Spartaco n. 81 |
Aprile 2018 |
Introduzione al documento di conferenza
Nell’estate del 2017, La Lega comunista internazionale (quartinternazionalista) ha tenuto la sua Settima conferenza internazionale, il più alto organismo politico e decisionale della nostra organizzazione. Mesi di intensa lotta interna contro una perversione di vecchia data del leninismo sulla questione nazionale, in particolare per quanto riguarda le nazioni oppresse negli Stati multinazionali, sono culminati nel documento principale, nelle mozioni adottate, nelle discussioni e nella nuova direzione eletta alla conferenza. Questa distorsione del leninismo ha rappresentato una capitolazione alle pressioni dell’imperialismo anglofono prevalenti negli Stati Uniti, dove ha avuto origine la nostra tendenza. Nel corso della lotta è apparso chiaro che l’adattamento allo sciovinismo da grande potenza aveva contaminato la nostra lotta per riforgiare la Quarta internazionale, manifestandosi soprattutto nell’arroganza con cui venivano sminuiti i compagni dei paesi oppressi.
La lotta è iniziata quando un collettivo di quadri del Quebec, che abbiamo reclutato dopo i grandi scioperi studenteschi del 2012, ha reagito al grottesco disprezzo anglosciovinista nei confronti dei diritti nazionali e linguistici del popolo québécois oppresso, espresso negli articoli di Spartacist Canada, il giornale della Lega trotskista del Canada (Lt). Gli esempi più scandalosi furono pubblicati tra il 1975, anno di fondazione della Lt, e il 1995, quando la sezione adottò la rivendicazione dell’indipendenza del Quebec. Ma questo cambio di linea, pur essendo necessario, conservava un carattere centrista: il lavoro e la propaganda della sezione rimanevano in un quadro anglosciovinista.
Fin dall’inizio, ai compagni del Quebec si sono uniti nella lotta contro l’anglosciovinismo la dirigente del Segretariato internazionale (Si), compagna Coelho, e il leader fondatore della nostra tendenza internazionale, Jim Robertson, che nel 1995 aveva condotto una battaglia vittoriosa per rovesciare la nostra opposizione all’indipendenza del Quebec. Con lo svilupparsi della battaglia in ambito internazionale, si sono rilevati una serie di casi di sciovinismo in cui ci siamo opposti a lotte nazionali giuste, tra cui la lotta per la liberazione dei popoli basco e catalano nella prigione dei popoli spagnola e sotto il tallone di ferro degli imperialisti francesi. C’è stata una differenziazione politica tra i quadri storici anglofoni della Lci: da un lato quelli che si sono aggrappati al vecchio programma sulla questione nazionale e al vecchio modo di funzionamento del partito; dall’altro i compagni che si sono battuti per un’autentica fusione, da tempo necessaria, con i compagni del Quebec.
In questo numero di Spartaco, riproduciamo la parte essenziale del documento di conferenza: “La battaglia contro l’idra sciovinista”, adattato per la pubblicazione. Il documento esamina il quadro teorico delle nostre precedenti posizioni antileniniste sulla questione nazionale e le conseguenze di tali posizioni. Mettendo in luce, senza giri di parole, il nostro adattamento al dominio imperialista, in particolare quello degli Stati Uniti, i compagni che hanno condotto questa battaglia hanno agito per salvaguardare la nostra continuità rivoluzionaria. Come scrisse il dirigente marxista rivoluzionario V.I. Lenin:
“L’atteggiamento di un partito politico verso i suoi errori è uno dei criteri più importanti e sicuri per giudicare se esso è un partito serio, se adempie di fatto i suoi doveri verso la propria classe e verso le masse lavoratrici. Riconoscere apertamente un errore, scoprirne le cause, analizzare la situazione che lo ha generato, studiare attentamente i mezzi per correggerlo: questo è indizio della serietà di un partito, questo si chiama fare il proprio dovere, educare e istruire la classe e quindi le masse”. (Lenin, L’“estremismo”, malattia infantile del comunismo, 1920)
Al fine di rompere con il predominio anglofono nella nostra internazionale, il documento è stato scritto in francese (del Quebec). E’ il risultato di una collaborazione multilingue tra dirigenti di tutta la Lci, comprese le nostre sezioni messicana, greca e sudafricana, il cui impegno nei confronti del nostro partito e le cui capacità di direzione sono emersi con chiarezza. Per molto tempo, i successivi regimi del Si hanno abusato del comprovato internazionalismo di questi compagni.
Soprattutto dopo la caduta dell’Unione Sovietica nel 1991-1992, questi regimi avevano ceduto alla pressione dell’imperialismo statunitense, dove si trova il nostro centro internazionale.
Per la prima volta in questa conferenza tutte le discussioni sono state tradotte simultaneamente in tre lingue. I compagni delle diverse sezioni hanno presentato i loro saluti alla conferenza nelle loro lingue madri. Ciò ha segnato una rottura con la nostra pratica pluridecennale per cui le riunioni internazionali si svolgevano in inglese (con traduzioni informali per chi non lo parlava). Questa pratica era di per sé un adattamento al diktat angloimperialista dell’english only. La nostra nuova politica illustra il nostro impegno a imparare e a parlare le lingue dei lavoratori e dei popoli oppressi del mondo. Come ha detto un dirigente della sezione australiana, “I comunisti non vogliono vivere in un mondo dove la lingua storica degli oppressori imperialisti britannici, dei loro discendenti australiani... e del mostro americano coperto di sangue, rimane la lingua dominante”.
La lotta per costruire una direzione collettiva internazionalista
Nel corso della lotta interna, alcuni leader storici di lingua inglese si sono opposti alla fusione con i compagni del Quebec. Molti di loro peraltro erano stati tra gli architetti della nostra linea antileninista. Nessuno voleva difendere apertamente l’anglosciovinismo, perciò l’opposizione ha assunto la forma di una guerriglia contro i compagni che conducevano la battaglia, nonostante i pazienti tentativi di convincerli. Anche se il documento di conferenza è stato approvato all’unanimità, questa opposizione di retroguardia si è protratta durante e dopo la conferenza. Sottolineando la natura camuffata e cricchista di questa opposizione, la compagna Coelho ha ricordato la seguente osservazione di Trotsky (“Il centrismo e la Quarta internazionale”, febbraio 1934):
“Un centrista non è mai sicuro delle sue posizioni o dei suoi metodi e odia il principio rivoluzionario di dire le cose come stanno. É incline a sostituire alla politica basata sui principi le combinazioni personali e la cattiva diplomazia organizzativa”.
Il tempo dirà se questi dirigenti si impegneranno nella pratica per questa fusione. Noi non ignoriamo il loro contributo di una vita, frutto spesso di aspre lotte, a costruire la nostra internazionale. Questo strato di militanti continua ad essere rappresentato nel nostro Comitato esecutivo internazionale (Cei), sebbene senza voto deliberativo. I membri del Cei eletti a pieno titolo sono ora prevalentemente di origine non anglofona. Tra di loro vi sono anche dirigenti anglofoni di lungo corso che hanno contribuito a condurre questa lotta.
La battaglia in Canada ha fornito un quadro di riferimento ai compagni di altri paesi per esporre i problemi esistenti nel rapporto tra il loro lavoro e l’Internazionale. I compagni del Gruppo trotskista di Grecia (Toe) hanno riconosciuto, nel trattamento paternalistico e arrogante subito dai compagni del Quebec, il disprezzo grossolano e sciovinista con cui anch’essi si erano confrontati, in particolare da parte di alcuni compagni strettamente coinvolti nel lavoro della sezione negli ultimi anni. La conferenza ha finalmente riconosciuto il Toe come sezione a titolo pieno della Lci. E’ stato attraverso la lotta per difendere i diritti delle minoranze nazionali oppresse in Grecia e per la liberazione delle donne, in opposizione al palese sciovinismo greco dell’allora dirigente del gruppo, che questi compagni hanno formato nel 2004 una sezione simpatizzante della Lci. Il fatto che il Toe sia stato mantenuto per tredici anni come sezione simpatizzante illustra chiaramente la politica paternalistica del Si.
Come i compagni del Quebec, il Toe è stato trattato come un gruppo giovanile, trascurando l’esperienza politica unica e la caratura dirigente di questi compagni. Ci sono voluti più di dieci anni per avviare un giornale in Grecia. La propaganda è fondamentale per il nostro intervento in questa società esplosiva, dove si trova uno dei pochi partiti stalinisti di massa nel mondo capitalista. I nostri compagni in Grecia rappresentano un legame vivente con altri paesi dei Balcani e del Medio Oriente, nonché un importante contrappeso alle pressioni esercitate sulle nostre sezioni nei paesi imperialisti che dominano l’Unione Europea (Ue).
Anche il Grupo espartaquista de México (Gem) è stato trattato con condiscendenza sin dalla sua creazione. Più di vent’anni fa, ci fu una dura lotta contro la politica opportunistica di Negrete, il dittatorello della sezione. Poco dopo, Negrete e il suo mentore Jan Norden (caporedattore per molti anni del nostro giornale americano Workers Vanguard) trassero le conclusioni organizzative del loro centrismo disertando la Lci per formare il Gruppo internazionalista (Gi). Negrete, forse il più ripugnante degli “sporchi americani”, aveva diretto la sezione messicana per i primi sei anni della sua esistenza. Malgrado lui, la sezione si fuse nel 1990 con due ex leader di un’organizzazione d’opposizione che avevano ciascuno più di dieci anni di esperienza nel movimento operaio. Ma la loro ricca esperienza non venne presa in considerazione. Non furono mai pienamente integrati nella nostra direzione internazionale e non fu mai loro permesso di svolgere un ruolo di reale direzione in Messico e la propaganda del Gem veniva scritta in gran parte da Norden o Negrete.
Anche dopo che il Gem si fu sbarazzato di Negrete, il Si continuò a trattare la sezione come un’appendice della Spartacist League/Us. Ciò fu particolarmente evidente durante lo sciopero dell’Unam (Università nazionale autonoma del Messico) nel 1999, quando il Si inizialmente si espresse contro un intervento sistematico, per poi condannare “l’astensionismo” del Gem. Esempio emblematico di disprezzo, arroganza e sciovinismo assoluto fu lo scioglimento del Comitato centrale del Gem nel 2007 per ordine del regime di Wolkenstein, i cui membri principali si sono dimessi nel 2010.
Fino a poco tempo fa, problemi simili hanno segnato il rapporto tra il Si e Spartacist/South Africa, che è anch’essa diventata una sezione a pieno titolo della Lci alla conferenza. Il documento della conferenza ha accolto con favore la lotta di frazione condotta con successo dai nostri compagni sudafricani contro i loro leader storici che avevano cercato di liquidare il nostro fondamentale appello programmatico ad un governo operaio centrato sui neri (vedi “La lotta per una sezione sudafricana della Lci”, supplemento a Spartacist South Africa, aprile 2016). Contro la sedicente “frazione leninista”, i nostri compagni avevano formato la Frazione per la continuità trotskista. Riferendosi ai problemi endemici del capitalismo sudafricano, la loro dichiarazione di frazione sosteneva:
“Solo con la dittatura del proletariato si può porre fine all’oppressione nazionale della maggioranza nera e superare le divisioni razziali, etniche e tribali tra i popoli non bianchi.”
In un significativo parallelo con lo sciovinismo da foglia d’acero della Lt nei confronti del Quebec, in Sudafrica la Frazione leninista metteva sullo stesso piano il nazionalismo della maggioranza nera oppressa e lo sciovinismo razzista degli oppressori bianchi, sostenendo che distinguerli significava conciliare il nazionalismo nero!
L’assistenza del Si e del Cei durante la lotta di frazione è stata cruciale. Ma ciò era in netto contrasto con il trattamento precedente dei compagni sudafricani, le cui opinioni erano state regolarmente sminuite o ignorate, specialmente da parte dei compagni americani. Circa vent’anni fa, il compagno Bride, un dirigente del Si, aveva giustamente scritto:
“I compagni trasferiti qui dall’Occidente devono tener presente che i nostri membri sudafricani hanno fin troppa esperienza del dominio della classe dirigente di origine europea di questo paese. Se permettiamo alla minima traccia dell’ineguaglianza della società capitalista di esprimersi nel partito, nelle relazioni tra compagni, avremmo dei problemi molto seri.”
L’arroganza imperiale fu anche, più tardi, un segno distintivo del regime di Wolkenstein, che derideva apertamente le capacità dei dirigenti della nostra sezione sudafricana. Affermando che non capivano il carattere dell’alleanza tripartita al potere, Wolkenstein gli impedì di produrre propaganda su questo argomento, affidando il compito ai suoi agenti preferiti nel Si.
Per quanto riguarda la sezione americana, il documento di conferenza ha riaffermato la prospettiva di costruire un partito composto da membri e dirigenti al 70 percento neri, latini e di altre minoranze. L’appello ad un partito al 70 percento nero nacque da una polemica interna contro coloro che si sottraevano alla lotta per reclutare lavoratori e giovani neri negli anni Settanta e all’inizio degli anni Ottanta. Non è solo uno slogan, ma una dichiarazione che ci impegniamo a reclutare e consolidare una leadership trotskista nera. La conferenza ha ribadito il programma di integrazionismo rivoluzionario elaborato in uno dei documenti di fondazione della Spartacist League/Us, “Black and Red, The Class Struggle Path to Black Freedom” (Spartacist ed. inglese, n. 10, maggiogiugno 1967):
“Il nostro obiettivo immediato è quello di formare quadri trotskisti neri. Vogliamo non solo reclutare membri neri, una scorciatoia verso la classe operaia in questo periodo, ma vogliamo fare di questi lavoratori neri dei quadri trotskisti che svolgeranno un ruolo di primo piano nell’organizzazione delle masse nere, all’interno e all’esterno della Spartacist League”.
Ci vuole un alto e continuo livello di consapevolezza per sviluppare leader neri in un paese contraddistinto da un intenso odio razziale, che ha le sue radici nella segregazione forzata della maggioranza della popolazione nera al fondo della società. Bisogna prestare particolare attenzione alle pressioni e agli abusi incessanti che subiscono i nostri compagni neri, anche da parte dei moralisti liberali bianchi. Invece, le direzioni precedenti hanno spesso usato il nostro prezioso nucleo di compagni neri come figure di facciata per campagne opportunistiche. Due esempi: il “grande balzo in avanti” (una campagna illusoria per reclutare giovani operai neri dopo un’azione di fronte unico contro i fascisti del Ku Klux Klan a New York nel 1999) e l’incessante campagna per “rivitalizzare” un inesistente movimento di massa per la liberazione del prigioniero della guerra di classe Mumia Abu-Jamal.
Per una Quarta internazionale riforgiata!
A pagina 27 pubblichiamo una mozione approvata dai delegati alla conferenza, che corregge i nostri articoli sulla guerra indo-pakistana del 1971. Questi articoli asserivano erroneamente che la lotta per l’indipendenza del Bangladesh era diventata una questione subordinata all’intervento dell’esercito indiano. La conferenza ha inoltre approvato una mozione, adottata dalla Spartacist League Australia, che ripristina la rivendicazione dell’indipendenza di Papua Occidentale dal giogo indonesiano e ribadisce gli slogan: “Immediato ritiro delle truppe indonesiane! Australia, giù le mani!” Riferendosi a uno sciopero dei minatori che nel 2011 ha galvanizzato il sostegno ai combattenti indipendentisti di Papua Occidentale, la mozione concludeva:
“Questo illustra la nostra prospettiva di collegare l’emancipazione della classe operaia profondamente sfruttata dell’arcipelago alle lotte dei suoi popoli minoritari e la necessità di collegare la lotta per la rivoluzione operaia in Indonesia alla lotta per la rivoluzione operaia nei paesi imperialisti avanzati”.
I dirigenti principali che hanno lavorato al documento di conferenza hanno fatto buon uso delle preziose risorse della Prometheus Research Library (Prl, la biblioteca archivio del Comitato centrale della Spartacist League/Us). Le loro intense ricerche e discussioni alla Prl hanno ribadito l’importanza della biblioteca come spazio per il lavoro marxista. Non solo i suoi archivi preservano le lezioni faticosamente acquisite del passato, ma sono anche armi nella lotta delle nuove generazioni di dirigenti comunisti. Il suo prezioso materiale in varie lingue, come l’hindi o il bengalese, dev’essere utilizzato per estendere l’Internazionale.
La conferenza si è impegnata a trasformare i comitati di redazione della nostra rivista teorica internazionale in quattro lingue, Spartacist, in veri e propri organi politici con le proprie risoluzioni e decisioni sul contenuto della rivista: non solo agenzie di traduzione dell’edizione inglese. L’ultima edizione francese di Spartacist è quindi apparsa prima di quella inglese per la sua speciale importanza per la Lci in Quebec: correggere pubblicamente la nostra vecchia linea anglosciovinista è essenziale per continuare il nostro lavoro, in particolare per il lancio di République ouvrière, la nostra pubblicazione in québécois.
Dopo la distruzione controrivoluzionaria dell’Unione Sovietica, la Lci ha dovuto affrontare ripetute lotte per mantenere la continuità rivoluzionaria contro un susseguirsi di gruppi dirigenti opportunisti. In risposta ai compagni che attribuiscono i problemi principalmente alle pressioni della realtà sfavorevole che ci troviamo ad affrontare, un compagno dirigente del Quebec ha affermato:
“Le pressioni oggettive su di noi sono considerevoli, ma non è una scusa per abbandonare la nostra ragion d’essere. Sarebbe oggettivista e deterministico pensare che il fattore soggettivo non possa cambiare la realtà e superare le pressioni della società borghese. Il ruolo della direzione e del partito nel suo insieme è quello di contrastare queste pressioni e applicare un programma marxista alla realtà.” ( )
“Il panorama politico non sta migliorando per noi. Il compito di questa conferenza è eleggere una direzione che sia nella posizione migliore per applicare un programma trotskista alle sfide che ci troviamo ad affrontare. Non abbiamo alcuna garanzia di successo, ma abbiamo una possibilità. Tuttavia, non possiamo correggere la nostra traiettoria se non affrontiamo onestamente il nostro passato. É l’unico modo per difendere la nostra continuità”.
Questa continuità è stata non solo preservata, ma rinnovata da questa battaglia che ha ribadito la necessità di un partito proletario, rivoluzionario e internazionalista. Il canto de “l’Internazionale” al termine della conferenza ha dato una piccola ma vitale espressione alla nostra ragion d’essere. Intonata in francese da un compagno del Quebec, è stata cantata in punjabi, catalano, spagnolo, greco, arabo, tedesco, polacco, italiano, inglese e in altre lingue. Su piccola scala, ha reso concrete le parole: “L’Internazionale, futura umanità!”