Spartaco n. 72 |
Marzo 2010 |
Il Socialist Party/Cwi glorifica gli scioperi reazionari contro i lavoratori stranieri. La sinistra italiana si unisce al coro.
Abbasso le campagne scioviniste contro i lavoratori stranieri!
Riproduciamo di seguito un articolo tratto da Workers Hammer n. 208, autunno 2009, il giornale della Spartacist League/Britain, sezione britannica della Lega comunista internazionale (quartinternazionalista), che tratta di scioperi reazionari contro l’utilizzo di manodopera straniera nell’industria edile in Gran Bretagna all'inizio del 2009.
Lo scorso agosto, Keith Gibson, il dirigente del Socialist Party (Sp), che era membro del comitato di sciopero a Lindsey, ha parlato in Italia al meeting nazionale organizzato dalla Rete 28 aprile della Cgil. Gibson ha lodato Giorgio Cremaschi (leader della Rete 28 aprile) per aver dichiarato che, se i lavoratori italiani avessero ricevuto salari più bassi, allora lo sciopero sarebbe stato giusto! Questo sciopero non mirava ad ottenere parità di retribuzione per i lavoratori stranieri, ma assicurarsi che i posti di lavoro fossero assegnati con priorità ai lavoratori britannici. Mentre il Sp ha cercato di abbellire lo sciopero, la realtà è evidente: uno degli slogan della direzione dello sciopero era che i sindacati si facessero carico delle assunzioni, utilizzando elenchi di lavoratori qualificati disoccupati locali. “Locali” significa: “esclusi gli immigrati”. In Italia come in Gran Bretagna, una parte della sinistra ha elogiato il Sp per il suo “internazionalismo”, che in realtà consisteva nel nascondere il contenuto reazionario dello sciopero, e ha salutato il risultato come una “vittoria”, anche se questo significava che oltre cento posti di lavoro previsti per i lavoratori italiani sono stati destinati ai lavoratori britannici.
Il Socialist Party è un'organizzazione riformista basata in Gran Bretagna, il cui predecessore politico, il Militant, è rimasto sepolto per decenni nel Partito laburista, e fa parte del Committee for a Workers’ International (Cwi). In Italia il Cwi opera all’interno di un gruppo chiamato Controcorrente, che si autodefinisce la “sinistra di Rc”, e pubblica Resistenze. Dal 20 al 22 novembre dello scorso anno, il Cwi ha organizzato un evento a Genova, durato un fine settimana, chiamato “Per una sinistra che lotta. Italia, Europa. Esperienze a confronto”. Lo scopo era quello di offrire una piattaforma ai rimasugli politici generati dalla decomposizione di Rc, al fine di trovare una base per l'unità, non per la lotta di classe, ma per le prossime elezioni regionali. Con la rappresentatività elettorale di Rifondazione comunista crollata al 3 percento, le organizzazioni satelliti sono alla ricerca di un veicolo politico per i loro progetti riformisti. A tal fine, cercano di far avanzare Rc o almeno di corteggiarla come un potenziale partner in un futuro blocco.
Il Socialist Party contava sulla sua “eroica” lotta di classe in Gran Bretagna, cioè la direzione di scioperi sciovinisti, e pensava di poter trovare a Genova la strada spianata per le sue manovre. Perciò, avevano fatto arrivare da Dublino Joe Higgins, membro del Socialist Party al Parlamento europeo in rappresentanza dell’Irlanda. Due compagni della Ltd'I sono stati in grado di rompergli le uova nel paniere distribuendo sotto forma di volantino l'articolo che riproduciamo a seguito. Mentre i leader delle organizzazioni della “sinistra” che hanno parlato, Andrea Fioretti dei Comunisti uniti, Marco Rizzo dei Comunisti-sinistra popolare, Franco Turigliatto di Sinistra critica, Marco Veruggio di Controcorrente hanno appoggiato tali scioperi, che secondo Veruggio erano “bellissimi”, molti dei partecipanti hanno acquistato il nostro giornale Spartaco e sono rimasti inorriditi di una cosiddetta “sinistra”, disposta a dirigere o sostenere una mobilitazione sciovinista.
Il sistema capitalista si basa sullo sfruttamento brutale del lavoro, e la classe dirigente infiamma le ostilità razziali ed etniche per mantenere la classe operaia divisa e garantire in tal modo maggiori profitti. Con una grave recessione globale, la lotta per accaparrarsi un numero decrescente di posti di lavoro è ancora più intensa. Questa competizione è particolarmente acuta in settori come l'edilizia (e l’agricoltura, si veda l'articolo di prima pagina) dove sono endemici lavori temporanei e precari, spesso svolti da immigrati. Per opporsi ai tentativi da parte dei padroni di livellare verso il basso salari e condizioni di lavoro, comprese le norme di sicurezza, di tutti i lavoratori mettendo l’una contro l’altra nazionalità diverse, è necessario che i sindacati rivendichino: Piena paga sindacale per tutte le mansioni alle migliori condizioni esistenti, non importa chi fa il lavoro! A uguale lavoro, uguale salario! Per una settimana lavorativa più corta senza perdita di retribuzione! Organizzare i non organizzati!
Nel giugno dello scorso anno i padroni hanno montato un attacco contro il sindacato edile in Gran Bretagna, con licenziamenti di massa, in particolare di attivisti sindacali. I lavoratori hanno correttamente risposto con potenti scioperi di solidarietà in difesa del sindacato. Ma la politica protezionista della direzione sindacale sulla redistribuzione dei posti di lavoro esistenti in base alla nazionalità del lavoratore, mina la forza dei sindacati. Nel febbraio dell’anno scorso, durante una protesta alla centrale elettrica di Staythorpe, in costruzione nell’Est dell'Inghilterra, contro il fatto che posti di lavoro erano stati assegnati in primo luogo a lavoratori spagnoli e polacchi, alcuni manifestanti hanno scandito lo slogan “via gli stranieri!” Questo è stato un segnale per i padroni che si son sentiti autorizzati a fare quello che volevano con i lavoratori stranieri. Così, quando il sindacato Unite ha fatto un’indagine sui salari tra aprile e dicembre 2009, è risultato che i lavoratori italiani della centrale, in subappalto all’azienda italiana Cmn erano pagati molto meno dei lavoratori impiegati direttamente dalla società britannica. Il segretario generale del sindacato, Les Bayliss, ha dichiarato che Unite era “sul piede di guerra” con la società. “Unite non permetterà ai datori di lavoro di cavarsela se rompono gli accordi firmati e sottopagano i lavoratori, indipendentemente dalla nazionalità” (Guardian.co.uk). Queste sono belle parole su ciò che il sindacato “non permetterà”. Ma le mobilitazioni per “posti di lavoro britannici” o “posti di lavoro locali” per lavoratori britannici, ha inviato un chiaro messaggio ai padroni italiani e britannici, che avrebbero potuto impunemente utilizzare la tattica del divide et impera contro la forza lavoro.
In Italia, il tasso ufficiale di disoccupazione nel mese di novembre 2009 è stato l’8,3 percento, il più alto dal marzo 2004 (la cifra è artificialmente ridotta dalle statistiche e la disoccupazione in realtà potrebbe raggiungere il 16,8 percento (circa 4,7 milioni di persone). L'economia della Gran Bretagna, si sta sistematicamente deindustrializzando ed è stata pesantemente colpita dalla crisi, con milioni di famiglie profondamente indebitate e che rischiano di perdere le loro case; il tasso di disoccupazione giovanile è del 19,8 percento, e circa la metà dei giovani delle minoranze sono senza alcun tipo di lavoro. Mentre centinaia di migliaia di operai edili sono stati licenziati, il numero di unità abitative in costruzione è al minimo storico. E la crisi delle abitazioni non è meno grave in Italia dove senzatetto continuano a morire per il gelo. Per respingere gli attacchi ai posti di lavoro e ai salari, si potrebbe considerare ovvio che i lavoratori si uniscano a livello internazionale e che i settori della classe operaia più forti e meglio organizzati lottino in difesa dei settori più vulnerabili. Ma la direzione sindacale esistente, persino quando organizza scioperi difendibili a difesa dei posti di lavoro o a difesa del sindacato, cerca di collaborare con la borghesia nazionale per difendere la profittabilità del capitalismo del proprio paese.
Ciò include abbracciare una politica di protezionismo, che è un’opzione possibile per la borghesia, ma è veleno per la lotta della classe operaia.
L'industria automobilistica è un esempio chiaro di come la politica fallimentare del protezionismo ha consentito ai capitalisti di rimodellare l'industria per massimizzare i profitti, provocando licenziamenti di massa e un significativo indebolimento di quelli che erano sindacati forti. In azioni per lo più difensive, i lavoratori in tutta Europa e negli Stati Uniti si sono mobilitati in difesa della sopravvivenza loro e delle loro famiglie. Molte proteste, come l'occupazione del tetto della Fiat di Termini Imerese a temperature sotto lo zero nel gennaio scorso, erano espressione della loro disperazione. Ma dalla Rover alla GM/Opel a Chrysler/Fiat, i leader sindacali hanno deragliato e minato queste lotte, in primo luogo attraverso politiche protezionistiche. In una dichiarazione della Fiom Cgil siciliana, il segretario generale, Giovanna Marano ha affermato riferendosi alla Fiat: “Vuol far pagare l'Italia le scelte strategiche nel mondo” (Liberazione, 13 gennaio). A Prato, uno dei principali centri dell’industria tessile italiana, Cgil, Cisl e Uil, insieme agli industriali locali e alle istituzioni borghesi, l’anno scorso hanno organizzato una manifestazione in difesa del “Made in Italy”, dove è stata srotolata una gigantesca bandiera italiana lunga oltre un chilometro.
Questa politica lega i lavoratori italiani alla borghesia e allo Stato capitalista italiano e mina la loro capacità di combattere insieme ai loro fratelli di classe provenienti da altri paesi, indebolendo i sindacati e riducendo la coscienza di classe.
Per mobilitare la classe operaia, compresa la sua componente di immigrati, in difesa dei posti di lavoro e dei livelli di vita, è necessaria una direzione di lotta di classe dei sindacati forgiata come parte della lotta per un partito leninista “tribuno del popolo”. Questo partito deve essere costruito sulla base della comprensione marxista che gli interessi della classe capitalista e quelli della classe operaia sono irrimediabilmente contrapposti. La classe operaia non può “impossessarsi” dell’apparato statale borghese, che esiste per difendere il potere e i profitti della borghesia, deve rovesciare l'ordine capitalista attraverso una rivoluzione socialista e sostituirlo con un governo operaio, che istituisca un’economia collettivizzata e pianificata, che produca per i bisogni umani e non per il profitto. Il ruolo delle organizzazioni riformiste è quello di mascherare la natura della dittatura del capitale, presentare lo Stato borghese come neutrale e convincere la classe operaia che un governo più “sociale” potrebbe agire nei loro interessi e negli interessi degli oppressi. Il compito strategico delle sezioni della Lci come la Lega trotskista d'Italia, è quello di forgiare un partito leninista-trotskista, scindendo i partiti riformisti di massa e conquistando la loro base operaia al nostro programma. Al contrario, l’obiettivo degli pseudotrotskisti del passato, come il Socialist Party e i suoi sostenitori in Italia, è quello di costruire nuove formazioni elettorali per mantenere e rafforzare le illusioni nel riformismo parlamentare. Tali “nuovi” partiti e le loro alleanze agiscono come ostacoli alla costruzione di partiti rivoluzionari.
L’insabbiamento cinico è il segno distintivo di queste organizzazioni; a Genova questo atteggiamento è stato catturato in modo grottesco da Giuliana Sanguineti del Pcl, che ha criticato i precedenti oratori per aver dimenticato come si faccia autocritica (riferendosi al loro sostegno o partecipazione ai governi antioperai di fronte popolare). Naturalmente, “dimenticandosi” di includere il Pcl tra quelli che hanno fatto la stessa cosa! Per citare solo Genova, il Pcl ha chiesto un voto al secondo turno per Pericu, sindaco dell’Ulivo nel periodo 1997-2007. La nostra compagna ha spiegato che noi marxisti non appoggiamo mai, per principio, le alleanze elettorali con i partiti borghesi, né sosteniamo partiti operai che partecipano a tali alleanze. Questi fronti popolari, sono contrapposti alla lotta di classe, poiché la classe operaia perde la sua indipendenza, viene incatenata alla borghesia. Il Pdci di Rizzo era nel governo D’Alema, che ha bombardato la Serbia; Turigliatto ha votato la fiducia al governo Prodi molte volte, anche quando ha inviato truppe in Afghanistan. Malgrado tutti i loro discorsi occasionali di “indipendenza” dalla borghesia, queste organizzazioni si mobilitano ora per l’obiettivo di “cacciare Berlusconi”, che significa allearsi con tutte le forze borghesi che vogliono un'altra strategia o prospettiva per il capitalismo italiano. Mentre alcuni possono non volere una formale alleanza con il Pd in questo momento, ciò è visto come una questione tattica, reversibile se opportuna a “rafforzare la sinistra”. Ma come Leone Trotsky, fondatore della Quarta internazionale, spiegava: “Il fronte popolare è il crimine più grande”.
Durante il fine settimana, c’è stato molto interesse per l'articolo di Spartaco n.71, “Abbasso le cariche esecutive dello Stato capitalista! Principi marxisti e tattiche elettorali”. In questo articolo spieghiamo che, mentre i leninisti possono candidarsi a cariche legislative in un parlamento borghese (si pensi a Karl Liebknecht che, membro del Reichstag, finì in carcere per il suo rifiuto a votare per i crediti di guerra che consentirono al Kaiser di iniziare la Prima guerra mondiale), è senza principi assumere o candidarsi a cariche esecutive nell'amministrazione dello Stato borghese. Se qualcuno che pretende di rappresentare la classe operaia si candida per una tale carica, sia essa sindaco, assessore o Primo ministro, questo significa assumersi la responsabilità per decisioni e azioni che rientrano nel quadro del capitalismo, cioè guidate dal profitto e in difesa della proprietà privata. Ma tali principi chiari, ostacolano le ambizioni delle code “di sinistra” di Rifondazione. Marco Veruggio di Controcorrente ha presentato come modello il Npa francese e Die Linke in Germania, un’organizzazione che fa parte dell’Amministrazione della città di Berlino e dello Stato del Brandenburgo, licenziando lavoratori e chiudendo ospedali. In Gran Bretagna, il Socialist Party (chiamato all’epoca Militant) è rinomato per il fatto che nel 1985, nel corso di una crisi finanziaria della decrepita città di Liverpool, che loro amministravano, hanno preparato lettere di licenziamento da mandare a tutti i 31 mila lavoratori comunali. Eppure ancora oggi decantano la loro esperienza a Liverpool come l’“ora più bella”. La proposta di Veruggio si può descrivere così: se si potessero mettere Ferrando, Turigliatto e Rizzo in una stanza insieme e questi si asciugassero le lacrime di coccodrillo per la loro delusione nei confronti di Rc, forse si potrebbe fare qualcosa insieme e coinvolgere altre forze (sindacalisti), che a loro volta attrarrebbero ulteriori forze, i giovani. L'obiettivo sarebbe quello di “portare la gente alla politica”, in realtà riportare coloro che sono giustamente delusi dalla politica antioperaia di Rc e delle sue code all'ovile in un nuovo “progetto politico” riformista.
Quando la nostra compagna ha parlato, ha condannato il sostegno dato agli scioperi reazionari in Gran Bretagna da parte dei cosiddetti gruppi di sinistra. Ha anche spiegato che la richiesta di nazionalizzazioni, nel modo in cui è sollevata da organizzazioni come il Pcl, Falcemartello e la Cwi/Con-trocorrente, è puramente riformista. La loro richiesta, che le imprese in fallimento siano nazionalizzate, significa che i lavoratori dovrebbero farsi carico dei debiti dei capitalisti! La nazionalizzazione delle vittime della concorrenza capitalistica non ha nulla in comune con l'espropriazione socialista dei mezzi di produzione fatta da un governo operaio.
In Italia, vi sono state ondate di nazionalizzazioni: ai tempi di Mussolini, nell’immediato secondo dopoguerra, nel corso degli anni Sessanta. Settori strategici come l’energia, la finanza, i trasporti, sono stati per lunghi anni in gran parte controllati dallo Stato. I vecchi proprietari capitalisti hanno ricevuto lauti compensi per queste nazionalizzazioni, ma i lavoratori non ne hanno affatto beneficiato, né i consumatori, che non hanno avuto tariffe più basse.
Scagliandosi contro gli schemi riformisti di nazionalizzazione, la nostra compagna ha sottolineato che gli interessi della classe operaia e di tutti gli oppressi possono essere pienamente realizzati solo attraverso la rivoluzione socialista. Ma gli effetti della controrivoluzione capitalista in Unione Sovietica e nell'Europa orientale e, soprattutto, il sostegno dato ad essa dalle organizzazioni riformiste come il Cwi, hanno rigettato indietro la coscienza di classe dei lavoratori, che non identificano più le loro lotte con l'obiettivo liberatorio del socialismo. A Lindsey, abbiamo visto un esempio di come queste organizzazioni si adattano e rinforzano la coscienza arretrata della classe operaia. A Genova, Joe Higgins ha aperto il suo discorso spiegando con orgoglio che il Socialist Party non usa il termine “comunista”. Questo non è altro che un impegno preso nei confronti della venale borghesia britannica e del Partito laburista di non avere nulla a che vedere con la Rivoluzione russa. Per il suo sciovinismo e il lealismo al Partito laburista, il Socialist Party è conosciuto in Irlanda come i “socialisti di Sua Maestà”.
Dimostrando una fede commovente nello Stato capitalista, il Socialist Party sostiene che i poliziotti sono “lavoratori in divisa”, le cui “lotte” (per ottenere un miglior compenso per spaccare le teste ai militanti di sinistra e deportare gli immigrati?) devono essere sostenute. Nel 2008 sono stati orgogliosi di aver sostenuto le guardie di sicurezza presso l'aeroporto di Belfast, uno dei quali era stato una guardia carceraria ai famigerati H-Block di Belfast. L'anno scorso si sono vantati di aver reclutato alla loro organizzazione il capo dell'associazione degli agenti di custodia in Gran Bretagna, Brian Caton! Nei loro tentativi di creare un gruppo in Italia, questo potrebbe non giovargli. Come la nostra compagna ha detto, “Siamo a Genova, la città dove è stato ucciso Carlo Giuliani. I poliziotti sono appena stati assolti, mentre molti militanti di sinistra marciscono in prigione.” Tuttavia, tutte le organizzazioni che partecipa-vano al meeting di Genova respingono la lotta per la ditta-tura del proletariato guidata da un partito rivoluzionario di avanguardia, a favore dei giochi della politica parlamentare borghese.
A conferma di questa prospettiva, Joe Higgins ha dato fiato al suo discorso facendo appello ad “un nuovo partito di massa della classe operaia per riempire il vuoto” e ha detto che è “importante che i marxisti siano organizzati all'interno di quel partito di massa per portare il dibattito”. Scoprendo le carte, ha offerto i suoi servigi al Parlamento europeo per aiutare Rc ad avere una voce in quel nobile consesso. Che l'esito sia una “nuova” Rifondazione, o lo stesso animale con un altro nome, è l'ultima cosa di cui i lavoratori e gli oppressi in Italia o altrove hanno bisogno per condurre le loro lotte. Sarebbe un ulteriore ostacolo alla lotta per la rivoluzione socialista internazionale.
Gran Bretagna:
Abbasso la campagna sciovinista contro i lavoratori stranieri!
Difendere i sindacati del settore edile!
Londra, 28 giugno - La scorsa settimana, potenti scioperi di solidarietà dei lavoratori edili di molte centrali elettriche e raffinerie inglesi hanno sconfitto le manovre antisindacali dei padroni e ottenuto la riassunzione di circa 647 operai edili impiegati alla raffineria di Lindsey, nel Lincolnshire, gestita dal colosso petrolifero Total. Questi operai erano stati licenziati il 18 giugno per aver scioperato contro il licenziamento, da parte di una ditta appaltatrice, di 51 lavoratori che, secondo il giornale britannico Socialist Worker [20 giugno] erano, “delegati, attivisti o iscritti al sindacato”. Contemporaneamente un’altra ditta appaltatrice ha assunto circa 60 lavoratori con qualifiche quasi identiche a quelle dei licenziati. I licenziamenti sono stati visti giustamente come un attacco al sindacato e hanno provocato scioperi di solidarietà in vari cantieri in Inghilterra, Galles e Scozia, una dimostrazione di solidarietà che sembra aver costretto i padroni a fare marcia indietro.
Gli scioperi di solidarietà erano necessari per difendere l’esistenza dei sindacati e il loro esito è stato sicuramente a vantaggio dell’insieme della classe operaia. Allo stesso tempo, in questi cantieri i sindacati stanno promuovendo una campagna sciovinista contro i lavoratori stranieri che può solo alimentare attacchi razzisti contro gli immigrati ed è letale per la coscienza di classe e la solidarietà tra operai. Questa crociata, che schiera gli operai britannici contro i loro fratelli di classe di altri paesi, mina la capacità di lotta dei sindacati ed è dannosa per gli interessi dell’intera classe operaia multietnica. I padroni cercheranno sempre di sfruttare ogni divisione tra lavoratori per attaccarli tutti nel loro insieme. La campagna sciovinista contro i lavoratori stranieri fornisce ai padroni un’arma in più contro i sindacati.
A partire da gennaio, gli operai edili della raffineria di Lindsey hanno inscenato una serie di scioperi reazionari contro operai italiani e portoghesi, usando lo slogan “lavoro britannico ai lavoratori britannici”, grido di battaglia storicamente associato ai fascisti. Tra i dirigenti di questi scioperi c’era Keith Gibson, militante di spicco del sindacato Gmb e del Socialist Party.
Il Socialist Party ha cercato di mascherare questa rivendicazione e nasconderla sotto il tappeto. Durante gli scioperi di gennaio, la rivendicazione “lavoro britannico ai lavoratori britannici” si è trasformata nella richiesta di riservare i posti di lavoro “locali” ai lavoratori “locali”, ma la sostanza non cambia. Questi scioperi e proteste reazionarie sono stati appoggiati con entusiasmo da giornali ferocemente antisindacali e anti-immigrati come il Daily Mail e dai fascisti del British National Party (Bnp). L’esito degli scioperi di gennaio a Lindsey parla da solo: più di 100 posti di lavoro che sarebbero dovuti essere assegnati a lavoratori italiani sono stati assegnati a lavoratori inglesi.
Fin dall’inizio noi abbiamo insistito sul fatto che la lotta contro il veleno protezionista è di importanza vitale per gli interessi di tutti i lavoratori. Contrariamente alla maggioranza della sinistra, ci siamo opposti agli scioperi di gennaio a Lindsey, scrivendo in « Abbasso gli scioperi reazionari contro i lavoratori stranieri ! (Workers Vanguard n. 930, 13 febbraio):
“Gli scioperi non miravano ad ottenere più posti di lavoro, né alcuna conquista per la classe operaia nel suo insieme e neppure a difendere posti di lavoro esistenti. Puntavano solo a ridividere un bacino di posti di lavoro esistenti in base alla nazionalità dei lavoratori. Questi scioperi reazionari, che hanno schierato degli operai britannici contro lavoratori stranieri e immigrati, sono dannosi per gli interessi della classe operaia multietnica in Gran Bretagna e degli operai di tutt’Europa”.
La politica reazionaria di questa crociata è condivisa dalle direzioni laburiste dei sindacati Unite e Gmb, che hanno imbracciato questa crociata patriottica con la stessa naturalezza con cui hanno adottato la razzista “guerra al terrorismo” del Partito laburista, nel cui mirino ci sono i musulmani.
La questione fondamentale per il movimento sindacale non deve essere quella di chi viene assunto da un’azienda appaltatrice, ma a quale salario e a quali condizioni. Il modo per sconfiggere i tentativi dei padroni di “livellare al ribasso” i salari e le condizioni di lavoro (non ultima la sicurezza) di tutti gli operai, usando una nazionalità contro l’altra, è che i sindacati rivendichino: salario contrattuale pieno per qualsiasi impiego stabilito in base ai livelli salariali migliori, indipendentemente da chi svolge il lavoro! A uguale lavoro uguale salario! Bisogna mobilitare la classe operaia multietnica contro il governo laburista di Gordon Brown, in una lotta per un posto di lavoro per tutti tramite la riduzione della settimana lavorativa a parità di salario, e lanciare una campagna di sindacalizzazione per attrarre tutti gli operai nelle fila del sindacato, compresi quelli che fanno i lavori più pericolosi e mal pagati.
La campagna sciovinista anti-immigrati cade in mezzo alla recessione mondiale, in cui si assiste all’ascesa di un violento razzismo anti-immigrati. Ne è un esempio raggelante il recente attacco dello Stato contro i lavoratori immigrati delle pulizie della Scuola di studi africani e orientali (Soas) di Londra. Il 12 giugno, alle 6 e mezzo di mattina, quando i lavoratori delle pulizie si sono presentati ad un’assemblea convocata per discutere delle condizioni di lavoro, questi lavoratori vulnerabili e mal pagati sono stati vergognosamente attaccati da 40 poliziotti dell’immigrazione in tenuta antisommossa, che si erano nascosti nell’edificio. Molti sono stati deportati o in attesa di esserlo, la maggioranza verso l’America latina, per il solo “crimine” di essersi iscritti al sindacato Unison.
Tra i principali capri espiatori della crisi economica generata dal sistema capitalista ci sono gli immigrati dell’Europa dell’est. Questo mese a Belfast ad esempio, più di 100 immigrati rumeni, in maggioranza rom, sono stati cacciati dalle loro case da squadracce razziste che hanno attaccato anche un presidio in appoggio agli immigrati. Queste atrocità dimostrano la necessità vitale che i sindacati difendano i lavoratori immigrati! Per poter mettere in campo la forza dei sindacati in difesa degli immigrati, bisogna lottare per porre fine agli scioperi reazionari contro i lavoratori stranieri nei cantieri edili! Abbasso gli attacchi razzisti contro i lavoratori immigrati! No alle deportazioni! Abbasso le limitazioni all’impiego di operai comunitari dei paesi dell’Europa dell’Est! Pieni diritti di cittadinanza per tutti gli immigrati!
Per mobilitare la classe operaia in difesa degli immigrati serve una direzione di lotta di classe dei sindacati, forgiata come parte della lotta per costruire un partito leninista che agisca da “tribuno del popolo”. Un partito costruito in opposizione alle attuali burocrazie sindacali e pseudo socialiste, come il Socialist Party che sostiene che sin dall’inizio gli scioperi non erano rivolti contro i lavoratori stranieri. Ma la verità è sotto gli occhi di tutti. Il 24 febbraio a Newark, nel Nottinghamshire, ad una manifestazione di protesta contro l’assegnazione di posti di lavoro ad operai spagnoli e polacchi alla centrale elettrica di Staythorpe, una parte dei manifestanti gridava “via gli stranieri”. Il mese scorso a Milford Haven, nel Galles del Sud, un altro sciopero anti-immigrati ha avuto come risultato il licenziamento di circa 40 operai polacchi. Secondo quanto riportato dal sito del Guardian di Londra (21 maggio), lo sciopero si è risolto quando “il datore di lavoro, l’olandese Hertel, ha acconsentito ad allontanare 40 polacchi e a sostituirli con personale britannico al terminal di proprietà della ExxonMobil e della Total”. Pur ammettendo che “Hertel ha inviato ai media un fax secondo cui gli operai polacchi sono stati allontanati dal cantiere”, il Socialist Party ha minimizzato il fatto con la scusa che “questa non è mai stata una rivendicazione del sindacato”. Il Socialist Party ha proclamato che anche questa era una “vittoria” ammettendo che gli operai britannici “non erano contrari al fatto che i lavoratori polacchi [addetti alla posa di isolanti] possano trovare lavoro nel cantiere, a condizione che prima sia dia la possibilità di lavorare ai posatori locali, come da accordi sindacali” (Socialist, 28 maggio 3 giugno).
Dopo aver fatto propria la campagna reazionaria contro i lavoratori stranieri, adesso i burocrati sindacali di Unite e Gmb stanno conducendo un referendum sullo sciopero che ricondurrà futuri scioperi sotto le condizioni delle leggi anti-sindacali. La dichiarazione di Unite per giustificare le azioni di sciopero, ripete la pretesa secondo cui gli operai britannici sono vittime di discriminazione : “I lavoratori britannici vogliono il giusto accesso ai progetti edilizi nel Regno Unito” e insinua che “proprio nel momento in cui il settore edilizio infrastrutturale può offrire ai lavoratori impieghi qualificati, i lavoratori britannici si vedono escludere da queste possibilità di lavoro” (unitetheunion.com).
Come abbiamo detto, a gennaio né a Lindsey né a Staythorpe era stato licenziato un singolo operaio britannico. Abbiamo anche ribadito che finché gli operai non si saranno impadroniti del potere statale, il proletariato non sarà in posizione di occuparsi dei flussi e riflussi nelle migrazioni di manodopera, che sono soggetti in genere all’economia mondiale.
La prospettiva di un protrarsi degli scioperi ha fatto infuriare i padroni dei cantieri, furibondi per il ritardo di progetti come l’impianto di desolforazione di Lindsey, che per loro implica un aumento delle spese. Gli scioperi potrebbero disturbare anche importanti progetti infrastrutturali come le nuove centrali elettriche della rete ferroviaria di Londra. Il Financial Times ha descritto così il conflitto alla base degli scioperi: “La disoccupazione è un fattore fondamentale di questi conflitti. L’edilizia è un’industria ciclica e il 25-30 percento dei suoi 30.000 operai sono disoccupati dopo la fine di vari progetti negli ultimi mesi. Ci sono più di 1.500 operai stranieri nei cantieri britannici, ed è questo che ha alimentato gli scioperi” (ft.com, 19 giugno). I sindacati devono difendere i lavoratori immigrati!
I nostri articoli hanno messo in guardia che qualsiasi mobilitazione degli operai sulla base del protezionismo avvelena la coscienza di classe e fa il gioco dei fascisti. Nelle recenti elezioni al parlamento europeo, i fascisti del Bnp hanno conquistato due seggi, mentre lo UK Independence Party, un partito populista di destra, ha superato il disastrato partito laburista, che è diventato il terzo partito. Noi abbiamo fatto appello a non dare nessun voto alla lista di No2EU [No all’Unione Europea], guidata dal dirigente del sindacato dei ferrovieri Rmt, Bob Crow, in alleanza col Socialist Party ed altri. No2EU si presentava come alternativa “di sinistra” al Bnp, ma si basava essenzialmente sull’appoggio agli scioperi anti-stranieri di Lindsey, la crociata per il “lavoro ai britannici” che il Bnp cercava di cavalcare. Un presidio di protesta organizzato il 6 maggio davanti al cantiere per le Olimpiadi del 2012 di Stratford, a Londra, cui hanno parlato Bob Crow e Keith Gibson, era un’orgia di protezionismo nazionalista. Molti manifestanti erano stati portati a Londra da Lindsey, alcuni con cartelli che dicevano “Lavoro britannico ai lavoratori britannici” o “Giustizia per i lavoratori britannici”. Una provocazione, dato che proprio da quel cantiere delle Olimpiadi sono stati cacciati 200 lavoratori rumeni nella stretta anti-immigrati degli ultimi mesi.
Noi marxisti ci opponiamo all’Unione Europa, un blocco commerciale tra imperialisti ed uno strumento tramite cui le classi capitaliste europee cooperano contro la classe operaia e le minoranze immigrate dei relativi paesi. La nostra opposizione si basa sull’internazionalismo proletario, che è l’esatto contrario dell’opposizione nazionalista della “Piccola Inghilterra” all’Unione europea, che è il marchio di fabbrica del riformismo laburista vecchia maniera, cui sono legati il Socialist Workers Party (Swp) e il Socialist Party. Le arie “socialiste” che si dava il laburismo vecchia maniera, si basavano solo su di un impegno a nazionalizzare l’industria sotto il capitalismo, una politica intrinsecamente protezionista. Le vaste nazionalizzazioni industriali attuate dal governo laburista di Clement Attlee nel secondo dopoguerra non avevano nulla a che fare col socialismo, ed erano anzi un “pacchetto di salvataggio” del capitalismo britannico in grave declino di fronte ai suoi rivali.
L’Swp ha criticato la crociata contro i lavoratori stranieri, scrivendo ad esempio (27 giugno) che: “Il giornale Socialist Worker ha sempre insistito con fermezza che questo slogan divide, alimenta il razzismo e schiera gli operai gli uni contro gli altri”. Ma è solo una maschera per l’effettivo appoggio dell’Swp agli scioperi reazionari, concretizzatosi in una petizione che dice chiaramente: “Noi appoggiamo le richieste del comitato di sciopero della raffineria di Lindsey” (“Unite to Fight for Jobs Petition”, petitiononline.com). Tra queste c’era la rivendicazione della “Registrazione, sotto controllo sindacale, dei disoccupati locali e dei locali membri qualificati del sindacato, con diritto di assunzione appena si liberano posti di lavoro”: solo un altro modo di dire “lavoro britannico ai lavoratori britannici”. L’appoggio a questi scioperi da parte della burocrazia sindacale, dell’Sp e dell’Swp, deriva dal loro programma riformista, che accetta il quadro del nazionalismo contro l’internazionalismo proletario. Non hanno risposta alla crisi capitalista mondiale che non sia quella di schierarsi a difesa del capitalismo britannico. Praticamente in tutti i principali paesi capitalisti, i vertici sindacali hanno reagito a licenziamenti di massa e disoccupazione, con lo sciovinismo e la richiesta di aumentare il protezionismo. Come abbiamo scritto in “Abbasso gli scioperi reazionari contro i lavoratori stranieri”:
“Per la borghesia protezionismo e ‘libero scambio’ sono solo strade diverse da perseguire, ma per il proletariato il protezionismo è velenoso. E’ un classico mezzo con cui incanalare lo scontento per i licenziamenti nell’ostilità verso lavoratori stranieri e immigrati, seminando illusioni nella benevolenza dei ‘propri’ capitalisti ( ) Non vi è altra risposta ai cicli di crisi e ripresa del capitalismo che non sia una rivoluzione socialista proletaria che strappi il potere dalle mani della classe capitalista dominante, con la sua irrazionalità, e lo sostituisca con un’economia socializzata e pianificata. Solo la costruzione di un ordine socialista mondiale può eliminare i problemi secolari della povertà, della penuria e del bisogno”.
Noi cerchiamo di costruire un partito operaio rivoluzionario multietnico, forgiato nell’opposizione al laburismo, che rovesci l’ordine capitalista inglese insozzato di sangue e lo sostituisca col potere operaio. Abbasso il reazionario “Regno unito”! Per una federazione di repubbliche operaie nelle Isole britanniche! Per gli Stati Uniti socialisti d’Europa!