Abbasso l'embargo affamatore dell'Onu!

Difendere l'Iraq dall'attacco degli Usa e dei loro alleati imperialisti!

Dichiarazione della Lega comunista internazionale (23 ottobre 2002)

L'imperialismo americano sta portando il mondo verso la guerra. Decine di migliaia di soldati americani e britannici si stanno schierando per lanciare un attacco generalizzato contro l'Iraq, mentre le altre potenze, dall'Australia alla Turchia, competono per conquistarsi un ruolo nel massacro e una fetta del bottino. La Casa Bianca ha già rivelato i suoi piani per l'occupazione militare dell'Iraq dopo il rovesciamento di Saddam Hussein. Se si considera l'arsenale di armi nucleari che gli Usa possiedono e che ora minacciano di usare, è chiaro che il destino della vita su questo pianeta è minacciato dal protrarsi dell'esistenza di quest'ordine imperialista.
Nella guerra contro l'Iraq, la Lega comunista internazionale (quartinternazionalista) si schiera apertamente da una parte: siamo per la difesa militare dell'Iraq senza dare il benché minimo sostegno politico al regime di Saddam Hussein. Hussein è un sanguinario oppressore degli operai e dei militanti di sinistra iracheni, della popolazione sciita, dei curdi, e d'altri ancora. Ha svolto questo ruolo per vent'anni, mentre era uno stretto alleato e cliente dell'imperialismo americano, prima di tentare di impadronirsi del Kuwait nel 1990. Ora gli Usa vogliono un regime più compiacente e un più stretto controllo dei giacimenti di petrolio, anche al fine di mettere alle strette i loro rivali economici come la Germania e il Giappone, che sono molto più dipendenti dal petrolio del Medio Oriente. La ripresa del tintinnio delle sciabole nei confronti della Corea del Nord è un chiaro messaggio di Washington a quel paese, che sarà il prossimo a trovarsi nel mirino della Casa Bianca nel caso di una facile vittoria contro l'Iraq. Il fatto che gli imperialisti non abbiano già minacciato di bombardare la Corea del Nord come risposta alle notizie secondo cui starebbe sviluppando una propria capacità nucleare, sottolinea soltanto che le armi nucleari rappresentano per un paese l'unica garanzia di sovranità nel mondo attuale. Ogni vittoria degli imperialisti nelle loro guerre di rapina incoraggia nuove avventure militari, ogni sconfitta contribuisce ad appoggiare le lotte dei lavoratori e degli oppressi.
L'enorme vantaggio militare che gli Stati Uniti hanno contro un paese neocoloniale come l'Iraq, già dissanguato da 12 anni di sanzioni economiche dell'Onu che hanno ucciso più di un milione e mezzo di civili, sottolinea l'importanza della lotta di classe nei centri imperialisti quale principale mezzo per concretizzare l'appello alla difesa dell'Iraq. Ogni sciopero, ogni mobilitazione operaia contro i piani di guerra, ogni protesta di massa contro gli attacchi agli operai o alle minoranze, ogni lotta contro la repressione interna e gli attacchi alle libertà civili rappresenta un colpo contro le campagne di guerra degli imperialisti. Per porre fine in modo definitivo alla guerra, bisogna spazzare via il sistema capitalista che la genera con una serie di rivoluzioni e con l'istituzione di un'economia socialista razionale, pianificata ed ugualitaria, su scala mondiale. L'antimperialismo all'estero significa lotta di classe nel proprio paese! Difendere l'Iraq dall'attacco imperialista!
L'ampiezza con cui gli alleati Onu di Washington, specialmente la Germania, hanno criticato apertamente le violente provocazioni dell'amministrazione Bush in Medio Oriente, è un indice della crescita delle tensioni tra le potenze imperialiste avvenuta negli ultimi anni. Ma pur borbottando per la rudezza dello stivale dei cowboy americani che spinge sul loro collo, tutti gli stati imperialisti subordinati, non avendo la forza per opporsi agli Usa e volendo guadagnarsi almeno una fetta del bottino, si adatteranno ai diktat del padrone delle classi dominanti capitaliste: l'imperialismo Usa. Come ha detto tranquillamente un funzionario della compagnia petrolifera francese TotalFinaElf, "Vogliamo il petrolio e vogliamo essere della partita nella ricostruzione del paese. Se ci sarà un nuovo regime e noi non saremo stati con gli americani, dove finiremo?"

La guerra: continuazione della politica con altri mezzi
Per lanciare la guerra contro l'Afganistan, la classe dominante americana ha manipolato cinicamente il dolore e l'orrore provato da milioni di persone a seguito del criminale e folle attacco al World Trade Center. Ma il consenso patriottico negli Usa si sta assottigliando, e negli altri paesi vi è una massiccia opposizione alla guerra contro l'Iraq. La guerra ha bisogno della pace sociale, e da Los Angeles a Londra i guerrafondai imperialisti si rivelano nemici dei sindacati e rompisciopero nei rispettivi paesi. Sostenendo che uno sciopero avrebbe potuto "minacciare la sicurezza nazionale" l'amministrazione Bush ha fatto ricorso alla forza dello stato capitalista per costringere il potente sindacato dei portuali americani, l'Ilwu, a riprendere il lavoro alle condizioni imposte dalle associazioni padronali antisindacali. Sull'altra sponda dell'oceano, i pompieri britannici rischiano di vedere il loro sciopero rotto dall'esercito. Le borse in caduta libera rubano a milioni di lavoratori le loro pensioni, mentre uno scandalo pubblico dopo l'altro mostra l'insaziabile avidità delle Corporation. Decine di migliaia di lavoratori, compresi in Italia gli operai di interi stabilimenti Fiat, vedono di fronte a sé un futuro in cui rischiano di essere amputati come fossero un arto in cancrena dai padroni che cercano di proteggere i loro margini di profitto nel mezzo della crisi economica capitalista. Le libertà civili sono fatte a pezzi e i capitalisti hanno intensificato i loro attacchi all'assistenza sociale e alle altre conquiste strappate in decenni di dure lotte operaie.
In tutti i paesi la caccia alle streghe contro gli immigrati ha raggiunto livelli inimmaginabili, nel tentativo dei capitalisti di deragliare le lotte operaie col ricorso al razzismo e alla xenofobia. L'isteria contro gli immigrati provoca una vera marea di sangue, con migliaia di profughi disperati che muoiono nel tentativo di attraversare il confine tra il Messico e gli Stati Uniti, o di sbarcare da una carretta del mare in Australia o in Europa. Le borghesie dell'Europa occidentale, che hanno attratto un gran numero di immigrati quando avevano bisogno della loro forza-lavoro, con la recessione non hanno più bisogno di questa fonte di manodopera sottopagata. Tutto ciò dimostra chiaramente che ovunque il sistema capitalista è la più grande minaccia ai lavoratori. Dieci anni fa i governanti esultavano per la presunta "morte del comunismo". Ma il capitalismo ha portato il mondo in un vicolo cieco, che la guerra in Iraq illumina con la luce terribile dei missili che solcano il cielo notturno. La battaglia per il vero comunismo (non la sua perversione stalinista), attraverso lo strumento di partiti operai rivoluzionari, è l'unica via di uscita.
Negli Stati Uniti, né il vertiginoso sventolio delle bandiere né il pugno d'acciaio della repressione hanno indotto le masse ad abbracciare la guerra contro l'Iraq. In Europa, centinaia di migliaia di operai e di giovani antimperialisti hanno manifestato la loro opposizione a questa guerra. Il problema è che le proteste contro la guerra in Europa sono state tutte incanalate in una direzione nazional-sciovinista che consiste nello spingere i "propri" governanti ad opporsi agli americani. Negli Usa i lamenti degli oppositori liberali della guerra e dei pacifisti chiedono "soldi per il lavoro, non per la guerra", alimentando la menzogna che le priorità fondamentali dei governanti capitalisti possano essere modificate per servire gli interessi dei lavoratori.
La verità è che tutto questo sistema capitalista si fonda sull'estrazione del profitto attraverso lo sfruttamento e l'oppressione degli operai che producono la ricchezza della società a vantaggio dei proprietari dei mezzi di produzione. La guerra è un'espressione concentrata di tutto questo. Le classi dominanti capitaliste lottano tra loro per rapinare le risorse naturali e per impadronirsi di nuovi mercati dove esportare capitale e ottenere nuove fonti di manodopera a buon mercato. Il dirigente della Rivoluzione russa, V.I. Lenin sottolineò la differenza tra il pacifismo borghese, che addormenta le masse rendendole passive e abbellisce la "democrazia" capitalista, e il desiderio di pace delle masse. Subito dopo lo scoppio della prima guerra mondiale interimperialista, Lenin scrisse:
"Oggi la propaganda della pace, se non è accompagnata dall'appello all'azione rivoluzionaria delle masse, può soltanto seminare illusioni, corrompere il proletariato inculcandogli la fiducia nell'umanitarismo della borghesia e facendo di esso un trastullo nelle mani della diplomazia segreta delle nazioni belligeranti. In particolare è un grave errore pensare alla possibilità della cosiddetta pace democratica senza una serie di rivoluzioni" (La conferenza delle sezioni estere del Posdr, febbraio 1915).
Nelle guerre tra i rapinatori e i saccheggiatori imperialisti e le loro vittime coloniali e semicoloniali, il proletariato si schiera. Come sottolineò Lenin nel suo libro del 1915, Il socialismo e la guerra,
"Se domani il Marocco dichiarasse guerra alla Francia, l'India all'Inghilterra, la Persia o la Cina alla Russia [zarista] ecc., queste sarebbero delle guerre `giuste', delle guerre `difensive' indipendentemente da chi avesse attaccato per primo, ed ogni socialista simpatizzerebbe per la vittoria degli Stati oppressi, soggetti e privi di diritti, contro le `grandi' potenze schiaviste che opprimono e depredano".
Le possibilità di organizzare un'opposizione di lotta di classe alla guerra imperialista si possono toccare con mano, così come le possibilità di spezzare i ristretti limiti nazionalisti ed economicisti imposti agli scioperi dai luogotenenti della classe capitalista nel movimento operaio. Durante la guerra Usa/Nato contro la Serbia nel 1999, i Cobas italiani organizzarono uno sciopero generale politico contro la guerra che coinvolse un milione di lavoratori. Gli operai della Fiat che oggi si stanno battendo contro la chiusura delle fabbriche italiane, organizzarono una campagna di aiuti materiali ai loro fratelli e sorelle di classe della fabbrica automobilistica jugoslava Zastava, bombardata dagli imperialisti. Quella campagna venne sostenuta attivamente da tutte le sezioni della Lci. L'anno scorso, i lavoratori portuali giapponesi di Sasebo hanno indicato la strada imponendo un "boicottaggio" contro le merci militari giapponesi destinate alla guerra in Afghanistan (cioè si sono rifiutati di toccarle). Oggi i coraggiosi operai turchi della base aerea americana di Incirlik, da cui si prevede partiranno alcuni dei principali attacchi della guerra irachena, minacciano di scioperare.
La cosa essenziale è tracciare una linea di classe e liberare i lavoratori e i giovani antimperialisti dalle catene che li legano ai politicanti borghesi, ai loro agenti nei sindacati e ai loro servitori di sinistra. Cioè coloro che cercano di trasformare il giusto odio nei confronti della guerra in appelli illusori a riforme parlamentari del sistema mosso dal profitto che genera la guerra, e, in Europa occidentale, nel sostegno alle rispettive borghesie nazionali contro gli americani. Nel cuore della belva imperialista, la Spartacist League/U.S., sezione americana della Lci, ha indicato la via da seguire con i suoi contingenti rivoluzionari internazionalisti nelle manifestazioni contro la guerra. Noi diciamo: Lotta di classe contro i governanti capitalisti americani! Difendere l'Iraq dall'attacco imperialista! Abbasso l'embargo affamatore dell'Onu! Fuori tutte le truppe imperialiste, degli Usa e dell'Onu dal Golfo Persico e dal Medio Oriente!

La dottrina Bush: superpoliziotti nucleari del mondo
Nel mese di settembre l'amministrazione Bush ha reso nota la sua "Strategia nazionale per la sicurezza", una vera bomba diplomatica il cui nucleo centrale è il principio della guerra "preventiva" che ammette anche l'uso di armi nucleari, contro chiunque ostacoli la strada all'America. Ciò nella convinzione che nessuna potenza potrà mai colmare l'enorme vantaggio militare che gli Stati Uniti hanno aumentato da quando l'Unione Sovietica è stata distrutta dalla controrivoluzione capitalista nel 1991-92. (Le attuali spese militari degli Usa sono superiori alla somma delle spese dei 19 paesi che seguono nella classifica). Questa minaccia è rivolta innanzitutto contro la Cina, oltre che contro i rivali imperialisti dell'America. La nuova politica costituisce un significativo cambiamento nel modo in cui l'America ha dominato il mondo dopo essere emersa trionfatrice sui suoi rivali nella prima e nella Seconda guerra mondiale imperialiste. Per decenni gli Usa hanno mascherato il loro nudo brigantaggio con la bandiera della "democrazia" e della "liberazione" dei popoli dalla "dittatura". Le Nazioni Unite hanno fatto spesso da foglia di fico "umanitaria" al terrore e alla distruzione portate dall'imperialismo Usa in tutto il mondo, a partire dalla guerra di Corea del 1950-53 fino all'embargo che affama l'Iraq.
Le lamentele dei socialdemocratici e della falsa sinistra in Europa per l' "unilateralismo" americano non rappresentano nessuna opposizione di classe all'imperialismo Usa, ma semplicemente gli strilli di stati meno potenti e dei loro avvocati, che vorrebbero una fetta più grossa della torta e preferirebbero essere trattati meno rudemente. Le manovre in seno all'Onu in fondo non sono altro che un gioco di potere: far un po' pressione sugli Usa a vantaggio dei propri interessi nazionali. Lenin chiamava la Lega delle nazioni, il precursore dell'Onu, un "covo di ladri" e l'Onu svolge oggi la stessa funzione: quella di regolare le dispute globali entro i limiti stabiliti dalle principali potenze imperialiste, mascherando ogni loro manovra come missione "di pace". Ora gli Stati Uniti si sentono abbastanza fiduciosi da gettare la maschera e ringhiare apertamente: "in ginocchio o sarete i prossimi". E tutti si inginocchiano, accettando di escludere i soldati americani dai tribunali internazionali contro i crimini di guerra, e accettando gli appelli statunitensi agli iracheni ad assassinare il loro capo di stato!
Il mutamento di politica della Casa Bianca non è puramente verbale o semplice mancanza di tatto diplomatico. Questi sono i tratti del "nuovo ordine mondiale" emerso dal crollo dell'Unione Sovietica. L'Unione Sovietica era la patria della Rivoluzione d'Ottobre del 1917, la prima e finora unica rivoluzione operaia vittoriosa nel mondo. Il sistema dello sfruttamento capitalista venne rovesciato e sostituito con un'economia collettivizzata e pianificata. Ma in mancanza di rivoluzioni socialiste in Germania e negli altri paesi industriali avanzati, il giovane stato operaio rimase poverissimo e circondato da potenze imperialiste ostili. Gli stessi operai sovietici vennero politicamente espropriati da una casta burocratica conservatrice, simile alla burocrazia sindacale che sta in sella ai sindacati nei paesi capitalisti. Leone Trotsky, che insieme a Lenin guidò la Rivoluzione d'Ottobre, combatté la degenerazione burocratica dell'Unione Sovietica sotto Stalin e lottò per riportare l'Unione Sovietica sulla strada dell'internazionalismo rivoluzionario. Nel 1933 Trotsky fece appello ad una rivoluzione politica per spazzar via la burocrazia, mentre continuò ad insistere che era dovere del proletariato internazionale difendere il primo stato operaio del mondo da ogni tentativo, interno o esterno, di restaurazione capitalista.
Nonostante la deformazione stalinista, l'Unione sovietica rappresentava la forza motrice militare e industriale per ogni stato che rovesciava il dominio capitalista, dal Vietnam a Cuba. Da quando non c'è più la potenza militare sovietica a fermargli la mano, l'imperialismo statunitense calpesta spietatamente continenti e oceani ed espande la sua presenza militare. Le rivalità tra gli imperialisti che venivano prima subordinate alla causa comune di distruggere l'Unione Sovietica ora tornano alla luce. La rielezione del Cancelliere tedesco Gerhard Schroeder, sulla base della sua posizione anti-americana nel conflitto iracheno (è la prima volta dalla fine della Seconda guerra mondiale nella quale la Germania capitalista esprime un'aperta opposizione ad una importante decisione strategico-militare americana) è un indice dell'ampiezza delle fratture nel campo imperialista. Un altro esempio è stato il corteggiamento del Giappone alla Corea del Nord lo scorso settembre, in aperta sfida all'obiettivo di Bush di prendere per fame e isolare questo "stato canaglia". Il presidente messicano Fox, che vuole essere l'uomo di Bush in America latina, non riesce neppure a raccattare una briciola diplomatica dalla tavola di Washington per i servizi resi. Durante la Guerra del Golfo del 1991 la Germania e il Giappone pagarono da soli più del 25 percento delle spese di guerra, e gli altri alleati degli Usa (come l'Arabia Saudita) quasi tutto il resto. Ma questa volta Schroeder giura di non pagare nemmeno uno pfennig, e il Giappone ha detto chiaramente che non intende contribuire. La recessione economica mondiale sempre più profonda sta esacerbando le tensioni tra l'Europa occidentale, gli Stati Uniti e il Giappone. Le guerre economiche e commerciali tra i blocchi rivali e all'interno di ciascun blocco per ottenere fette maggiori del mercato mondiale condurranno in ultima analisi a dei conflitti militari.
Oggi l'obiettivo degli Usa è di preservare e aumentare il proprio controllo sulle ricchezze petrolifere del Medio Oriente, ma la preda finale cui ambiscono è la Cina. Imbaldanziti dalla controrivoluzione capitalista nell'ex Unione Sovietica, gli Usa stanno aumentando la pressione militare sulla Cina, allargando le basi Usa nelle Filippine e costruendone di nuove ai confini con l'Afghanistan. Contemporaneamente gli imperialisti Usa e gli altri, oltre che i capitalisti cinesi espatriati, promuovono l'infiltrazione delle regole del mercato capitalista nelle "zone economiche speciali", che introducono lo sfruttamento del libero mercato nel cuore dello stato operaio deformato cinese. La "Nuclear Posture Review" pubblicata dal Pentagono all'inizio dell'anno colloca la Cina tra uno dei sette bersagli potenziali che gli Usa hanno nel mirino del loro primo colpo nucleare. Nonostante questo la miserabile burocrazia stalinista di Pechino ha appoggiato la "guerra al terrorismo" degli Usa in Afghanistan. Inoltre vi sono elementi della burocrazia che cercano di diventare una nuova classe dominante capitalista, favorendo la penetrazione economica degli imperialisti e della borghesia cinese espatriata. Il terribile regresso subito dal progresso umano in ogni campo (dalla mortalità infantile, all'aspettativa di vita fino all'alfabetizzazione), a causa della controrivoluzione capitalista in Unione Sovietica e nell'Europa dell'Est, è un avvertimento alle masse lavoratrici cinesi che una svendita al "mondo libero" significa una caduta libera nello sfruttamento e nella miseria capitalista. Questo è ancor più vero per la Cina, date le sue vaste sacche di arretratezza economica. La rivoluzione cinese del 1949 ha liberato la Cina dal giogo del dominio imperialista, ha posto fine alla schiavitù per le donne e ha migliorato enormemente le condizioni di vita delle masse operaie e contadine con la creazione di un'economia pianificata e collettivizzata: tutte queste conquiste oggi sono in pericolo. Noi trotskisti ci battiamo per la difesa militare incondizionata della Cina, così come della Corea del Nord, Cuba e Vietnam, contro l'attacco imperialista e la controrivoluzione interna, e nello stesso tempo lottiamo per la rivoluzione politica proletaria per spazzare via la burocrazia traditrice stalinista che mina gli stati operai.
La Lci mise in campo tutte le risorse a sua disposizione nella battaglia per fermare la controrivoluzione capitalista nell'ex- Unione sovietica, e prima ancora nella Germania dell'Est. Noi abbiamo cercato di riportare l'autentico comunismo dei bolscevichi di Lenin, e di portare alla classe operaia l'analisi penetrante di Trotsky sul carattere contraddittorio degli stati operai deformati, allo scopo di costruire partiti rivoluzionari internazionalisti come strumento per difendere le vecchie conquiste e ottenerne di nuove. Non ci siamo riusciti. Ma il risultato amaro della vittoria capitalista, un mondo molto più pericoloso dove sfruttamento e guerra imperialista non hanno freni, rende le lotte attuali ancor più urgenti e consolida la nostra fermezza. Al contrario, praticamente tutta la "sinistra" ha ululato insieme ai lupi imperialisti nel sostenere le forze della controrivoluzione nell'Unione Sovietica e negli Stati operai deformati dell'Europa dell'Est. In questo modo esprimevano il loro riavvicinamento alle proprie borghesie nazionali. Non sorprende perciò che, riflettendo le differenze crescenti tra le maggiori potenze capitaliste, questa gente "di sinistra" si sia spinta fino a suonare la grancassa dei "diritti umani" a favore dei propri governanti imperialisti contro la Serbia nel 1999. Oggi adotta una parvenza di "opposizione alla guerra" che non è nient'altro che una mano di vernice rosa sugli interessi nazionali delle loro classi dirigenti capitaliste.

La falsa sinistra marcia al passo con i suoi governanti capitalisti
È giusto opporsi all'imperialismo americano, ma promuovere l'idea che gli imperialisti europei siano più benevoli e progressisti dei loro rivali imperialisti americani, non è nient'altro che vile social-sciovinismo. Ma questa è proprio la moneta falsa che spaccia l'attuale "sinistra" europea. Così Rifondazione comunista (Rc), la Lega comunista rivoluzionaria francese (Lcr), il Socialist workers party britannico (Swp) e Workers power (Wp), tra gli altri, si sono fatti promotori di una richiesta a "tutti i cittadini d'Europa e ai loro rappresentanti" che proclama: "Coloro che dimostrano solidarietà con il popolo iracheno non hanno ascolto alla Casa Bianca. Ma abbiamo la possibilità di influenzare i Governi europei - molti dei quali si oppongono a questa guerra. Facciamo appello a tutti i capi di Stato europei perché si dichiarino pubblicamente contro questa guerra in ogni caso, a prescindere dalle decisioni delle Nazioni Unite, e perché chiedano a George Bush di abbandonare i suoi piani di guerra" (Liberazione, 13 settembre).
Che commovente implorazione alla borghesia tedesca di Auschwitz, agli imperialisti francesi che hanno annegato nel sangue l'Algeria, a quelli britannici che hanno saccheggiato il sub-continente indiano, fatto a pezzi il Medio Oriente e le cui truppe imperialiste impongono la repressione brutale dei cattolici in Irlanda del Nord! Per non parlare di quelli che oggi sono attori secondari, come i belgi, la cui occupazione coloniale del Congo fu di incomparabile brutalità, o gli olandesi che soggiogarono l'Indonesia e si impegnarono nella tratta degli schiavi a livello intercontinentale. Non dimentichiamoci che fu la borghesia italiana a istituire i campi di concentramento in Libia e ad usare gas asfissianti contro la popolazione etiope. Inoltre questo passato coloniale sanguinoso ha spianato la strada all'attuale repressione omicida degli immigrati di pelle scura da parte dei governanti dell'Europa occidentale, dalla razzista Rasterfahndung, la schedatura razziale computerizzata degli immigrati, in gran parte musulmani, in Germania, fino al terrore razzista poliziesco istituzionalizzato della campagna "Vigipirate" francese, o all'affondamento di navi cariche di profughi albanesi da parte dell'Italia, o ancora al-le deportazioni dei richiedenti asilo in Inghilterra, e così via.
Forse i firmatari "di sinistra" della dichiarazione citata pensano che i loro padroni imperialisti "gli devono qualcosa". Dopotutto, hanno aiutato davvero a portare al potere governi reazionari in tutta Europa. Il Swp britannico ha detto di essere "al settimo cielo" quando Tony Blair, il cagnolino di Bush, divenne per la prima volta Primo ministro. La Lcr francese ha fatto una campagna vigorosa "nelle strade e nei seggi elettorali" per "fermare Le Pen" ed eleggere il gollista di destra Jacques Chirac. Il gruppo cliffista tedesco Linksruck ha aiutato a far rieleggere Schroeder, che ha usato la Guerra nei Balcani per diventare il primo uomo dopo Hitler a mandare i carri armati della Bundeswehr fuori dalla Germania. Loro lo hanno presentato come un candidato "per la pace" e antiamericano. Il leader di Rc Bertinotti usa la parte sinistra della bocca per parlare di uno "sciopero generale europeo per la pace" (escludendo ovviamente gli operai statunitensi) e nello stesso tempo fa appello ai capi di stato europei, incluso il reazionario Berlusconi, alleato dei fascisti, ad opporsi alla guerra. In pratica Bertinotti chiede ai governi capitalisti di fare uno "sciopero per la pace". Proposta e FalceMartello (la filiale italiana del gruppo britannico di Ted Grant), sprofondati in Rc, rifiutano di prendere una posizione di difesa dell'Iraq e promuovono mobilitazioni contro le basi militari statunitensi in Italia senza parlare dell'imperialismo italiano. In effetti Proposta ha sostenuto il precedente governo di Ulivo/Rc che invase l'Albania nel 1997. Nel cyberspazio, Workers Power e la Lega per un'internazionale comunista rivoluzionaria (Lrci) fanno appello alla "difesa dell'Iraq", ma nelle strade della Gran Bretagna fecero campagna elettorale per Tony Blair, che fa la guerra contro l'Iraq. Workers Power fece aperta campagna per la sconfitta della Serbia da parte dell'esercito di liberazione del Kosovo, che era uno strumento dell'imperialismo Nato nella Guerra dei Balcani, partecipando ad una manifestazione a Londra con lo slogan "Buona Fortuna Nato!" e pubblicò una dichiarazione demente secondo cui "a seguito della vittoria della Nato in Kosovo, sta maturando una situazione pre-rivoluzionaria" ("The fight to overthrow Milosevic in Serbia", dichiarazione della Lrci del 11 agosto 1999).
In Gran Bretagna, il Swp cliffista si scaglia contro la "guerra di Bush". Eppure sostenne l'invio delle truppe imperialiste britanniche nell'Irlanda del Nord nel 1969 e ancora oggi non se la sente di chiederne il ritiro immediato senza condizioni! Anche se ogni tanto denunciano l'Onu nei loro giornali, vari affiliati internazionali della tendenza di Cliff formano l'ala destra del movimento contro la guerra e costruiscono criminali illusioni nell'Onu, le cui sanzioni contro l'Iraq sono un atto di guerra omicida. Nel 1990-91, il Swp costruì il Committee to Stop the War in the Gulf guidato da Tony Benn, che sosteneva le sanzioni dell'Onu. Ora il Linksruck tedesco ha pubblicato una petizione sulle sue pagine web chiedendo: "noi ci appelliamo al governo federale tedesco con molta preoccupazione: perché faccia tutto il possibile in seno all'Onu in risposta agli Usa per evitare la guerra minacciata!" In Australia, la International Socialist Organisation (Iso) annuncia nel numero del 4 Ottobre di Socialist Worker di sostenere il Victorian Peace Network (Vpn), che chiacchiera contro la guerra e ha detto che "le risoluzioni dell'Onu sul disarmo e i diritti umani funzioneranno solo se verranno applicate equamente, senza paure o favori. Tutte le potenze nucleari e tutti gli stati del Medio Oriente devono abolire le loro riserve di armi chimiche, biologiche e nucleari". Questo è un esplicito appello pro-imperialista al disarmo dell'Iraq alla vigilia dell'imminente attacco di Usa e Gran Bretagna. Per quanto riguarda gli imperialisti, saranno disarmati solo dopo essere stati espropriati da rivoluzioni operaie vittoriose. Aggrappandosi alle sottane dei liberali come la Vpn, la Iso finisce ancora una volta nel campo degli imperialisti. Similmente, il Workers World Party (di Marcy) negli Usa ricorre a una fraseologia un po' più di sinistra nel suo giornale, ma nella pratica dedica tutti i suoi sforzi a subordinare il movimento contro la guerra a politicanti capitalisti del Partito democratico della guerra e del razzismo. Il Wwp sostiene Ramsey Clark, che era comandante in capo durante l'amministrazione di Lyndon Johnson che conduceva la guerra nel Vietnam, e oggi chiede che l'imperialismo americano "ci guidi sulla via della pace"!
Le basi militari statunitensi in tutta Europa e in Asia, così come le installazioni ad alta tecnologia spionistica come il Pine Gap in Australia, sono diventate un bersaglio meritato delle proteste contro la guerra organizzate dalla sinistra e dai sindacati. Sarebbe un'ottima cosa se gli Usa fossero privati delle loro basi d'attacco internazionali per la guerra contro l'Iraq. Nonostante gli slogan elettorali contro la guerra in Iraq del cancelliere tedesco Schroeder, è molto improbabile che egli interferirà in qualche modo con le basi aeree cruciali e le installazioni militari in Germania, che ospitano circa 70.000 soldati americani. Quello di cui abbiamo bisogno non è un "movimento contro la guerra" di sostegno social-sciovinista alla "propria" borghesia, ma un'opposizione rivoluzionaria proletaria e internazionalista alle basi statunitensi e Nato. Il Partito operaio spartachista, sezione tedesca della Lci, chiede il ritiro immediato di tutte le truppe tedesche dai Balcani, dall'Afghanistan e dal Medio oriente. E mentre gran parte della sinistra aveva fatto campagna per un intervento imperialista a Timor Est nel 1999, la Spartacist League/Australia si è opposta alla presenza militare australiana fin dal principio.
Il gruppo francese Lutte Ouvrière (Lo) sembra essere fuori dal pantano e ha persino denunciato "l'ipocrisia totale degli Stati europei riguardo l'escalation guerrafondaia di Bush" (Lutte Ouvrière, 6 Settembre). Ma Lo non offre nessuna prospettiva ad una battaglia di lotta di classe contro la guerra, e ancor meno contro il riflesso interno di questa campagna di guerra: un aumento del terrore poliziesco di stato contro gli immigrati, i sans-papiers (immigrati senza documenti) e i giovani di "seconda-generazione". Lo ha cambiato completamente atteggiamento negli ultimi mesi, passando dal sostenere grottescamente gli "scioperi" dei poliziotti e le richieste di più poliziotti nei quartieri poveri, all'opporsi alla brutalità poliziesca. Quello in cui Lo è coerente è proprio il suo rifiuto ostinato di combattere per qualsiasi cosa vada al di là delle rivendicazioni più strettamente economiche della classe operaia. Incredibilmente, nei volantini di fabbrica pubblicati da Lo in molti mesi, non si fa mai parola del razzismo anti-immigrati, ma si abbonda in ciance riformiste perenni sul "divieto di licenziare". Perciò Lo dà il suo piccolo contributo per legare gli operai ai loro sfruttatori con la bugia che il sistema capitalista possa in qualche modo essere regolato da un governo "buono" e diventare umano.
Nel suo classico manuale contro la guerra, Il socialismo e la guerra, scritto nel 1915 nel pieno della prima guerra mondiale, Lenin scrisse:
"Il contenuto ideologico e politico dell'opportunismo e del socialsciovinismo è identico: la collaborazione delle classi invece della lotta di classe, la rinuncia ai mezzi rivoluzionari di lotta, l'aiuto al `proprio' governo nelle situazioni difficili, invece di utilizzare le sue difficoltà nell'interesse della rivoluzione".
In effetti, il sostegno degli pseudo-marxisti ai propri governanti, come se fossero più morali e umani della borghesia americana, è la stessa motivazione usata dalla socialdemocrazia tedesca per "giustificare" la "difesa della patria" e votare i crediti di guerra al Kaiser nel 1914. Questa rinuncia alla fondamentale prospettiva marxista di classe contro classe contenuta nell'appello del Manifesto del Partito comunista "proletari di tutto il mondo, unitevi!" - spinse Lenin a strapparsi di dosso la camicia sporca della Seconda internazionale e costruire una nuova, Terza internazionale comunista. Il tradimento dei socialdemocratici fece capire a Lenin che l'opportunismo aveva una base materiale nel movimento operaio stesso, particolarmente nella burocrazia sindacale che lega le sue fortune al sistema capitalista. Il più grande contributo di Lenin al marxismo fu la sua conclusione che una scissione decisiva dagli opportunisti era la precondizione per il proletariato per combattere per i suoi interessi di classe e il proprio dominio di classe. Confrontate questa concezione con il vile opportunismo di gruppi come il Comitato per un'internazionale dei lavoratori di Peter Taaffe, guidato dal Socialist Party britannico: ogni tanto possono anche fare dichiarazioni che suonano molto ortodosse, sul capitalismo come radice della guerra, ma poi vivono per sostenere i socialdemocratici come il Pds tedesco.
Lenin spiega in Il socialismo e la guerra:
"L'unità con gli opportunisti significa oggi in pratica la sottomissione della classe operaia alla `propria' borghesia nazionale, l'unione con essa per assoggettare altre nazioni e per lottare in favore dei privilegi di grande potenza, significa dunque la divisione del proletariato rivoluzionario di tutti i paesi".
Conclude dicendo che il compito immediato è:
"Raccogliere questi elementi marxisti, per quanto poco numerosi essi siano all'inizio, ricordare in loro nome le parole oggi dimenticate del socialismo autentico, invitare gli operai di tutti i paesi a rompere con gli sciovinisti ed a porsi sotto la vecchia bandiera del marxismo: ecco il compito del giorno".

Il Medio Oriente, miccia della Terza guerra mondiale
Per poter pienamente ed effettivamente mobilitare gli operai e i lavoratori agricoli dell'Iraq contro l'imperialismo americano, è necessario che il regime iracheno venga rovesciato e sostituito da un governo di soviet (consigli) operai e contadini come quello creato dalla Rivoluzione bolscevica russa del 1917 sotto la direzione di Lenin e Trotsky. Un partito leninista-trotskista in Iraq oggi cercherebbe di combinare la lotta per l'indipendenza nazionale contro il militarismo americano con una rivoluzione sociale contro i capitalisti e i proprietari terrieri iracheni. I capi arabi in tutto il Medio oriente temono che un'invasione statunitense dell'Iraq scateni un'esplosione sociale nei loro paesi. Nel frattempo, Israele continua a colpire i palestinesi, distruggendo ogni struttura essenziale della società nei Territori Occupati e ponendo molto concretamente la possibilità di un'espulsione di massa del popolo palestinese. La guerra guidata dagli Usa contro l'Iraq fornirebbe una "copertura" ai piani genocidi di Sharon. La Turchia ha paura che la distruzione del regime di Saddam Hussein potrebbe incitare la lotta per i diritti nazionali della popolazione curda oppressa in Iraq e in Turchia. Il Medio Oriente è un mosaico di stati artificiali le cui frontiere furono letteralmente tracciate dagli imperialisti a seconda dei loro appetiti coloniali, compreso il controllo delle vitali riserve petrolifere.
Il dominio imperialista ha rafforzato l'arretratezza sociale e la brutale repressione delle donne, degli omosessuali, delle minoranze nazionali, etniche e religiose del Medio Oriente. Inoltre è stata la "guerra santa" dell'imperialismo statunitense in Afghanistan negli anni Ottanta che, insieme alla bancarotta del nazionalismo arabo e ai tradimenti nazionalisti dei Partiti comunisti stalinisti, ha contribuito ad alimentare la crescita del fondamentalismo islamico nel Medio Oriente. Mentre gran parte della sinistra marciava armi e bagagli dietro gli imperialisti contro l'Unione Sovietica in Afghanistan, solo noi prendemmo posizione a fianco dell'Armata rossa contro i reazionari islamici sostenuti dalla Cia. La presenza sovietica portò la speranza di liberazione ai popoli afgani, specialmente alle donne rese schiave dalla legge islamica e dal velo. Proclamammo: "Vittoria all'Armata rossa! Estendere le conquiste sociali della Rivoluzione d'Ottobre ai popoli afgani!" e ci opponemmo al ritiro traditore di Gorbaciov dall'Afghanistan, mettendo in guardia dal fatto che il ritiro avrebbe dato impulso alla controrivoluzione. Era "meglio combattere in Afghanistan che a Mosca".
Nei centri urbani di tutto il Medio Oriente, c'è un proletariato industriale moderno che ha il potere sociale e l'interesse di classe per trascendere le divisioni etniche e religiose e spazzare via l'ordine capitalista. Il compito è di rendere il proletariato cosciente dei suoi interessi, combattendo tutte le varianti di nazionalismo, incluso il nazionalismo "progressista" dell'Organizzazione per la Liberazione della Palestina, e tutti i generi di fondamentalismo religioso. La chiave è forgiare una direzione rivoluzionaria basata sul programma di Trotsky della Rivoluzione permanente, che insegna:
"Per i paesi a sviluppo borghese ritardato e in particolare per i paesi coloniali e semicoloniali, la teoria della rivoluzione permanente significa che la soluzione vera e compiuta dei loro problemi di democrazia e di liberazione nazionale non è concepibile se non per opera di una dittatura del proletariato, che assuma la guida della nazione oppressa e, prima di tutto, delle sue masse contadine" (La rivoluzione permanente, 1929).
Trotsky sottolineò che "la sorte futura della dittatura [proletaria] e del socialismo dipenderà meno - in fin dei conti - dalle forze produttive nazionali che dallo sviluppo della rivoluzione socialista internazionale".
Oggi in Medio Oriente, la lotta contro la guerra e il dominio imperialista e contro il governo capitalista opprimente degli sceicchi dispotici, dei colonnelli e dei governanti sionisti non può essere risolta all'interno dei confini di un singolo paese. La giustizia per il popolo palestinese, l'emancipazione nazionale per i curdi, la libertà dal velo e dalla sharia islamica per le donne, richiedono la distruzione dei fondamentalisti medievali in Iran e in Sudan, dei macellai sanguinari in Siria e Iraq, le monarchie reazionarie in Giordania, Arabia Saudita e negli Stati del Golfo, e i governanti assetati di sangue sionisti in Israele. Usa, Nato e tutte le forze imperialiste fuori dal Medio Oriente! Israele fuori dai Territori Occupati! Difendere il popolo palestinese! Per una Repubblica socialista del Kurdistan unito! Per una federazione socialista del Medio Oriente!
Queste lotte devono essere legate alla lotta per la rivoluzione socialista nei paesi capitalisti avanzati d'Europa, America del Nord e Giappone. In tutti i centri imperialisti, gli operai immigrati e i loro figli rappresentano un ponte vivente che lega la lotta di classe tra le metropoli e le ex-colonie e lega gli immigrati oppressi per la razza al potere del proletariato nel suo complesso. Una lotta contro la guerra e contro l'oppressione nazionale e razziale non può essere condotta con le politiche del compromesso spinte dai socialdemocratici, gli ex- stalinisti e le loro code cosiddette di "estrema sinistra". La lotta contro la guerra presuppone uno strumento rivoluzionario di lotta, un partito internazionalista trotskista. Questo è il compito cui si dedica la Lega comunista internazionale.
La vasta macchina da guerra nelle mani degli imperialisti è una misura dell'enorme progresso tecnologico e scientifico reso possibile dalla Rivoluzione industriale. Oggi, la scienza e la tecnologia sono utilizzate soprattutto per perseguire la caccia sfrenata a nuovi profitti della borghesia, con lo sfruttamento devastante della grandissima parte della popolazione mondiale e minacciano l'esistenza stessa della civiltà umana. Per usare la scienza e la tecnologia a vantaggio dell'umanità bisogna strappare i mezzi di produzione dalle mani dei padroni capitalisti imperialisti e creare un'economia internazionale pianificata. Solo in questo modo le necessità dei miliardi di sfruttati, ora costretti ad una povertà spaventosa e avvilente, possono iniziare ad essere soddisfatte, e si può farla finita una volta per tutte con le minacce di guerra. Solo la rivoluzione socialista può farla finita con la guerra imperialista Riforgiare la Quarta internazionale di Trotsky, partito mondiale della rivoluzione socialista!

SPARTACO Organo della Lega trotskista d'ItaliaICL Home Page