Spartaco n. 75 |
Gennaio 2012 |
Occupy Wall Street
La crisi capitalista innesca proteste populiste
Espropriare la borghesia con la rivoluzione operaia!
A settembre del 2011, Zuccotti Park, una piazza di Manhattan vicina alla borsa di Wall Street, è stata occupata dal movimento “Occupy Wall Street” (Ows), un raggruppamento amorfo di studenti, disoccupati e attivisti liberali. A presidi e cortei hanno partecipato fino a 10 mila persone e le occupazioni si sono estese alle principali città degli Stati Uniti. La polizia ha attaccato ripetutamente accampamenti e manifestazioni, arrestando centinaia di persone. Ad Oakland, sulla costa ovest, il 3 novembre i manifestanti hanno bloccato per ore gli accessi ad uno dei principali porti mercantili del paese e all’alba del 16 novembre centinaia di poliziotti armati di gas lacrimogeni e bombe accecanti hanno sgomberato l'accampamento di “Occupy Oakland”, arrestando più di 75 persone. Ritirare subito tutte le accuse contro i manifestanti di New York, Oakland e delle altre città americane!
Le proteste di “Occupy Wall Street” hanno toccato un nervo sensibile in vasti settori della popolazione. Dopo tre interminabili anni di profonda crisi economica, gli ostelli per senza tetto sono stracolmi, gli studenti universitari sepolti sotto montagne di debiti e il futuro sembra sempre più nero. Tra gli operai, chi è riuscito a mantenere il lavoro, si è visto costretto ad ingoiare salari più bassi, mentre assistenza sociale e pensioni sono state saccheggiate da padroni e banchieri.
Intanto la classe dominante capitalista si è arricchita come una banda di ladri, al suono di centinaia di miliardi regalati dalla Casa Bianca (tanto da Bush quanto da Obama), come piani di salvataggio di banche e case automobilistiche.
Per molti giovani è la prima esperienza di protesta politica. La maggior parte sbandiera con entusiasmo la “democraticità” e “spontaneità” del movimento, sperando di poter fare qualcosa, non importa cosa, per cambiare la situazione.
Gli organizzatori di Ows si vantano di non avere né un programma né un’affiliazione politica e neppure un insieme di rivendicazioni prefissate. Ma un programma ce l’hanno: la riforma liberale del settore finanziario del capitalismo. I loro slogan, “Siamo il 99 percento”, “Tassare i ricchi” e “Salvano le banche e svendono noi”, fanno appello al patriottismo e ai presunti valori democratici del paese. Come i loro antenati politici populisti più di un secolo fa, il loro programma consiste nel cercare di eleggere un governo che difenda gli interessi della gente comune contro gli squali di Wall Street.
Il populismo liberale di “Occupy Wall Street” e degli “Indignados” europei, è stato abbracciato dalla sinistra italiana, anche da quelli che si professano marxisti, che hanno scimmiottato acriticamente il programma populista espresso in slogan come “Siamo il 99 percento”, presentandolo come una presa di coscienza rivoluzionaria. Il Partito di alternativa comunista (Pdac), ha paragonato l’effetto di “Occupy Wall Street”, niente meno che alla Rivoluzione russa del 1917: “Il terrore in cui sono piombati politici e padroni statunitensi può essere paragonato a quello stesso clima che attraversò gli States all’indomani della rivoluzione d’Ottobre, quando il fantasma del bolscevismo vittorioso in Russia procurò un bel po’ di palpitazioni ai governi che si succedevano alla Casa Bianca”. Facendo propria acriticamente la politica populista del “movimento” il Pdac conclude che “Eserciti, carrarmati e governi borghesi non potranno resistere a lungo di fronte alle masse se le masse sapranno organizzarsi. Siamo il 99%!” (alternativacomunista.it, 7 dicembre 2011)
L’affermazione che il “99 percento” della popolazione ha gli stessi interessi è falsa. Esiste un fondamentale spartiacque di classe nella società: quello che separa l’esiguo numero di famiglie che possiedono banche e industrie, dalla classe operaia, dal cui lavoro scaturiscono i profitti dei capitalisti. La classe operaia non è semplicemente una vittima tra tante altre dell’austerità capitalista, un tassello del “99 percento”. E’ l’unica forza che ha il potere e l’interesse storico per spazzar via il sistema capitalista e per ricostruire la società sulla base di un’economia pianificata e centralizzata.
Intervenendo nelle mobilitazioni a New York e nel resto del paese, i nostri compagni della Spartacist League e dei Gruppi giovanili spartachisti si sono battuti per conquistarne i militanti alla concezione marxista che lo Stato capitalista non può essere riformato e messo al servizio degli interessi degli operai e dei poveri, ma dev'essere spezzato con la rivoluzione proletaria. Per farla finita con la povertà, l'oppressione e le guerre imperialiste serve il potere operaio a scala internazionale, che apra la via ad una società socialista mondiale. Noi trotskisti ci dedichiamo al compito di costruire una partito operaio rivoluzionario che organizzi e diriga questa lotta. Il nostro modello è il Partito bolscevico di V.I. Lenin e di Lev Trotsky, che guidò gli operai al potere nella Rivoluzione russa dell'ottobre del 1917.
Le nostre concezioni marxiste sono diametralmente opposte al programma di populismo liberale borghese di Ows, avvolto nella bandiera a stelle e strisce che abbiamo visto sventolare così spesso in Zuccotti Park. Durante un’assemblea generale di Ows, un nostro compagno della Spartacist League, è stato contestato quando ha denunciato la presenza della bandiera dell’imperialismo Usa dicendo: “Questa bandiera ha bombardato Hiroshima e Nagasaki! Questa bandiera ha bombardato e invaso il Vietnam! Questa bandiera rappresenta l’oppressione agli occhi dei popoli del mondo!”
Checché ne dicano gli organizzatori di Ows (e i loro fan nella sinistra italiana), la politica che domina le proteste punta dritta all’appoggio al Partito democratico, che è un partito degli sfruttatori capitalisti tanto quanto il Partito repubblicano. Lo stesso presidente Obama ha riecheggiato le rivendicazioni di Ows nei suoi discorsi ad effetto e un funzionario democratico ha detto: “E’ vero, ci sono parecchie assurdità anarchiche, ma nell'insieme a noi democratici piace il loro messaggio su Wall Street e sul senso di responsabilità”, che “assomiglia molto al nostro messaggio”. In effetti, tra gli organizzatori di Ows ci sono veri e propri pilastri del Partito democratico, come MoveOn.org, che mirano a riportare all’ovile gli elettori delusi. Questo non impedisce naturalmente ad alcuni strateghi del Partito democratico di preoccuparsi che l’appoggio alle proteste allontani qualche sostenitore nel mondo della finanza.
Per mobilitare gli operai nella lotta di classe contro l’ordinamento capitalista in decadenza è decisivo battersi per la loro indipendenza politica da tutti i partiti borghesi: democratici, repubblicani o verdi.
Gli organizzatori delle proteste (come diceva un post sul sito di Ows) si dicono “convinti che il sogno americano risorgerà” e chiedono che il governo, cioè il comitato esecutivo dell’intera classe dominante faccia qualcosa di buono, ad esempio che imponga delle regole alle banche. Per dei giovani che cercano risposte rivoluzionarie, questa politica è un vicolo cieco. La democrazia americana è la democrazia della classe capitalista, il cui dominio si basa sullo sfruttamento brutale degli operai, sull’oppressione omicida dei neri e delle altre minoranze e sul dominio imperialista in tutto il mondo. Come disse negli anni Sessanta Malcolm X:
“Sono uno dei ventidue milioni di uomini neri vittime dell’americanismo, uno dei ventidue milioni di vittime della democrazia che non è altro che un’ipocrisia travestita ( ) non vedo nessun sogno americano. Quello che vedo è un incubo americano” (“La scheda o il fucile”, 3 aprile 1964).
Il populismo americano e il Partito democratico
Gli appelli all’uomo qualunque contro i finanzieri hanno una lunga storia nella politica borghese americana. La piattaforma del 1892 del Partito populista bollava “L’epoca della casta”: “il frutto del lavoro di milioni di persone viene proditoriamente rubato per costruire colossali fortune di pochi, una cosa che non ha precedenti nella storia dell’umanità”. I populisti non volevano abolire, solo tenere a freno il despotismo dei “pochi”, ridurre il potere e i privilegi dei magnati dell’industria e della finanza. Il movimento giunse all’apice della sua influenza nel 1896, quando i democratici ne adottarono formalmente gli obiettivi e il leader populista William Jennings Bryan fu il candidato democratico alle presidenziali (vinte dal repubblicano William McKinley).
Inizialmente i populisti costituivano un movimento multirazziale, che comprendeva bianchi poveri, agricoltori neri e piccoli imprenditori. Ma le eroiche lotte dei suoi attivisti nel Sud furono sconfitte quando la classe dominante locale scatenò un’ondata di demagogia e di violenza razzista. Molti leader populisti, come Tom Watson in Georgia, si rivolsero contro i neri poveri abbracciando apertamente il razzismo. Molti lo fecero per ritagliarsi un posticino nel Partito democratico del Sud, che governava il sistema di durissima segregazione razziale di Jim Crow, sulla base del terrore di Stato accompagnato dalla violenza extra legale del Ku Klux Klan. Al contrario, alcuni militanti del movimento populista divennero in seguito figure di spicco del movimento operaio e socialista.
Il movimento populista si sviluppò nel periodo in cui gli Usa si apprestavano ad irrompere sulla scena mondiale come potenza imperialista, uno dei pochi paesi capitalisti avanzati la cui competizione per ritagliarsi delle sfere di sfruttamento nel mondo avrebbe portato a due devastanti guerre mondiali e ad innumerevoli guerre coloniali. L’imperialismo, per citare la descrizione di Lenin, è lo stadio più elevato del capitalismo, in cui l’economia è dominata dai monopoli e in cui il capitale delle banche si compenetra con quello delle corporazioni industriali. Questa concezione è completamente annullata nell’ideologia populista. Come abbiamo scritto in una serie di articoli nel 1997-98, dal titolo “Wall Street e la guerra contro il movimento operaio”:
“Il cuore della concezione populista liberale è l’idea che la classe capitalista si divida per così dire in due classi: quelli direttamente coinvolti nella produzione e nello scambio di merci e di servizi, e quelli il cui reddito deriva da attività finanziarie. I primi li considera almeno in parte progressisti, i secondi completamente reazionari ( ) Gli interessi che accomunano tutti gli elementi della classe capitalista americana, dalle banche d’investimenti di Wall Street alle manifatture del Midwest, dai petrolieri texani ai re dell’agrobusiness californiano, sono qualitativamente maggiori e più importanti delle loro differenze. Tutti aspirano a massimizzare lo sfruttamento della forza-lavoro e a minimizzare i sovraccosti legati all’assistenza sociale governativa”. (Riprodotto nell’opuscolo di Spartacist del 2009 “Karl Marx aveva ragione: L'anarchia capitalista e l'impoverimento della classe operaia”).
Alla base delle proteste populiste, ieri come oggi, vi è la piccola borghesia, uno strato sociale eterogeneo e molto stratificato che include tra gli altri, studenti, professionisti e piccoli imprenditori. La piccola borghesia, che è priva di potere sociale e di una propria prospettiva di classe, è incapace di proporre un'alternativa al capitalismo. Come scrisse il trotskista James Burnham negli anni Trenta (in un periodo di crisi economica e di malcontento delle masse), “Le classi intermedie cercano una via d'uscita dall'impasse in cui versano. Ma da sole non hanno nessuna possibilità di trovarla. Alla fine dovranno schierarsi, nell’insieme o divise, con una delle due classi fondamentali e con il suo programma. Dovranno stare dalla parte della borghesia o da quella del proletariato” (“Il fronte popolare: il nuovo tradimento”, 1937).
Un buon esempio è dato da Adbusters, la rivista canadese che per prima ha fatto appello all'occupazione di Wall Street. Questo gruppo “anti-corporate” ha ricevuto finanziamenti dalla Tides Foundation, una facciata delle fondazioni Ford e Gates. Ma Adbusters non si accontenta di prendere soldi dai pezzi grossi. Gestisce anche il suo bel “capitalismo dal basso”, producendo scarpe da ginnastica che spaccia per “etiche”. Provate a chiedere ad un operaio pachistano che prende il miserabile stipendio minimo locale per produrre scarpe “no logo”, se è più umano spaccarsi la schiena sulla canapa o sul nylon.
Questo movimento non ostacola il funzionamento del sistema basato sul profitto. Ben altra cosa avviene quando gli operai interrompono il flusso dei profitti con gli scioperi o altre azioni di lotta di classe.
Nel 1936-37 gli operai automobilistici occuparono le fabbriche di Flint, nel Michigan, conquistando il riconoscimento del sindacato United Auto Workers, nel contesto di un’ondata di dure lotte operaie che portarono allo sviluppo dei sindacati industriali del Cio. Le lotte di allora furono vere battaglie campali degli operai contro la polizia, i picchiatori dei padroni, i tribunali capitalisti e il governo.
Dopo decenni di sconfitte operaie, la maggioranza dei giovani attivisti vedono la classe operaia come un fattore irrilevante nelle lotte per la giustizia economica. Il terreno di queste sconfitte è stato preparato dai falsi dirigenti burocratici del movimento operaio, che in generale hanno abbandonato i metodi di lotta di classe grazie a cui sono nati i sindacati stessi. Nel loro ruolo di luogotenenti operai dei capitalisti, legano i lavoratori ai loro nemici di classe promuovendo gli interessi dell’imperialismo Usa e appoggiando il Partito democratico.
L'occupazione dello State Capitol nel Wisconsin all'inizio del 2011, è finita con una sconfitta proprio perché la direzione dei sindacati ha rifiutato di usare l'arma dello sciopero, deviando invece le proteste in una campagna (fallimentare) per la revoca dei politici repubblicani. Il risultato è che i sindacati del settore pubblico in Wisconsin sono stati decimati. L'ampiezza della disillusione nei confronti del presidente Obama, che è un democratico ammanicato con Wall Street, ha spinto una fetta dei funzionari sindacali a solidarizzare con le proteste di Ows, in cui vedono uno strumento per resuscitare l'appoggio dei liberali ad Obama nelle elezioni del 2012. Lo stesso impulso guida gli pseudo socialisti del tipo della International Socialist Organization e del Workers World Party, per i quali l'entusiasmo per le proteste di Ows è solo l'ultimo capitolo di una lunga storia di politica di pressione riformista.
La frode della democrazia borghese
Nessun movimento di protesta potrà mai convincere la classe dominante capitalista e i suoi governi a cambiar pelle e ad agire negli interessi del “popolo”. Negli Usa la “democrazia” è stata edificata sulla schiavitù dei neri africani e ancora oggi l’oppressione dei neri resta uno dei pilastri su cui si fonda il sistema capitalista americano. “American Way” si può declinare come genocidio dei nativi americani, ondate di deportazioni di immigrati, scontri sanguinosi con gli operai in sciopero e una lunga lista di barbare guerre in tutto il mondo (l’occupazione dell’Iraq e dell’Afghanistan e i bombardamenti della Libia, sono solo le ultime).
Al contrario degli organizzatori di Ows, che non fanno che parlare di riconquista della democrazia, noi marxisti sappiamo che non esiste democrazia “pura”. Come spiegò Lenin:
“Nello Stato borghese più democratico le masse oppresse urtano ad ogni passo contro la più stridente contraddizione tra l'uguaglianza formale, proclamata dalla 'democrazia' dei capitalisti, e le infinite restrizioni e complicazioni reali, che fanno dei proletari degli schiavi salariati.” (La rivoluzione proletaria e il rinnegato Kautsky, 1918).
Parlando ad Ows, l’ideologa liberal Naomi Klein ha osannato le proteste del 1999 contro la globalizzazione, per la loro ostilità alle multinazionali che a suo dire stavano “diventando più potenti dei governi”, cosa “dannosa per le nostre democrazie”. Il fatto che i governi capitalisti di tutto il mondo siano corsi a salvare banche e industrie fallite durante la crisi dimostra quanto sia falsa l’idea che le multinazionali abbiano soppiantato gli stati nazionali.
Klein sparge illusioni in una mitica età dell’oro della responsabilità “democratica”. La realtà è che per i capitalisti la “democrazia” è solo una maschera dietro cui nascondere la loro dittatura di classe imposta con l’apparato dello Stato: forze armate, poliziotti, tribunali, prigioni.
Le brutalità della polizia e gli arresti quotidiani di manifestanti, sono un assaggio del terrore scatenato ogni giorno contro gli abitanti dei barrios e dei ghetti. Gli organizzatori di Ows non hanno per questo smesso di chiedere ai “poliziotti di base” di “unirsi alla nostra discussione” e di “parlare dei crimini dei vostri capi”. Per gli ideologi di Ows, anche i poliziotti “di base” fanno parte del “99 percento” delle vittime della “casta”. Ma qui non si tratta di “cattiva condotta” dei poliziotti. Tutti i poliziotti, di ogni origine e grado, sono cani da guardia della classe capitalista. Come ha detto un militante della Spartacist League ad un meeting di Ows, “i poliziotti non sono lavoratori. Pestano gli scioperanti, uccidono i neri e arrestano i manifestanti”. I finanzieri di Wall Street non hanno bisogno di scendere in strada personalmente, armati di taser, spray urticante e manganelli, per massacrare di botte i manifestanti, proprio perché hanno a disposizione un esercito di picchiatori prezzolati e addestrati all’uopo.
Apostoli della controrivoluzione “democratica”
Gli ideologi liberal come Naomi Klein e gli accademici pseudo marxisti come Slavoj Zizek, le star delle proteste di Ows, amano strillare contro la Cina che considerano un affronto alla “democrazia”. In questo modo aiutano Wall Street sul piano ideologico.
La Rivoluzione cinese del 1949 rovesciò il dominio capitalista, liberando il paese dal giogo imperialista e introducendo enormi avanzamenti per gli operai, per i contadini e per le donne, profondamente oppresse. Ma la rivoluzione, basata sui contadini, è stata deformata sin dall'inizio, con l'ascesa al potere di un regime nazionalista burocratico simile a quello dell'Unione Sovietica dopo la sua degenerazione sotto Stalin. Oggi, malgrado il notevole rafforzamento dei capitalisti stranieri e indigeni, gli elementi centrali dell'economia cinese restano collettivizzati. La proprietà statale del sistema bancario ha promosso una vasta crescita economica in Cina, soprattutto tramite investimenti nelle infrastrutture. Questo è in netto contrasto con le economie basate sui profitti che dominano il mondo capitalista e che sprofondano nella crisi. Come trotskisti, ci battiamo per la difesa militare incondizionata della Cina contro l'imperialismo e la controrivoluzione interna. Allo stesso tempo, lottiamo per una rivoluzione politica proletaria che rimpiazzi la burocrazia stalinista parassitaria con un governo di soviet (consigli) di operai e di contadini, che si impegni nella lotta per la rivoluzione socialista mondiale.
Le proteste contro Wall Street mostrano la forte impronta dell'ideologia della “morte del comunismo”, propagandata dalla borghesia e dai suoi ideologi a partire dalla restaurazione del dominio dei capitalisti nell'ex Unione Sovietica nel 1991-92. Zizek, che di tanto in tanto lascia cadere una parolina “rivoluzionaria” per darsi arie da “cattivone” nel mondo accademico, ha predicato ai manifestanti di Ows che “il comunismo è stato un fallimento assoluto”. Il succo della sua politica si è visto quando ha festeggiato l'elezione di Obama nel 2008, dicendo che era “un segno di speranza in un'epoca altrimenti oscura”.
Un indice della politica borghese che definisce le proteste di Ows è l'invito esteso da uno degli organizzatori all'ex presidente polacco Lech Walesa perché parlasse a Zuccotti Park. Walesa fu il principale dirigente di Solidarnosc, formatosi nel 1980 sulla base di scioperi operai nello Stato operaio deformato polacco, ma che adottò quasi subito un programma apertamente controrivoluzionario che chiedeva la restaurazione del dominio capitalista. Solidarnosc fu l'unico “sindacato” amato da gente come il presidente di destra degli Usa Ronald Reagan e la sua collega inglese Margaret Thatcher. Con l'appoggio degli Usa e degli imperialisti europei, dei burocrati sindacali filocapitalisti e della Chiesa cattolica, Solidarnosc divenne la principale forza della controrivoluzione in Polonia. All'epoca denunciammo Solidarnosc come sindacato aziendale della Cia, dei banchieri e del Vaticano. Il governo capeggiato da Walesa, salito al potere nel 1989, smantellò l'economia collettivizzata e attuò un “trattamento shock” in economia, che distrusse in pratica le conquiste sociale di cui i polacchi avevano goduto sotto lo Stato operaio deformato (cure sanitarie praticamente gratuite, abitazioni sussidiate a basso costo, pensioni sufficienti per vivere). In linea coi “valori famigliari” cattolici, il diritto all'aborto gratuito e assistito fu abolito.
Oggi bisogna motivare le basi fondamentali del marxismo autentico contro la prevalente, falsa identificazione del collasso dello stalinismo col fallimento del comunismo. Contro chi spaccia la “morte del comunismo” e le illusioni nella “riforma” del capitalismo, noi marxisti rivoluzionari diciamo la verità: l'unica via per eliminare la penuria economica è la lotta per nuove rivoluzioni d'Ottobre. Non ci illudiamo che sia una strada facile. Ma se non la rovesciamo, l'anarchia distruttrice del modo di produzione capitalista trascinerà l'umanità nella barbarie. Il compito fondamentale è forgiare un partito leninista d'avanguardia, lo strumento necessario a portare la coscienza rivoluzionaria al proletariato.