Suppl. a Spartaco n. 81

Aprile 2018

 

Elezioni 2018: Nessuna scelta per gli operai

23 febbraio 2018. La campagna elettorale 2018 è condotta dai principali partiti borghesi all’insegna della promessa di aumentare i profitti dei padroni e di obbedire ai diktat di austerità imposti dall’Unione Europea (Ue), fomentando il razzismo contro gli immigrati per far sì che il profondo malcontento della popolazione per la miseria crescente e la vasta disoccupazione si rivolgano contro gli strati più vulnerabili e oppressi della popolazione e non contro i veri responsabili: la classe dominante capitalista e i suoi governi.

La Lega Nord diffonde odio razzista incitando alla “difesa della razza bianca” e a fermare la presunta invasione dei profughi. Berlusconi ha promesso che se vincesse le elezioni deporterà 600 mila “clandestini” accusati di vivere di criminalità. Incoraggiate dalla crescita della destra, le organizzazioni fasciste come Casapound e Forza nuova, hanno moltiplicato pestaggi e provocazioni contro immigrati e militanti di sinistra, che sono culminati nell’attentato terrorista di Macerata, dove un ex candidato della Lega Nord ha girato per ore in macchina, sparando a vista su tutti i neri che incontrava, ferendo otto persone, tra saluto romano e bandiera tricolore.

La politica del Movimento 5 Stelle (M5S) è altrettanto razzista, nazionalista e anti operaia di quella della Lega e Forza Italia. Da anni il M5S blatera di voler eliminare i sindacati e di varare “manovre choc” per ridurre il costo del lavoro. Come Salvini, il guru del M5S Beppe Grillo strilla di voler “chiudere i campi rom”, di “rimpatriare subito tutti gli immigrati irregolari” e si è opposto all’introduzione dello ius soli.

Ma la vera radice di quest’ondata reazionaria sono anni di crisi economica del capitalismo e di austerità imposta dai governi incentrati sul Partito democratico (Pd), che hanno devastato le condizioni di vita e di lavoro di vaste masse della popolazione. In Italia, come in altri paesi d’Europa, l’ascesa della destra è il prodotto dei governi delle forze di “sinistra”, riformiste e liberali, che hanno gestito l’Ue e la sua austerità assassina, condannando alla povertà il popolo greco, devastando salari e condizioni di lavoro degli operai di tutto il continente e rafforzando il dominio imperialista sui paesi dell’Africa e del Medio Oriente, mentre i padroni accumulavano ricchezze mai viste.

Nonostante le menzogne sul “milione di posti di lavoro” (precari), i governi del Pd hanno presieduto alla devastazione della base industriale del paese che ancora nel 2015 era il 31% al di sotto dei massimi pre-crisi. Banche fallite, compagnie aeree sventrate, acciaierie svendute: ecco l’eredità politica del Pd. Il Pd e i suoi “padri fondatori” di Liberi e uguali (Leu) hanno dato il colpo di grazia alle garanzie conquistate dalle precedenti generazioni del movimento operaio e simboleggiate dall’articolo 18, introducendo con il jobs act condizioni di sfruttamento sfrenato, che si estendono anche agli studenti, costretti a lavorare gratis negli stage della cosiddetta “alternanza scuola-lavoro”. Hanno allungato l’età pensionabile in modo da far sì che la maggior parte degli operai muoiano prima o poco dopo aver finito di essere utili per i profitti capitalisti.

I governi a guida Pd hanno preso sistematicamente a calci in faccia i sindacati. Nonostante questo è stato proprio il tacito sostegno dei burocrati sindacali che ha consentito a questi governi di portare avanti la loro politica di austerità antioperaia, incatenando i lavoratori: tutti gli affondi del governo contro gli operai sono stati lasciati passare senza nemmeno i consueti scioperi simbolici. Perché i sindacati tornino ad essere strumenti di lotta dei lavoratori, servono delle dure lotte di classe basate sull’idea che gli interessi degli operai sono contrapposti a quelli dei loro padroni. Bisogna costruire una nuova direzione dei sindacati, basata sulla lotta di classe, che dovrà essere forgiata nel corso della lotta per costruire un partito operaio multietnico che abbia come obbiettivo quello di lottare per la rivoluzione socialista.

I governi a guida Pd sono stati responsabili della morte di migliaia di immigrati con la loro politica di respingimenti in mare, di campi di detenzione e di missioni militari in Libia ed in Niger per tagliare la strada ai disperati in fuga dalle devastazioni imperialiste. Il Pd ha mantenuto in vigore la legge Bossi-Fini, che lega il permesso di soggiorno al contratto di lavoro e le leggi razziali basate sullo ius sanguinis, che nega la cittadinanza anche agli 800 mila giovani nati in Italia da genitori stranieri.

Il Pd e la sua scissione (Leu) sono organizzazioni della classe capitalista, il risultato della fusione tra i rottami socialdemocratici del vecchio Pci, della Democrazia cristiana e di altre forze borghesi. Anche le forze alla sinistra del Pd/Leu (come “Potere al popolo” o “Sinistra rivoluzionaria”) non rappresentano gli interessi di classe degli operai.

Qualunque governo esca dalle prossime elezioni, una cosa è certa: a vincere sarà la classe dominante capitalista, nemica dei lavoratori e di tutti gli oppressi. La Lega trotskista d’Italia fa appello a non votare nessuno dei partiti che si presentano alle elezioni del 4 marzo, che sono espressione delle classi dominanti, o servono a legare ad esse coloro che cercano una via d’uscita dall’austerità, dal razzismo e dalle guerre generate dalla decadenza del sistema capitalista.

Pieni diritti di cittadinanza per tutti gli immigrati!

I padroni usano il razzismo contro gli immigrati per dividere e dominare i loro schiavi salariati. Il loro obiettivo è quello di abbassare i salari e peggiorare le condizioni di lavoro per tutti. Ma gli immigrati non sono solo vittime: sono una parte decisiva e vitale della classe operaia italiana (circa il 30 percento di molti sindacati). Spesso portano con sé una chiara comprensione delle rapine compiute dagli imperialisti nel mondo coloniale. In verità le poche vittorie sindacali degli ultimi dieci anni sono state strappate quasi tutte da lavoratori immigrati specialmente nel settore della logistica, a costo di dure lotte contro i padroni, la polizia e anche contro i sabotaggi delle burocrazie sindacali.

Noi della Lega trotskista d’Italia ci battiamo perché chiunque arrivi in questo paese abbia pieni diritti di cittadinanza! I sindacati devono opporsi con azioni di lotta alle deportazioni e alla segregazione razzista dei profughi nei campi di identificazione e negli hot spot dove ricevono un trattamento bestiale. I sindacati devono difendere gli immigrati ed organizzare una vasta sindacalizzazione di tutti i lavoratori non sindacalizzati, dalle cooperative del Nord ai campi di pomodori del Sud! Fuori le truppe italiane dalla Libia e dal Niger!

Le organizzazioni fasciste come Forza nuova e Casapound sono forze d’attacco paramilitari che i capitalisti utilizzano per seminare il terrore razzista. Il loro obiettivi finali sono la distruzione delle organizzazioni del movimento operaio, compresi i sindacati e la sinistra, e il genocidio razziale. Ai fascisti bisogna contrapporre una forza schiacciante, basata su azioni disciplinate della classe operaia multietnica e di tutte le loro vittime potenziali. In molte città, giovani antifascisti hanno cercato di impedire a Forza nuova e Casapound di propagandare il loro programma omicida, scontrandosi con un mare di poliziotti mandati dal governo del Pd a difendere i fascisti. Sono stati denigrati dalla stampa borghese, arrestati e perseguiti. Noi li difendiamo contro la repressione dello Stato e ne chiediamo l’immediato proscioglimento. Ma il modo per schiacciare i fascisti è la mobilitazione della classe operaia, la cui forza sta nei numeri, nell’organizzazione collettiva e nella capacità di fermare il flusso dei profitti con scioperi e altre lotte.

Oggi l’idea che gli operai organizzati nei sindacati possano mettere in campo la loro forza in opposizione ai fascisti può sembrare una fantasia, specialmente a dei giovani che hanno visto poche o nessuna lotta di classe.

La colpa di questa situazione è dei dirigenti traditori dei sindacati, che hanno incatenato la classe operaia agli interessi degli sfruttatori capitalisti, specialmente per il tramite del Partito democratico.

Pur usando un po’ di retorica antifascista a fini elettorali, la sinistra riformista predica la fiducia nella polizia e nella magistratura, che dovrebbero sciogliere le organizzazioni fasciste. La verità è che la polizia e i fascisti lavorano per lo stesso padrone: la classe dominante capitalista. Noi ci opponiamo a qualsiasi misura che rafforzi i poteri dello Stato: anche le leggi formalmente rivolte contro i fascisti sono sempre state e saranno usate contro gli operai e gli oppressi.

Quello che manca è un partito operaio rivoluzionario, che leghi le lotte della classe operaia alla difesa di tutti gli strati oppressi della popolazione, nella prospettiva del rovesciamento del capitalismo.

Abbasso l’Unione Europea!

La finanza internazionale e i governi imperialisti temono che le elezioni italiane possano destabilizzare l’Unione Europea se vincessero forze che a differenza del Pd non sono votate al 100% ai diktat di austerità dell’Ue.

L’Ue è un blocco reazionario degli imperialisti d’Europa, nemico degli operai e degli immigrati, che serve a saccheggiare i paesi dipendenti dell’Europa meridionale e orientale, aumentare lo sfruttamento delle classi operaie d’Europa e controllare i flussi di manodopera immigrata.

Noi della Lega trotskista d’Italia ci siamo sempre opposti per principio all’Ue e all’introduzione dell’euro, uno strumento finanziario ed economico con cui l’imperialismo tedesco e in proporzione minore gli imperialisti d’Italia e Francia, hanno saccheggiato e soggiogato i paesi economicamente più deboli. Come abbiamo scritto lo scorso anno, in un volantino distribuito alle manifestazioni contro le celebrazioni imperialiste dell’anniversario di fondazione della Comunita Economica Europea:

“La classe operaia deve battersi per l’uscita dell’Italia dall’Unione Europea e dall’euro. L’uscita dell’Italia potrebbe far crollare l’Ue e questo sarebbe un vantaggio per tutti i lavoratori e per gli oppressi e un duro colpo per i padroni. La fine dell’Ue non significherebbe la fine del capitalismo internazionale, dello sfruttamento e del razzismo intrinseci a questo sistema di produzione, ma faciliterebbe la lotta di classe dei lavoratori d’Europa, mostrando più chiaramente che il nemico principale contro cui combattere sono i ‘loro’ sfruttatori nazionali. La nostra opposizione all’Ue è parte integrante della nostra prospettiva marxista rivoluzionaria: il rovesciamento del capitalismo a scala globale da parte della classe operaia e la costruzione di un’economica collettivizzata e pianificata a scala mondiale, che consentirà uno sviluppo qualitativo delle forze di produzione e il superamento della divisione in classi della società, il punto di partenza per un ordinamento comunista mondiale”. (Spartaco n. 80, settembre 2017)

Il sostegno della “sinistra”, compresi alcuni sedicenti marxisti, all’Ue ha consentito a forze reazionarie come l’inglese UKIP, il Front National in Francia o la Lega Nord in Italia di presentarsi come protettori della “povera gente” immiserita dai diktat dell’Ue e di incanalarne la rabbia in direzione dello sciovinismo nazionalista e dell’odio razzista contro i rom, gli immigrati e le minoranze.

La lista di “Potere al popolo” appoggia apertamente l’Ue. In vista della campagna elettorale, la sua portavoce, Viola Carofalo si è recata a Bruxelles per rassicurare le elite imperialiste, dichiarando: “Siamo sicuramente una forza che crede nell’Europa dei popoli e nella possibilità di in (sic) una alleanza tra i Paesi del sud Europa. Secondo noi è possibile immaginare di votare sui Trattati europei, ma è possibile anche dall’interno dell’Europa fare battaglia politica” (il Fatto quotidiano, 16 gennaio)

Anche i gruppi promotori della lista di “Sinistra rivoluzionaria”, il Partito comunista dei lavoratori (Pcl) e Sinistra, classe, rivoluzione (Scr) hanno dimostrato il proprio sostegno all’Ue opponendosi al Brexit. Alla domanda se la Gran Bretagna dovesse uscire dall’Ue, la risposta dei marxisti poteva essere solo “sì”. Al contrario Scr, non solo ha promosso l’astensione, ma ha definito la vittoria del sì come “una vittoria delle forze della reazione”. Il Pcl ha rincarato la dose sostenendo che la vittoria del Brexit rappresentava “una minaccia per i lavoratori britannici e per il movimento operaio europeo” ed ha agitato, come i capitalisti, lo spauracchio di un bagno di sangue economico che farebbe seguito ad una eventuale uscita dell’Italia o della Grecia dall’Ue.

Nel suo programma elettorale, “Sinistra rivoluzionaria”, pur presentandosi come contrari all’Unione Europea capitalista e come “un’alternativa all’austerità senza fine dell’Unione Europea”, continua a sostenere la permanenza dell’Italia nell’Ue, limitandosi a sottolineare il fatto che “non è possibile fare politiche di spesa sociale e allo stesso tempo restare all’interno dei parametri di questa Unione Europea” e a rivendicare la “rottura unilaterale dei trattati europei” (nostra sottolineatura). Fraseologia a parte, si tratta della stessa politica di “Potere al popolo” e della sinistra riformista e di Syriza: restare all’interno dell’Ue imperialista, con la possibilità di poter sforare i tetti di spesa imposti dal Fiscal Compact. In questo modo, “Sinistra rivoluzionaria” spaccia l’illusione che questa Unione Europea possa essere trasformata in un’altra Europa, una Europa sociale amica dei lavoratori.

Da più di un secolo i marxisti hanno spiegato che l’unificazione dell’Europa sotto il capitalismo è destinata a restare un’utopia o a concretizzarsi in una realtà reazionaria. Come scrisse V.I. Lenin nel 1915:

“fra i capitalisti e fra le potenze sono possibili accordi temporanei. In tal senso sono anche possibili gli Stati Uniti d’Europa, come accordo fra i capitalisti europei... Ma a qual fine? Soltanto al fine di schiacciare tutti insieme il socialismo in Europa e per conservare tutti insieme le colonie accaparrate contro il Giappone e l’America” (“Sulla parola d’ordine degli Stati Uniti d’Europa”, 1915).

Solo la rivoluzione proletaria, con l’espropriazione delle classi dominanti capitaliste nei paesi di tutto il continente può essere la base per una vera unità, volontaria e socialista e creare le basi per gli Stati Uniti socialisti d’Europa.

Alle elezioni si presenta anche il Partito comunista (Pc) di Marco Rizzo, che rivendica tra l’altro l’uscita dall’Ue e dalla Nato e un’Italia socialista. L’opposizione del Pc all’Ue non si basa sull’internazionalismo proletario, ma su di una prospettiva nazionalista, sulla preoccupazione che parte dei capitalisti italiani vengano spremuti dai loro rivali francesi e tedeschi. Il nazionalismo del Pc è dimostrato nel modo più chiaro dal suo atteggiamento sciovinista verso gli immigrati. Nel pieno di una campagna elettorale condotta tra appelli a deportazioni di massa e attacchi fascisti contro gli immigrati, il programma elettorale del Pc non dice una parola a riguardo. A volte il Pc dice di volersi concentrare “non sugli aspetti relativi ai diritti civili – borghesi – degli immigrati, ma sul terreno dei diritti sociali”. Cosa significhi lo ha spiegato più volte Marco Rizzo in televisione:

“in Africa ci sono 100 milioni di persone, dai 15 ai 35 anni, giovani, disponibili a venire in Europa, a fare qualunque lavoro, perché qualunque cosa facciano qua stanno meglio che la, dove c’è guerra, dove c’è tutto il disastro che sappiamo. Benissimo, l’Europa favorisce questo, perché come diceva Marx quello è un esercito industriale di riserva, finché c’è un esercito industriale di riserva i diritti di quelli che lavorano possono essere schiantati (…) La sinistra ha pensato ai diritti individuali, borghesi, degli immigrati: la moschea, ma a me cosa me ne frega della moschea? Fino a quando il lavoratore immigrato non ha lo stesso diritto sociale e sindacale del lavoratore italiano, viene visto dal lavoratore italiano obiettivamente come un nemico”. (Matrix, 2014)

Che dire di un sedicente comunista che in nome di Karl Marx sostiene che sono gli immigrati i responsabili della disoccupazione e degli attacchi ai salari e alle condizioni di lavoro? Dire che si possano difendere i “diritti sociali” degli immigrati, senza opporsi alla miriade di forme di oppressione razzista, etnica, religiosa che li colpiscono e che servono a mantenerli segregati dalla popolazione italiana, serve solo a dare una patina di marxismo ad una politica sciovinista.

Le credenziali comuniste del Pc sono totalmente fasulle. Il gruppo dirigente intorno a Rizzo si è formato nel 1998, quando uscì da Rifondazione comunista con lo scopo di partecipare alla formazione del governo d’Alema, incaricato di fare della penisola italiana la rampa di lancio della guerra della Nato contro la Serbia e di introdurre draconiane leggi anti-sciopero nel pubblico impiego. Il Pdci tornò di nuovo al governo con Prodi nel 2006, appoggiando l’invio di truppe in Libano, Iraq e Afghanistan. Altro che opposizione all’Ue e alla Nato!

Per l’indipendenza politica della classe operaia

In tutt’Europa, le devastazioni provocate dalla crisi economica e dai diktat dell’Ue, spesso tramite governi dei partiti socialdemocratici o borghesi “di sinistra”, hanno alimentato la crescita degli appelli al “popolo”, senza distinzioni di classe, ad unirsi attorno agli interessi della nazione, vale a dire a quelli della classe dominante capitalista. Nel tentativo di competere con la destra su questo stesso terreno politico, molte organizzazioni riformiste hanno sviluppato la loro versione di sinistra di populismo borghese. E’ il caso di Syriza in Grecia, Podemos in Spagna o della France Insoumise: organizzazioni borghesi, senza alcun legame organico con la classe operaia, che sono impegnate a preservare il capitalismo e le istituzioni imperialiste come l’Ue.

La natura antioperaia di queste organizzazioni è emersa nel modo più lampante in Grecia, dove nel 2015 Syriza ha vergognosamente capitolato all’Ue, sottoscrivendo il memorandum della troika che ha dissanguato gli operai e i poveri, riducendo il paese praticamente a una colonia della Germania e dei suoi alleati imperialisti.

In Italia, l’ultima versione di populismo borghese di sinistra è proposta da “Potere al popolo”, un agglomerato di gruppi riformisti e di politicanti borghesi, che ruota attorno a Rifondazione comunista e al centro sociale “Je so pazzo”. “Je so pazzo” appoggia da anni la giunta comunale di Napoli, capeggiata da Luigi De Magistris, un politicante borghese ed ex magistrato “anti-corruzione”. “Potere al popolo” è stata creata in esplicita contrapposizione ad una prospettiva di classe proletaria. Come ha spiegato in un’intervista a Internazionale (18 gennaio 2018) Viola Carofalo: “La parola popolo rimanda alle classi meno abbienti, alle persone che di solito non sono interpellate nelle scelte che riguardano la loro vita. E quando qualcuno entra qui dentro non si sente respinto dalla parola popolo, cosa che succederebbe se usassimo per esempio la parola proletariato”. Rifondazione comunista, la Rete dei comunisti e altri che in passato si riferivano (ipocritamente) al “comunismo” hanno gettato volentieri la bandiera rossa per unirsi a “Potere al popolo”, rifiutando la classe operaia e la lotta di classe per accarezzare i pregiudizi dell’opinione pubblica piccolo borghese.

Contrariamente al mito propagato dalla sinistra italiana, per cui il “popolo” può attuare una trasformazione sociale radicale, Marx scrisse nel Manifesto del Partito comunista (1848):

“Fra tutte le classi che oggi stanno di contro alla borghesia, il proletariato soltanto è una classe realmente rivoluzionaria. Le altre classi decadono e tramontano con la grande industria; il proletariato è il suo prodotto più specifico. Gli ordini medi, il piccolo industriale, il piccolo commerciante, l'artigiano, il contadino, combattono tutti la borghesia, per premunire dalla scomparsa la propria esistenza come ordini medi. Quindi non sono rivoluzionari, ma conservatori. Anzi, sono reazionari, poiché cercano di far girare all'indietro la ruota della storia. Quando sono rivoluzionari, sono tali in vista del loro imminente passaggio al proletariato, non difendono i loro interessi presenti, ma i loro interessi futuri, e abbandonano il proprio punto di vista, per mettersi da quello del proletariato.”

La lotta per rovesciare il capitalismo non è una lotta tra il “popolo” e le “elite”, ma tra le due classi fondamentali che si contrappongono nella società: il proletariato e la borghesia. Il proletariato deve cercare di far passare dalla sua parte gli strati oppressi della piccola borghesia. Ma può farlo soltanto battendosi per una soluzione rivoluzionaria alla crisi capitalista, dimostrando che solo con la presa del potere degli operai e con l’espropriazione della borghesia si può eliminare la sofferenza delle masse.

“Sinistra rivoluzionaria” appoggia il populismo borghese

La lista di “Sinistra rivoluzionaria” critica giustamente i dirigenti della sinistra riformista per le loro capitolazioni al populismo borghese, per essersi lasciati convincere dai successi del M5S a “nascondere, rinnegare o denigrare l’idea stessa dell’organizzazione politica e parlare in nome appunto del ‘popolo’, dei ‘movimenti’, ecc”. Verissimo. Ma i suoi dirigenti sono sempre stati i primi a cancellare qualsiasi linea di classe per unirsi a forze borghesi, a condizione che fossero “progressiste” e alla moda. La tendenza internazionale cui appartiene Sinistra, classe, rivoluzione è stata o è tuttora parte organica di vari partiti borghesi: da Syriza a Podemos, dal Partito socialista venezuelano di Chavez al Partito popolare pakistano. Nel 2015, ingannando gli operai, Scr ha sostenuto che la vittoria di Syriza in Grecia rappresentava “una giornata storica non solo per la classe operaia greca, ma anche per quella europea e di tutto il resto del mondo” e che un governo centrato su Syriza poteva attuare la “demolizione del fragile edificio del capitalismo, ponendo così le basi per la trasformazione socialista della Grecia e dell'Europa”. All’inizio del 2017, Scr ha persino flirtato con il M5S dicendo che se “si generasse una spinta fra i 5 Stelle a prendere la strada della mobilitazione diretta, il compito di una sinistra di classe (politica o sindacale che sia) sarebbe quello di parteciparvi in forma critica, avanzando rivendicazioni di classe e proponendo una azione comune per far cadere il governo, pur mantenendo una chiara distinzione di bandiere, di prospettiva e di programma”.

Da parte sua, la corrente politica da cui origina il Pcl ha speso tutta la sua esistenza cercando di legare gli operai a formazioni politiche borghesi o coalizioni con la borghesia. Il Pcl critica ad esempio “Potere al popolo” per il suo legame con la giunta capitalista De Magistris di Napoli. Nasconde però il fatto che loro stessi nel 2011 diedero “indicazione di voto per Pisapia e De Magistris nei ballottaggi: l'unico modo, sul terreno elettorale, per concorrere alla sconfitta politica di Berlusconi, del suo governo, e dei suoi candidati reazionari, come chiede la totalità del popolo della sinistra” (“Votare Pisapia e De Magistris, ma senza alcuna illusione”, 26 maggio 2011)

Noi ci opponiamo per principio a qualsiasi appoggio elettorale a partiti borghesi o a partiti operai che si presentano in coalizione con formazioni capitaliste. Scr e il Pcl, servono ad incatenare gli operai più coscienti ai partiti dei loro nemici di classe, gli sfruttatori capitalisti.

Marxismo contro riformismo parlamentare

Il programma di Sr è una somma di riforme, nemmeno troppo audaci, da attuarsi nel quadro del sistema capitalista. Ad esempio Sr sostiene che “la gestione delle imprese deve essere affidata agli operai, agli impiegati e ai tecnici che ci lavorano ogni giorno”, ma che la proprietà deve rimanere nelle mani dei capitalisti. Solo per le “aziende che chiudono, licenziano e delocalizzano” chiedono “l’esproprio” (in modo che lo Stato si accolli le perdite). Sr inoltre accetta il mantenimento di tutto l’apparato repressivo capitalista: dell’esercito (anche se con una “drastica riduzione delle spese”) alla guardia di finanza (incaricata della “lotta all’evasione” e della confisca dei beni della mafia).

La menzogna fondamentale su cui si basa il loro programma, è che tutte queste riforme possano essere realizzate da un “governo dei lavoratori”, eletto per via parlamentare, che amministri lo Stato capitalista nell'interesse della classe operaia. L’idea che un governo più o meno “di sinistra” possa cambiare la natura di classe dello Stato è in profondo contrasto con le concezioni fondamentali del marxismo. Lo Stato capitalista è uno strumento per l’imposizione violenta del dominio della classe capitalista. I lavoratori non possono farla finita con il sistema capitalista, con la disoccupazione, lo sfruttamento, l’oppressione e le guerre, senza rompere in modo rivoluzionario la macchina statale del potere borghese: il suo esercito, polizia, tribunali e prigioni, sostituendovi il potere della classe operaia organizzata attraverso organismi di potere proletario.

La “democrazia” capitalista consente di scegliere di tanto in tanto quali rappresentanti della classe dominante debbano formare il governo. Ma lo Stato e i governi, lungi dal rappresentare gli interessi comuni della società, sono lo strumento politico tramite cui le classi proprietarie esercitano e mantengono il proprio potere, impongono i rapporti di proprietà che ne garantiscono i privilegi e tengono sotto i piedi la classe operaia. Tutti gli organi e le istituzioni dello Stato cooperano a queste funzioni fondamentali.

L’idea che viviamo in una società libera e democratica, in cui si possono ottenere cambiamenti economici significativi grazie alla persuasione, all’educazione, all’azione legale e parlamentare, è un’illusione. In Italia, come in tutti i paesi capitalisti, viviamo sotto la dittatura della borghesia e le possibilità di cambiamenti legali e costituzionali sono limitati a quello che si può ottenere nel quadro della proprietà e dei rapporti sociali capitalisti.

A cent’anni dalla Rivoluzione russa del 1917 riaffermiamo la lotta per il marxismo autentico. La distruzione dell’Unione Sovietica dopo decenni di malgoverno stalinista e di accerchiamento ostile ha rafforzato gli imperialisti e indebolito gli operai e la loro coscienza. Nonostante la degenerazione burocratica stalinista, l’Unione Sovietica, nata dalla rivoluzione d’Ottobre, restò fino al 1991-92 uno stato operaio in cui i mezzi di produzione erano collettivizzati e i capitalisti espropriati come classe. L’esistenza dell’Urss rappresentava un’enorme conquista sociale per i lavoratori di tutto il mondo, e la sua distruzione ha portato un colossale arretramento delle condizioni di vita e di lavoro per i proletari di tutto il mondo. Noi trotskisti ci siamo battuti fino alla fine per la difesa degli stati operai contro la restaurazione del capitalismo e per una rivoluzione politica che sostituisca il potere delle burocrazie staliniste con quello di consigli operai guidati dall’internazionalismo proletario. Questo non è mai stato vero per il Pcl e per Scr, che nel corso della loro storia hanno spesso salutato le forze controrivoluzionarie votate alla restaurazione del capitalismo in Unione Sovietica, come i reazionari cattolici di Solidarnosc in Polonia.

Il Pcl e Scr hanno organizzato assemblee per commemorare la rivoluzione d’Ottobre. Ma appena arrivate le elezioni, hanno scelto di cancellare completamente la parola “comunismo” dal loro nome e dal loro programma elettorale, perché pensano che sia troppo pregiudicato dal suo legame con lo “stalinismo” e l’Unione Sovietica. Al suo posto hanno messo “sinistra”, una parola che non ha nessun contenuto di classe e che si attaglia perfettamente all’ideologia predominante del populismo borghese.

Il comunismo rimane l’unica speranza per l’umanità. La Lega trotskista d’Italia, sezione della Lega comunista internazionale, lotta per costruire un partito operaio rivoluzionario capace di realizzare quest’obiettivo.