Spartaco n. 76

Ottobre 2012

 

Pieni diritti di cittadinanza per tutti gli immigrati!

Difendere gli operai di Basiano!

La mattina dell’11 giugno a Basiano (Milano) la polizia ha violentemente caricato e malmenato un picchetto di più di cento lavoratori in sciopero e di loro sostenitori davanti ai magazzini della Gartico, che rifornisce la catena di supermercati Il Gigante. Nel tentativo di far entrare in azienda i crumiri ingaggiati dalle cooperative, la polizia ha sparato lacrimogeni ad altezza d’uomo spezzando le gambe a due lavoratori e ha caricato selvaggiamente il picchetto ferendone una ventina, anche in modo grave (un operaio ha dovuto essere trasportato con l’elisoccorso). Poi ha rastrellato gli ospedali della zona arrestando molti dei feriti. Mentre scriviamo sono in corso le udienze preliminari che hanno imposto varie misure restrittive ai 20 operai arrestati (obbligo di firma e di residenza). Nei prossimi mesi gli operai, in maggioranza immigrati egiziani e pachistani, verranno processati e rischiano di perdere, assieme al lavoro, anche il permesso di soggiorno e di vedersi deportare. E’ urgente che l’intero movimento operaio, i sindacati di tutte le categorie e confederazioni, si schieri concretamente in difesa dei lavoratori della Gartico e del loro sindacato, il Si Cobas. La direzione della Fiom ha scritto una dichiarazione di solidarietà con gli arrestati, ma quello che serve è una mobilitazione della forza dei sindacati per ottenere il rilascio immediato di tutti gli arrestati e il ritiro di tutte le accuse e iniziare una campagna di sostegno materiale per gli operai in lotta.

Gli operai di Basiano (che lavorano per le cooperative Alma e Bergamasca, agenzie di caporalato legale che reclutano operai per la logistica dei grandi gruppi di distribuzione) sono stati licenziati dopo che in maggio si erano organizzati con il Si Cobas per lottare per migliori condizioni di lavoro. Ora l’azienda vorrebbe sostituirli con operai pagati fino a 3,5 Euro l’ora, contro i già miseri 9 Euro degli scioperanti.

Con gli arresti e le sentenze cercano di decapitare sul nascere la lotta coraggiosa di un gruppo di operai immigrati, più isolati e vulnerabili. Ma questo attacco è un messaggio all’intero movimento operaio. E’ un tentativo di intimidire le migliaia di operai immigrati che lavorano nei cantieri, nei magazzini e nelle fabbriche del Paese. Ma è un messaggio rivolto all’intero movimento operaio: o accettate l’austerità e la miseria, o verrete bastonati.

Il governo Monti è intento ad imporre una dura austerità alla classe operaia e alla popolazione povera per salvare le banche e i capitalisti dalla crisi provocata dal loro sistema. Il suo principale punto di appoggio sono il Partito democratico e le burocrazie sindacali che lo sostengono. Il Partito democratico è un partito capitalista che esiste per garantire gli interessi delle classi dominanti ma che a differenza della destra, lo fa mascherandosi da amico dei lavoratori. Anche le direzioni riformiste come Rifondazione comunista, nonostante la loro retorica di opposizione, non desiderano altro che di mettersi al timone dello Stato capitalista in alleanza con le forze borghesi. L’esempio della Puglia di Nichi Vendola, che dopo dieci anni di “aria nuova” resta dominata dallo sfruttamento brutale dei braccianti agricoli sotto il tallone dei caporali, o l’esempio della giunta Pisapia a Milano, che vuole privatizzare la Sea per aumentare i già pesanti livelli di sfruttamento, dimostrano che i governi capitalisti “di sinistra” sono altrettanto nemici della classe operaia e degli immigrati.

Nonostante qualche lacrima occasionale le direzioni sindacali hanno lasciato passare senza la minima reazione un taglio micidiale delle pensioni, lo svuotamento dell’Articolo 18 e una serie di tagli e tasse che nemmeno l’odiato governo Berlusconi-Bossi avrebbe saputo imporre. Ma lo Stato capitalista sa di non potersi affidare degli sforzi dei burocrati sindacali di garantire la “coesione sociale” (leggi: sottomissione ai padroni) e vede come una minaccia da stroncare ogni combattiva protesta operaia.

Il giorno delle cariche, il segretario del Prc Ferrero ha commentato che “Le forze dell’ordine, invece di garantire il legittimo diritto di protestare, hanno caricato brutalmente i lavoratori provocando una quindicina di feriti” (web.rifondazione.it, 11 giugno). Agli occhi dei padroni capitalisti e del loro Stato, lottare contro condizioni di sfruttamento bestiali, per condizioni di vita e di lavoro decenti, è un “crimine”. Il brutale pestaggio degli operai di Basiano è l’ennesima riprova che lo Stato capitalista, coi suoi corpi di uomini armati, non è che una macchina il cui scopo fondamentale è difendere la proprietà privata dei capitalisti e il loro “diritto” a sfruttare e opprimere la classe operaia. Anche quando Ferrero era ministro di Prodi, la polizia bastonava gli operai e chi protestava. Infatti Rifondazione continua a fare “appello alle Istituzioni quindi affinché intervengano concretamente per dare una soluzione alle legittime rivendicazioni dei lavoratori della Gartico Scarl mettendo fine ad un’indecorosa guerra tra poveri e al Prefetto affinché in futuro eviti simili azioni contro un presidio di lavoratori” (rifondazionemilano.org, 12 giugno). Appelli del genere servono solo a incatenare gli operai all’illusione che potranno ottenere aiuto e giustizia dalle guardie armate dei loro sfruttatori.

Per respingere l’austerità capitalista bisogna mobilitare la forza sociale dell’intera classe operaia, alla testa di tutti i settori oppressi della popolazione. Contro licenziamenti, cassa integrazione e disoccupazione bisogna rivendicare che tutto il lavoro esistente sia diviso tra tutta la manodopera disponibile, a parità di salario e con una scala mobile che protegga dall’inflazione. Diranno che queste misure sono incompatibili con i profitti delle aziende e le esigenze del sistema capitalista. E’ vero: ed è proprio perché questo sistema è incompatibile con le esigenze dei lavoratori, che deve essere rovesciato.

La lotta degli operai della Gartico non è che l’ultima di una serie di dure battaglie che negli ultimi anni hanno visto protagonisti i lavoratori immigrati, dalle rivolte dei braccianti agricoli di Rosarno alla lunga lotta dei lavoratori dell’Esselunga di Limito. Ma per cambiare le condizioni di oppressione razzista e sfruttamento dei lavoratori immigrati devono scendere in campo i settori più forti del movimento operaio. Serve una vasta campagna di sindacalizzazione di tutti i lavoratori non sindacalizzati, condotta con i metodi della lotta di classe e in opposizione alle burocrazie sindacali che a partire dalla Cgil, hanno risposto a queste lotte con una serie di tradimenti. A Rosarno, hanno praticamente consegnato i lavoratori immigrati alla polizia che li ha deportati nei Cie. All’Esselunga di Pioltello, la Cgil non ha organizzato nessuna forma di sostegno nei magazzini dove è presente e ha apertamente boicottato lo sciopero e le lotte degli operai del Si Cobas.

In questo modo, l’organizzazione dei settori più oppressi e vulnerabili della classe è stata condotta isolatamente dai più piccoli sindacati “di base”, senza che scendessero mai in campo i settori che restano il cuore del movimento operaio, e che spesso lavorano gomito a gomito con gli operai immigrati. Quello che serve sono dei potenti sindacati industriali che raccolgano tutti gli operai di una stessa industria, al di sopra delle divisioni politiche, etniche, di azienda o cooperativa, sulla base della lotta di classe contro gli sfruttatori capitalisti e non della collaborazione di classe o “concertazione” per garantire i profitti dei padroni.

Da quando la borghesia italiana ha iniziato a importare manodopera immigrata, la classe dominante, aiutata dai suoi servi riformisti, ha cercato costantemente di dividere la classe operaia lungo linee etniche e nazionali, per fare degli immigrati un bacino di manodopera a basso costo, ricattabile, facile da eliminare nelle situazioni di crisi. I governi della destra non hanno fatto altro che indurire l’arsenale di misure di precarizzazione e di leggi razziste introdotte dai governi del “centrosinistra” (come la capostipite legge razzista Turco-Napolitano, votata da Pds e Rifondazione, che ha creato i Cpt-Cie). L’oppressione razzista degli immigrati nasce dagli interessi della classe dominante capitalista e si estende al di fuori delle fabbriche, penetrando tutti gli aspetti della vita sociale. Il movimento operaio deve opporsi ad ogni forma di oppressione razzista contro i lavoratori immigrati. Noi diciamo che chiunque è arrivato in questo paese deve avere pieni diritti di cittadinanza!

Di fronte all’inasprirsi della crisi capitalista, col suo carico di miseria e disoccupazione, la classe operaia sta sviluppando lotte sempre più combattive, dalla Grecia alla Spagna. Per eliminare le crisi economiche, lo sfruttamento bestiale, l’oppressione razzista, gli operai devono organizzarsi in modo indipendente dagli sfruttatori capitalisti, dal loro Stato e dai loro partiti. Per poter respingere l’austerità capitalista, le lotte operaie devono avere come punto di partenza l’opposizione all’Unione Europea, un conglomerato di stati imperialisti rivali e dei loro dipendenti, nato per rafforzare il dominio imperialista, lo sfruttamento degli operai di tutti i paesi e la repressione razzista contro gli immigrati. E devono avere come obiettivo il rovesciamento dell’intero sistema di sfruttamento capitalista e la sua sostituzione con un sistema in cui chi lavora comanda e in cui l’economia sia gestita in modo collettivizzato e pianificato a scala internazionale, eliminando le radici stesse dello sfruttamento, del razzismo e delle crisi. Noi della Lega trotskista d’Italia ci battiamo per costruire un partito operaio rivoluzionario multietnico che lotti per portare la classe operaia al potere.

(Milano, 16 giugno 2012)