Spartaco n. 70 |
Ottobre 2008 |
Pacchetto sicurezza e attacchi razzisti:
Berlusconi da il cambio al fronte popolare di Unione e Rifondazione
Mobilitare la forza dei sindacati in difesa di rom e immigrati!
Pieni diritti di cittadinanza per tutti gli immigrati!
Difendere i campi rom da ronde e aggressioni razziste!
Fermare le deportazioni!
Col “pacchetto sicurezza” e la successiva ondata di retate, deportazioni e persecuzioni di rom e immigrati, il governo Berlusconi ha inaugurato una nuova stagione di attacchi alle minoranze e all’intera classe operaia. Il terrore dello Stato ha incoraggiato le spedizioni razziste e fasciste. Tra l’11 e il 12 maggio orde razziste hanno incendiato e raso al suolo i campi rom della periferia di Napoli inneggiando alla “pulizia etnica”. Il 24, nel quartiere operaio multietnico del Pigneto di Roma, una squadraccia di 20 persone incappucciate ha devastato i negozi di indiani e bengalesi.
L’europarlamentare Viktoria Mohacsi ha denunciato che a Roma “al campo Casilino 900 (...) ogni 3 o 4 giorni verso mezzanotte arrivano pattuglie di poliziotti in divisa e armati. Non chiedono nulla, semplicemente picchiano. Ogni volta portano via circa 20 persone che scompaiono per 48 ore. Li tengono in celle dove vengono picchiati. Poi li rilasciano” (la repubblica, 19 maggio). Secondo l’Opera nomadi, a Napoli sono spariti nel nulla dodici bambini rom fermati dalla polizia e accusati di accattonaggio. Il Prefetto di Milano, dove la giunta comunale manda ogni giorno controllori dell’Atm e vigili a rastrellare immigrati sui mezzi pubblici, ha disposto la schedatura di tutti i rom, sinti e kalé della provincia e tra le prime vittime ci sono stati Goffredo e Antonia Bezzecchi, due sinti italiani sopravvissuti ai campi di concentramento fascisti. Protestando a Roma l’8 giugno, le associazioni rom hanno ricordato l’anniversario dell’istituzione a Monaco nel 1936 dell’Ufficio centrale contro la piaga zingara, il cui primo atto fu il censimento dei rom nei territori del Reich.
Le giunte di Pd/Rifondazione non si tirano indietro. Il presidente della provincia di Milano Penati (della cui giunta fa parte da 4 anni il Prc), ha attaccato da destra Maroni, richiamandolo all’“obiettivo comune” di “eliminare tutti i campi rom” e il Pd ha proposto di formare ronde di volontari per la sicurezza da affiancare ai vigili. A Rozzano (giunta Pd/Prc), le squadre di vigilantes antirom con cani e manganelli sono capeggiate da sindaco e assessori.
Attaccando rom e immigrati la classe dominante alimenta le fiamme del razzismo per spingere i lavoratori ad azzannarsi l’un l’altro invece di lottare insieme contro i propri sfruttatori. L’obiettivo del governo non è tanto di deportare le centinaia di migliaia di lavoratori immigrati che nelle fabbriche metalmeccaniche e tessili, nei campi e nei cantieri, negli ospedali e nelle case, sudano e muoiono per arricchire i miliardari del “made in Italy”. Il “pacchetto sicurezza” serve a terrorizzarli e isolarli, incatenandoli mani e piedi ai loro sfruttatori, per dividere ulteriormente la classe operaia. Inoltre serve a rafforzare l’attività di controllo e repressione dello Stato, che dispiegherà duemi-lacinquecento soldati dell’esercito nelle principali città per intimidire tutti i lavoratori proprio nel momento in cui Confindustria e governo si preparano a passare all’offensiva contro i contratti nazionali, ad imporre migliaia di licenziamenti (Telecom, Alitalia) e a calpestare i lavoratori pubblici, etichettati in massa come “fannulloni”.
Gli attacchi dello Stato e delle bande razziste contro gli immigrati rappresentano un attacco a tutta la classe operaia. Settecentomila lavoratori immigrati sono già iscritti a Cgil, Cisl e Uil (una percentuale alta se si considera che molti lavorano in piccole aziende non sindacalizzate) e partecipano sempre di più alle mobilitazioni operaie. Perciò difendere gli immigrati è una questione di difesa non solo dei diritti democratici ma dell’intera classe operaia. Ciò che occorre è una mobilitazione immediata della forza dei sindacati, sostenuti da tutte le potenziali vittime del terrore razzista, in azioni di lotta di classe per fermare deportazioni e attacchi razzisti contro rom, sinti e immigrati. Abbasso il “pacchetto sicurezza” razzista! Pieni diritti di cittadinanza per tutti gli immigrati!
Ma affinché i sindacati facciano propria la battaglia per i diritti degli immigrati e in difesa dell’intera classe operaia, serve una lotta politica contro la burocrazia sindacale filocapitalista, sia quella confederale, legata al Partito democratico e a Rifondazione, sia quella dei Cobas.
Berlusconi, Bossi e Fini non fanno che procedere con raddoppiata violenza nel solco tracciato dal precedente governo di Unione e Rifondazione. Gli attuali attacchi sono la prosecuzione diretta della campagna razzista contro immigrati e rom lanciata dal governo di Unione/Prc lo scorso autunno e culminata nell’approvazione dell’infame decreto legge del 31 ottobre 2007, votato all’unanimità dai ministri del governo Prodi, incluso l’attuale capo del Prc Ferrero. Il capo del Pd Walter Veltroni ha dichiarato il suo “consenso” al pacchetto sicurezza, vantandosi che “gran parte degli articoli sono copiati dal decreto Amato” (la repubblica, 23 maggio). Inoltre sono stati Ulivo e Prc, con la legge Turco-Napolitano del 1997, a mettere in piedi l’attuale struttura di repressione razzista, fatta di quote d’ingresso, detenzione nelle galere etniche dei Cpt e deportazioni di massa!
Storicamente in Italia la classe operaia è stata incatenata ai suoi sfruttatori attraverso la politica dei fronti popolari (coalizioni tra partiti riformisti operai, come Prc e Ds o in passato il Pci, e partiti della borghesia “progressista”). Dal 1994 in poi, le coalizioni di fronte popolare che includevano il Prc, sfruttando lo spauracchio della destra o la logica del “male minore” hanno svolto un lavoro decisivo nel tenere a freno le lotte operaie mentre la classe dominante distruggeva pezzo a pezzo le conquiste strappate nelle dure lotte del secondo dopoguerra. I governi di Unione/ Rifondazione hanno condiviso con la destra l’obiettivo di tenere sotto controllo il rubinetto della manodopera immigrata e di usare periodicamente il razzismo per dividere gli operai.
Il ruolo dei governi di fronte popolare e in particolare di Rifondazione è stato messo in cruda luce dai due anni di governo Prodi e ha contribuito al collasso elettorale del Prc. Adesso anche i riformisti di Falcemartello, gli autoproclamati “marxisti del Prc”, sono costretti a riconoscere che:
“La classe operaia italiana è stata gettata sul lastrico dai governi che si sono succeduti. I salari reali di un operaio medio italiano sono tra i più bassi d’Europa. Sono state attaccate le pensioni e ci sono state privatizzazioni a tutto campo. Tutto questo è stato fatto sia dal precedente governo Berlusconi che dal governo Prodi che lo ha seguito” (www.marxist.com).
Falcemartello (Fm) nasconde però il fatto che loro hanno attivamente aiutato l’alleanza di Prodi ad andare al governo, facendo campagne elettorali e di reclutamento per Rc, e sono quindi complici di queste politiche. Fm cerca di nascondere la responsabilità del Prc negli attacchi razzisti e antioperai del governo Prodi, dicendo ipocritamente che “il Prc, imprigionato nella gabbia governativa, fu assente da quello scontro” (Fm n. 210, 9 giugno). Altro che assente: il Prc era nel governo ed era direttamente responsabile di quella politica! Pur avendo una base sociale operaia, Rifondazione ha un programma e una direzione filocapitaliste che non possono essere riformate.
Noi spartachisti ci opponiamo per principio a qualsiasi forma di collaborazione di classe con i capitalisti, i loro partiti e il loro Stato e abbiamo fatto appello a non dare nessun voto ai partiti dell’Unione (inclusa Rifondazione), sottolineando che avrebbero formato dei governi capitalisti, nemici degli operai, delle donne e degli immigrati. Alle ultime elezioni abbiamo fatto appello a non votare né il Partito democratico, un partito interamente capitalista, né i rottami del fronte popolare di Prodi raggruppati ne La sinistra l’arcobaleno, o gli altri gruppi riformisti profughi di Rifondazione, come Sinistra critica (Sc), il Partito comunista dei lavoratori (Pcl) o il Partito di alternativa comunista (Pdac).
Sinistra critica, Pcl e Pdac adesso fingono di essere oppositori della “collaborazione di classe”, spacciandosi per una “nuova sinistra anticapitalista”, o una “sinistra che non tradisce”, ma quando erano parte del Prc sono stati corresponsabili delle politiche antioperaie e anti-immigrati dei governi di fronte popolare avendo votato tutte, senza eccezione, le coalizioni capitaliste di Unione/Rifondazione (dai “progressisti” nel 1994, all’Ulivo, fino all’Unione nel 2006) e anche direttamente candidati capitalisti (per un elenco completo, vedi Spartaco n. 65). Facevano parte di Rifondazione (e continuano a rivendicarlo) mentre questa votava leggi razziste come la Turco-Napolitano o come il Patto Treu che ha introdotto il precariato e minato i contratti nazionali. Sinistra critica ha votato ripetutamente la fiducia al governo Prodi arrivando a votare il decreto di rifinanziamento delle missioni imperialiste in Afghanistan e nei Balcani (luglio 2006). Quanto a Marco Ferrando, il lider maximo del Pcl è uscito da Rifondazione solo nel 2006, dopo essere stato cacciato suo malgrado dalle liste elettorali dell’Unione, che ha votato e di cui aspirava a far parte. Nelle ultime elezioni, che sono state condotte in nome di una violenta campagna razzista contro gli immigrati sotto la parola d’ordine della “sicurezza”, il programma elettorale del Pcl non faceva la benché minima menzione degli attacchi agli immigrati e della lotta per i loro diritti di cittadinanza. Tutti questi gruppi hanno in comune l’opposizione al marxismo rivoluzionario internazionalista e alla rivoluzione proletaria. E anche ora che il Prc è fuori dal parlamento, cercano disperatamente di resuscitare qualche coalizione fronte populista che cacci Berlusconi e rimetta “la sinistra” alle redini del capitalismo italiano. E’ questo il senso degli appelli a un “parlamento delle sinistre, a base operaia e popolare, da contrapporre al governo Berlusconi” del Pcl o ad un “fronte unico contro Berlusconi” del Pdac.
Una delle basi storiche degli attuali attacchi a rom e immigrati è la distruzione controrivoluzionaria dello Stato operaio degenerato dell’Unione Sovietica e degli Stati operai deformati dell’Europa dell’Est, una sconfitta storica per gli operai di tutto il mondo che ha ridotto interi paesi alla miseria, costringendo vasti settori della popolazione ad emigrare per sopravvivere. La restaurazione del capitalismo nell’Europa dell’Est ha rigettato intere regioni in preda a sanguinose carneficine interetniche e nazionaliste e sotto il tallone degli imperialisti, inclusi quelli italiani, che occupano militarmente i Balcani. L’allargamento dell’Unione Europea ai paesi dell’Europa dell’Est (accompagnato da legislazioni restrittive contro i lavoratori di quei paesi) è un altro prodotto reazionario della controrivoluzione che fa di quei paesi dei miseri protettorati imperialisti. Sotto il capitalismo le condizioni dei rom sono quelle delle favelas sudamericane. L’aspettativa di vita dei rom in Italia è di 35 anni, contro gli 80 di quella media e la mortalità infantile quindici volte più alta. Al contrario, anche sotto il grottesco regime stalinista di Ceausescu, la popolazio-ne rom godeva di un livello di vita e di integrazione nell’industria e nell’apparato dello Stato senza pre-cedenti. In Jugoslavia i rom erano riconosciuti come minoranza nazio-nale e avevano diritto all’inse-gnamento nella loro lingua. La fuga dei rom dai Balcani e dalla Romania è il frutto delle persecuzioni razziste prodotte dalla restaurazione del capitalismo. Pieni diritti democratici e di cittadinanza per i rom! No alle restrizioni imposte ai lavoratori dell’Europa dell’Est. Fuori tutte le truppe imperialiste dai Balcani! Abbasso l’alleanza imperialista rea-zionaria dell’Unione Europea! Per gli Stati uniti socialisti d’Europa!
Noi della Lega trotskista d’Italia / Lega comunista internazionale abbiamo lottato per la difesa militare incondizionata degli Stati operai de-formati e dell’Urss dalla controri-voluzione capitalista e per una rivo-luzione politica proletaria che cacciasse la casta burocratica stalinista, sostituendola con un governo di soviet operai. I rottami pseudo trotskisti di Rifondazione (Sc, Pcl, Pdac) invece hanno appoggiato (con diverse sfumature) le forze controrivoluzionarie che hanno contribuito alla restaurazione del capitalismo nell’Urss e nell’Europa dell’Est, da Solidarnosc in Polonia a Eltsin in Unione Sovietica. L’opposizione di questi gruppi ad una rivoluzione proletaria nel proprio paese è sempre andata di pari passo col sostegno a forze controrivoluzionarie laddove il capitalismo era stato rovesciato. E oggi, tutti appoggiano (con entusiasmo variabile) le provocazioni imperialiste contro lo Stato operaio deformato cinese condotte in nome del “Tibet libero” (vale a dire, dominato dagli imperialisti e dalla teocrazia feudale dei lama). Difendere la Cina!
Il razzismo fa parte integrante del sistema capitalista, come strumento per la divisione della classe operaia. Per sradicarlo serve una rivoluzione socialista. Per combattere la disoccupazione endemica nel capitalismo bisogna dividere tutto il lavoro disponibile tra tutta la manodopera esistente, non solo a parità di salario ma con una scala mobile delle ore di lavoro e dei salari che rovesci il continuo impoverimento della classe lavoratrice. Per combattere il lavoro nero, le condizioni di drammatica precarietà di migliaia di operai che colpiscono doppiamente i lavoratori immigrati e che sono una causa dello stillicidio di morti sul lavoro, i sindacati devono battersi per la sindacalizzazione di tutti gli operai non sindacalizzati, a partire dai lavoratori immigrati. Servono case, scuole, asili e assistenza sanitaria gratuita e di qualità per tutti. Tutte queste rivendicazioni fondamentali per la classe operaia sono in conflitto col sistema dei profitti capitalisti e richiedono il rovesciamento rivoluzionario del potere della borghesia e l’instaurazione di un governo operaio basato su organismi di potere proletario, di un’economia pianificata e collettivizzata a scala internazionale. I riformisti accettano ciò che è “possibile” e pratico sotto il capitalismo. Il nostro obiettivo è differente: è quello di costruire un partito operaio rivoluzionario, multietnico e internazionalista, che lotti per la rivoluzione socialista!