Spartaco n. 68

Aprile 2007

 

Giù le mani da Siria e Iran!

Libano: fuori subito le truppe imperialiste Onu/Italia!

Per una federazione socialista del Medio Oriente!

Riproduciamo di seguito il volantino pubblicato dalla Ltd’I lo scorso settembre contro l’invio di truppe imperialiste italiane in Libano allo scopo di rafforzare il dominio imperialista sul Medio Oriente e di neutralizzare o disarmare Hezbollah, preparando il terreno a nuovi scontri intercomunitari e a massacri imperialisti come oggi in Iraq e ieri a Sabra e Chatila.

Rifondazione comunista è stata in prima fila, all’interno del governo Prodi, a spingere questa politica imperialista guerrafondaia col vecchio alibi dell’intervento “umanitario” e non ha perso occasione per rafforzare l’imperialismo italiano: approvando la politica estera del governo a fine febbraio, il rifinanziamento delle missioni italiane all’estero, inclusa quella in Afghanistan. Sinistra critica, tendenza pseudo trotskista di Rifondazione (sezione italiana del Segretariato unificato della Quarta internazionale) ha continuato a sostenere anch’essa il governo Prodi pur continuando ad esibirsi in una sceneggiata d’opposizione, con Franco Turigliatto che non ha votato per le linee di politica estera del governo, contribuendo a mandarlo in minoranza, per poi votare nuovamente la fiducia allo stesso governo pur essendo stato espulso dal Prc per il suo gesto.

Per quanto riguarda poi lo sciovinismo in abiti “marxisti”, spicca anche la posizione della Tendenza marxista internazionale (Tmi), di cui in Italia fa parte Falcemartello. La loro sezione israeliana appoggia il partito laburista, un partito borghese che ha governato per decenni lo Stato sionista, massacrando la popolazione palestinese e che faceva parte del governo israeliano durante l’invasione del Libano. In particolare, la Tmi si è entusiasmata per l’ascesa di Amir Peretz a capo del Labour. Sì, proprio quello che come ministro della difesa del governo Olmert è stato il principale responsabile dell’invasione israeliana del Libano, del massacro della sua popolazione e delle azioni criminali dell’esercito israeliano che ha sparso un milione di bombe a grappolo che rendono inabitabile il Libano meridionale. Ecco come ne parlavano giusto l’anno scorso:

“Peretz, sulla questione dei rapporti arabo-israeliani ha delle posizioni ‘da colomba.’ Era un membro della prima ora del ‘movimento pace subito.’ Era inoltre, negli anni ottanta, membro di un gruppo di otto membri della Knesset del Labour Party, guidato da Yossi Beilin, che ha sostenuto l’idea di una soluzione attraverso la costituzione di due stati (...) I marxisti non dovrebbero dare a Peretz un assegno in bianco, né presentarlo come un grande socialista. Ma dovremmo dargli sostegno critico ogni volta che prende una misura di sinistra” (“General secretary of the Israeli unions becomes leader of the Israeli Labour Party”, by Yossi Shwartz, www.marxist.com).

In Italia, Falcemartello appoggia il Prc, colonna portante del governo guerrafondaio di Prodi. E in generale si oppone alla politica marxista del disfattismo rivoluzionario nei paesi imperialisti. Durante la guerra in Iraq, hanno scritto, parlando dell’Inghilterra imperialista, di “non volere una nazione indifesa (...) accettiamo che un esercito sia necessario”.

Per completare il quadro del codismo di Falcemartello, che davvero non conosce confini, bisogna notare che in tutti i paesi appoggiano politicamente le forze che in quel momento hanno qualche popolarità. Se in Iraq per un periodo hanno cantato le gesta di Moqtada al Sadr, adesso sostengono che i talebani afgani non sono “un movimento fondamentalista e oscurantista”, bensì “una coalizione crescente di vari gruppi politici che include nazionalisti, comunisti, socialisti, tribù pashtun e fazioni talebane (...) una resistenza nazionale contro un’occupazione straniera”.

Noi appoggiamo militarmente le forze che combattono l’occupazione imperialista e ci opponiamo alle avventure coloniali con la lotta di classe qui, nei centri imperialisti. Ma dipingere i talebani in tinte rosee, spacciandoli per “una resistenza nazionale” in un paese in cui esiste una miriade di raggruppamenti etnici e tribali in conflitto e su una base economica semifeudale, serve solo a condannare a morte chiunque in Afghanistan si batta per un minimo di progresso sociale e per i diritti delle donne. Tra l’altro i talebani sono una creatura degli imperialisti e della Cia nella guerra contro l’Armata Rossa sovietica, i popoli e le donne afgane. Opponendosi all’intervento dell’Armata Rossa sovietica nel 1979, che fù l’unica speranza per le donne e i popoli afgani, anche Falcemartello ha contribuito a fare dell’Afghanistan l’inferno che è oggi.

* * *

Per più di un mese il Libano è stato teatro di massacri, distruzioni e orrori inflitti dagli incessanti bombardamenti e dall’invasione di 30 mila soldati israeliani, con l’appoggio esplicito dell’imperialismo Usa e quello tacito dei paesi dell’Unione Europea. Più di mille persone, tra uomini, donne e bambini, sono stati uccisi, l’intera infrastruttura del paese devastata e un quarto della popolazione, costretto a fuggire. L’offensiva scatenata dal regime sionista di Ehud Olmert e Amir Peretz aveva l’obiettivo di annientare Hezbollah e di spingere la popolazione e la classe dominante libanese a rivoltarglisi contro, ma Hezbollah ha resistito all’offensiva, infliggendo pesanti perdite all’esercito israeliano. Lo scacco subito da Israele ne ha fatto aumentare la popolarità tra la popolazione araba della regione, provocando la crisi del governo Olmert.

Il fallimento della campagna israeliana in Libano è la vera ragione degli accordi di cessate il fuoco sponsorizzati dalle Nazioni Unite (accordi che peraltro Israele ha violato ripetutamente). L’amministrazione Bush, che si era opposta per settimane al cessate il fuoco e gli imperialisti europei, che temporeggiavano nella speranza che Israele riuscisse a portare a termine il lavoro, hanno cambiato atteggiamento quando è stato evidente che Israele non riusciva a raggiungere i suoi obiettivi militari.

Il vero obiettivo del dispiegamento di 15 mila soldati dell’Onu nel Libano meridionale è quello di riuscire dove l’esercito israeliano ha fallito, neutralizzando Hezbollah e i suoi combattenti. Ciò può significare solo un aumento della repressione contro i popoli del Libano. Non è la prima volta che un contingente italo-francese (allora con la partecipazione diretta degli Usa) sbarca in Libano: nel 1982 il “contingente di pace” disarmò i combattenti dell’Organizzazione per la liberazione della Palestina (Olp), spianando la strada al massacro di circa 2 mila palestinesi dei campi profughi di Sabra e Chatila, perpetrato da forze fascistoidi cristiane organizzate dall’esercito israeliano. Le Nazioni Unite sono sempre state e sempre saranno un covo di ladri e assassini imperialisti, come dimostra tutta la loro storia, non ultimo l’embargo che ha ucciso più di un milione di persone in Iraq.

I paesi imperialisti d’Europa hanno colto l’occasione per rafforzare la loro presenza in Medio Oriente. Il governo Prodi, con Rifondazione comunista in prima fila, è stato tra i principali fautori della nuova avventura imperialista in Libano e l’Italia sta dispiegando con gran fanfara circa 3 mila soldati dei reparti speciali. Per l’Unione e Rifondazione la missione in Libano è diventata una “occasione storica” per rilanciare il profilo dell’imperialismo italiano e pungolare gli alleati dell’Unione Europea affinché rafforzino il peso politico e militare di questo reazionario conglomerato imperialista. La Francia, vecchio padrone coloniale del Libano, nonostante le iniziali reticenze a schierare le sue forze in quello che potrebbe facilmente diventare un pantano sanguinoso, ha assunto il comando della missione nella speranza di riprendere il controllo della sua ex colonia. Tutti cercano di mettersi in condizione di poter sfruttare le risorse del Medio Oriente, principalmente il petrolio.

Durante l’aggressione israeliana al Libano, ci siamo schierati per la difesa militare di Hezbollah, pur conservando la nostra opposizione politica a questa forza fondamentalista islamica e reazionaria. Oggi esigiamo il ritiro immediato e completo di tutte le truppe israeliane dal Libano e diciamo: Fuori tutte le truppe imperialiste dal Libano! Giù le mani dall’Iran e dalla Siria! Fuori le truppe italiane e tutti gli imperialisti dall’Iraq, dall’Afghanistan e dai Balcani!

Negli stessi giorni in cui veniva raso al suolo il Libano, il governo sionista di Olmert ha continuato la sua campagna di repressione omicida nei territori occupati. A partire dallo scorso giugno sono stati uccisi più di duecento palestinesi. L’esercito israeliano ha imprigionato decine di militanti di Hamas, tra cui molti membri del governo e del parlamento, con la complicità dell’Unione Europea, che ha interrotto gli aiuti all’Autorità nazionale palestinese per strangolare i palestinesi e punirli per la vittoria elettorale di Hamas a gennaio, e dell’Italia, che ha stretto a tempo un accordo di cooperazione militare con Israele. Difendere il popolo palestinese! Liberare i ministri e parlamentari di Hamas e le vittime della repressione sionista! Fuori tutte le truppe israeliane e i coloni dai Territori occupati, da Gaza, Gerusalemme Est e dalle alture del Golan!

Gli Usa hanno appoggiato con fermezza l’attacco israeliano contro il Libano come parte del loro tentativo di costruire un “nuovo Medio Oriente” distruggendo qualsiasi regime o forza politica che rifiuti di piegarsi ai loro diktat. In Iraq, la sanguinosa occupazione Usa ha significato la morte di migliaia di persone ogni mese, recentemente a causa soprattutto della violenza settaria. Le forze Usa/Nato, inoltre, continuano a massacrare i popoli dell’Afghanistan, paese in cui l’occupazione imperialista ha significato la perpetuazione dell’oppressione delle donne e degli scontri tribali.

Siria e Iran, paesi che appoggiano Hezbollah, sono stati minacciati più volte dagli Usa e dai loro alleati. Un articolo del New Yorker (21 agosto), spiegava che gli Usa e Israele preparavano un attacco contro Hezbollah molto prima della cattura dei due soldati israeliani: “La Casa Bianca era interessata soprattutto a privare Hezbollah dei missili perché in caso di attacco militare contro le apparecchiature nucleari iraniane, doveva eliminare le armi con cui Hezbollah avrebbe potuto lanciare una rappresaglia contro Israele”.

Nel caso di un attacco all’Iran o alla Siria da parte degli Usa, o di Israele come loro braccio armato, ci schiereremmo per la difesa militare di questi paesi, senza concedere il benché minimo appoggio politico alla dittatura ba’athista di Damasco o al regime clericale sciita di Teheran.

Gli Usa premono sull’Onu perchè imponga sanzioni all’Iran se questi non sospende l’arricchimento dell’uranio, anche se non è affatto certo che Russia e Cina voterebbero a favore nel Consiglio di sicurezza. Il 26 agosto il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad ha annunciato che il suo paese stava per aprire un nuovo impianto per la produzione di acqua pesante, utilizzata per produrre combustibile nucleare. Il regime iraniano sostiene di voler sviluppare la tecnologia nucleare solo a scopo civile. In ogni caso è ovvio che di fronte alla bellicosità e alle minacce degli imperialisti, l’Iran ha bisogno di armi nucleari e di efficaci sistemi missilistici come difesa e come deterrente. Noi appoggiamo anche il fatto che la Corea del Nord possa sviluppare e sperimentare armi nucleari e sistemi di lancio come parte della difesa militare dello Stato operaio deformato nord coreano.

Rifondazione: foglia di fico “pacifista” dell’imperialismo

In un volantino che abbiamo pubblicato all’inizio degli attacchi al Libano, abbiamo sottolineato che bisognava opporsi alle illusioni che l’Onu, l’Unione Europea o qualsiasi altra istituzione imperialista potessero intervenire a protezione dei palestinesi, insistendo che: “non ci sarà una soluzione giusta alle rivendicazioni conflittuali dei popoli della regione senza il rovesciamento del dominio borghese e la fine del giogo imperialista”. Invece gran parte della “sinistra” appoggia, apertamente o sottobanco, l’avventura coloniale imperialista in Libano. Rifondazione, che svolge un ruolo decisivo nel governo Prodi consentendogli di fare il lavoro sporco per la borghesia italiana, ha contribuito molto a mettere in piedi quest’ennesima avventura imperialista diffondendo tra i giovani e i lavoratori la logora menzogna della missione “di pace”. Il ricorso alla retorica del “pacifismo” per mascherare i veri fini delle manovre diplomatiche e militari della borghesia è una vecchia arma degli imperialisti, talmente ipocrita che persino Mussolini, alla vigilia della Seconda guerra mondiale, girava per l’Europa facendosi osannare come “l’uomo della pace”. Ds e Rifondazione adesso fantasticano persino di inviare un contingente dell’Onu nella Striscia di Gaza, dove i caschi blu non sarebbero nient’altro che i kapò del miserabile ghetto palestinese. Anche molti di coloro che non appoggiano apertamente la “missione umanitaria” dell’Onu, alimentano illusioni negli imperialisti chiedendogli di imporre sanzioni ad Israele.

La politica filo-imperialista di Rifondazione ha trovato una serie di validi alleati tra settori dei centri sociali e persino tra cosiddetti “marxisti” e “trotskisti”. Già prima di buttarsi a peso morto a sostenere la missione in Libano, il Prc ha appoggiato il rifinanziamento dell’occupazione imperialista dell’Afghanistan, vero e proprio emblema della “guerra al terrorismo” scatenata dall’amministrazione Bush. I dirigenti della “Sinistra critica” di Rifondazione (Luigi Malabarba e Franco Turigliatto, affiliati al mal nominato “Segretariato unificato della Quarta internazionale”), hanno dato manforte votando la fiducia al governo Prodi e il rifinanziamento della missione coloniale in Afghanistan, dopo aver messo in piedi una sceneggiata per dar l’impressione di essere contro.

Anche la tendenza “marxista” del Prc, Falcemartello, non ha fatto mancare il suo appoggio al governo in questo difficile frangente. Il suo dirigente Bellotti ha chiarito, parlando del rifinanziamento della missione in Afghanistan che “Il problema non è quindi di far cadere domattina il governo Prodi, ma di riconquistare innanzitutto l’autonomia politica e d’iniziativa del nostro partito, anche attraverso passaggi quali il ritiro della delegazione dal governo...”. esortando gli scettici e i dubbiosi a non “voltare le spalle alla sinistra e al Prc” (“Il Prc e il dibattito sulla missione in Afghanistan”, 22 luglio 2006). Falcemartello vorrebbe che Rifondazione continuasse a sostenere il governo dall’esterno, consentendo a Prodi di portare avanti misure reazionarie e missioni imperialiste, ma salvando un po’ la faccia al partito, come avvenne col primo governo Prodi, cui l’appoggio esterno del Prc consentì l’approvazione di leggi razziste e antioperaie come la Turco-Napolitano o il “Patto Treu”.

Rompere con la collaborazione di classe

Il vero nemico dei lavoratori, delle minoranze e degli oppressi in Italia è la classe dominante italiana. La classe dominante che ha partecipato al massacro dell’Iraq e dell’Afghanistan è la stessa che condanna a morte ogni anno centinaia di lavoratori nei cosiddetti “omicidi bianchi” per la sua sete di profitti. La stessa che smantella pezzo a pezzo pensioni, sanità e istruzione e che lascia morire in mare (quando non affonda essa stessa) centinaia di immigrati e profughi disperati per difendere le frontiere della “fortezza Europa” capitalista, che rinchiude i sopravvissuti nei Cpt e condanna quelli che restano a una vita senza diritti di super sfruttamento. La stessa che partecipa in prima fila alla “guerra al terrorismo”, il pretesto dietro cui è condotta la persecuzione della sinistra e degli immigrati, specialmente arabi o musulmani, considerati un nemico interno che può ostacolare i suoi piani di dominio imperialista. Gli ultimi atti di questa guerra sono stati le retate e deportazioni indiscriminate dopo “l’allarme attentati” lanciato dai servizi segreti inglesi e la vile campagna contro l’Unione delle comunità e organizzazioni islamiche in Italia, accusata di “antisemitismo” per aver paragonato le rappresaglie indiscriminate dei sionisti a quelle dei nazisti (accusa che viene, tra l’altro, niente meno che da Alleanza nazionale, i cui dirigenti sono cresciuti nel culto di Mussolini!).

Oggi, come durante le guerre in Afghanistan e in Iraq, la migliore difesa del popolo palestinese, dei popoli del Libano e di tutti quelli che soffrono sotto il giogo imperialista è la lotta di classe degli operai contro i loro governanti capitalisti, la lotta per costruire un partito rivoluzionario, sezione di una Quarta internazionale riforgiata, che guidi la lotta per spazzar via l’intero sistema imperialista con la rivoluzione socialista.

Questa prospettiva richiede l’indipendenza politica dei lavoratori da tutte le organizzazioni della classe dominante, richiede una lotta a tutto campo contro la collaborazione di classe con la borghesia. In Italia, il meccanismo principale con cui i burocrati sindacali e i riformisti legano i lavoratori ai loro sfruttatori è quello dei fronti popolari, coalizioni elettorali o extra elettorali con i partiti capitalisti cosiddetti “progressisti”, in nome della lotta alla destra o della rincorsa al “male minore”. Noi della Lega trotskista d’Italia ci siamo opposti a dare qualunque sostegno, anche elettorale alla coalizione capitalista dell’Unione e di Rifondazione, sottolineando che “un voto alla coalizione di Prodi, comunque lo si giustifichi, è un voto di fiducia ad una coalizione capitalista che dichiara apertamente di difendere gli interessi della classe dominante, tanto nel suo programma quanto nella sua composizione sociale (un fronte popolare che include rappresentanti diretti della classe capitalista e partiti socialdemocratici)”. (Spartaco n.67, marzo 2006).

Anche i gruppi che oggi si oppongono all’invio delle truppe italiane in Libano, hanno in gran parte appoggiato il Prc e l’Unione alle scorse elezioni. E’ il caso, in particolare, del Movimento per il partito comunista dei lavoratori (Mpcl), il cui atto di nascita è stato il tentativo (fallito) di Marco Ferrando di candidarsi nelle file dell’Unione di Prodi e Bertinotti. Il Mpcl si basa sulla politica di collaborazione di classe ereditata dal vecchio “Progetto comunista”, che ha appoggiato tutte le coalizioni capitaliste di cui Rifondazione ha fatto parte. Alle ultime elezioni, Ferrando e soci hanno votato Rifondazione, contribuendo a mettere in piedi il governo Prodi. Hanno perciò la loro parte di responsabilità delle sue azioni. Persino dopo la scissione dal Prc, il primo passo del Mpcl è stato di fare appello a votare il Prc alle elezioni comunali di Milano (dove avevano un loro candidato nelle liste del Prc), che appoggiava la candidatura di Bruno Ferrante, ex prefetto del governo Berlusconi.

Pacifismo borghese: imperialismo dal “volto umano”

Molti dei gruppi che si oppongono alla spedizione coloniale in Libano si presentano come i veri continuatori del “movimento pacifista” tradito dai pacifinti di Rifondazione. Nell’appello per la manifestazione del 30 settembre il Mpcl ne ha rivendicato l’eredità: “Il movimento pacifista e antimperialista italiano si è mobilitato per anni contro le missioni militari, ogni volta definite ‘di pace’, ogni volta portatrici di interessi coloniali, morti, distruzioni. Rivendichiamo e difendiamo questa coerenza. Non siamo disposti a sacrificarla per il solo fatto che è cambiato il governo”.

Lo spettacolo dei “pacifisti all’opposizione” che si trasformano in guerrafondai al governo e le processioni di preti, boy-scout e dirigenti del Prc con striscioni di “Forza Onu” sono disgustose. Ma la politica filo imperialista di D’Alema e Bertinotti non è che lo sbocco conseguente del pacifismo borghese. Il pacifismo predica la menzogna che si possano eliminare le guerre con la persuasione morale o la pressione di massa sui potenti. Insegna ai lavoratori e ai giovani la “non violenza” e il “disarmo” di fronte ad una classe dominante che si serve della macchina di repressione dello Stato per difendere il suo sistema di sfruttamento. Disarma gli oppressi e consente agli oppressori di continuare a esercitare il loro dominio di classe. Soprattutto, predica che sia possibile eliminare le guerre senza distruggere il sistema di produzione capitalista che ne è la radice.

Mentre la verità è che non vi sarà mai pace finché gli operai non avranno disarmato ed espropriato i loro sfruttatori e creato un’economia collettivizzata e pianificata a scala internazionale.

Invece di chiarire la natura borghese, di collaborazione di classe, del “movimento contro la guerra”, il Mpcl cerca di resuscitare il “movimento antiguerra”, una coalizione con gruppi borghesi, dai Verdi alla Chiesa, proponendo “a tutte le forze disponibili della sinistra italiana<f"Helvetica">, dei movimenti contro la guerra, dell’associazionismo pacifista e antimperialista la formazione di un comitato unitario nazionale contro la spedizione in Libano” (“No alla missione in?Libano”, 18 agosto 2006). Ma non è possibile opporsi alla guerra imperialista unendosi a forze che sostengono il capitalismo (alcune delle quali, stile Pax Christi e affini, non pretendono nemmeno di essere “progressiste”). Come scrisse l’allora trotskista americano James Burnham in “Le guerre e gli operai” (1936):

“Supporre che i rivoluzionari possano elaborare un ‘programma comune contro la guerra’ con i non rivoluzionari è un’illusione fatale. Ogni organizzazione che si basa su di un tale programma non è soltanto incapace di prevenire la guerra; in pratica agisce per promuovere la guerra, sia in quanto serve a suo modo a mantenere il sistema che alimenta la guerra, sia poiché devia l’attenzione dei suoi membri dalla lotta reale contro la guerra. Vi è solo un programma contro la guerra: il programma per la rivoluzione, il programma del partito rivoluzionario degli operai”.

La stessa politica di collaborazione di classe e pacifismo borghese del Mpcl è riproposta, in una salsa che si vorrebbe un po’ più di “sinistra”, da Progetto comunista-Rol (Pc-Rol) [ora Partito d’alternativa comunista], gruppo che si è separato da Ferrando denunciandone l’opportunismo, ma che ne ha condiviso per 15 anni la politica. Pc-Rol ha recentemente scritto che:

“Il ‘no alla guerra senza se e senza ma’ è stata una delle principali parole d’ordine di quel grande movimento d’opposizione alla guerra che si è sviluppato in Italia negli ultimi anni (...) Oggi quello slogan, semplice ed immediato ma dall’altissimo valore politico, viene abbandonato da coloro che avevano contribuito a diffonderlo. I principali partiti politici (Prc, Pdci, Verdi, Sinistra Ds) che si erano battuti per il ritiro dei soldati italiani dai tetri [sic] di guerra, si spogliano della loro maschera pseudo-pacifista e si apprestano ad indossare l’elmetto..”. (“No al rifinanziamento alle missioni coloniali!”, 15 luglio).

“No alla guerra senza sé e senza ma” è stato lo slogan che il Prc e le sue code hanno utilizzato per incanalare l’opposizione alla guerra in un sostegno ad una politica imperialista che prendesse le distanze dagli Stati Uniti e puntasse al rafforzamento di un polo imperialista europeo. Opponendosi alla “guerra americana” in Iraq e al “servilismo” di Berlusconi nei confronti di Bush, il Prc ha sempre spinto per il rafforzamento del ruolo dell’Onu e dell’Unione Europea, riflettendo gli interessi di un’ala del capitalismo italiano. Come abbiamo scritto in “Abbasso l’Unione Europea capitalista!” (Spartaco n. 66, settembre 2005):

“Il Pcf e Rifondazione si nascondono dietro agli appelli al ‘disarmo’ e ad un’Europa ‘pacifica’ che ‘dialoghi’ col Sud del mondo. Ma dati gli attuali rapporti di forza tra gli imperialisti, la retorica del ‘pacifismo’ è del tutto compatibile con gli interessi delle borghesie d’Europa. Oggi le principali potenze imperialiste d’Europa sanno di non poter neppure lontanamente rapportarsi sul piano militare alla potenza del rivale americano (…) per questo, quando non si uniscono alle avventure imperialisti degli Usa, le borghesie europee predicano la competizione ‘pacifica’, ‘umanitaria’ per i mercati mondiali”.

Il “no alla guerra senza sé e senza ma” ha contribuito a demoralizzare e disarmare una generazione di giovani e di lavoratori che si opponevano all’avventura coloniale irachena, spianando la strada all’attuale politica di Prc e Ds. Attribuirgli un “elevatissimo valore politico”, come fa Pc-Rol, significa accettare di fatto il pacifismo borghese e la sua politica filoimperialista. Significa anche condannare in partenza le guerre di liberazione nazionale e le guerre di classe degli sfruttati contro gli sfruttatori, vale a dire, la possibilità stessa di una rivoluzione socialista.

La politica di Mpcl e Pc-Rol è agli antipodi del marxismo rivoluzionario. Una mozione approvata alla vigilia della Prima guerra mondiale da una conferenza di marxisti rivoluzionari russi, tra cui il leader bolscevico V.I. Lenin spiegava che:

“Il pacifismo e la propaganda astratta della pace sono una delle forme di mistificazione della classe operaia. In regime capitalistico, e specialmente nella fase imperialista, le guerre sono inevitabili. D’altra parte i socialdemocratici non possono negare l’importanza positiva delle guerre rivoluzionarie, cioè delle guerre non imperialiste (…), oppure delle possibili guerre per la difesa delle conquiste del proletariato vittorioso nella lotta contro la borghesia.

“Oggi la propaganda della pace, se non è accompagnata dall’appello all’azione rivoluzionaria delle masse, può soltanto seminare illusioni, corrompere il proletariato inculcandogli la fiducia nell’umanitarismo della borghesia e facendo di essa un trastullo nelle mani della diplomazia segreta delle nazioni belligeranti” (“La Conferenza delle Sezioni estere del Posdr”, febbraio 1915).

Per nuove rivoluzioni d’ottobre!

Un’altra faccia della collaborazione di classe è il sostegno politico alle forze reazionarie che si sono trovate momentaneamente nel mirino degli imperialisti. Durante le proteste contro la guerra in Libano, noi spartachisti abbiamo avanzato la necessità di una difesa militare di Hezbollah contro l’attacco sionista, pur spiegando chiaramente la nostra opposizione politica ad Hezbollah, Hamas e a tutte le altre forze fondamentaliste islamiche. Al contrario, molti degli oppositori dell’aggressione israeliana hanno dipinto queste forze reazionarie e anti-operaie come “antimperialiste” e persino “rivoluzionarie”. Il caso più eclatante è forse quello dei maoisti dei Carc (un altro gruppo che ha sostenuto Prc/Unione alle elezioni), che paragonano i fondamentalisti islamici di Hezbollah all’Armata Rossa sovietica (l’esercito di uno Stato operaio deformato), affermando che “L’eroica Resistenza di Hezbollah ha sconvolto i piani aggressivi degli imperialisti USA e dei sionisti e turba i progetti del Vaticano e delle potenze imperialiste europee, come circa 60 anni fa la resistenza del popolo sovietico infranse l’avanzata dei nazisti in Europa e i sogni dei gruppi imperialisti e del Vaticano loro complici nella crociata anticomunista” (“L’eroico esempio di Stalingrado rivive nel Sud del Libano!”, 8 agosto 2006). I Carc si spingono anche a definire “La resistenza che i popoli libanese, palestinese, iracheno e afgano oppongono all’imperialismo” come la “punta più avanzata della lotta in corso nel mondo contro la guerra di sterminio condotta dall’imperialismo e della lotta per la costruzione di un nuovo e superiore ordinamento sociale, il comunismo” (“Il governo Prodi trascina il nostro paese in una nuova avventura militare!”, 30 agosto 2006).

Hezbollah e Hamas sono nemici mortali dell’emancipazione dei lavoratori e del comunismo, altro che “punta più avanzata”. Inoltre uno dei fondamenti del marxismo è la lotta per la completa indipendenza politica del proletariato da tutte le forze e classi sociali non proletarie, categoria di cui fa senz’altro parte Hezbollah, un’organizzazione antidonne e antisemita. Noi eravamo per la difesa militare di Hezbollah perché la vittoria israeliana avrebbe aggravato l’oppressione delle masse libanesi, rafforzato la posizione dei sionisti contro i palestinesi e fatto avanzare ulteriormente i piani degli Usa sulla regione.

Grazie alla popolarità acquisita tenendo testa all’attacco dell’esercito israeliano, oggi Hezbollah sta prendendo il controllo della ricostruzione e degli aiuti nel Sud del Libano. Ma la crescente autorità di Hezbollah rappresenta una grave minaccia per le donne, per i cristiani, i drusi, i sunniti e persino gli sciiti che Hezbollah considera “non credenti”. Lungi dal rappresentare un’espressione di “antimperialismo”, la crescita dei movimenti di massa islamici riflette la disperazione di fronte ad un’oppressione brutale. E’ il prodotto reazionario della bancarotta politica del nazionalismo e dell’assenza di un’alternativa comunista.

L’imperialismo Usa ha svolto un ruolo decisivo nella crescita della reazione islamica, usandola nel periodo della Guerra fredda come contrappeso al comunismo e al nazionalismo laico in tutto il Medio Oriente. La battaglia cruciale si svolse in Afghanistan dopo l’intervento sovietico del 1979. Gli imperialisti americani riversarono miliardi di dollari di aiuti sui tagliagole mujaheddin perché ammazzassero i soldati sovietici. Noi abbiamo detto “Vittoria all’Armata Rossa in Afghanistan” e fatto appello all’estensione della Rivoluzione bolscevica del 1917 ai popoli afgani. Nel 1989, quando i burocrati stalinisti traditori di Mosca ritirarono le truppe, condannammo il loro tradimento avvertendo che era molto meglio combattere e sconfiggere la controrivoluzione in Afghanistan che doverla fronteggiare a Mosca.

Noi della Lega comunista internazionale siamo rimasti al nostro posto fino all’ultimo in difesa dell’Unione Sovietica dalla controrivoluzione capitalista. Ciò che serve in Medio Oriente è la costruzione di partiti operai rivoluzionari, internazionalisti, attraverso una lotta inconciliabile contro il nazionalismo borghese e piccolo borghese e il fondamentalismo religioso. E’ il dominio capitalista che ha provocato i costanti bagni di sangue nella regione, alimentando le divisioni etniche, nazionali e religiose. Non vi sarà mai una soluzione equa delle rivendicazioni contrapposte dei popoli del Medio Oriente finché non verrà rovesciato il dominio borghese e finché non si porrà fine alla servitù imperialista. Questo vale specialmente per Israele e la Palestina, una situazione in cui due popoli interpenetrati rivendicano lo stesso pezzo di terra. Perché sia garantito il diritto all’autodeterminazione sia per il popolo palestinese che per quello di lingua ebraica, serve la distruzione dall’interno dello Stato caserma sionista, con una rivoluzione operaia arabo/ebraica e il rovesciamento del regno hashemita di Giordania, del sanguinario regime bonapartista dei ba’athisti siriani, e del regime capitalista libanese, con la formazione di una federazione socialista del Medio Oriente. Solo una serie di rivoluzioni socialiste, e la costruzione di un’economia collettivizzata, pianificata a scala centrale, porteranno i popoli del Medio Oriente, e l’umanità intera, fuori del sanguinoso pantano dell’imperialismo. Riforgiare la Quarta internazionale, partito mondiale della rivoluzione proletaria.