proletaria dall’India al Pakistan ai centri imperialisti.