Spartaco n. 80

Settembre 2017

 

Indipendenza per la Catalogna e per il Paese Basco!

Per delle repubbliche operaie!

Lotta di classe contro la prigione dei popoli spagnola!

Il governo catalano ha indetto un referendum per il 1 ottobre, il cui quesito è: “Siete favorevoli a che la Catalogna sia un paese indipendente sotto forma di repubblica?” e ha promesso di agire in base al risultato. La Lci fa appello a: Votare sì! Abbasso la monarchia! Per una repubblica operaia!

Il governo spagnolo ha dichiarato che il voto è incostituzionale e minaccia di ricorrere alle forze armate per costringere con la forza la nazione catalana a rimanere all’interno dei confini spagnoli. Difendere il diritto della nazione catalana a tenere il referendum e a separarsi dalla Spagna è nell’interesse dei lavoratori di tutti i paesi!

L’articolo qui riprodotto è la traduzione di un supplemento pubblicato dai nostri compagni del Grupo Espartaquista de México e distribuito il Primo maggio a Barcellona. Dopo la pubblicazione dell’articolo, la Lci ha pubblicamente corretto la nostra linea per l’indipendenza della Catalogna non soltanto dalla Spagna ma anche dalla Francia (Spartacist [edizione inglese] n.65, estate 2017). Dato che esistono un’unica nazione catalana e un’unica nazione basca, separate e oppresse da due Stati capitalisti, ora rivendichiamo l’indipendenza della Catalogna e del Paese Basco a nord e a sud dei Pirenei.

Sfidando il freddo invernale di un lunedì mattina di febbraio, 40 mila manifestanti hanno sfilato a Barcellona assieme ad Artur Màs ed altri due coimputati all’inaugurazione del loro processo. Màs e gli altri si difendevano dalle accuse di aver sfidato la Corte costituzionale spagnola propagandando l’indipendenza per la Catalogna. La marcia del 6 febbraio era piena di estelades, la bandiera catalana ispirata alle bandiere cubana e portoricana, la cui esibizione negli edifici dei consigli comunali della Catalogna era stata vietata dal governo conservatore del Partito popolare (Pp) del primo ministro spagnolo, Mariano Rajoy. Persino l’Uefa ha multato la squadra di calcio Blaugrana del Barça perché i tifosi del Barcellona hanno sventolato estelades durante un torneo. Madrid giù le mani da Artur Màs e dai suoi seguaci! Sventolare la estelada non è un crimine!

L’intensificarsi della repressione anti-catalana da parte dello Stato spagnolo ha innescato in Catalogna grandi proteste a favore dell’indipendenza. Nel 2010, un milione e mezzo di persone si sono riversate nelle strade del centro di Barcellona per protestare contro il rovesciamento di alcuni articoli fondamentali dello statuto di autonomia della Catalogna. Lo scorso settembre, oltre un milione di persone hanno manifestato per l’indipendenza nelle piazze della regione durante la Diada [Giornata nazionale catalana].

Ottant’anni fa, Barcellona fu il centro della rivoluzione spagnola e della guerra civile. Come abbiamo notato nell’articolo “Trotskismo contro frontepopulismo nella guerra civile spagnola” (Spartaco n.73, ottobre 2010): “Le giornate di maggio del 1937 a Barcellona segnarono il punto più alto di un decennio di rivoluzione e di controrivoluzione in Spagna, iniziato con la caduta della dittatura militare di Primo de Rivera nel 1930 e con quella della monarchia un anno dopo, e conclusosi con l’annientamento della Repubblica ad opera del generale Francisco Franco nel 1939.” I lavoratori catalani erano all’avanguardia nella lotta per la rivoluzione socialista, ma decenni di sanguinose repressioni sotto il regime di Franco hanno spinto la questione nazionale in primo piano sia in Catalogna che nel Paese Basco.

I catalani e i baschi sono oggi impegnati in una lotta per la loro liberazione nazionale dallo Stato capitalista spagnolo. Per decenni, il Pp di Mariano Rajoy, in alternanza con i social-democratici del Psoe (Partito socialista operaio spagnolo), entrambi sciovinisti, ha ammini strato il potere capitalista. Attualmente, il Pp è parte di un governo di minoranza che è riuscito a rimanere al potere mantenendo l’accordo storico esistente tra tutti i maggiori partiti, volto a mantenere con la forza le minoranze nazionali basca e catalana all’interno dei confini della Spagna. Tale è il contenuto fondamentale della costituzione spagnola antidemocratica e sciovinista del 1978, che ha dato alla monarchia il ruolo di padrone bonapartista. La lotta per la liberazione delle nazioni oppresse è nell’interesse del proletariato! Ogni colpo allo sciovinismo dello Stato borghese spagnolo è nell’interesse dei lavoratori ovunque!

Le nazioni catalana e basca si estendono a nord, oltre la frontiera con la Francia, dove anche lo Stato sciovinista francese le mantiene forzatamente oppresse e senza alcun diritto nazionale. La forza motrice del movimento per l’indipendenza proviene dal sud. Se i baschi o i catalani ottenessero l’indipendenza dalla Spagna, sarebbe molto probabile che i loro connazionali sul lato francese li seguirebbero. In ogni caso difendiamo il diritto di autodeterminazione delle province basche e catalane del nord.

La lingua è un elemento centrale dell’identità nazionale dei catalani e dei baschi. I governanti sciovinisti castigliani hanno provato spesso a sradicare le lingue catalana e basca imponendo lo spagnolo, il linguaggio dell’oppressore. Dalla fine degli anni Trenta fino alla fine degli anni Settanta, a causa della feroce repressione franchista, i catalani e i baschi hanno rischiato di finire in galera per il semplice fatto di parlare la propria lingua in pubblico. Le suore insegnavano agli studenti catalani a “parlare da cristiani”, in castellà (castigliano, cioè spagnolo), come lo chiamano i catalani. Il semplice fatto che le lingue catalana e basca siano sopravvissute a secoli di dominio castigliano è la prova del desiderio di questi popoli di esistere come nazioni distinte e del loro successo nell’assimilazione degli immigrati nelle loro società.

La “Costituzione del ‘78” ha posto le basi per un limitato autogoverno regionale. Pochi anni dopo che la Catalogna riuscì a strappare alcuni diritti di autonomia a Madrid, il governo regionale iniziò ad introdurre il catalano come lingua d’istruzione nelle scuole pubbliche a tutti i livelli. Oggi oltre dieci milioni di persone, di cui 38 mila in Francia, parlano catalano, più o meno quanti parlano svedese o greco.

Nel 2010, la Corte costituzionale spagnola ha fatto a pezzi l’Estatut di autonomia del 2006. Sentenziando, tra l’altro, che la Catalogna fa parte di una “unica ed indivisibile nazione spagnola” e che il catalano non può essere il “linguaggio preferito” nell’amministrazione, nei media e nella scuola pubblica catalani. Lo scorso novembre la Corte costituzionale ha anche acquisito poteri esecutivi aggiuntivi, ad esempio, ripristinare lo spagnolo come lingua d’insegnamento nell’educazione pubblica. Dal 2010, Madrid ha imposto in modo crescente l’uso dello spagnolo in tutti i settori della vita quotidiana. Le sanzioni previste per non esporre un’etichetta in lingua spagnola su un prodotto commerciale in Catalogna possono variare da 15 mila a 1,2 milioni di euro. Nel solo 2016, sono stati introdotti circa 64 nuovi regolamenti che richiedono l’uso dello spagnolo in Catalogna, sottoponendo la vita quotidiana a tutta una serie di casi di oppressione linguistica. La questione del linguaggio è anche molto importante in Francia, dove i baschi e i catalani non hanno assolutamente alcun diritto nazionale o linguistico. Per il diritto di tutti i baschi e i catalani di studiare nelle proprie lingue! Nessun privilegio per lo spagnolo o il francese!

Nessuna fiducia nella borghesia catalana!

Rajoy ed i suoi sostenitori del Pp hanno sempre più spesso utilizzato il sistema giudiziario controllato da Madrid contro gli indipendentistes catalani. Lo scorso novembre, la Corte costituzionale si è data il potere di sospendere funzionari pubblici (ovviamente catalani) senza contraddittorio. Attualmente più di 400 funzionari governativi, sindaci e consiglieri comunali catalani si devono difendere da accuse varie nei tribunali. Nonostante la sua sentenza sia in attesa d’appello, Artur Màs è già stato dichiarato colpevole, ha ricevuto una multa di 36.500 euro e gli è vietato ricoprire incarichi pubblici per due anni. La Corte costituzionale ha dichiarato che Artur Màs “ha violato” il divieto di convocare il referendum per l’indipendenza del 2014, che fu organizzato mentre Màs era presidente del governo regionale della Generalitat di Catalogna, un referendum in cui quasi il 90 per cento dei partecipanti ha votato per l’indipendenza della Catalogna! Madrid ha anche accusato Carme Forcadell, portavoce del Parlament della Generalitat, del “crimine” di aver consentito il dibattito sulla proposta di un secondo referendum sull’indipendenza, una proposta approvata dalla maggioranza dei rappresentanti del Parlament e dall’attuale Presidente della Generalitat, Carles Puigdemont. In febbraio la Corte costituzionale ha annullato una risoluzione del Parlament che convocava il referendum nel 2017.

Il governo di Rajoy ha recentemente annunciato che preferisce chiudere le scuole pubbliche in Catalogna pur di non permettere che siano utilizzate come seggi nel caso la Generalitat tentasse di tenere il referendum e ha minacciato di utilizzare la costituzione spagnola per revocare ciò che rimane dell’autonomia della Generalitat.

La Catalogna produce oltre il 25 per cento delle esportazioni spagnole e ha un Pil pro capite di 28.900 euro nel 2015. Il Paese Basco ha il Pil pro capite più alto della Spagna, con 30.500 euro, e produce l’8,8 per cento delle esportazioni. La classe dirigente spagnola sa benissimo che la sua piccola prigione dei popoli sarebbe ridotta praticamente a nulla senza le sue due regioni più ricche e quindi non permetterà una secessione pacifica della Catalogna e del Paese Basco. É chiaro che, mentre lo scontro tra la Catalogna e la Spagna si inasprisce, diventa possibile un intervento militare dello Stato oppressore spagnolo contro la nazione catalana oppressa. Un tale sbocco porrebbe immediatamente in primo piano gli interessi di classe antagonisti. Solo la classe operaia, mobilitata indipendentemente alla testa di tutti i poveri e gli oppressi, ha il potere sociale per combattere per la sovranità delle minoranze nazionali contro lo sciovinismo estremo di Madrid.

Tuttavia, temendo l’insorgere del proletariato, parte significativa della borghesia catalana favorevole all’indipendenza nazionale, si lancerebbe senza esitazione tra le braccia dei suoi corrispettivi di classe di Madrid. In definitiva i governanti capitalisti appartenenti sia alle grandi potenze sia alle minoranze nazionali si uniranno in difesa dei loro privilegi di classe contro coloro che sfruttano per generare i propri profitti: i lavoratori della Spagna, della Catalogna e del Paese Basco. Sarebbe un suicidio per il proletariato catalano e per gli oppressi contare sulla borghesia catalana nella lotta per la liberazione nazionale.

Tutti coloro che si oppongono all’oppressione nazionale devono difendere il partito indipendentista catalano Cup (Candidatura d’Unitat Popular) contro la repressione dello Stato spagnolo. Alcuni tra i 16 sindaci e i 372 consiglieri comunali della Cup che hanno servito negli uffici comunali catalani sono in attesa di essere processati per aver sventolato l’estelada dai municipi e per aver tenuto aperti gli uffici comunali durante le feste ufficiali dello Stato spagnolo. Cinque membri della Cup sono stati accusati del crimine medievale di “lesa maestà” per aver bruciato foto del re Felipe VI di Spagna durante la Diada dello scorso anno! Da allora, la Cup è stata presa di mira da una campagna di criminalizzazione orchestrata dal Pp per far allontanare i suoi sostenitori.

Il famoso separatista basco Arnaldo Otegi è stato liberato l’anno scorso dopo sei anni e mezzo di carcere per aver guidato il tentativo di rifondare il partito nazionalista di sinistra illegale Batasuna. Otegi era stato interdetto dal candidarsi ad incarichi pubblici ed era anche stato dichiarato colpevole di offesa al re spagnolo. Condannato ad un anno, la pena è stata successivamente modificata dopo l’intervento della Corte per i diritti umani dell’Unione Europea di Strasburgo, che ha dichiarato timidamente che la pena era “sproporzionata” rispetto al crimine. Secondo l’attuale Codice penale spagnolo, chiunque “calunni o insulti il re o la regina o uno dei loro antenati o discendenti” rischia una pena da sei mesi a due anni di carcere. Ed ora, qualsiasi presunta “minaccia” contro il monarca è considerata terrorismo. Ad esempio, Valtonyc, un rapper dell’isola di Maiorca, è stato recentemente accusato di oltraggio al re ed incitamento al terrorismo, ed è stato condannato a tre anni e mezzo di carcere. Abbasso la monarchia spagnola ed i suoi poteri bonapartisti di governo!

Le leggi contro gli oltraggi alla monarchia servono solo a rafforzare l’apparato repressivo dello Stato borghese spagnolo, che ha di mira soprattutto il proletariato. Le leggi draconiane “antiterrorismo” sono state utilizzate duramente e inesorabilmente contro gli indipendentisti baschi. Il leader fondatore di Herri Batasuna fu brutalmente assassinato nel 1984 da uno squadrone della morte dei Gal (Gruppi di liberazione antiterrorista) costituiti sotto la direzione del governo postfranchista spagnolo del Psoe di Felipe Gonzalez.

La classe operaia in tutta la Spagna ha un interesse vitale nell’opporsi alla persecuzione della Cup e di tutti gli indipendentisti baschi e catalani sia per respingere l’oppressione nazionale che per difendere il proprio diritto ad organizzarsi e lottare. La coalizione elettorale della Cup, falsamente autoproclamatasi “anti-capitalista”, svolge un ruolo fondamentale nel mantenere Puigdemont a capo del governo regionale della Generalitat poiché i suoi dieci deputati (su un totale di 135) gli garantiscono la maggioranza di cui ha bisogno nel Parlament catalano. Ma la Cup piccolo borghese non ottiene alcuna ricompensa dalla classe dominante catalana: la Generalitat ha chiesto di incriminare i cupaires, i sostenitori della Cup che hanno bruciato le foto del monarca di Madrid, affermando che si tratta effettivamente di un crimine! Far cadere tutte le accuse contro i nazionalisti della Cup! Madrid giù le mani dalla Cup!

Abbasso l’Ue, nemica dei diritti nazionali!

Dopo la grande recessione mondiale del 2008, l’Unione Europea ha imposto l’austerità economica alla Spagna in cambio di prestiti. Di conseguenza, la disoccupazione giovanile in Catalogna ha raggiunto un enorme 32 percento, il numero di disoccupati da più di due anni è aumentato in modo allarmante e l’11 percento dei lavoratori catalani che hanno un lavoro si trova sotto la soglia di povertà della Spagna. Ciononostante, di fronte alle minacce di Madrid, sia Puigdemont che Màs, che hanno amministrato in Catalogna le misure di austerità imposte dall’Ue, strisciano ai piedi dei loro corrispettivi di classe capitalisti nell’Ue chiedendo sostegno. Dopo la sua condanna a marzo, Màs ha dichiarato: “Faremo appello in Spagna e poi se sarà necessario porteremo il caso nei tribunali europei”. A metà gennaio, Puigdemont (che governa in coalizione con il partito nazionalista borghese Sinistra repubblicana di Catalogna) ha chiesto il sostegno dell’Ue ad un referendum per l’indipendenza catalana durante un forum tenutosi nell’edificio del Parlamento europeo a Bruxelles. La sala traboccava di invitati catalani ma è stata snobbata dai funzionari dell’Ue.

L’Ue sostiene senza tentennamenti lo Stato borghese spagnolo, nonostante le malriposte speranze della borghesia catalana. Angela Merkel lo chiarì già nel 2015 quando dichiarò che ciò che pensava sulla Catalogna era “molto simile” a quello che pensa Rajoy. L’Ue è un nemico mortale dei diritti nazionali degli oppressi. Basta chiedere a qualsiasi lavoratore greco impoverito, che è stato inevitabilmente testimone diretto dello strangolamento della sovranità nazionale greca. Noi rivendichiamo: Abbasso l’euro e l’Ue! L’Ue è un consorzio instabile di paesi capitalisti dedito ad aumentare i profitti spremendo i lavoratori in tutta Europa, mentre i suoi Stati membri dominanti, Germania e, in misura minore, Francia e Gran Bretagna lo usano per subordinare ulteriormente i paesi deboli e dipendenti europei. La libertà dal giogo spagnolo è nelle mani del proletariato multirazziale e multietnico della Catalogna contro l’Ue.

I portuali spagnoli hanno indicato la strada assestando un primo colpo contro l’Ue e Rajoy lo scorso marzo. Nel 2014 la Corte di giustizia dell’Ue aveva dichiarato che l’organizzazione del lavoro in tutti i porti di Spagna, dove gli addetti al carico e scarico sono sindacalizzati, inclusi quelli della Catalogna e del Paese Basco, violavano le regole dell’Ue in materia di “libera impresa” (cioè imprese libere dai sindacati). Per far rispettare i suoi diktat, l’Ue ha inflitto alla Spagna una multa di 23 milioni di euro e a marzo ha aggiunto una multa giornaliera di 134 mila euro per non essersi adeguata. Il governo di Rajoy ha emanato un decreto per fare ingoiare le norme Ue a questa forza lavoro sindacalizzata e strategica, che gestisce l’80 percento delle importazioni spagnole e circa il 65 percento delle esportazioni. In risposta, in febbraio e marzo, il sindacato spagnolo dei lavoratori portuali, la Coordinadora Estatal de Trabajadores del Mar (Cetm) ha iniziato a mobilitare per scioperi nazionali dei portuali pubblicizzando piani per azioni di solidarietà da parte di altri sindacati di portuali in tutto il mondo. Di fronte agli scioperi dei portuali, la maggioranza dei membri del Parlamento spagnolo si è rifiutata di approvare il decreto antisindacale, causando una cocente sconfitta al governo di minoranza di Rajoy: per la prima volta dal 1979 un decreto governativo era respinto dal Parlamento!

La battaglia non è finita. L’obiettivo dell’Ue è di eliminare il lavoro sindacalizzato dai porti e ridurre i salari. Le continue multe comminate alla Spagna servono ad imporre questo diktat. La lotta dei lavoratori portuali sottolinea la natura dell’Ue come un cartello imperialista rivolto ad aumentare sempre di più lo sfruttamento della classe operaia europea. I lavoratori portuali sindacalizzati in molti paesi dell’Ue stanno oggi combattendo tentativi analoghi di assegnare i lavori di ancoraggio dei container a bordo delle navi a marinai del terzo mondo crudelmente sfruttati e non sindacalizzati. I lavoratori portuali in Germania e in altri paesi dell’Ue, i cui porti violano anch’essi le normative sulla “libertà d’impresa” dell’Ue, potrebbero presto dover affrontare attacchi dall’Ue contro i loro sindacati, soprattutto se queste regole saranno applicate in Spagna.

I portuali spagnoli stanno portando avanti una lotta cruciale per l’intero proletariato europeo. Per vincere è necessario lottare contro i burocrati sindacali che capitolano ai dirigenti dell’Ue. La federazione del Consiglio internazionale dei lavoratori portuali, con sede in Spagna, chiede “di conformarsi alla sentenza della Corte di giustizia europea”. Gli altri luogotenenti del capitale nel movimento operaio che dirigono il sindacato egemonico dei portuali Cetm sono pronti a tradire l’esistenza stessa del sindacato in cambio della protezione dei posti di lavoro e della pensione per l’attuale forza lavoro. Il segretario del Cetm, Antolin Goya, sottolinea che “la continuità dell’occupazione per i lavoratori attuali” è una delle “questioni che il nuovo Codice dovrebbe regolare”. Lavoratori portuali europei: è urgente utilizzare il vostro enorme potere sociale contro l’attacco dell’Ue e del governo spagnolo contro il Cetm e tutti i portuali sindacalizzati di Spagna!

Populisti e socialsciovinisti si oppongono all’indipendenza catalana

Podemos, ultimo arrivato nel campo borghese, è un partito di sciovinisti castigliani in veste di populisti anti-establishment. Il leader di Podemos, Pablo Iglesias, ha chiesto un referendum sull’autonomia catalana da svolgersi in tutta la Spagna, che condannerebbe la nazione catalana a continuare ad essere oppressa da Madrid. La maggior parte della sinistra spagnola condivide questa prospettiva sciovinista, incluso il Partito comunista spagnolo, ora partner minore nel blocco elettorale con Podemos “Unidos Podemos”, e le variegate formazioni staliniste scisse dal Partito comunista (vedi Espartaco n. 46, ottobre 2016).

Questa prospettiva sciovinista è condivisa anche dagli pseudotrotskisti di Izquierda Revolucionaria, seguaci del defunto pseudotrotskista britannico Ted Grant [rappresentati in Italia da Sinistra classe rivoluzione], che hanno recentemente firmato un patto di unità con il Comitato per un’internazionale dei lavoratori di Peter Taaffe. Pur dicendo di lottare “per il diritto all’autodeterminazione” della Catalogna e del Paese Basco, Izquierda Revolucionaria in realtà si oppone all’indipendenza delle nazioni oppresse in Spagna. Così, in un opuscolo del 2014 (“¡Por el derecho a la autodeterminación, por el socialismo!”) dedicato alla questione nazionale in Catalogna, i seguaci spagnoli di Grant dichiararono: “Il compito del movimento operaio, lì come qui, in Euskal Herria e in Catalunya, nello Stato spagnolo nel suo insieme e in Europa, non è quello di costruire nuovi Stati e nuovi confini, ma il socialismo su scala globale”. Dietro questo dolce parlare di “socialismo” vi è un programma sciovinista.

I veri trotskisti sono per l’indipendenza qui e ora, senza porre come precondizione la rivoluzione socialista, comprendendo allo stesso tempo che la lotta per la liberazione nazionale è una forza motrice nella lotta per il potere operaio. Izquierda Revolucionaria, al contrario, contrappone l’appello a una “Repubblica federale socialista” di Spagna all’appello per l'indipendenza della Catalogna e del Paese Basco! Alla faccia dell’“autodeterminazione”! E cosa intende per “socialismo” l’arci riformista Izquierda Revolucionaria? Mentre versa litri d’inchiostro predicando “l'indipendenza di classe” nei confronti della borghesia catalana, considera i populisti sciovinisti borghesi di Podemos niente di meno che una leva “per la trasformazione socialista”! (El Militante online, 3 febbraio).

Il Gruppo internazionalista (Ig), basato negli Stati Uniti, rappresenta uno strumento della borghesia castigliana. L’Ig infatti sostiene l'oppressione nazionale dei catalani, senza nemmeno fingere di sostenere il diritto di autodeterminazione. Argomentando a favore della sacra unità della Spagna, l’Ig ha scritto:

“Ma non solo la Catalogna è la parte più ricca della Spagna, la cui borghesia desidera smettere di sovvenzionare le regioni più povere del Sud; non solo l'indipendenza significherebbe separare una delle sezioni più militanti della classe operaia; ma molti se non la maggior parte dei lavoratori industriali non parlano catalano, molti provengono dall’Andalusia.”

(“Per una Repubblica dei lavoratori scozzesi in una Federazione socialista delle isole britanniche”, settembre 2014)

L’Ig conclude che l'indipendenza catalana sarebbe “discriminatoria” contro gli spagnoli! L'oppressione di un'intera nazione da parte della borghesia castigliana non è una preoccupazione per questi “grandi di Spagna”. Secondo l’Ig, a causa della sua storica coscienza di classe e della propria militanza, il proletariato catalano si vede precluso ogni diritto di combattere per liberarsi dal giogo castigliano. L’Ig implicitamente sostiene i privilegi del castellà e da ignorante nega il fatto che la maggior parte dei lavoratori in Catalogna parla catalano, mentre en passant ritrae i catalani come avari e razzisti, la stessa propaganda sciovinista del Pp.

L'indipendenza della Catalogna agevolerebbe fortemente la lotta per l'indipendenza del Paese Basco e quello dei rispettivi connazionali dall'altro lato del confine francese. Sconvolgerebbe la Spagna monarchica, la cui unità è così tanto rispettata dall’Ig, e darebbe un duro colpo al consorzio imperialista dell'Ue, anch’essa molto riverita dall’Ig.

In decisa opposizione al vile sciovinismo da grande potenza di tali pseudotrotskisti e nel centesimo anniversario della Rivoluzione russa guidata da Lev Trotsky e V.I. Lenin, la Lega comunista internazionale sottolinea nuovamente la prospettiva della lotta di classe che fu la chiave della vittoria dei lavoratori nella prigione dei popoli russa nel 1917:

“La soluzione marxista del problema della democrazia prevede che il proletariato, nel combattere la sua lotta di classe, utilizzi tutte le istituzioni e le aspirazioni democratiche contro la borghesia allo scopo di preparare la vittoria del proletariato su questa classe, allo scopo di rovesciarla. (…) Nella nostra guerra civile contro la borghesia uniremo e fonderemo i popoli non con la forza del rublo, non con il bastone, non con la violenza, ma con il libero consenso, con la solidarietà dei lavoratori contro gli sfruttatori. La proclamazione della parità di diritti per tutte le nazioni è uno strumento di inganno nelle mani della borghesia; per noi sarà invece una verità che faciliterà e accelererà il passaggio di tutte le nazioni dalla nostra parte. Senza un’organizzazione realmente democratica dei rapporti fra le nazioni, e quindi senza la libertà di costituire uno Stato separato, la Guerra civile degli operai e delle masse lavoratrici di tutte le nazioni contro la borghesia non può essere combattuta.”

Lenin, “Risposta a P. Kievsky (Y. Pyatakov)” (agosto-settembre 1916).