Spartaco n. 76 |
Ottobre 2012 |
Sudafrica: massacro di minatori in sciopero
Le mani insanguinate del governo di Anc/Sacp/Cosatu
Riproduciamo il volantino pubblicato il 23 agosto dai nostri compagni di Spartacist South Africa.
Il 16 agosto 2012 passerà alla storia come uno dei crimini più sanguinosi che siano mai stati commessi contro il movimento operaio sudafricano. A circa 100 chilometri a nordovest di Johannesburg, alla miniera di Marikana, di proprietà della società londinese Lonmin (la terza produttrice mondiale di platino) i poliziotti del governo capitalista dell’Alleanza tripartita hanno perpetrato un orrendo massacro di minatori neri in sciopero, uccidendo almeno trentaquattro persone e ferendone settantotto, molte delle quali restano ricoverate in condizioni gravissime. Le macabre scene diffuse dalle televisioni ricordano i più infami massacri dell’epoca dell’apartheid: Sharpeville, 21 marzo 1960; Soweto, 16 giugno 1976. Sono un’istantanea sanguinosa, rivoltante della brutalità che è parte integrante di questo sistema capitalista di nuovo apartheid, in cui gli operai sono abbattuti come animali dalle mitragliatrici della polizia, per il “crimine” di lottare contro la fame e di volersi difendere. Non c’è il minimo dubbio: la responsabilità di questo massacro è dei dirigenti dell’Alleanza tripartita, dell’African National Congress, del Partito comunista sudafricano e del Congresso sudafricano dei sindacati (Anc, Sacp, Cosatu) e del loro governo, che ha dimostrato per l’ennesima volta di essere degno della fiducia dei Randlord e dei loro padrini imperialisti.
Come comunisti, in lotta per l’emancipazione della classe operaia dalla schiavitù salariata e per spazzar via questo sistema per aprire la strada ad una società veramente giusta e liberata da ogni sfruttamento e oppressione, noi di Spartacist Sudafrica, sezione della Lega comunista internazionale, ci uniamo al dolore delle famiglie delle vittime, dei loro compagni sopravvissuti e dei tantissimi che soffrono per questa tragica perdita. Il dolore e la sofferenza per quest’orrenda carneficina devono restare impressi in modo indelebile nella memoria della classe operaia e di chiunque si oppone all’oppressione capitalista, qui e in tutto il mondo. Bisogna ricordarsi fin dove la borghesia e la sua macchina repressiva statale sanno spingersi per proteggere il loro dominio di classe e i loro profitti. Per strappare il potere dalle loro mani insanguinate servono una determinazione d’acciaio, la coscienza degli interessi indipendenti e dei compiti storici mondiali del proletariato e una direzione rivoluzionaria provata e intransigente. La rivoluzione operaia vendicherà le vittime del massacro di Lonmin! Rompere con l’Alleanza tripartita! Forgiare un partito d’avanguardia leninista-trotskista!
E’ chiaro che questo massacro è stato premeditato e perpetrato deliberatamente dallo Stato capitalista. Nelle settimane immediatamente precedenti, la stampa capitalista, assieme ai proprietari della Lonmin e ai ministri del governo, ha scatenato una campagna isterica che accusava i minatori di essere “picchiatori” violenti e chiedeva un giro di vite che mettesse fine allo sciopero “illegale”. Quando è arrivato il giorno del massacro, i comandanti di polizia parlavano ormai di un “D-Day” che avrebbe soffocato lo sciopero. La polizia aveva circondato col filo spinato la collina a fianco di uno dei pozzi della miniera, dove si erano radunati migliaia di scioperanti. Inoltre sono state mobilitate in massa tutte le forze repressive, con tanto di polizia a cavallo, mezzi blindati, soldati delle Sandf (l’esercito) e fino a tremila picchiatori di polizia schierati nell’area di Marikana.
L’obiettivo era senz’altro quello di dare una sanguinosa lezione ai minatori in sciopero, specialmente come “rappresaglia” per i due poliziotti e le due guardie private uccise nella settimana di sciopero. I commenti fatti dopo il massacro dal commissario di polizia Riah Phiyega (nominata di recente dal presidente Jacob Zuma), che ha detto ai poliziotti ai suoi ordini che non devono rimproverarsi nulla di quanto è successo (Sowetan, 20 agosto), hanno fatto capire in modo chiarissimo che i poliziotti volevano il sangue dei minatori.
Nel disgustoso tentativo di insabbiare il loro crimine sanguinoso, i capi dell’Alleanza tripartita, riecheggiati dall’intero spettro della stampa borghese all’unisono, adesso cercano di incolpare della “violenza insensata” i minatori in sciopero che sono stati massacrati! E’ questa la linea di tutti i capi dell’Alleanza, dal segretario generale del Cosatu Zwelinzima Vavi, a Blade Nzimande del Sacp, al presidente dell’Anc Zuma. Lo scopo di questa campagna è stato smascherato chiaramente da un grottesco tentativo d’insabbiamento dei redattori della City Press, che hanno scritto: “Ma questo è successo in uno Stato democratico. Se è vero che i poliziotti nervosi e impauriti che hanno premuto il grilletto devono rispondere delle loro azioni, non bisogna dimenticare che gli scioperanti erano armati fino ai denti e si comportavano in modo minaccioso. La demarcazione tra colpevoli e innocenti non è così netta come a Sharpeville, nel 1960 o a Soweto nel 1976” (“Marikana. Una tragedia, ma non come Sharpeville”, 19 agosto). La verità è che il sangue degli operai neri vale oggi altrettanto poco di quanto non valesse all’epoca dell’apartheid.
Servono guardie operaie di difesa!
Si fa un gran parlare del fatto che gli operai in sciopero avessero delle armi, lance fatte in casa, pangas e anche qualche arma da fuoco. Sentendo gli ipocriti editorialisti borghesi e i capi dell’Alleanza, anche i guerrieri Zulu, Xhosa e gli altri indigeni africani falciati dalle mitragliatrici dei colonizzatori inglesi e olandesi, avrebbero dovuto prendersi un po’ della colpa per “l’insensato spreco di vite umane”, perché anche loro cercarono di reagire con le lance e con le loro armi primitive! Noi siamo apertamente per il diritto all’autodifesa armata della classe operaia contro la sanguinaria violenza dello Stato capitalista, degli assassini prezzolati dei padroni e di altri rompi sciopero di professione. Per delle guardie operaie di difesa che proteggano i picchetti! Come ha dimostrato questo sanguinoso massacro, gli operai e gli oppressi devono essere meglio preparati e meglio organizzati di fronte a questa brutale macchina di morte.
Rifiutiamo col massimo disprezzo la propaganda borghese che accomuna gli operai massacrati il 16 di agosto e i due poliziotti e le due guardie private uccise nella settimana precedente, dicono dagli operai in sciopero. Non pretendiamo di conoscere le circostanze esatte di queste morti, ma una cosa è certa: non versiamo lacrime per la morte dei rompi sciopero professionisti della borghesia. Questa campagna propagandistica fa parte della continua repressione dei minatori in sciopero sopravvissuti al massacro. Circa 260 operai arrestati il 16 agosto sono ancora in stato di detenzione, gli è stata negata la libertà su cauzione e rischiano condanne per violenza pubblica e persino per omicidio o tentato omicidio per l’uccisione dei poliziotti e delle guardie private. Gli operai, in Sudafrica e nel resto del mondo, devono protestare contro questo sanguinoso massacro e contro il protrarsi della repressione: ritirare tutte le accuse contro gli scioperanti della Lonmin arrestati! Nonostante la perdita dei loro compagni, gli operai della Lonmin hanno coraggiosamente promesso di continuare la lotta finché le loro richieste non saranno soddisfatte. I padroni della Lonmin usano la minaccia di licenziamenti di massa come una spada di Damocle sopra gli scioperanti, intimandogli di tornare subito al lavoro. Noi siamo solidali con le rivendicazioni di questi operai, che chiedono un salario vitale di 12.500 rand al mese [circa 1.150 euro] e migliori condizioni di lavoro. Questa settimana, gli scioperi si sono estesi ad altre miniere della provincia del nordovest: anche lì gli operai chiedono 12.500 rand. Servono subito scioperi di solidarietà nell’industria mineraria e non solo, a sostegno degli operai della Lonmin e contro il terroe sanguinoso del governo contro gli operai.
I dirigenti traditori della Num hanno chiesto il sangue dei minatori in sciopero
Nelle settimane immediatamente precedenti il massacro del 16 agosto, tra chi ha invocato a gran voce l’uso del pugno duro contro lo sciopero dei minatori ci sono stati vergognosamente i dirigenti della National Union of Mineworkers (Num), il sindacato nazionale dei minatori. Solo pochi giorni prima, il segretario generale della Num, Frans Baleni, ha inveito: “[Siamo] preoccupati perché le varie forze dell’ordine presenti in quella zona della provincia del nordovest hanno lasciato che le violenze continuassero indisturbate”, e ha chiesto “il dispiegamento di una task force speciale o delle Sandf che prendano di petto gli elementi criminali di Rustenburg e delle miniere circostanti” (Mail & Guardian online, 14 agosto)! Nella stessa settimana, Lesiba Seshoka, il portavoce della Num, ha condannato gli operai in sciopero come “picchiatori” con cui non si poteva negoziare ma che dovevano essere trattati con la forza. Dopo la carneficina, Baleni e gli altri dirigenti della Num si sono schierati in difesa dei poliziotti!
Per allontanare l’attenzione dai loro osceni tradimenti di collaborazione di classe ai danni dei minatori del loro stesso sindacato, tradimenti che ora sono sigillati col sangue di trentaquattro operai massacrati, i capi della Num hanno cercato di incolpare un sindacato rivale, l’Association of Mineworkers and Construction Union (Amcu) [Associazione sindacale dei minatori e degli operai edili], che ha conquistato una base specialmente nei settori peggio pagati dei minatori. Non è chiaro quale sia il livello di rappresentatività dell’Amcu tra gli operai della Lonmin, ed esistono resoconti contraddittori provenienti da fonti diverse. C’erano sicuramente degli iscritti della Num tra gli operai massacrati dalla repressione di Stato richiesta da Baleni. Loro, come molti altri che avevano abbandonato la Num e che cercavano per disperazione un’altra rappresentanza, si erano rivoltati contro la direzione della Num. Sviluppi simili si erano già visti alla miniera di platino di Impala, dove lo scorso febbraio un duro sciopero ha dovuto scontrarsi sia con la repressione dello Stato che con i tradimenti della burocrazia della Num (si veda l’articolo in Spartacist South Africa n. 8, inverno 2012).
Dopo anni di tradimenti, gli operai della Lonmin hanno deciso di presentare da soli le loro rivendicazioni. Tra le richieste c’era l’aumento dei salari da 4 mila a 12.500 rand al mese e condizioni di lavoro decenti. I burocrati della Num e i loro avvocati hanno condannato come “irrealistiche” queste richieste salariali, dimostrando quanto s’identificano con i padroni delle miniere e come siano integrati nell’élite nera privilegiata che fa da fantoccio dei Randlord. Baleni guadagna un salario di 77 mila rand [7 mila euro] al mese! Cyril Ramaphosa, ex segretario generale della Num e figura di spicco nei negoziati degli accordisvendita del 1994 con i governanti bianchi, è azionista della Lonmin e di recente ha offerto 19,5 milioni di rand [1,8 milioni di euro] per un bufalo!
Dopo il massacro i burocrati della Num e altri dirigenti dell’Alleanza tripartita hanno chiesto che lo Stato reprima l’Amcu. La direzione del Sacp nel nordovest ha chiesto l’arresto dei dirigenti dell’Amcu. Noi difendiamo l’Amcu contro la repressione dello Stato e il diritto dei minatori di farsi rappresentare dall’Amcu se è quello che vogliono. La risposta ai tradimenti dei dirigenti della Num e degli altri sindacati del Cosatu però non può essere semplicemente quella di uscirne e formare dei sindacati separati, che tendono a indebolire e a dividere gli operai. Bisogna mettere la base di questi sindacati contro i loro vertici venduti. Quello di cui c’è bisogno è una dura lotta per estromettere gli attuali dirigenti filo capitalisti e sostituirli con una direzione di lotta di classe, che si batta per dei sindacati industriali che uniscano tutti gli operai, in modo da avere la massima forza per combattere i padroni. Questa lotta è legata alla lotta per un partito rivoluzionario d’avanguardia, necessario a porre fine al capitalismo con la rivoluzione operaia.
Il massacro della Lonmin ha ribadito col sangue la verità di ciò che scrisse il dirigente bolscevico V.I. Lenin in Stato e rivoluzione (1917): “lo Stato è l’organo del dominio di classe, un organo di oppressione di una classe da parte di un’altra”. Lo Stato borghese non può essere riformato e spinto ad agire nell’interesse dei lavoratori e degli oppressi. Il massacro dei minatori neri in sciopero è stato perpetrato da poliziotti neri e bianchi, il che dimostra la natura di tutti i poliziotti come rompisciopero e assassini prezzolati della classe capitalista. Noi diciamo: poliziotti e guardie private fuori dai sindacati! Questo Stato capitalista del nuovo apartheid continua a imporre la brutale oppressione della maggioranza nera e a difendere il potere e i profitti della classe dominante in stragrande maggioranza bianca. Dev’essere rovesciato con la rivoluzione socialista e sostituito da uno Stato operaio.
Questa elementare concezione marxista dello Stato capitalista è in netto contrasto con quella dei dirigenti riformisti del Sacp e del Cosatu, che considerano i poliziotti loro “compagni”, oppure dei loro reggicoda di sinistra che si fingono critici “socialisti” dei dirigenti dell’Alleanza tripartita, solo per spacciare una variante diversa di politiche riformiste. Per esempio, il Democratic Socialist Movement (Dsm, la sezione sudafricana del Comitato per un’internazionale dei lavoratori di Peter Taaffe [associata in Italia alla rivista Controcorrente]), ha pubblicato una dichiarazione di protesta per il massacro della Lonmin in cui accusa i dirigenti della Num di aver “tradito ogni principio essenziale della lotta operaia”. Buona questa, visto che a dirlo è un gruppo che promuove la linea grottesca secondo cui i poliziotti sarebbero “operai in divisa”! Ligia all’etichetta, la dichiarazione del Dsm continua rimproverando gli scioperanti della Lonmin per “aver ucciso prima due guardie private, il sabato, e poi due agenti di polizia, il lunedì. Questo non ha fatto avanzare la lotta degli operai, ma l’ha divisa” (“Per uno sciopero generale per mettere fine al massacro di Marikana”, 17 agosto). Così i falsi socialisti del Dsm hanno dato il loro piccolo contributo alle accuse di violenza contro gli operai in sciopero, consigliandogli di sottomettersi allo Stato borghese.
Il presidente della Num, Senzeni Zokwana, si è recato a parlare con gli operai della Lonmin in sciopero, cercando da dentro un Nyala blindato della polizia di persuaderli a cessare lo sciopero. Non sorprende che lo abbiano subissato di grida e che abbia dovuto ritirarsi dietro i cordoni di polizia, mostrando davanti agli occhi di tutti il ribollire del malcontento degli operai verso i loro dirigenti traditori. Sono anni che questo malcontento cresce, come conseguenza dell’enorme divario tra la “vita migliore per tutti” promessa dall’Alleanza tripartita quando salì al governo, e la realtà disperata e immutata della miseria capitalista sotto il nuovo apartheid. La miseria delle baraccopoli che circondano la Lonmin e le altre miniere della “cintura del platino” ne sono la spietata testimonianza.
Per anni i riformisti di origine stalinista del Sacp, che hanno recentemente eletto Zokwana alla presidenza, hanno sfornato “teorie” sulle varie “tappe” della “Rivoluzione democratica nazionale”, per giustificare la loro alleanza con l’Anc nazionalista borghese e il loro ruolo nell’amministrare il capitalismo all’interno dell’Alleanza tripartita. Abbiamo messo in guardia molte volte dal fatto che la “teoria” stalinista della “rivoluzione a tappe” è una pericolosa menzogna: la seconda “tappa” consiste sempre nel fatto che i nazionalisti borghesi si rivoltano contro e massacrano i comunisti e gli operai. Lonmin è un preavviso letale! I militanti sindacali e gli iscritti del Sacp che vogliono veramente lottare per il comunismo devono essere strappati al programma pro capitalista di queste organizzazioni e conquistati a una politica basata sull’indipendenza della classe operaia da tutte le forze nazionaliste borghesi. Queste comprendono anche l’ex dirigente della Lega giovanile dell’Anc, Julius Malema, un demagogo populista che ha ottenuto molta popolarità tra i minatori. Anche se oggi Malema recita la parte dell’amico degli operai, lui è un politicante borghese, che sostiene il mantenimento di questo sanguinoso sistema capitalista e che solo pochi anni fa giurava che avrebbe “ucciso” per Zuma.
L’indipendenza della classe operaia dal nazionalismo borghese è il centro della teoria trotskista della rivoluzione permanente. L’oppressione nazionale sofferta dalla maggioranza nera, il dominio dell’imperialismo, i molti strati di oppressione e di arretratezza che contraddistinguono il capitalismo in Sudafrica, possono essere eliminati solo con una rivoluzione operaia che si estenda a scala internazionale. Ci serve un governo operaio centrato sui neri, parte di una federazione socialista dell’Africa meridionale, che si batta con coraggio per collegarsi con la rivoluzione operaia nei centri imperialisti e per creare un’economia socialista pianificata a scala internazionale. Solo allora, orrori come il massacro della Lonmin saranno una cosa del passato, pagine di un capitolo oscuro della storia umana. Ci battiamo per questo.