Spartaco n. 76 |
Ottobre 2012 |
Congresso del Cosatu: i burocrati bruciano la stampa che appoggia i minatori in sciopero
Questa lettera è stata scritta dai nostri compagni in Sudafrica, ed inviata il 25 settembre al Congresso dei sindacati sudafricani (Cosatu).
Il 20 settembre, alcuni sostenitori di Spartacist/Sudafrica, sezione della Lega comunista internazionale (quartinternazionalista), sono andati a vendere la nostra stampa all’undicesimo congresso nazionale del Cosatu. Un obiettivo importante del nostro intervento era intersecare i delegati indignati per il brutale massacro di minatori in sciopero da parte della polizia a Marikana il 16 agosto e solidali con lo sciopero selvaggio a Marikana e altrove.
Abbiamo distribuito la nostra dichiarazione del 23 agosto che condannava il massacro e l'ultimo numero di Workers Vanguard (14 settembre), pubblicato dalla sezione americana della Lci, che intitolava in prima pagina: “I vertici di Anc/Sacp/Cosatu: fantocci dei padroni delle miniere. Anche dopo il massacro, i minatori in sciopero continuano la lotta”. I nostri cartelli sottolineavano la necessità della solidarietà operaia con questi scioperi e i nostri compagni hanno fatto una campagna a livello internazionale che chiedeva: “Ritiro di tutte le accuse! Vittoria ai minatori in sciopero!” Un altro cartello sottolineava la concezione marxista, confermata nel sangue dal massacro di Marikana, che i poliziotti non sono lavoratori ma assassini prezzolati della borghesia, e chiedeva “Polizia e guardie private fuori dai sindacati!” Un terzo cartello sottolineava la necessità dell’indipendenza della classe operaia dal nazionalismo borghese, e indicava una prospettiva rivoluzionaria contro il capitalismo del neo apartheid: “Rompere con l'Alleanza tripartita borghese! Per un governo operaio centrato sui neri!”
Molti delegati erano interessati alle nostre parole d'ordine politiche e alla nostra stampa, che descrive il nostro programma più generale per nuove rivoluzioni d'Ottobre e per il vero comunismo di Lenin e Trotsky. Ma alcuni non erano molto contenti di vederci. Tra questi c’erano senz’altro i membri del Popcru, il “sindacato” di polizia affiliato al Cosatu e alcuni burocrati della direzione del Sindacato nazionale dei minatori (Num) che ha notoriamente denunciato gli scioperanti di Marikana e ha fatto appello alla repressione dello Stato nei loro confronti, sia prima che dopo la strage del 16 agosto. Dopo circa un’ora che i nostri compagni si trovavano sul luogo dove si svolgeva il congresso, un gruppo di burocrati, incapaci di rispondere alle nostre critiche con argomenti politici, ha deciso di usare i pugni per mettere a tacere il nostro sostegno ai minatori e la nostra opposizione al massacro del neo apartheid. Un gruppo di burocrati organizzati, formato da 10-15 teppisti, si è diretto verso i nostri compagni, li ha malmenati, ha rovesciato il tavolo con la stampa e dato fuoco a giornali e cartelli. Diversi delegati che hanno assistito all'attacco, hanno protestato contro questi metodi da teppisti per mettere a tacere gli oppositori politici, ma i burocrati non ascoltavano nessuno.
Anche se rivolto in prima istanza contro i nostri compagni, il motivo di fondo di questo attacco era quello di minacciare chiunque all’interno del Cosatu, sia disposto a battersi per la solidarietà della classe operaia ai minatori in sciopero o a prendere posizione contro il soffocamento dei sindacati da parte dei burocrati filo capitalisti. I minatori della Lonmin hanno condotto una dura lotta di sei settimane contro i proprietari delle miniere, sfidando la sanguinosa repressione del governo capitalista e le pugnalate nella schiena dei vertici della Num e del Cosatu. E hanno conquistato un’importante vittoria: il 18 settembre, la Lonmin ha acconsentito ad aumenti salariali consistenti per i minatori. I burocrati del Cosatu temono che altri settori della classe operaia, incoraggiati da questa vittoria, prendano la strada della lotta di classe, sconvolgendo così il rapporto amichevole tra i burocrati, i capitalisti e il loro governo. Perciò adesso i vertici dell'Alleanza attaccano i padroni della Lonmin capi per aver “ceduto” allo sciopero selvaggio. Secondo il Mail & Guardian online (19 settembre), il giorno dell’accordo, il segretario generale del Cosatu Zwelinzima Vavi si è lamentato via Twitter: “Il Cosatu e la Num devono muoversi in fretta o questo accordo può far crollare ogni sistema di contrattazione in atto (...) può far passare il messaggio che gli operai possono dirigersi da soli e ottenere ciò che vogliono”.
Il massacro di Marikana e le sue conseguenze, mettono in luce la vera natura, raccapricciante e ferocemente razzista, del capitalismo del neo apartheid. Circa settantotto lavoratori sono stati feriti e almeno 34 uccisi, molti inseguiti e abbattuti dai poliziotti in vere e proprie cacce all’uomo. Marikana dimostra che il sangue dei lavoratori neri vale molto poco, oggi nel “nuovo” Sudafrica, come ai tempi del dominio dell’apartheid. E dimostra ciò che noi abbiamo sistematicamente sottolineato dal 1994: sono i dirigenti dell’Alleanza tripartita borghese dell’Anc/Sacp/Cosatu ad imporre la miseria del neo apartheid capitalista alle masse della maggioranza nera, difendendo il potere dei padroni delle miniere, dei Randlords, (in stragrande maggioranza bianchi) e dei loro potenti partner imperialisti.
Questo è chiaramente dimostrato dal ruolo svolto dai dirigenti traditori della Num. Hanno difeso la polizia e chiesto ripetutamente la repressione dei leader dello sciopero, in particolare dell’Association of Mineworkers and Construction Union (Amcu), cui molti lavoratori hanno aderito per il disgusto nei confronti dei tradimenti della burocrazia della Num. Subito dopo il massacro, il segretario generale della Num Frans Baleni ha detto in un’intervista radio: "La polizia è stata paziente, ma questa gente era armata fino ai denti con armi pericolose”.
Al congresso nazionale del Cosatu, Baleni si è unito ai capi dell'Alleanza, come il segretario generale del Sacp (e ministro dell'istruzione superiore) Blade Nzimande, nel denunciare i minatori e nel chiedere a gran voce ulteriore repressione di Stato. Parlando al congresso il 17 settembre, Nzimande ha inveito contro “le reti sottoproletarie-patriarcali” che a suo dire ingannano e intimidiscono i minatori, e ha detto sfacciatamente: “Il Sacp sostiene pienamente il pugno di ferro del governo contro il possesso illegale di armi, le intimidazioni e l’incitamento alla violenza. Bisogna affrontare e isolare i caporioni dalla massa degli scioperanti traviati (molti dei quali non sono nemmeno dipendenti della Lonmin né lavoratori)”.
I leader del Sacp e del Cosatu hanno un problema: dopo più di 18 anni di potere dell’Alleanza tripartita, la rabbia per l’oppressione del neo apartheid sta esplodendo alla base della società, anche tra molti membri del Sacp e del Cosatu, stufi dei continui tradimenti delle lotte operaie da parte dei loro capi in nome dell'Alleanza borghese. Il massacro di Marikana è diventato un punto di riferimento di questa rabbia. Secondo i resoconti on-line dei giornali borghesi Mail & Guardian e Daily Maverick, i burocrati che hanno bruciato la nostra stampa sono poi entrati nella sala del congresso scandendo slogan pro-Zuma e c’è stato uno scambio di slogan tra delegati pro e contro Zuma. Noi ci opponiamo a tutte le fazioni dell’Anc borghese e ci battiamo per convincere i militanti operai a rompere con l'Alleanza tripartita lungo linee di classe. Per anni, gli interessi dei lavoratori sono stati svenduti in nome dell’Alleanza borghese e dell’appoggio a questo o quel politico borghese. Nel 2007, alla [Conferenza dell’Anc di] Polokwane, si appoggiavano Zuma o Mbeki. Oggi, alla vigilia di Mangaung 2012, Zuma contro Motlanthe/Malema. Ma è solo una lite su quale rappresentante del nemico di classe sostenere.
Noi respingiamo tutta questa truffa: gli interessi della classe operaia sono inconciliabilmente contrapposti a quelli della borghesia. Per liberarsi dalla miseria capitalista del neo apartheid, gli operai hanno bisogno di una direzione indipendente da, e contrapposta a, tutte le ali della borghesia e del loro Stato repressivo. Noi rimaniamo saldi nella nostra lotta per costruire il partito d’avanguardia rivoluzionario internazionalista necessario a raggiungere quest’obiettivo.